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martedì 17 aprile 2018

L’OSSESSIONE DI TURING

L’OSSESSIONE DI TURING
In passato gli esperti di intelligenza artificiale davano molta importanza al test di Turing: solo la macchina in grado di non essere riconosciuta come tale poteva essere definita intelligente. Ma si tratta di un test realmente cruciale? Oggi ci appare più che altro una curiosità: anche la macchina che non riesce a mascherare la propria natura, infatti, puo’ essere definita intelligente, del resto anche l’uomo in molte cose è inferiore alla macchina senza per questo perdere la sua intelligenza, la capacità di imitare non sembra più un buon parametro per indentificare l’intelligenza. Forse Turing era un po’ troppo ossessionato dalle competenze imitative, qualcuno imputa la cosa alla sua storia personale: era gay e non riusciva a farsi passare per etero in un periodo dove la castrazione chimica era una minaccia concreta e il suicidio di un gay qualcosa di normale, si dice anche che avesse una personalità autistica (molti autistici non passano il test di Turing) e non riusciva a camuffare a dovere i suoi gravi problemi nella comunicazione, ascoltarlo – c’è un’intervista alla BBC - dava l’impressione di ascoltare un computer, a scuola fu spesso umiliato per questi “difetti”, anelava quindi ad essere una persona normale ma non riusciva a farsi passare per tale rimanendo agli occhi di tutti un diverso. Sia come sia il giorno in cui le macchine supereranno il test di Turing sarà un non-evento. A chi puo’ interessare la cosa, truffatori a parte? Per esempio, se prendo lezioni telematiche da un insegnante cosa mi interessa sapere se è un robot? Si tratterebbe di una mera curiosità, il mio giudizio si fonda su altri parametri. Se leggo una notizia sul giornale perché mai dovrebbe interessarmi se l’ha scritta un software? Se vado sui siti delle agenzie matrimoniali cosa mi interessa sapere se dall’altra parte la candidata che ho scelto si fa rappresentare da un robot? L’importante è che la macchina rispecchi fedelmente chi rappresenta. Anzi, probabilmente le prese di contatto su questi siti per l’accoppiamento saranno esclusivamente a cura dei robot, i due robot che si “piaceranno” organizzeranno poi un incontro promettente tra i loro rappresentati, un po’ come ai giardinetti la sera: se i nostri cani sono affiatati forse anche noi due… 
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The groundbreaking follow-up to the New York Times bestseller The Great Stagnation The United States continues to mint more millionaires and billionaires than any country ever. Yet, since the great recession, three quarters of the jobs created here pay only marginally more than minimum wage....

lunedì 16 aprile 2018

PERCHE' NON CI INTERESSA IL PIANISTA ROBOT

PERCHE' NON CI INTERESSA IL PIANISTA ROBOT
Le macchine non destano il nostro interesse quando sono chiamate alla competizione sportiva, negli scacchi la cosa è palese: in pochi seguono i tornei tra computer organizzati dal buon Martin Thorold, al punto che il buon norvegese fatica a trovare sponsor. E questo è vero nonostante che il livello scacchistico sia più elevato. In questo genere di competizioni lo spettatore antepone il dramma alla perfezione. La macchina, al limite, ci piace solo quando mette in difficoltà l'uomo e ne evidenza gli errori, altrimenti preferiamo destinarla a fini esclusivamente pratici ed espellerla da quella sfera vitale in cui costruiamo la nostra narrazione: siamo riluttanti a consultare un computer per gestire al meglio un incontro romantico, o farci visitare per una medicazione, persino il consulente del nostro business lo preferiamo in carne ed ossa, non ci interessa la musica che compone od esegue un computer, e nemmeno i quadri che dipinge. Il dramma vince sulla perfezione.
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IL LAVORO DI OGGI


Enormi guadagni per l' élite cognitiva.
Più lavoratori autonomi (nuovo sottoproletariato).
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Riccardo Mariani
Adesso
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IL LAVORO DI OGGI
Compensi più elevati per i boss.
Più etica sul posto di lavoro e maggiore dedizione.
Lavoratori più obbedienti e coscienziosi.
Maggiori diseguaglianze.
Enormi guadagni per l' élite cognitiva.
Più lavoratori autonomi (nuovo sottoproletariato).
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LA PARTITA IVA COME WELFARE

