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venerdì 6 luglio 2012

Apocalisse

I cristiani colti, specie se “cristiani adulti”, sentono in modo palpabile che il loro status sociale diminuisce a vista d’ occhio quando in pubblico accennano all’ imminente fine del mondo e, persino all’ interno della comunità cristiana, sono visti con sospetto coloro che ne parlano con malcelato fervore.
Sarà forse per questo che fino a poco tempo fa era ben difficile sentir letta in chiesa una pagina della sublime Apocalisse. Senza contare che in quelle rare occasioni era il Prevosto che s’ incaricava nell’ omelia di scantonare il prima possibile dai temi più imbarazzanti.
Eppure, non è affatto facile cogliere appieno i motivi di una tale ritrosia. In fondo, noi tutti, cristiani e no, ci affacciamo sull’ universo e osserviamo sgomenti un silenzio che inquieta innanzitutto l’ uomo dalla salda ragione: ma come è possibile non incontrare nessuno visto che solo nella nostra minuscola via lattea esistono oltre 100 miliardi di stelle, ognuna con la sua brava dotazione di pianeti? Se davvero la vita è destinata per sua natura a svilupparsi e ad espandersi, Darwin docet, questo silenzio indica solo una cosa: oltre una certa soglia, le civiltà intelligenti sono destinate a collassare. In caso contrario, ci avrebbero già in qualche modo “contattati”.
Con questo non voglio negare la presenza all’ interno della comunità razionalista di una nutrita pattuglia di fulgidi ottimisti ben dotati quanto ad argomenti: costoro ci invitano a ragionare su quale sia l’ universo che con più probabilità ci ospita e rispondono rapidi anche per conto nostro: poiché siamo uomini, l’ universo più probabile è quello che massimizza la presenza umana, o, più in generale, la presenza di vita intelligente. Ergo: viviamo con molta probabilità in un universo in cui abbondano le civiltà marziane, sia le civiltà “inferiori” che quelle “superiori”, e se queste ultime non si fanno vive, avranno i loro motivi: forse coltivano valori mistici e si sono ripiegate su se stesse, forse ci hanno già contattato “imprigionandoci” in una simulazione, chi puo’ dirlo? Diamoci allora una calmata ed evitiamo drammi patetici, l’ Apocalisse non è un destino privilegiato ragionevole da preconizzare.
apocal
Non mi convincono. Perfino un occhiale foderato di rosa avvisterà un gran numero di parti “devitalizzate” nel nostro Universo, anche perché, praticamente, conosciamo da vicino solo quelle! E’ vero, la nostra civiltà è rigogliosa e promettente, domani forse colonizzeremo il cosmo, eppure, inutile negarlo, siamo circondati da vaste zone morte molto meno “promettenti” della nostra, per usare un eufemismo. Ma soprattutto, a rigore, nemmeno possiamo dire se quelle regioni, un tempo, abbiano mai ospitato civiltà avanzate: per quel che ne sappiamo potrebbe essere benissimo così.
Se questo è vero (e chi puo’ negarlo!), esiste una facile formalizzazione del problema: ogni “quartiere immaginabile” dell’ Universo ha una sua vicenda evolutiva in cui, non si sa bene quando, prima o poi interviene la cosiddetta Barriera dell’ Estinzione destinata a far collassare ogni forma di vita ospitata. A volte questa barriera sarà posta all’ inizio del processo (mai nessuna forma di vita), a volte sarà posta in un futuro infinitamente lontano (mai nessuna forma di estinzione). Ma, per quanto ne sappiamo, in questa storia non esistono momenti privilegiati: la Barriera potrebbe collocarsi ovunque.
E nel nostro caso concreto (pianeta terra), dove possiamo ritenere che si collochi?
L’ ingenuo si abbandonerà a uno sconsolato “chi puo’ dirlo?”.
In realtà, a pensarci bene, possiamo dirlo eccome, e la risposta è inquietante.
Ironia della sorte, è proprio il canonico argomento ottimista a condannarci: laddove una popolazione progredisce in presenza di una Diga random che sbarra la vita (è il nostro caso), il momento che con più probabilità stiamo vivendo è quello che precede immediatamente lo sbarramento. Purtroppo, solo in quel momento si massimizza la probabilità di “esistere” e noi giudichiamo queste faccende avendo un’ informazione cruciale: “esistiamo”.
Conclusione: l’ Apocalisse ci attende ed è molto più vicina di quel che si crede comunemente; perché allora tanti imbarazzi nel dare un annuncio che, oltre a essere conforme alla fede, è terribilmente conforme alla ragione?

martedì 3 luglio 2012

Genesi

Robin Hanson ha deciso e i contratti sottoscritti giacciono ora al sicuro nella cassaforte del notaio: una volta morto si farà spiccare chirurgicamente la testa dal fresco cadavere in modo da preservarla surgelata in azoto liquido.

