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lunedì 30 novembre 2015

Hive Mind di Garett Jones

Hive Mind di Garett Jones
  • Intro
  • di cosa nn si parla: di come alzare l iq
  • tesi: l iq xsonale spiega una piccola parte del tuo extra reddito ma l iq medio della nazione spiega gran parte dell extra reddito
  • alto iq più pazienza più risparmi più memoria più cooperat. maggiore capacità a risolvere probl complessi. più alti più reattivi...
  • soluzioni win win e soluzioni grabbing. iq più propenso alle prime
  • alto iq nazionale iqn: meno corruzione più strade più investimenti privati
  • iq europa asia africa...
  • la più importante risorsa naturale di un paese è la mente dei cittadini
  • tesi: la compagnia degli intellis giova più che essere intellos
  • eric hanusheck: la discrepanza tra iqn e iqp segnala che l iq spuega poco dello sviluppo
  • jones: il gap segnala un fattore moltiplicativo dell iq
  • iq predice molto meglio degli anni scolastici.
  • limite: dura standardizzare un test iq. dura calcolare il pil nazionale
  • l iq è il test migliore xchè nn influenzato dalla scuola e dalle conoscenze
  • come isolare e soppesare l import di iq rispetto ad altre var.? regressione a variabile multipla
  • Cap1 il test iq
  • il fatto: le abilità cognitive sono correlate tra loro
  • oggi un test iq ha 12 subtest
  • g è il fattore teorico che garantisce la correlazione. intelligenza generale
  • g: capacitá di risolvere problemi applicando il metodo deduttivo
  • a g si sommano le specifiche abilità in materia
  • ragionare in termini di media: i benefici della semplificazione. pil temperatura corporea
  • il test:
  • 1 domande tipo xchè ci sono le stagioni
  • 2 ripetere una lista di numeri appena sentiti
  • 4 puzzle
  • 5 traduzione transcodifica
  • 6 matrici di raven
  • gli esiti sono correlato x cui a volte basta 6: 1 nn serve un tester x candidati 2 nn sono content specific
  • correlazioni: 1 xfette o quasi 2 robusta 3 modesta 4 debole
  • 1: il vs iq oggi e tra 5 giorni
  • 2 il vs iq oggi e tra 20 anni
  • 3: tra raven e abilità linguistiche
  • 4: tra iq e altezza
  • 3 tra iq e grandezza del cervello
  • iq senza test: brain size. ma domani misureremo solo le aree più pertinenti. importante xchè i test potrebbero essere biased
  • 4: tra iq e riflesso veloce
  • 3: tra iq e tempo d ispezione capire la forma di un immagine flash
  • conclusione: l iq nn sembra una velocità. c è di più.
  • iq prevede se sarai un buon lavoratore?
  • almeno quanti i colloqui più accurati
  • più la misura della qualità è oggettiva più l iq test è buon previsore.
  • iq e salari sono abbastanza connessi. assunto: i salari rispecchiano la produttività. spesso però w riflette il rischio che ci si assume
  • oggi l intelligenza paga di più? no. ha sempre pagato.
  • iq e intelligenza emotiva sono correlati in modo modesto ma reale
  • per il successo xsonale iq conta più di eq (considera che sono connesse)
  • Cap3 effetto flynn
  • come si alza l iq? nessuno lo sa. ci sono solo ipotesi. una cosa è certa: l iq si alza è flessibile
  • flynn: test dell us army
  • lynn: giappone
  • il flynn effect fi è maggiore x i test astratti
  • ipotesi flynn: il contesto conta e noi viviamo in una brain society. facciamo continuamente test similu all iq test
  • origini della scoperta del fe: la voglia di replicare a jensen x il quale iq era rigido. se l argomento iq fosse stato tabu niente scoperta del fe.
  • le cause del gap iq tra paesi. ipotesi
  • 1 dieta e salute
  • la dieta della mamma. evidenze miste
  • più alti più sani più pesanti. in fondo il cervello è un organo fisico
  • carestia olandese: brevi carestie nn incidono
  • esercizi ginnici della mamma
  • allattamento al seno per 9 mesi. giova
  • il ruolo delle proteine
  • lo stress mentale della povertá mullainathan
  • 2 la scuola
  • sembra incidere su alcuni test quelli in cui ci si esercita a scuola. flynn nn sarebbe sorpreso.
  • meglio puntare sui problemi astratti.
  • 3 l iq dei vicini
  • evidenza mista. la stupidità sembra più contagiosa
  • 4 nei test a risposta multipla si osa di più. l errore nn viene penaluzzato
  • 5 allenamento del good test taker
  • 6 più luce più tempo x leggere
  • 7 meno figli più investimento su di loro
  • conclusione sul piombo: la sua presenza nell organismo è correlata con crimine e iq
conclusione

lunedì 23 novembre 2015

Hive Mind: How Your Nation's IQ Matters So Much More Than Your Own di Garett Jones - greg cochrane


Hive Mind: How Your Nation's IQ Matters So Much More Than Your Own di Garett Jones - greg cochrane
  • tesi: il miglior fattore pervisionale di sviluppo per un paese è l' IQ medio dei suoi abitanti
  • certo contano le risorse naturali, le istituzioni ma l iq resta in testa
  • in un mondo senza comunismo l iq conta ancora di più
  • come si alza? boh
  • i problemi arrivano cpon le policy suggerite: limitare l' immigrazione degli stupidi: lasciamo che gli intelligentoni lavorino tra loro, poi distribuiamo il loro tesoretto. impraticabile, il libro non verrà neanche letto.
  • perché una simile ovvietà non è presa in considerazione: perché non piace
  • eppure è vera. è vera fin dall'età del bronzo: è da allora che gli stessi paesi dominano (vedi jared diamond)
continua



