martedì 1 ottobre 2019

LO STERCO DEL DIAVOLO

https://feedly.com/i/entry//cnXVr/5HNe2pDqTI3udBeVx4AbJSW9TNhacAl8h6Dc=_16cb4ff114f:437712:255916d9


LO STERCO DEL DIAVOLO

Perché il denaro è tanto desiderato e al contempo tanto odiato?

Sul “tanto desiderato” non rispondo neanche.

Sul “tanto odiato” invece sì: perché rende le persone confrontabili.

E’ più prestigioso un notaio o un magistrato? La risposta più naturale è un boh, ma poi guardo al reddito e ho una chiave di lettura. Illudersi sul proprio prestigio diventa più difficile.

Ecco, se prima avevo due “numeri uno” (due persone che, magari illudendosi, erano altrettanto felici), ora ho “un numero uno e un numero due”. Ovvero, poiché siamo invidiosi, attraverso il denaro ho creato un infelice. Il denaro insomma genera infelicità sociale ponendoci su un'unica scala gerarchica.


https://willwilkinson.net/2006/10/31/the-great-chain-of-status/

LE VIRTU’ DEL RELATIVISMO

Meglio un sonetto del Petrarca o la Commedia dantesca? Meglio un dipinto di Caravaggio o una sifonia di Mozart?
Chi puo’ dirlo? Sono generi artistici diversi, eppure l’arte è una e una soltanto, e in pochi sono disposti a sostenere che i valori estetici siano relativi.
Ad ogni modo, comunque la si pensi in merito sarà ben difficile confrontare forme d’arte così eterogenee, oltretutto ci sono buoni motivi per difendere questa “incommensurabilità”, e di seguito vorrei esporli come meglio posso. Di fatto la mia diventerà una difesa del relativismo, ne sono consapevole.
Dunque, nel tentativo di chiarire meglio quello che ho in mente sposto per un attimo l’attenzione dal mondo dell’arte a quello della società umana tout court. Pensate allora ad una società dove 1) l’invidia sia il sentimento dominante e 2) tutti i risultati ottenuti dai singoli operando in società siano confrontabili e ordinabili gerarchicamente (anche un sonetto rispetto a un poema o un quadro rispetto a una musica); in una società siffatta ogni sforzo per migliorare la propria condizione sarebbe frustrato dallo sforzo altrui, saremmo cioè come tanti cricetini che corrono sulla ruota e sudando invano. L’invidia e la confrontabilità rendono tutto un inane “gioco a somma zero” (traggo questa espressione dalla teoria dei giochi): ogni miglioramento relativo di un Tizio qualsiasi corrisponde al peggioramento di un Caio qualsiasi, ad ogni sorpasso effettuato corrisponde un sorpasso subito, nel suo complesso la “felicità sociale” non fa mai un passo avanti.
Ma c’è di più, purtroppo: la prima ipotesi – quella dell’invidia – per quanto cinica è tutt’altro che peregrina, sia le scienze sociali che quelle naturali la propongono di frequente, e anche l’introspezione personale l’avvalora. Ma anche il criceto che è in noi emerge dall’introspezione, ci risulta del tutto plausibile pensare che al progresso sconvolgente dell’ultimo secolo non corrisponda un incremento significativo in termini di felicità personale.
C’è un modo per far fronte a questa situazione? Ovvero, come se ne esce? Innanzitutto, notando che cio’ che conta ai nostri fini è il rango sociale (posizionamento) percepito prima ancora che quello effettivo. E’ la percezione, infatti, non la realtà, a far emettere ai nostri cervelli l’adeguata quantità di serotonina che produce quell’appagamento personale meta ultima dei nostri sforzi. In secondo luogo, indebolendo la confrontabilità reciproca, ovvero creando nella realtà “nicchie irriducibili” le une alle altre che possano migliorare lo status relativo di ciascuno.
Il sentimento umano dell’invidia sembrerebbe facilitare la creazione di nicchie (o generi): io, per esempio, posso essere invidioso di chi sta vicino a me ma difficilmente lo sarò mai di chi opera in una dimensione molto distante dalla mia. Non so esattamente perchè sia così ma so che è così, che i nostri cervelli funzionano così. Se gioco a calcio nel campionato CSI difficilmente potrò mai essere invidioso delle mirabili doti di un Pirlo, un campione del genere opera in una dimensione estranea alla mia, al limite potrei avere una rivalità con il ragazzo che nella mia squadra ambisce a soffiarmi la maglia numero quattro.
Chi gode di più prestigio nella nostra società, il cantante di successo, l’atleta olimpionico, l’archistar o il giudice costituzionale? La domanda ci suona assurda, impossibile rispondere, sentiamo queste diverse dimensioni come incommensurabili anche se in teoria potrebbe esistere un’unica scala del prestigio. Ora sappiamo meglio perché il relativismo prevale.
Insomma, se ci sono tante gare ci saranno anche tanti vincitori, e quindi un maggior numero di gente soddisfatta. Mia nonna era riconosciuta e stimata in paese anche perché vinceva regolarmente il torneo delle torte all’oratorio, nella sua testa la cosa produceva parecchia serotonina e faceva passare in secondo piano il fatto che non fosse né un astronauta né un notaio. Una società diversificata in tante nicchie attenua i problemi tipici legati allo status, una società a gerarchia unica (“società stratificata”) ha un solo vincitore e una marea di perdenti.
In passato si era più restii a rinunciare all’assolutismo, cosicché le società stratificate erano la norma, pensiamo solo al sistema delle caste. Nelle soietà moderne la relativizzazione è messa a dura prova dal denaro che rende tutto equiparabile, pensate al confronto tra un politico e uno scienziato, chi è più prestigioso? Impossibile rispondere? Forse, ma la tentazione di dirimere la diatriba guardando al reddito dei due personaggi è forte. Gli USA, per esempio, sono una società più stratificata dell’Europa, questo è certo.
Nella società stratificata esiste un’unica gerarchia, un unico status, e il fatto di essere in sua presenza lo capiamo da alcuni segnali inequivocabili. Lo status serve a ben poco se non viene in qualche modo esternato e di solito viene esibito in taluni consumi ben precisi che rivestono da sempre una natura simbolica, in genere: sicurezza, dimora, salute e futuro dei figli (scuole). Probabilmente è per questo che quanto più una società è stratificata, tanto più i prezzi di questi servizi si gonfiano a dismisura senza che la loro utilità sostanziale cresca in pari misura.