Per quanto tempo? Un secolo? Due, tre? Finché non sarà possibile “uploadare” i dati e le funzioni neuronali del suo cervello su una macchina adeguata. Quella macchina non sarà altro che il nuovo corpo di RH redivivo visto che “penserà”, “gioirà”, “soffrirà”… esattamente come avrebbe fatto lui.

Qualche mese fa il NYT si è occupato della vicenda puntando i fari sul lato pettegolo, ovvero il matrimonio mandato in crisi dalla decisione di cui sopra. Altri (pochi) sono entrati nel merito della complicata questione tecnica contestando la probabilità che qualcosa del genere possa mai avvenire. C’ è poi dietro una questione filosofica interessante quanto impervia. Gli spunti, a essere onesti, non mancano, ma in genere la reazione tipo dell’ uomo della strada è di segno ben diverso, qualcosa tra lo sdegnato e l’ ironico: non riusciamo proprio ad associare un uomo a un corpo tanto strano e questa difficoltà si tramuta spesso in rabbia e condanna. Una specie di paura dell’ ignoto, una xenofobia dovuta al tempo più che allo spazio.

TranshumanMichelangelo

Purtroppo ho verificato che anche in ambienti cattolici si oppone una certa idiosincrasia: non si riesce a discutere pacatamente la faccenda; eppure, lo confesso, nutrivo speranze in qualcosa di diverso: se la difficoltà risiede nell’ “immaginazione” intorno ai corpi, mi chiedo a questo punto come un cattolico pensi ai corpi stra-passati di Adamo ed Eva. Probabilmente, ammettiamolo, erano molto più stravaganti e “impensabili” del corpo stra-futuro di RH. Ecco su cosa si fondava la mia speranza: se c’ è qualcuno che in materia non difetta di “immaginazione”, costui dovrebbe essere il cattolico.

sabato 12 dicembre 2009

Infallibilità e dubbi

Ciao amici!

Con la mossa del Cavallo cercavo di dimostrare come l' impianto teologico della Chiesa Cattolica, così come lo si ricava dalla lettura del Catechismo, fosse compatibile con una visione anarco-capitalista dell' economia.

Bene, sta di fatto che per ora il vento soffia in altra direzione e qualcuno si adombra; la "compatibilità" è ben magra soddisfazione quando le strade intraprese conducono lontani dalla meta agognata, specie se si tratta di viaggi irreversibili.

Vorrei in questo post tranquillizzare i "preoccupati" ed invitarli a non deporre la speranza.

Per quanto le Encicliche esprimano alcuni fondamentali insegnamenti morali, esse hanno a che fare con questioni di natura prudenziale e contingente.

Chiunque le legga, noterà che esse sono dinamiche e sempre soggette a sviluppo. Un confronto tra la Rerum e la Centesimus (i documenti più vicini all' argomento che ci interessa) lo prova, se ce ne fosse bisogno.

La Chiesa Cattolica rivendica l' autorità del suo Magistero morale, tuttavia riconosce limiti alla propria competenza tecnica. Poichè spesso i confini sono sfumati, le capita di oltrepassarli inavvertitamente. Questo rischio, lungi dal rappresentare un limite, diventa una risorsa grazie al dibattito. E' già successo ed è già stato riconosciuto.

La pratica del prestito ad interesse era malvista. Ma cio' derivava da un' incompetenza nel giudicare uno strumento che invece si rivelò estremamente utile a perseguire fini auspicabili. L' errore tecnico è stato corretto anche grazie all' aiuto di interpretazioni in un primo momento giudicate ardite.

Una prima distinzione da notare è quella tra "pronunciamenti autorevoli" e "pronunciamenti infallibili". Una seconda tra insegnamento "solenne" (straordinario) e insegnamento "ordinario". Nel primo caso mi riferisco alle dottrine pronunciate ex-cathedra o nel Concilio Ecumenico dei Vescovi.

Spremendo il succo osservo che i documenti che hanno favorito altre "mosse" rispetto a quella del Cavallo, non rivendicano per sè nè l' infallibilità, nè la solennità. Non riguardano in alcun modo la sfera dogmatica della Chiesa.

In alto i cuori dunque, e speriamo per il meglio.