sabato 14 novembre 2015

Hive Mind di Garett Jones - LE REAZIONI DEI TERZI

Hive Mind di  Garett Jones
  • dato empirico: il costo iq pesa poco sul vs reddito, l iq medio della nazione pesa molto di più sul pil
  • perché? alcune ipotesi:
  • 1 gli stupidi copiano gli intelligenti cosicché si comportano da intelligenti
  • 2 l intelligente risparmia di più. più risparmio più capitale, più produttività, anche per gli stupidi
  • 3 gli intelligenti sono più cooperativi, dal che guadagnano anche gli stupidi
  • inconveniente: ma questi benefici dovrebbero riflettersi sul reddito degli intelligenti e degli stupidi. se l'intelligente fa andar meglio la baracca chiede di essere pagato per questo
  • possibili spiegazioni:
  • c' è un fallimento di mercato: le aziende e i club privati non si accorgono di qs benefici e non pagano per averli
  • c'è un fallimento di governo: le esternalità vanno oltre i poteri privatistici e il governo non riesce a compensarle
  • prediligo la seconda ipotesi
  • immigrazione: filtrare solo immigrati ad alto iq
  • obiezione: se il meccanismo di trasmissione dei benefici è la politica basta non dare diritti attivi/passivi agli immigrati.
  • l'iq personale è legato molto alla performance e poco al reddito. perché? due ipotesi: 1) informazione imperfetta 2) mentalità egalitarista
  • iq gap tra razze. non sembra citata l'evidenza più ovvia: adozioni di fratelli separati. non
  • pericolo del libro: fomenta un iq-nimby e restrizioni all immigrazione
  • conseguenza politica: l' iq dei politici è particolarmente importante per le esternalità che crea
  • conseguenza scuola: iq test contro test tradizionali: favorire i primi, sono più credibili
  • un problema statistico: puo' darsi che il paradosso dell' iq sia esagerato dal fatto che i dati siano raggruppati ad hoc. puo' darsi cioè che il ruolo della varianza dell iq sia sottovalutato: un paese con iq medio basso ma grande varianza potrebbe non risentire così tanto della sua media
  • tre spiegazioni: 1) prossimità 2 cultura 3 politica
  • prossimità: 1 capitale per lavoratore 2 o-ring production
  • critica di scott alexander: iq più alti cooperano di più? Perché? vero nei giochi iterati ma in politica? risposta: forse basterebbe cooperare nei giochi iterativi per stare meglio
  • critica di scott alexander: perchè si sottolinea l'importanza dell' iq nazionale e non dell iq globale a livello internazionale? forse che non si presenta lo stesso effetto. alexander fa l'esempio del sud africa in cui l effetto si rippresenta anche allargando il campione. allargando il campione il rapporto segnale/rumore aumenta. Detto in altri termini: non ci sono trucchi statistici? Put it this way. Suppose we chose 1000 people at random. Then we create 50 groups of them. Group 1 has the 20 lowest IQ scores. Group 2 had the next 20 lowest IQ scores, etc. Then we run a regression of group average income on group average IQ for this sample of 50 groups. My prediction is that the correlation would be much higher than you would get if you just took the original sample of 1000 and did a correlation of IQ and income. I think that this is because grouped data will filter out noise well. Perhaps the stronger correlation among national averages is just a result of using (crudely) grouped data.
  • critica alexander: come dimostrare la direzione del nesso causale?
  • risposta: es. studi sui gemelli http://down.cenet.org.cn/upfile/58/200667193138130.pdf

continua

venerdì 13 novembre 2015

Iq e immigrazione

Hive Mind http://www.overcomingbias.com/2015/11/statestupidity.html

mercoledì 11 novembre 2015

Ever wonder why di Thomas Sowell

Ever wonder why di Thomas Sowell
  • Il bello dell economia: il soggettivismo
  • Due approcci: spiegare i fenomeni umani con circostanze esterne o con l interioritá
  • Guerre culturali: over confidence tipico degli esperti che pontificano fuori dalla loro disciplina.
  • Sacro vs trade off. L empirismo trascurato
  • Teagan e arafat. Xchè il nobel solo al primo. Guardiamo ai risultati.
  • Immigrazione: ne abbiamo bisogno? Dipende dal prezzo.
  • Gli immigrati nn sono tutti uguali. Le differenze nn sono stereotipi ma fatti.
  • L odio x gli economisti che ricordano: nessun pasto è gratis. Es. della sanitá: i prezzi non sono i costi, se si abbassano i prezzi significa solo che paga qualcun altro
  • I profitti enormi danno scandalo? Ci si ricordi quanto ci fanno risparmiare. privatizzazioni.
  • Il costo del no profit ricade su di noi: regolamentazione e processi facili.
  • Grande depressione. Roosvelt = hoover. E 1987 = 1929
  • Benefit have cost. Guardiamo l insieme o colpiremo i monopoli solo xchè abbassano i prezzi.
  • Perchè nn far pagare gli ambientalisti x i loro errori?
  • Sanità canadese: code e mercato nero. Uda: leader nell innovazione. Chi deve imitare chi?
  • Il bel grido: diamo ai poveri una casa e una cura medica. I guai cominciano quando si vuole agire aiutando SOLO i poveri esempio coi buoni. I poveri nn votano
  • nelle società moderne il ricco dovrebbe essere un bene pubblico
  • perché i poveri del terzo mondo fan di tutto per essere sfruttati dalle multinazionali? forse solo per il trascurabile fatto che hanno un salario doppio rispetto alle alternative?
  • e chi si batte per salari più umani?: fa volar via le multinazionali verso i paesi ricchi dove i lavoratori sono più produttivi.
  • minimum wage. hong kong lo ha introdotto: disoccupazione dal 2 all 8.
  • pensioni. perhé nn privatizzare? perché è rischioso? ma il breve termine è molto più rischioso del lungo. diciamo che il controllo sui milioni fa gola ai politici. l'inps non è meno rischiosa, è che i rischi vengono trasferiti su terzi.
  • quote. non hai assunto abbastanza neri? sei incriminabile per razzismo. assumi un nero perchè nero al fine di rientrare nelle quote? sei incriminabile perchè assumi in base alla razza. il paradiso degli avvocati.
  • i benefici della diversità nell'educazione? praticamente nulli
  • i neri usciti dalla povertà: quasi tutti prima del 60, ovvero dei diritti civili.
  • le donne al lavoro devono dire grazie alle femministe? no, i tempi non concordano. il lavoro femminile inizia in concomitanza di pillola (meno figli) e lavatrice (meno lavori domestici).
  • quote per i neri nell ivy league. un umiliazione servita a poco: gli standard di ammissione più bassi hanno creato solo 1 maggiori abbandoni tra gli studenti neri 2 emarginazione tra gli studenti bianchi.
  • gun control. armi. prof malcom: storia parallela di crimini e pistole in usa e gb. nessuna relazione.
  • gun control. di solito si comparano usa e gb. perché non comparare svizzera e germania? o perché non prendere israele finlandia. oppure le campagne usa con le città?
  • gli incidenti con armi diminuiscono all'aumentare delle armi
  • avere un arma è utile: chi non l'ha, soprattutto se resiste, viene ferito più frequentemente.
  • i difensori dei poveri sono sempre stati i ricchi. anche a parole: da engels e marx in poi.
  • tagliare la burocrazia serve ad alzare i salari: oggi nella pa abbiamo i peggiori anche per il poco che si puo' offrire loro.
  • sinistra: si credono pastori. niente di male se non volessero trasformarti in pecora.
  • la sinistra: un talento nei giochi di parole
  • media bias. il mito del giusto mezzo: la verità è dove la trovi non necessariamente in mezzo
  • charles murray: le conquiste dell'uomo. un libro disturbante per chi vorrebbe livellare tutte le diversità. le conquiste non sono distribuite in modo uniforme né nel tempo né nello spazio. 
  • chi fa e chi insegna: chiinsegna critica continuamente chi fa perchè non ha fatto abbastanza bene. imbarazzante.
  • la sicurezza: una specialità dell intellettuale critico perchè nulla è sicuro. se un vaccino salva 100 bambini 2 moriranno per quel vaccino. inoltre l intellettuale ha la chiacchiera più sciolta, questo crea danni.
  • corto circuito del multiculti: crea ghetti. crea trasmissione culturale deleteria. nel ghetto chi va bene a scuola è preso in giro.
  • l errore multiculti: le probabilità di riuscire non equivalgono alle opportunità. contano le abilità e soprattutto la cultura. il welfare impedisce di mutare le culture che spesso impediscono ai giovani neri di spiccare il volo.
  • autismo: ottenuta la diagnosi arrivano i sussidi. ecco spiegata l esplosione. ma ottenuta la diagnosi ecco che si viene precipitati in un mondo a parte che non ci farà mai progredire. nello spettro autistico molti potrebbero progredire.
  • perché i neri vanno male a scuola? perchè sono svantaggiati? sì, ma solo dalla loro cultura. gli asiatici vanno molto meglio perchè lavorano più duro. nelle scuole del ghetto dove si lavoro duro i risultati sono migliori. ci sono scuole nel ghetto con risultati sopra la media.
  • la scuola di oggi: creativa fornitrice di autostima e ricca di materie extracurriculari. e il sapere tradizionale? 
  • teaching to the test? un pericolo ma esiste veramente? non sembrerebbe vista l ignoranza delle nozione di base, quelle richieste nei test.
  • imparare scoprendo? perderemmo un potere che ha solo l uomo: trasmettere la propria cultura.
  • imparare scoprendo: da mao a dewey ai sovietici. ma noi abbiamo i sindacati: le dittature constatato il disastro c hanno messo poco a mettere da parte il marcio.
  • scuola e lavoro. il lavoro ci chiede specializzati se la scuola ci vuole universali l incontro non ci sarà mai.
  • un buon insegnante: una volta era quello che ti insegnava di più. magari in modo poco appariscente. oggi non è più così.
  • esperienza da insegnante: lo standard dei neri è molto migliore quando non gli vogliono regalare uno standard più basso.
  • affirmative action: chi la difende in pubblico la rinnega in privato. vuole accattivarsi stampa e filantropia
  • la cecoslovacchia post prima guerra mondiale: un caso di quote finito molto male
  • rosa parks rifiutò di cedere il posto e divenne un eroe. non avrebbe mai potuto farlo se il trasporto fosse stato privato: nessuno avrebbe potuto ordinarle di alzarsi da un posto che aveva pagato.
  • il voto dei neri va a sinistra. perchè? i neri vogliono i vouscher, la sinistra no. i neri vogliono case, la sinistra leggi ambientali. i neri vogliono meno crimini, la sinistra più tolleranza.
  • amy chua: la democrazia è pericolosa da esportare specie se una minoranza domina il mercato.
  • i neri non si facciano spaventare dal delta iq coi bianchi. differenze ancora più grandi si presentano con le generazioni precedenti.
  • i neri chiedono una massa critica nei campus. ma gli studi ci dicono che la massa critica induce disprezzo nell acting white. per la crema nera meglio ambire al contatto con la crema bianca.
  • cicerone ai ricchi: evita lo schiavo britannico è duro di comprendonio. probabilmente era vero. arrivara dalle tribu che viveva in modo molto diverso. i gap ci sono sempre stati
  • the bell curve. stop al discredito dell iq test. pensiamo a colmare il gap.
conclusione