LA PARTITA IVA COME WELFARE
Alan Krueger ha tenuto d'occhio per anni il tipico disoccupato del XXI secolo, in genere non accetta una retrocessione, per esempio salari più bassi che in precedenza, preferisce stare sulla soglia in attesa di nuove offerte, piuttosto si mette in proprio, in questi casi l'esplosione di partite iva non è un segno di vitalità o di creatività dell'economia quanto piuttosto un sintomo che il mercato non offre lavori decenti: fare la fame da lavoratore autonomo è in qualche modo meno umiliante, uno apre il suo negozietto e tira a campare sperando che le cose un giorno andranno meglio. In futuro molti lavori saranno di questo tipo, una specie di welfare a base di partita IVA, molte di loro non sono imprenditori ma sognatori di posto fisso all'ufficio contabilità della multinazionale. Solo un decennio fa per impressionare sul tema dell'evasione bastava dire che il lavoratore autonomo medio guadagnava meno del dipendente, oggi non è più possibile farlo perché la cosa appartiene quasi al senso comune. Imprese individuali, consulenti, piccoli professionisti, mediatori, interinali, piccoli trasportatori... questo è il nuovo proletariato che si consola pensandosi “autonomo”. Anche i giovani tirano avanti a lavoretti posticipando l'età adulta: se ti cade la chiave nel tombino e sai usare il web troverai un qualcuno che per 80 euro ti risolverà i problemi, sono i nuovi lavori-flash; i giovani hanno molta più libertà e flessibilità delle generazioni precedenti, passano più tempo con amici o in famiglia, fanno festa tutte le sere nella piccola Brera giù in città, bevono e si divertono più di prima ma mancano di stabilità e progetti a lungo termine, diventano così poco ambiziosi e tirano avanti. La parola d'ordine è “rilassati”, chi punta in alto è mal visto.
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UNA RIPRESA SENZA LAVORO

UNA RIPRESA SENZA LAVORO
Appena dopo la crisi economica la produzione per ora lavorata era più elevata che prima della crisi, e questo nonostante che molti lavoratori fossero stati nel frattempo dismessi. Ergo: in precedenza molti lavoratori non producevano nulla, di sicuro nulla che valesse la loro paga. Per scaricarli si è attesa la crisi. Un lavoratore tende ad identificare il suo valore con la sua paga e a pensare che tale valore aumenti nel tempo, non si pensa che un azienda possa mantenere lavoratori che non producono nulla, e invece è proprio quel che accade, spesso le aziende mantengono per anni lavoratori che non producono nulla. E' chiaro che quando gente del genere esce dal mercato per rientrarvi rifiuta offerte che ritiene umilianti, da qui la ripresa economica senza lavoro.
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I TRE SCENARI DEI FUTUROLOGI

I TRE SCENARI DEI FUTUROLOGI
Eliezer Yudkowsky pensa che la nuova era tecnologica avrà un avvento istantaneo. Dal giorno alla notte ci ritroveremo con macchine super-intelligenti che conquisteranno il mondo come lo conosciamo, uno scenario sul genere di Terminetor. Lo sviluppo sarà iperbolico (foom) nel momento in cui comincerà a lavorare una macchina intelligente in grado di programmare macchine più intelligenti di lei. L’uomo necessita di gradualità e in uno scenario “foom” è impotente e trascurabile.
In “Economic Growth Given Machine Intelligence” Robin Hanson formula l’ipotesi malthusiana per cui macchine intelligenti ed economiche rimpiazzeranno l’uomo in tutti i lavori costringendolo a vivere di elemosine. L’alternativa è che tutti abbiano una piccola quota azionaria nella proprietà delle macchine e vivano così di rendita relegati nelle campagne. Chi non riuscirà ad acquistarla in tempo vivrà di sussidi che il governo estrarrà dalla sua quota azionaria nelle aziende che producono macchine. Avete presente come si campa oggi in molti “stati petroliferi”?
Nella visione di Ray Kurzweil (Singularity) a breve (50 anni) saremo in grado di scannerizzare i nostri cervelli e caricarli su un computer magari potenziati. Io non sarò più un individuo ma un gruppo di individui molto simili tra loro (emulatori), aumenterà così la mia resilienza: dove fallirà IO1, avrà successo IO2 e in qualche modo il gruppo IO resterà a galla.
Si tratta di tre scenari estremi che fatichiamo persino a visualizzare chiaramente, assomigliano di più ad allegorie religiose che a previsioni sensate, una specie di religione nerd. Forse, al posto di sostituzione e mimesi dell’uomo, è più realistico ipotizzare macchine a complemento dell’intelligenza umana, magari cio’ non ci renderà immortali ma non penso che in questa fase ci sia una grande domanda di immortalità
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