***

Sui gradi del Magistero e i suoi vincoli consiglio questo libro.

venerdì 27 novembre 2009

Teologia portatile 1

La fede in Dio non è altro che fede nell' esistenza di una "verità" e, indirettamente, nell' esistenza di un "significato".

Ma è davvero tanto preziosa la "verità"? E il significato? Cosa ce ne dovremmo fare del "significato"? Ci interessa veramente?

Probabilmente al relativista interessa poco, così come si sente autorizzato a disinteressarsi dei "significati", lo capisco. Ma chi coltiva anche solo una morale oggettiva, non è autorizzato a seguirlo oltre su quella via.

E' difficile interessarsi a qualcosa prima ancora di capire bene cosa sia, eppure non è molto che abbiamo le idee un po' più chiare in merito. Il logico polacco Alfred Tarski ci ha offerto probabilmente la penetrazione più incisiva di un concetto centrale come quello di "verità".

I suoi teoremi ci descrivono la verità come un affare informe, come qualcosa di indefinibile all' interno del linguaggio che intenderebbe esprimerla. Ma tutto cambia se si trascende il "linguaggio-oggetto" per passare ad un "meta-linguaggio".

Con le sue trovate Tarski, da un lato blandisce il buon vecchio Wittgenstein poichè conferma come fosse assurdo per un linguaggio esprimersi sulla propria forma logica, dall' altro lo smentisce caregoricamente perlomeno quando l' austriaco invocava il silenzio: infatti si scopre che, quanto non puo' essere detto in una linguaggio non ci zittisce per nulla, basta adottarne un altro e il gioco è fatto.

In fondo, la vera innovazione introdotta da Tarski nella logica furono le virgolette: "la neve è bianca" è vero perchè la neve è bianca. Punto e basta. Anche i discorsi architettonicamente più involuti poggiano su piloni del genere.

Evidentemente, da qualche parte si annida una particolare (e provvidenziale) proprietà che trasferisce la verità del linguaggio senza virgolette al metalinguaggio tra virgolette. Ma l' esistenza di qualcosa del genere puo' essere dimostrata o dobbiamo rinunciarci?

Penso proprio che la risposta sia affermativa.

Essendo una proprietà positiva, almeno per la compagnia che indicavo più sopra, puo' essere dimostrata l' esistenza di almeno un ente che la annovera tra le sue proprietà peculiari: Dio (l' ente perfetto che detiene tutte le proprietà positive e solo quelle).

L' esistenza di Dio ci rassicura sull' esistenza della proprietà che trasmette la verità dai linguaggi ai metalinguaggi. Possiamo costruire delle Tavole della verità in grado di attribuire i significati. Il significato dei concetti che utilizziamo, quindi, è garantito al di là del loro senso. La cosa c' interessa? Forse a molti basta il senso, ma io di un senso senza significato non saprei che farmene.


venerdì 30 ottobre 2009

Breve Teoria del Male

Il Male puo' essere giustificato dalla Libertà che Dio dona all' uomo. Ok.

Ma il Male innocente?

Bel problema.

In passato mi affidavo alla necessità di particolari "prove" affinchè Dio potesse giudicare l' uomo. Mi spiego meglio, forse Dio puo' giudicarci solo se osserva la nostra reazione di fronte ad una catastrofe. E allora la catastrofe è necessaria.

Ma la soluzione migliore (nonchè canonica) al problema del "Male Innocente" è di natura economica. Mi riferisco alla teoria del "Migliore dei Mondi Possibili": attraverso una "race" evolutiva dal Male esce il Bene. In altri termini, se Dio ci avesse risparmiato quel male, non godremmo del suo prelibato frutto.

Notare che questa visione si accorda meglio con una mentalità speranzosa e ottimista verso il futuro. Così come la sua negazione comporta la negazione di un futuro migliore.

link

sabato 22 agosto 2009

Per una teologia "benestante"

Da non molto il magistero pontificio ha smesso di esigere la sottomissione della moglie al marito (imperativo esposto a chiare lettere nella Scittura e poi ininterrottamente sostenuto nell' insegnamento).

Bene, dei capovolgimenti interpretativi sono dunque possibili. Cio' significa anche che una Verità assoluta puo' essere comunicata con messaggi che variano nel tempo.

***

"... la dottrina sociale della chiesa assume un atteggiasmento critico nei confronti sia del capitalismo liberista che del collettivismo marxista..." (Sollecitudo Rei Socialis)

Spero che presto anche insegnamenti come quello qui sopra possano essere rivisti. La cosa non è facile poichè sembrano uno sbocco naturale a chi legge i Vangeli.