martedì 28 luglio 2015

The Bell Curve vent'anni dopo - Charles Murray


  • Confermate le due tesi principali: 1) l'intelligenza è sempre più importante e 2) la scuola è sempre + concentrata nello scovare e premiare i + intelligenti...
  • L' IQ è associata un pò con tutto, il fatto che chi possiede qs risorsa ora la possa sfruttare al meglio meglio crea parecchi guai (società di casta): 1) élite cognitiva che vive separata 2) sacche di emarginazione con bassa qualità della vita...
  • Affermazioni sull' IQ che hanno destato scalpore: 1) esiste una differenza nell' IQ di gruppo tra neri e bianchi 2) l' IQ test predice al meglio l'outcome socio-educativo di tutti (neri e bianchi allo stesso modo). Ebbene, nessuna di qs affermazioni è stata scalfita...
  • La convergenza degli IQ si era bloccata ed è ancora bloccata...
  • La questione scottante: quanto contano i geni in tutto ciò? Tesi del libro: sia i geni che l'ambiente sembrano contare ma sul mix sviene mantenuto un certo agnosticismo. Tuttavia, è bastato anche solo introdurre l'ipotesi genetica x scatenare un putiferio...
  • Ma dopo la mappatura del genoma noi sappiamo che 1) le razze nn sono un costrutto sociale 2) l'evoluzione umana ha operato anche dopo che l'uomo ha lasciato l'Africa 3) che ha operato anche sul cervello...
  • Come affrontare il fatto che l'IQ conti tanto e sia un "dono"? Smantelliamo il welfare e la sua burocrazia sostituendolo con un reddito minimo garantito accreditato elettronicamente: nessuno merita il suo IQ e la redistribuzione è inevitabile. Ad ognuno il suo lavoro: il burocrate stacchi gli assegni e le comunità costruiscano i valori...
  • La più grande lezione di TBC? Ha fatto uscire la corruzione delle scienze sociali e come esse siano "sequestrate" dalla politica...