I DOGMI

Ecco i dogmi che segue l'economista quando discute:

1) Non esistono pasti gratis. Tradotto: se non paghi qualcosa è perché lo sta pagando qualcun'altro.
2) C'è sempre un vincolo di bilancio. Tradotto: la bilancia ha sempre due piatti: il pro e il contro.
3) Metti al centro il bastone e la carota. Tradotto: gli incentivi contano.
4) Conseguenze impreviste. Tradotto: ogni azione ha una conseguenza voluta e nove non volute.
5) Le regole costano. Tradotto: rinuncia alle regole buone la cui applicazione costa troppo.
6) Virtù minima. Tradotto: prdiligi le regole il cui rispetto non implica lesercizio di una virtù. Beato il paese che puo' fare a meno di eroi.

CONSIGLI PER SCRIVERE UN SAGGIO

CONSIGLI PER SCRIVERE UN SAGGIO

Il mio punto preferito resta l'undicesimo: "molta cattiva scrittura emerge dal tentativo di prendere le distanze da cio' che si sta dicendo. Lo stile è anche una forma di coraggio".

LA SOLITUDINE ANTI-FACEBOOK

… Il petrolio del XXI secolo: l’attenzione del prossimo. Una volta che la ficchi nella centrifuga della rete ne esce lesionata irreparabilmente…
Un sollievo allo stress da social: il tuo giardino. Il faccione di Greta ti perseguita spuntando ovunque? Rifugiati tra le tue rose e induci l'oblio…
… La terapia del silenzio per ritrovare le poche parole ancora da dire…
… Una maledizione che perseguita i millennial: il concetto di “capitale umano”. Ne ha fatti fuori più lui dell'orgoglio…
… Il contrario del narcisismo: l’auto-osservazione…
… Il contrario del narcisismo: l’esame di coscienza…
... Celebriamo tutti insieme la solitudine silenziosa del disconnesso...
... Come percepire il reddito di cittadinanza e vivere felici senza fare nulla...
THEGUARDIAN.COM
The author and artist’s keynote address on our fractured attention spans went viral. Now she has a plan for how to heal them: lose ourselves in nature

http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2019/10/free-trade-and-peace.html

SE E' BEL TEMPO, PIOVERA'

SE E' BEL TEMPO, PIOVERA'