martedì 7 ottobre 2014

La mia ragione

Forse non esiste un’ unica concezione di cosa debba intendersi per “ragione”, forse non esiste un senso univoco per il termine “ragionevole”. L’ inattesa vaghezza del concetto di Ragione a volte è causa di fraintendimenti prolungati. Per chiarire meglio l’ ambiguità di fondo prendo in esame una situazione ricorrente e per molti versi illuminante.
Ora, immaginate due persone perfettamente razionali poste di fronte al medesimo dilemma con il dovere di scegliere tra due comportamenti alternativi. C’ è chi si sorprende nel venire a sapere che questi due individui potrebbero prendere decisioni differenti: la razionalità è unica, come possono due decisioni differenti essere entrambe razionali?
In un certo senso anche un bambino comprende che una possibilità del genere esista ma chissà se tutti ne afferrano la portata. D’ altronde basterebbe considerare che un metodo è razionale quando è chiaro e distinto. Ora, come è mai possibile che lo stesso metodo (“chiaro e distinto”) applicato al medesimo problema (formulato in modo altrettanto chiaro e distinto) porti a conclusioni differenti?
decisor
L’ esigenza di precisare cosa debba intendersi per “decisione razionale” è diventata impellente dopo questa discussione. Ne approfitto allora per dare la mia versione dei fatti (e dei concetti).
Innanzitutto il decisore ha sempre delle preferenze, si tratta dei suoi gusti soggettivi.
In gelateria io scelgo il pistacchio e tu il cioccolato, questo mica significa che io sono razionale e tu no! Piuttosto, come amano esprimersi gli economisti, tutti e due “massimizziamo la nostra funzione di utilità”,  cio’ non toglie che la nostra funzione di utilità sia differente, e quindi anche i nostri comportamenti. Semmai, una persone è irrazionale quando agisce senza “massimizzare” la propria utilità.
E questa è la parte che capisce anche un bambino. Fermandoci qui tutto sarebbe banale.
Vediamo allora di rendere più interessante la faccenda introducendo le decisioni prese in condizioni d’ incertezza (sono il 90% delle decisioni che ci riguardano). Qui c’ è un fattore ulteriore da considerare; la decisione in condizioni d’ incertezza si compone infatti di tre elementi: preferenze, intuizioni e calcolo. I primi due sono elementi soggettivi, il terzo è oggettivo. Chi ha voglia di annoiare potrebbe ripetere la tiritera: la preferenza dipende dalla nostra natura, l’ intuizione dal nostro vissuto, il calcolo dalla nostra ragione. Ma lascio subito da parte le definizioni astratte e torno al mio esempio della gelateria. Riassumiamo:
1. Il gusto che sceglierò una volta posto di fronte al bancone della gelateria dipenderà ovviamente dalle mie preferenze (elemento soggettivo).
2. Ma - per amore di discussione e per introdurre l’ elemento aleatorio - poniamo che ci siano gusti che non conosco affatto e che mi vengono descritti a parole utilizzando un lessico vago ed evocativo (è molto difficile descrivere un gusto senza far riferimento ad altri gusti). Sulla base di queste astratte spiegazioni tenterò di intuire se il gelato oggetto della descrizione potrebbe essere di mio gradimento e quanto. Non ho altra via che l’ intuizione per assolvere a questo compito. Importante: poiché le intuizioni sono soggettive, le decisioni di due persone razionali con i medesimi gusti potrebbero anche essere diverse perché diverso potrebbe essere il loro modo di ridurre quelle parole vaghe in termini di sapore al palato!
3. Infine c’ è la parte oggettiva: il calcolo. Poniamo che esistano in merito degli studi ben fatti dai quali emerge, applicando un calcolo statistico rigoroso ad un database accurato, che individui con il mio profilo psicologico posti di fronte alla medesima scelta tendono ad affermare, a posteriori, che il loro gusto prediletto proposto dalla gelateria è il gusto X, dopo viene quello Y eccetera.
Ricapitolando: chi decide razionalmente tiene conto di preferenze personali a cui applica le proprie intuizioni per poi rettificare il tutto sulla base dei calcoli effettuati grazie ai dati oggettivi via via disponibili.
Da una realtà così descritta veniamo spinti a tre considerazioni fondamentali 1) poiché i dati oggettivi disponibili (studi) possono cumularsi nel tempo – vengono prodotti sempre nuovi studi – cosicché io sono chiamato a continue rettifiche nelle conclusioni; 2) poiché le preferenze divergono, l’ esito della decisione muterà a seconda delle preferenze del decisore; 3) quand’ anche le preferenze siano simili, varieranno le intuizioni, ovvero il punto di partenza di ogni decisione razionale in regime d’ incertezza, cio’ implica che anche con preferenze simili due decisori razionali in possesso dei medesimi dati oggettivi ma di esperienze differenti, potrebbero deliberare diversamente; 4) anche le esperienze si cumulano contribuendo a variare di continuo le conclusioni.
Ritengo che il punto 3) sia quello cruciale, e anche quello che si fatica di più a comprendere. Nel gergo “bayesiano” viene sintetizzato con l’ espressione “i decisori possiedono “a-priori” differenti”.
E’ per questo che quando si discute dello studio X o dello studio Y è sempre sottointeso che stiamo discutendo “al margine”. Ovvero, anche qualora lo studio sia valido e fondato su dati oggettivi inappuntabili, l’ interlocutore razionale è chiamato a “rettificare”, magari anche di poco, la propria opinione, mica a “cambiarla di segno” radicalmente. Tutto cio’ ha delle conseguenze perché dove l’ interlocutore si situerà nello spettro delle opinioni possibili su quel tema alla fine della discussione dipenderà unicamente da dove si trovava all’ inizio.
La bottom line potrebbe essere: tutte le discussioni serie si fanno sempre e solo al margine.
Proseguendo al discussione potremmo scoprire che – con alcune assunzioni intorno alla buona fede e alla stima reciproca - due interlocutori razionali, pur potendo attestarsi su posizioni differenti, sono “condannati” a raggiungere un accordo completo su qualsiasi questione (e non parlo di un accordo che abbia per oggetto il loro disaccordo).
***
Pensierino finale: la razionalità che ho descritto qui sopra in modo semplicistico è la razionalità bayesiana (ovvero la razionalità scientifica applicata alle scelte incerte). Per una descrizione più rigorosa ma pur sempre intuitiva si puo’ seguire questo link. Chi invece è interessato alla radice soggettivista nel calcolo delle probabilità puo’ seguire quest’ altro link

SIAMO DAVVERO TANTO STUPIDI?

Platone reputava l' uomo un "animale razionale" e considerava ogni attacco alla sua razionalità come un attacco all' umanità stessa.
Ebbene, ci sono pochi dubbi, viviamo tempi in cui la razionalità umana viene attaccata di continuo e su tutti i fronti.
Tanto per fare i nomi di qualche intellettuale di vaglia.
Daniel Kahneman ritiene che l' uomo giudichi sia con l' intuito che con la ragione ma è la prima facoltà a prevalere di gran lunga.
Jonathan Haidt pensa che la nostra ragione sia come un minuscolo omino alla guida di un gigantesco elefante; a volte riesce miracolosamente ad indirizzare la bestia ma quando questa vuole andare da qualche parte non c' è modo di fermarla.
Daniel Sperber ritiene che la ragione non serva a cercare la verità ma a vincere nelle controversie dialettiche; al limite è una facoltà da esibire per innalzare il proprio status agli occhi altrui.
Secondo molti commentatori del lavoro di Benjamin Libet l' atto "riflessivo" stesso è un' illusione, così come pure quella coscienza che dovrebbe ospitare la ragione: le nostre decisioni sono frutto di un mero istinto che precede la coscienza.
Naturalmente, non manca la spiegazione evolutiva di questa "stupidità diffusa": il cervello dell' uomo si sarebbe formato 30000 e rotti anni fa rispondendo ad esigenze ben diverse da quelle che abbiamo oggi. Poiché operiamo con la stessa "macchina" in un contesto del tutto differente, non c’ è da stupirsi se andiamo incontro ad una serie di inconvenienti.
Da ultimo, il mio amico virtuale Ettore Panella si mostra scettico sulle prestazioni cognitive dell' homo sapiens: noi non saremmo in grado di "ragionare", al limite possiamo giusto "razionalizzare". Lo cito perché il presente post è anche frutto di una sua fruttuosa provocazione.
La conclusione comunemente accettata stabilisce che l' uomo medio è zeppo di bias cognitivi e non puo' farci granché.
C' è chi ha timidamente notato, nella speranza di salvare la ragione, che gran parte di questi errori si compenserebbero dando origine a forme di razionalità collettiva ("winsdom of the crowd"?. Purtroppo, i nostri errori non sarebbero errori qualsiasi, bensì errori sistematici, ovvero incorreggibili. Noi sbagliamo a senso unico indirizzando male anche il gruppo a cui apparteniamo.
Certo che se tutto cio' fosse vero non mancherebbero elementi di preoccupazione. Pensate ad un governante consapevole di tutti questi limiti cognitivi a carico dei suoi sudditi. Non vi sembra pericoloso? Le politiche paternalistiche si sprecherebbero, e con tanto di supporto scientifico a giustificazione.
C' è da chiedersi se è rimasto qualche sparuto elemento a difesa della razionalità.
Facciamo un passo indietro, il discredito è calato sulla razionalità umana allorché si è cominciato a volerne testare la reale consistenza.
Di solito si sottoponeva ad un campione casuale di studenti un problema fornendo in modo chiaro tutti i dati necessari per ricavare la soluzione corretta, dopodiché si verifica  se la presenza di un innocuo  "trucchetto" induceva risposte irrazionali.
La risposta era di solito affermativa. Negli otto punti che seguono cerco di valutare questi esiti in modo eterodosso rispetto all' interpretazione corrente.
dumb
***1. Il duro mestiere della cavia***
Ci si potrebbe chiedere come mai un individuo posto nelle condizioni sopra descritte dovrebbe rispondere in modo corretto ai quiz che gli vengono sottoposti.
In fondo scovare la risposta giusta implica un calcolo, magari un calcolo faticoso, meglio sparare a caso o quasi e passare alla cassa per intascare il “compenso cavie".
Per evitare questi inconvenienti sperimentali bisognerebbe fissare una sostanziosa ricompensa per chi risponde correttamente. Ma poiché questi esperimenti hanno senso solo se reclutano le masse, c' è da chiedersi  quanto sarebbe oneroso un lavoro affidabile? Di sicuro parliamo di costi proibitivi.
No, la cosa è improponibile.
Si potrebbe, in alternativa, interrogare solo dei soggetti esperti , ovvero ferrati nel dominio coperto dalle domandine di laboratorio. Anche costoro soffrono dei noti limiti di ragionamento? In fondo parliamo di gente che si guadagnano da vivere proprio operando nel ramo in cui viene interrogata.
Buona idea, quando si è realizzato un progetto di questo tipo l' irrazionalità delle cavie è crollata.
L' economista John List, con l' aiuto dei suoi amici psicologi, ha dedicato molte energie ad esplicitare questo punto.
***2. Intelligenza vs. Razionalità***
Ma c' è un' altra obiezione più profonda e riguarda la natura della nostra razionalità.
La domanda cruciale è questa: intendiamo tutti la stessa cosa quando parliamo di razionalità? Forse no.
Forse cio' che si mette alla prova nei test convenzionali, più che la razionalità, è l'intelligenza.
Ma che differenza c' è tra razionalità e intelligenza?
Anziché dilungarci in definizioni astratte forse è meglio fare un esempio proponendo un test classico, il cosiddetto "Linda's problem".
L' esaminatore esordisce raccontandovi una storiella semplice semplice:
...Linda è una giovane donna che lavora in banca; si impegna molto nel suo lavoro ma ha anche una vita sociale attiva, le sono sempre stati a cuore i diritti delle donne, sente come sua questa battaglia e recentemente si è avvicinata ad un' associazione che si dedica a queste tematiche e bla bla bla....
Dopo aver raccontato la storiella vi propone due affermazioni:
1) Linda è un consulente finanziario di banca;
2) Linda è un consulente finanziario di banca e una femminista.
Vi viene infine chiesto quale ritenete essere l' affermazione più probabile.
La maggioranza delle persone sceglie “2” ma la risposta esatta è “1”. Infatti, le persone ricomprese da “2” sono solo un sottoinsieme delle persone ricomprese da “1”, di conseguenza “1” sarà per definizione sempre più probabile di “2”.
Da questo errore ripetuto più volte nel tempo si inferirebbe che le persone sono sistematicamente irrazionali.
Chi obbietta dice invece che una lacuna del genere è compatibile con la razionalità.
Evidentemente ci sono concezioni differenti di razionalità.
Di sicuro il problema è ben posto e chi risponde "2" sbaglia; ma sbaglia perché è un soggetto irrazionale?
Per capire cosa potrebbe essere successo dobbiamo mettere in evidenza il "trucco" che ha deviato molte risposte: il quesito ci fornisce una lunga introduzione al personaggio di Linda che ci trae in inganno poiché è del tutto irrilevante per risolvere il quiz proposto alla fine.
Ma nella nostra realtà quotidiana se qualcuno ci parla facendo delle premesse articolate, evidentemente è perché ritiene quelle premesse rilevanti ai fini del discorso che segue. Presumere che le cose stiano in questi termini è del tutto razionale per noi. Eppure,  nel caso del quiz, tutto cio'  ci ha indotto in errore.
Evidentemente, chi ha sbagliato non è riuscito ad astrarsi dal mondo per concentrarsi sul quiz, la sua realtà quotidiana ha continuato a vivere dentro di lui anche mentre veniva testato in laboratorio attraverso quiz semplici e asettici.
In conclusione direi questo: per risolvere correttamente il "Linda's problem" (così come molti altri esperimenti mentali) noi dobbiamo IMMAGINARE correttamente la situazione che ci viene descritta e poi CALCOLARE la soluzione finale.
I soggetti che rispondono scorrettamente possiedono in modo integro le loro facoltà di CALCOLO, quello che non riescono a fare bene è IMMAGINARE la situazione che viene loro descritta.
Non ci riescono ma del tutto anche se è una situazione particolarmente semplice.
Anzi, forse non ci riescono proprio perché è fin "troppo" semplice, la realtà con cui sono abituati a fare i conti è molto molto più complessa.
I soggetti che rispondono in modo sbagliato dicono di accettare le semplici premesse poste dall' esaminatore. Che ci vuole? Sono premesse elementari e chiare! Ma in realtà non riescono ad accettarle poiché dentro di loro le ritengono inverosimili (nella realtà non esistono problemi con premesse tanto semplici). E' questo che li induce in errore, non la supposta irrazionalità.
Personalmente mi sento di avallare questa interpretazione.