Recentemente ho scoperto che la storia è una materia particolarmente semplice perché non fa che ripetersi ogni 300 anni, cambiano giusto quei particolari che un profano come me è autorizzato a trascurare. Ecco i 4 passaggi chiave da ricordare:

1) Dapprima c'è una crescita della prosperità che dura circa 100 anni.
2) Poi c'è una stagnazione in cui si generano diseguaglianze sociali mal digerite dai più. Questa fase dura mezzo secolo circa.
3) Segue il collasso, favorito da guerre, carestie e pestilenze. Durata 50/100 anni.
4) Infine c'è una fase paludosa in cui si attende una nuova spinta propulsiva per ricominciare il ciclo che di solito emerge nel giro di 50/100 anni.

P.S. Quando la persona mediamente colta s'imbatte in un simile messaggio diffida spontaneamente poichè sa bene quanto la nostra mente sia incline a vedere forme (assurde) anche nelle nuvole, e la storia sembrerebbe evolvere proprio con la casualità delle nuvole. Insomma, siamo disposti a prendere sul serio simili teorie solo se avvallate da montagna di prove. Ecco, Peter Turchin è uno che nel tempo ha accumulato una montagna di prove, impossibile da accantonare con sufficienza. Consiglio la lettura.

COME NASCE UN IMPERO?

COME NASCE UN IMPERO?

Un piccolo gruppo di uomini particolarmente coeso, di solito dislocato ai confini di qualche entità politica e quindi abituato a subire attacchi e organizzare contrattacchi, comincia una sua guerra di conquista compensando materialmente altri gruppi che diventano suoi alleati più o meno espliciti, la perfetta coordinazione negli assalti rende questa macchina da guerra mortale. La preda, di solito, è il "cadavere" di un precedente impero dove la stagnazione economica, la rendita come unica fonte di reddito, le forti diseguaglianze, il rancore interclassista e la frammentazione politica hanno ormai indebolito il collante sociale. In queste condizioni ci si difende presentandosi in ordine sparso e venendo annientati uno a uno.

COME FINISCE UN IMPERO?

Quando con la gloria sopraggiunge lentamente la condizione della preda di cui sopra.

P.S. l'autore porta nove esempi, uno per capitolo. Ora sto leggendo come i cosacchi conquistarono la Siberia sgominando i tartari.

L'UNICO DISCORSO INTERESSANTE...

L'UNICO DISCORSO INTERESSANTE...

Perché parlare di legalità quando si puo' parlare di etica?

L'etica è sempre più solida della legalità. Nel tempo, è la seconda che converge sulla prima, mai il contrario. Le leggi vanno e vengono, l'etica resta.

LA MIA PERSONALE STORIA DEL FASCISMO ITALICO

LA MIA PERSONALE STORIA DEL FASCISMO ITALICO

Il fascismo nacque dopo la I guerra mondiale con a capo l'ex direttore dell' Avanti Benito Mussolini. Si fece notare rispondendo con la violenza alle violenze del socialismo rivoluzionario. Presto ebbe molti imitatori, il più famoso fu il tedesco Adolf Hitler. Successivamente, Mussolini andò al potere con il consenso del Re e da quel momento potè minare dall'interno la democrazia italiana istituendo una dittatura. L'alleanza con Hitler condusse il regime verso una guerra infausta contro gli alleati. Il resto lo sappiamo.

Nella vulgata il fascismo è considerato un estremismo di destra da contrapporre agli estremismi di sinistra, anche l'Internazionale Comunista lo vedeva così; ma questa interpretazione ha un punto debole: i due estremismi condividono troppe idee per essere agli antipodi, specie in materia economica. L'alternativa consiste nel considerare comunismo e fascismo come due forme di totalitarismo: entrambe politicizzano qualsiasi aspetto della vita sociale. In questo caso, gli affezionati al primo paradigma hanno l'obiezione pronta: ma se comunisti e fascisti proposero solo variazioni sullo stesso tema perché furono acerrimi nemici? Risposta: perché da sempre l'eretico è sentito come più minaccioso dell'infedele. L'eresia qui è rappresentata dalla questione del nazionalismo, per i comunisti i lavoratori possono disinteressarsi alla patria, per i fascisti i due destini non sono disgiunti: la sorte dell' Italia incide sulla sorte dei lavoratori italiani. Rinunciando alla radicalità comunista, il socialismo dei fascisti è più pragmatico ma così facendo scava un fossato che lo rende il nemico da battere.