Nella mia esperienza capita spesso di proporre "esperimenti mentali", proprio per la loro semplicità. Ho continue conferme di quanto si diceva: persone che riconosco come più lucide e brillanti di me nel prendere la decisione giusta in mille contesti, faticano poi a calarsi in giochini molto semplici. Mi sono sempre fatto delle domande in proposito.
Ci vuole una buona dose di "autismo" per calarsi in problemi artificiosi, così come ci vuole una grande sensibilità a tutti i fattori per prendere la decisione più corretta nella vita reale. Difficilmente "autismo" e "sensibilità" riescono a convivere nella stessa persona.
Recentemente mi è capitato di proporre il "Linda' s problem" ad un conoscente che stimo per la sua capacità di riflettere.
Mi ha dato la risposta sbagliata. Niente di strano.
Si è giustificato dicendo: ho scelto "2" perché di solito ritengo più informato colui che su una certa questione mi fornisce più dettagli. E in effetti nella realtà è proprio così, purtroppo nell' esperimento mentale di Linda un' assunzione del genere è del tutto gratuita.
Insomma, il mio amico non è riuscito a concentrarsi sul problema facendo piazza pulita della realtà che vive tutti i giorni, ovvero dei meccanismi che adotta comunemente per risolvere i problemi sul lavoro o in famiglia.
Avrebbe dovuto concentrarsi sulla fredda logica deduttiva applicandola ai dati di partenza, ha invece fatto irrompere la tipica logica induttiva con cui soppesa le sue esperienze al fine di metterle a frutto.
La logica induttiva ha disturbato quella deduttiva portandolo all' errore. Cio' non toglie che la sua logica deduttiva sia solida, è solo disturbata indebitamente da quella induttiva allorché si ritrova in situazioni artificiose come quelle di laboratorio. Ma nella realtà la logica induttiva non disturba affatto, anzi integra in modo imprescindibile le capacità di calcolo.
In conclusione, il mio amico ha fornito sì la risposta sbagliata ma nella realtà di tutti i giorni è probabilmente molto più razionale dell' "autistico solutore ideale" del Linda's problem.
Avete presente quei "soggetti molto intelligenti che fanno cose molto stupide"? Sono familiari un po' a tutti. Ecco, questi tipi rientrano senz' altro nell' elenco dei "solutori ideali".
Il "solutore ideale" deve avere doti di calcolo e capacità di astrazione (immaginazione). A lui non è richiesto né di saper saggiare l' affidabilità dei dati di partenza né di fissare obbiettivi congrui.
Ma cosa significa tutto cio'? Un esempio lo chiarisce bene.
Se la maestra dice: "Pierino va a far la spesa con 10 euro nel portafoglio..." noi non siamo tenuti a questionare sull' affidabilità di questa informazione. E' così punto e basta, lo dice la maestra.
Se la maestra poi dice "... quanto ha speso Pierino al mercato?" l' obbiettivo dello sforzo a cui siamo chiamati è semplice: rispondere a questa domanda. Noi non siamo tenuti a fissare uno scopo, lo fa per noi la maestra e non si discute. Non ci resta che "calcolare".
Eppure, saggiare l' attendibilità dei dati ricevuti e fissare obbiettivi congrui sono competenze importanti nella vita reale, sono altresì competenze che impegnano la nostra ragione.
E torniamo allora alla distinzione tra "intelligenza" e "razionalità". Ora dovrebbe essere più chiara.
Di solito pensiamo che i limiti della persona intelligente con "tratti autistici" siano legati alla sfera emotiva e a quella relazionale.
Le cose non stanno proprio così, tanto è vero che i limiti che sto evidenziando non sono né di natura emotiva, né di natura relazionale. Sono limiti legati alla razionalità, sono limiti cognitivi.
Una persona puo' essere intelligente ma possedere una razionalità estremamente limitata. Ecco spiegato il caso tanto comune dell' "intelligentone che fa cose stupide". Non si tratta di "stupidità emotiva o relazionale", un concetto del genere sarebbe un ossimoro. Si tratta di stupidità in senso stretto, ovvero di deficienze cognitive.
A volte, quando pensiamo all' "intelligentone" imbranato pensiamo anche che sia in quelle condizioni per la sua scarsa esperienza di vita: ha una tale passione per i libri che non esce mai dalla sua camera; è chiaro che appena fa un passo fuori inciampa. Sottointeso: ma lascia che si abitui...
Le cose non stanno proprio così poiché, come abbiamo visto, l' intelligenza puo' anche non essere collegata con la razionalità: l' esperienza non aiuta quei soggetti che non hanno gli strumenti cognitivi per soppesarla.
Ci sono casi estremi, per esempio quelli legati alla "lucida follia".
Di cosa si tratta? Abbiamo detto prima che la persona intelligente ha una grande capacità di astrarsi, sa IMMAGINARE molto bene il problema che gli viene proposto. Ebbene, il "folle lucido" ha una facoltà d' IMMAGINAZIONE potentissima, al punto che ne ha perso il controllo. Per quanto lucido non potrà mai essere considerato "razionale", tanto è vero che lo bolliamo come "folle".
Tuttavia, non vorrei essere frainteso: l' intelligenza resta una facoltà importantissima anche nella vita di tutti i giorni, specie dei NOSTRI giorni. E il senso comune lo sa bene, tanto è vero che tutti noi in fondo in fondo speriamo che i nostri figli abbiano un IQ elevato piuttosto che ridotto. Non siamo affatto indifferenti alla cosa.
Se devo proprio fare un nome di chi si è occupato di queste faccende, mi spendo per Keith E. Stanovich. Mi è stato molto utile leggere alcuni dei suoi lavori. Per lo sporco lavoro sul campo faccio i nomi di Ralph Hertwig e Gerd Gigerenzer.
***3. Il fascino dell' irrazionalità***
Discutendo per questioni di lavoro è difficile che l' altro faccia ammissioni contro il proprio interesse. Non ti sorprendi molto della cosa. In fondo vale anche per te: perché mai dovrei darmi la zappa sui piedi?
Nei forum virtuali capita invece di parlare con gente di cui non sai nulla e non saprai mai nulla. In un caso del genere difficile ipotizzare la presenza di interessi meritevoli di tutela: dici la tua e togli il disturbo. Eppure, anche qui, e forse più ancora che sul lavoro, non è facile trovare gente intellettualmente onesta.
In genere le persone virtuali che incontri hanno le loro fisse. Capisci subito che costoro non cambieranno mai idea. Neanche di fronte a fatti innegabili. Neanche di fronte a dimostrazioni geometriche.
Ti viene subito voglia di solidarizzare con chi definisce l' uomo un essere fondamentalmente irrazionale e in preda a ideologie. Anzi, le ideologie ti corazzano ancora più che gli interessi.
Ma c' è una semplice osservazione che manda in crisi l' ipotesi dell' uomo irrazionale. Basta infatti osservare che avere un' ideologia è bello.
E' bello professare un' ideologia, avere una fede. Ti riempie la giornata, costruisce la tua identità, ti realizza come persona, ti appaga, ti rende felice e compiaciuto.
Sono tutte cose positive e io potrei (razionalmente) decidere di sacrificare qualcosa pur di ottenerle. Cosa c’ è di più normale che pagare un prezzo per avere un bene? Potrei allora, per esempio, decidere di sacrificare la mia razionalità, perché no?
In questi casi lo psicologo parla di "irrazionalità razionali". Ma adottare un comportamento del genere è perfettamente razionale. Anche nel senso classico del termine.
Forse dobbiamo rivalutare gli "ottusi" che incontriamo in rete, hanno solo dato via la loro razionalità per avere altri beni, probabilmente più preziosi. facendo questo si dimostrano ancora più razionali di noi. Forse.
Ecco allora un' altra ipotesi in cui i bias cognitivi dell' uomo sono solo apparenti.
Ma come si puo' dimostrare un' ipotesi del genere?
Un modo ci sarebbe. Visto che parliamo di "dar via" la propria razionalità, allora dovrebbe/potrebbe valere la legge della domanda e dell' offerta: quanto più si alza il prezzo, quanto meno siamo disposti a “comprare”.
I controlli fatti confermano l' ipotesi dell' "irrazionalità razionale": noi siamo molto più ideologici quando discutiamo di politica o votiamo alle elezioni rispetto a quando facciamo la spesa al supermercato.
Essere ideologici in politica non ci costa niente. Anche votare in modo ideologico ci costa poco (gli eventuali effetti negativi saranno ripartiti su tutti). Ma al supermercato ogni "errore ideologico" lo paghiamo di tasca nostra.