VOTARE GUADAGNANDOCI

VOTARE GUADAGNANDOCI

Gli esperti scelgono meglio del popolo, d'altro canto al popolo non si puo' togliere il diritto di scegliere.

Qui ci si divide: gli élitisti optano per la qualità delle delibere, i populisti per la partecipazione massiccia.

In realtà le due esigenze possono essere conciliate. Come?

Facendo scommettere. La scommessa è una scelta aperta a tutti. Ma anche una scelta particolarmente meditata, per ovvie ragioni.

IL CAPO DI GOVERNO COME UNA SPECIE DI BANCHIERE CENTRALE

Diverse democrazie passate impietosamente al setaccio, non ne escono granché bene. La mole di dati contenuta nel libro è notevole. Mi hanno impressionato soprattutto quelli che testimoniano come, a parità di incarico, i funzionari pubblici "nominati" rendano di più rispetto a quelli "eletti". Non mi meraviglierei se domani il capo di governo si trasformerà in una specie di banchiere centrale.

LA MODA DELLA POVERTA'

LA MODA DELLA POVERTA'

Oggi va molto di moda parlare della povertà, un po' come sul finire del XVIII secolo. Tuttavia, l'occidente crsitiano di regola ha trascurato l'argomento, i poveri erano semplicemente una classe viziosa che non meritava particolare attenzione, quasi una vergogna da occultare. Robert Moss invitava il povero a rassegnarsi alla condizione a cui Dio l'aveva destinato. Philippe Hecquet considerava il povero come l'ombra nei quadri, la cui funzione è quella di mettere in risalto le figure luminose; le cause della povertà erano scontate per tutti: volere divino e comportamento sconsiderato del barbone, in ogni caso tutto rientrava in una dimensione privata da cui la politica era tenuta a star fuori. La fame spronava il miserabile all'azione ed era per questo oggetto di lodi. Alcuni economisti vedevano poi la povertà come un motore dello sviluppo in grado di mantenere bassi i salari e consentire l'accumulazione di capitale. Per Malthus invece teneva sotto controllo la popolazione e quindi l'impoverimento generale, i tentativi di combatterla erano anche sconsigliati per motivi etici: non solo l'ozio si sarebbe prolungato ma i beni di lusso avrebbero inevitabilmente corrotto il mantenuto.

Come mai tanta saggezza è andata perduta?

LA PACE CULTURALE

LA PACE CULTURALE
Ci sono guerre culturali per tutto tranne che per la cultura, ovvero per i gusti letterari e artistici.
Ai miei tempi i tuoi gusti culturali parlavano di te, andare a un concerto degli Abba era una forma di suicidio sociale. Oggi conta di più il vino che scegli da abbinare al risotto.
SPECTATOR.CO.UK
At present we have a series of ‘culture wars’ over a wide range of issues — race, gender, sexuality, power and privilege. But the one culture war we don’t have any more is over culture. Yes, we fight…

LA LEGGE NON E’ UGUALE PER TUTTI

LA LEGGE NON E’ UGUALE PER TUTTI
Perché i magistrati non sono civilmente responsabili? Al punto che non devono nemmeno stipulare un’assicurazione professionale!
Naturalmente, esistono alcuni argomenti a sostegno, anche se quell prodotti dai terrapiattisti siano più numerosi e più robusti.
Non resta allora che favorire l’ipotesi più semplice: la loro lobby si è procurata una prebenda.
FAKENOUS.NET
Issue The third in my series of posts about extremely awful arguments in legal philosophy and law. Aside: you may think it unkind of me to run a series of posts only for dumb legal philosophy argum…

TASSE ALTE

TASSE ALTE
Vuoi tassare oltre il 35%? Devi avere 1) libero mercato e 2) fiducia sociale.
L’Italia è pronta?
KEVINVALLIER.COM
Now that socialism* is no longer a dirty word in American politics, we’re starting to argue about what socialism in the United States would look like. Conservatives and libertarians argue that American socialism will make us more like Venezuela, whereas progressives argue that American socialism w...

SHIRLEY

L’ossessione per il giudizio altrui puo’ trasformarsi in orrore. Il caso di Shirley Jackson.
Informazioni su questo sito web
THEATLANTIC.COM
A biography by Ruth Franklin captures Shirley Jackson’s punishing upbringing and marriage, which perhaps informed the destruction of heroines in her work.