Il concetto dell' "irrazionalità razionale" spesso pone sotto accusa i fedeli delle religioni: in molti casi credere a cose irrazionali non costa nulla.
In effetti non penso che si creda alle stimmate di Padre Pio adottando la stessa cura che ci mettiamo nell' analizzare i dati di borsa prima di investire i nostri pochi risparmi.
Anche per questo il nostro impegno nella fede deve essere elevato, il sola fide non converte certo il mondo che continuerà a ridere di noi.
L' economista Bryan Caplan ha elaborato il concetto di "rational irrationality" applicandolo alla politica, in particolare alle procedure democratiche.
***4. Quando il rischio ci manda in tilt***
Da più parti si ritiene che la nostra mente non sia molto a suo agio nel pensare e decidere in situazioni di rischio. Maurice Allais ha escogitato un paradosso che rende chiari i termini della questione.
La cavia è invitata  ad un doppio gioco, nel primo deve scegliere tra questi due premi a sua disposizione:
1a: 1 milione di euro certi in tasca.
ab: 1 milione di euro all' 89% - niente all' 1% - 5 milioni di euro al 10%
Nel secondo gioco deve scegliere invece tra questi due premi a sua disposizione:
2a: niente all' 89% - 1 milione di euro all' 11%
2b: niente al 90% - 5 milioni al 10%
Ebbene, la gran parte delle cavie sceglie 1a/2b.
Ma la scelta è incongrua.
La propensione al rischio puo' variare da persona a persona, cosicché noi non possiamo sapere alcune cose circa la scelta possibile di una persona coerente. Possiamo per esempio dire che sceglierà o la coppia 1a/2a oppure la coppia 1b/2b. Di sicuro non sceglierà la coppia 1a/2b.
Solo una persona incoerente potrà fare quella scelta visto che non si cambia propensione al rischio passando da un gioco all’ altro.
Oltretutto, l' errore registrato è sistematico. Ovvero, noi sbagliamo sempre scegliendo la coppia 1a/2b, difficilmente sbagliamo scegliendo 1b/2a.
La conclusione è chiara: in certe situazioni, quando siamo chiamati a decidere in condizioni di rischio, l' uomo si comporta in modo irrazionale.
Tra le ipotesi impliciti che consentono la conclusione di cui sopra c' è quella per cui l' uomo è un egoista: cerca cioè di massimizzare i premi ricevuti data la sua propensione al rischio.
In alternativa potremmo postulare che l' uomo sia un invidioso: data una certa propensione al rischio, cerca di massimizzare il differenziale tra la sua utilità e quella degli altri partecipanti la gioco.
Non mi sembra un' ipotesi forte. Anzi, mi sembra ancora più plausibile di quella dell' "uomo egoista".
Ebbene, postulando l' ipotesi dell' "uomo invidioso" prendiamo atto con sorpresa che la coppia 1a/2b, sotto certe ipotesi relative alla forma delle funzioni di utilità,  diventa coerente per molti livelli di propensione al rischio.
L' uomo non sarebbe quindi né irrazionale né egoista, sarebbe piuttosto invidioso. Un invidioso razionale, però.
La mia esperienza conferma questa ipotesi, spesso noto che gli uomini abbandonano i propri giudizi per conformarsi a quello generale. Questo è sintomo che l’ invidia fa premio sull’ egoismo: si teme, per esempio, di restare isolati nella sventura.
Tipico pensiero distorto: a parità di rendimento, anche se penso che il titolo X sia meno rischioso, compro Y perché lo comprano tutti.
Il fatto è che le statistiche di borsa confermano questa impressione: gli operatori vendono e comprano considerando la diffusione presso il pubblico di un certo titolo quale elemento in grado di abbassarne la rischiosità!
Ma forse, per spiegare casi come questi, non c' è solo l' irrazionalità umana. In altri termini, non c' è nemmeno bisogno di ripiegare sull' "uomo invidioso". La massima "mal comune mezzo gaudio" ha una sua verità indipendentemente dal sentimento dell' invidia: quando un male colpisce tutti è più facile contare su interventi esterni e su salvagenti eccezionali, magari forniti dalla politica democratica. Quando invece un male prende di mira solo voi, attorno constaterete solo disinteresse e abbandono.
Eric Falkenstein ha brillantemente risolto il puzzle di Allais in termini di invidia. In realtà è stato lo stesso Maurice Allais a mettere tutti sull' avviso affermando che "c' era qualcosa che non andava nell' assioma di indipendenza di Von Neumann e Morgenstern" (che postula appunto l' indipendenza tra le funzioni di utilità dei vari soggetti).
*** 5. Irrazionalità o razionalità occulta?***
Perché alcuni gruppi sociali si rifiutano di credere, nonostante le evidenze, al fenomeno del riscaldamento globale?
Per i teorici dei bias la risposta è chiara: irrazionalità. Un' irrazionalità dettata dall' ideologia.
Per quanto riguarda l' ideologia, ho già detto più sopra: coltivarla non è di per sé sinonimo di irrazionalità. Tuttavia, in questo caso c' è qualcosa in più che vorrei aggiungere.
Per chi fa parte di un certo gruppo, credere al fenomeno del riscaldamento globale non porta alcun beneficio diretto mentre invece accettarne esplicitamente le evidenze lo pone in urto con persone che frequenta ogni giorno. Nel secondo caso l' onere da sopportare sarebbe davvero alto.
In queste condizioni come si comporta un soggetto razionale dedito ad una puntuale analisi costi/benefici?
Ovvio, decide di non credere.
Non credere è una scelta obbligata per il soggetto razionale.
Potremmo allora dire che il gruppo ha posizioni irrazionali ma non che i soggetti che lo compongono siano irrazionali. La razionalità individuale è salva.
Per approfondire le vie imprevedibili della razionalità umana, una buona guida potrebbe essere il giurista Dan Kahan.
***6.  Irrazionalità al servizio della razionalità***
Si realizza spesso anche il fenomeno inverso rispetto a quello appena visto: talune nostre irrazionalità servono per conferire razionalità ai comportamenti di gruppo.
Faccio un esempio tratto dalla storia delle idee.
Nel pensiero economico, una delle tappe più importanti è costituita dall' elaborazione del concetto di equilibrio generale.
L' esimio economista ginevrino Léon Walras dimostrò matematicamente che un libero mercato, sotto certe condizioni, è in equilibrio allorché ottimizza l' allocazione delle risorse disponibili. Una fortunata coincidenza!
Successivamente, Kenneth Arrow e Gerard Debreu raffinarono questa dimostrazione.
Tuttavia, cio' non diceva ancora nulla circa la possibilità o meno che un libero mercato possa raggiungere spontaneamente il suddetto equilibrio.
Anzi, a dirla tutta Herbert Scarf dimostrò che una simile garanzia non poteva essere fornita.
Piccolo particolare: Scarf, come i suoi predecessori, ipotizzava che i prezzi di mercato fossero annunciati urbi et orbi da un banditore d' asta ad un pubblico di soggetti razionali.
Ebbene, bastò togliere questa condizione artificiosa per raggiungere risultati ben diversi.
Se si ipotizza l' assenza di un banditore ufficiale e al suo posto si considera invece la presenza di soggetti con razionalità limitata che aggiustano i loro comportamenti secondo strategie alternative, allora è possibile dimostrare che un libero mercato, oltre a possedere un equilibrio in cui viene ottimizzato l' uso delle risorse, è anche nelle condizioni migliori per raggiungerlo.
Di solito si parla di "strategie markoviane di comportamento".
La razionalità dei singoli, in questo caso, era un ostacolo al benessere collettivo e le "strategie alternative" che descrivono lo scenario ottimale, se considerate isolatamente, potrebbero anche essere scambiate da molti come "irrazionalità".
Qui l' irrazionalità, però, è al servizio di una razionalità più alta. Non mi sembra quindi che sia lecito trattarla quasi fosse un difetto da correggere. Al contrario.
Il matematico Samuel Bowels e l' economista Herber Gintis sono i due studiosi che, sulle orme di Hayek, si sono dedicati ai temi sfiorati in questo punto.
***7. La riflessione negata***
C' è chi non si limita a negare la ragione ma nega addirittura l' atto riflessivo in sè, ovvero, l' atto da cui dovrebbe scaturire la scelta razionale: noi saremmo dominati dai nostri istinti.
Qui bisogna intendersi: una scelta razionale puo' essere presa anche d' istinto ma non c' è chi non veda un legame forte tra ragione e capacità di vincere l' istinto immediato grazie ad un' attività riflessiva che scaturisce dalla coscienza.
Gli esperimenti condotti da Benjamin Libet hanno rilevato un' attività cerebrale che precede la decisione cosciente, cosicché in molti hanno concluso che la seconda potrebbe essere una mera illusione. La vera scelta è presa prima attraverso delle procedure estranee alla nostra coscienza.
In merito si avanzano di solito tre critiche:
1) Gli esperimenti di Benjamin Libet chiedono alle cavie di compiere scelte che sono ben lontane dalle scelte che compiamo comunemente. Se dobbiamo limitarci a decidere quando apporre un puntino su un foglio bianco siamo chiamati a compiere una scelta semplicissima, senza vincoli di tempo e completamente casuale. Fare una scelta di carriera o decidere se divorziare o meno è un po' diverso. Difficile pensare che lo studio dei meccanismi decisionali che riguardano il "puntino" possano dirci qualcosa di fondamentale sulle scelte autentiche.
2) Gli esperimenti di Benjamin Libet ci dicono che esiste un' attività cerebrale prima di assumere una scelta in modo cosciente. Ma da tutto cio' non si evince che la nostra scelta sia di natura istintiva. E perché mai? Anzi, quell' attività cerebrale, probabilmente, è necessaria proprio per attivare la coscienza e chiamarla a decidere.
3) C' è una relazione tra previsione e libertà che a molti sembra ostica. Secondo Libet, l' attività cerebrale che precede la scelta cosciente ci consente di prevedere quest' ultima con una probabilità intorno al 60%. In certe particolari condizioni la probabilità si alza.Cio' potrebbe significare che la nostra libertà di coscienza è condizionata ma mi chiedo chi ritenga che non esistano condizionamenti. Neanche il libertario più radicale arriverebbe a pretendere tanto! La presenza di una libertà - e quindi di una coscienza da cui scaturirebbero le decisioni razionali - deriva dal fatto che io "posso fare diversamente" qualora lo volessi, non dal fatto che la mia scelta sia prevedibile in anticipo. Esempio: è praticamente certo che io da qui ad un' ora non mi amputerò il braccio destro, tuttavia, se lo volessi fare potrei farlo. Se per esempio mi dicessero che con l' amputazione potrei salvare la vita in pericolo delle mie figlie procederei.
Alfred Mele è un filosofo da sempre impegnato a spiegare perché la scienza non ha affatto confutato il libero arbitrio e la scelta cosciente delle persone. Penso che saperlo, e quindi sapere che l' uomo puo' liberamente riflettere sulle decisioni da prendere, sia una buona notizia per chi crede che la ragione abbia un ruolo da giocare in questi frangenti.
***8. L' agguato paternalista***
Paternalismo e teorie dell' irrazionalità umana molto spesso vanno a braccetto. E' come se il governante dicesse al cittadino: "poiché non sei in grado di scegliere per il tuo bene, sceglierò io per te".
Dal truce proibizionismo alle subdole "spintarelle", il paternalismo esercita il suo magnetismo su tutto lo spettro politico, dall' estrema destra all' estrema sinistra.
E non parliamo dei cattolici, sempre pronti a far da egida con qualche decreto legge da richiedere alla politica.
La logica non fa una grinza: il cittadino/suddito non sa perseguire in modo coerente la sua felicità, non ha strumenti cognitivi adeguati per "realizzarsi" quindi, in sua vece, interviene il governante.
Ecco, quand' anche accettassimo le premesse circa l' irrazionalità sistematica dei cittadini - e nei punti precedenti ho sollevato dubbi in serie - l' argomento paternalista presenta quantomeno cinque inconvenienti.
Il primo è ovvio:
1) perché mai il tutore dovrebbe essere esente da bias?
Il secondo è legato alla prassi:
2) Il paternalismo implica élitarismo,  e l' élitarismo nel mondo moderno crea risentimento sociale; condizione tutt' altro che ideale per implementare con successo certe politiche.
Il terzo è paradossale:
2) tra i bias più comuni c' è anche quello per cui il soggetto è felice e si realizza solo se sceglie personalmente e sente sotto controllo la situazione.
Il quarto è sgradevole:
3) il paternalismo non cura i nostri bias ma anzi, ci gioca sopra, gli alimenta fino a diventare contro-producente qualora noi riuscissimo a superarli. Il paternalismo non mi educa ma mi spinge lentamente verso una condizione di dipendenza: senza il mio amorevole sorvegliante, sarò perduto.
Il quarto è filosofico:
4) il paternalismo è un attentato alla dignità dell' uomo messo sotto tutela. Il "protetto", infatti, è considerato come un eterno minorenne che bisogna far vivere in ambienti falsati e artificiosi, in sua presenza non bisogna accennare alle cose come stanno: non bisogna dire che "solo" il 15/20 dei forti fumatori viene colpito dal cancro ai polmoni, o che gran parte dei drogati esce relativamente presto dalla sua dipendenza, o che il rischio di fare incidenti da ubriachi è dello 0.009%, eccetera. Non bisogna dire niente per evitare che queste informazioni azionino l' irrazionalità dei soggetti fungendo da incentivo, al fumo, alle droghe, alla guida in stato di ubriachezza, eccetera. Ma questa campana di vetro fatta di reticenze e falsità è compatibile con la dignità dell' uomo?
Nonostante questi inconvenienti esiste un certo consenso intorno alle politiche paternaliste, è inutile negarlo. Tuttavia, la natura di questo consenso è per me dubbia.
Personalmente ritengo che molti siano favorevoli a politiche di questo tipo, non tanto perché preoccupati della sorte di chi non sa badare a se stesso, quanto perché queste politiche accomunano tutti in un unico destino.
Si torna al "mal comune mezzo gaudio" di cui sopra. Un classico bias che ci spinge a guardare con favore la figura messianica del saggio pastore/governante alla guida di un gregge da uniformare nei comportamenti al fine di essere condotto tutto in un unico ovile. Magari scomodo, magari primitivo ma pur sempre "unico".
A parte queste considerazioni, chi valuta i cinque problemi di cui come preoccupanti, si chiede poi quali alternative esistano.
Forse un' alternativa c' è: favorire la riflessione e l' introspezione. Chiamiamole pratiche di debiasing.
Se il "debiasing" fosse possibile, costituirebbe una valida alternativa al paternalismo. Non solo: quanto più il debiasing è possibile, quanto più il paternalismo da socialmente benefico diventa socialmente dannoso.
E molti psicologi ci dicono oggi che è possibile, purché si crei attorno al soggetto un ambiente gradualmente responsabilizzante che consenta la transizione dell’ “eterno minorenne” verso la maturità.
Prima, parlando di supermercati e cabine elettorali, ho fatto veder con un esempio come il libero mercato responsabilizza mentre la democrazia de-responsabilizza. Ecco, bisognerebbe trarne qualche conseguenza.
Jeremy Waldron è il giovane e promettente studioso che ha meglio elaborato filosoficamente i legami tra paternalismo e dignità dell' uomo. Bart Wilson si è invece occupato del "bias da controllo" (quello che ci fa preferire irrazionalmente l' auto all' aereo) e della libera scelta come via alla propria realizzazione. Sul "debiasing" vorrei indirizzare verso il lavoro di Keith Stanovich e Jonathan Evans.
***aggiunte***
  1. nella sezione 8, a proposito delle dipendenze sviluppate dal paternalismo, si potrebbe ricordare che l' abilità a gestirsi nel gioco è inversamente correlata con le proibizioni in materia.
  2. siamo fortunati noi cattolici ad avere l' esame di coscienza. L' introspezione è il modo migliore per superare i propri bias, e funziona! L' autore che più ha approfondito la faccenda è Richard Davidson.
  3. Una considerazione etica sul paternalismo. Il paternalismo crea il mercato nero, cosicché il paternalista puo' essere considerato oggettivamente responsabile per i danni collaterali che si creano su un mercato del genere. Una possibile replica, per esempio del proibizionista in tema di droghe: se io sono oggettivamente responsabile per quei danni tu, liberalizzatore, lo sei per i danni che si creano su un mercato libero, ovvero per i maggiori drogati che implica l' accesso facilitato alle sostanze. Il ragionamento è valido ma va completato: io mi prendo anche i meriti per la libertà che dò a quelle persone che si rovinano. Ora, facciamo il saldo, cosa vale una vita senza libertà?