Attenendosi ai testi sembra infatti che essi impongano in forma pregiudiziale di rinunciare alla ricchezza e al mondo terreno. Sembra che i Vangeli esigano di cercare la mortificazione (prendere la croce), di rinunciare ai diritti (porgere l' altra guancia), di fuggire la ricchezza (guai ai ricchi), non la povertà (beati i poveri). Molti cristiani amano quaesta visione con parecchi aut aut.

La ricchezza è dunque malvista, e non mi riferisco solo alla provenienza o all' utilizzo. A quando una svolta?

Un' alternativa è infatti possibile. Gli espropri subiti durante il Risorgimento hanno sensibilizzato la Chiesa nei confronti del diritto di proprietà; GPII, nella centesimus annus, ha tessuto un inatteso elogio dell' imprenditore; ma si puo' procedere oltre su questa strada?

Di seguito imposto la rotta per circumnavigare i 4 principali scogli che s' incontrano leggendo le Scritture.

1. "Beati i poveri", "Guai ai ricchi" - (Lc 6,20; Lc 6,24 - Mt 5,4-12)

Luca sembra categorico. Ma ricordiamoci che nella Bibbia si parla di "poveri" e "indigenti" per indicare coloro (Israele) che subiscono la dura oppressione dallo straniero. Si indica quindi il popolo di Dio in ambasce, non una categoria sociologica. Per Matteo poi, è ancora più facile: ci si riferisce ai "poveri in spirito", ovvero agli umili.

2. "Non accumulate tesori sulla terra...", "vendete e date in elemosina...", "E' più facile per un cammello..."; "Non potete seguire Dio e mammona..." (Mt 6,19; Lc 12,13-21; Lc 18,25)

Non si tratta di insegnamenti sapienziali, bensì profetici: la fine è prossima, investite oculatamente. seguire Gesù comporta rischi di persecuzione materiale: sistemate i vostri averi nel migliore dei modi.

3. "Va', vendi cio' che possiedi e dallo ai poveri...". (Mt 19,21; Mt )

Gesù usa un' iperbole. Tipo: se la tua mano ti dà scandalo, tagliala.

4. La messa in comune dei beni nelle prime comunità cristiane (Atti 2,42-47; 4,32-35; 5,12-16).

Innanzitutto, mettere in comune le proprie ricchezze non significa farsi poveri. Poi, la realtà descritta in Atti non è la realtà storica. In terzo luogo trattasi di insegnamento profetico e non sapienziale: bisognava convogliare l' attenzione sull' eschaton e sui compiti terreni relativi a questa imminenza. Anche guadagnare l' ammirazione degli ellenisti contava.

martedì 7 luglio 2009

L' Anarco-Papa e la Mossa del Cavallo: 2240-1897-1883

Potrà mai la dottrina sociale della Chiesa Cattolica essere compatibile con l' anarchia, ovvero con una società senza Stato?

Per quanto non siano alle viste sbocchi del genere, propenderei per il sì, almeno ragionando a livello teorico.

Ma quale via seguire? Mi sembra che esista una "mossa del cavallo" in grado di produrre lo scacco matto che cerchiamo.

Mettendo da parte i fronzoli, sappiamo che lo Stato si fonda su un atto coercitivo: il prelievo delle imposte.

L' art 2240 del Catechismo sembra avallare questa pratica.

La sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l'esigenza morale del versamento delle imposte, dell'esercizio del diritto di voto, della difesa del paese. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il rispetto

Si fa cenno al "bene comune", e qui facciamo una scoperta interessante: non per tutte le imposte esiste un obbligo di versamento, bensì solo per quelle "dovute", ovvero quelle indirizzate all' autorità legittima, quella che persegue il "bene comune".

Il concetto è bene espresso nell' art. 1897, qui si parla espressamente di "autorità legittima":

La convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un'autorità legittima che assicuri l'ordine e contribuisca all'attuazione del bene comune in grado sufficiente.

Negli articoli successivi si rafforza il concetto di "legittimità" e di "bene comune".

Ed eccoci al passaggio decisivo; come deve essere perseguito il bene comune? Risponde un articolo chiave, il 1883:

... La dottrina della Chiesa ha elaborato il principio detto di sussidiarietà. Secondo tale principio, “una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune

Grazie GPII per questa gemma luminosa.

A questo punto direi che è fatta, la palla passa agli studiosi: basta dimostrare che "una società di ordine inferiore" è in grado di perseguire da sola il bene comune senza interferenze dall' alto che, anzi, si rivelano perlopiù dannose.

E' un compito proibitivo? Non penso, l' economia, con il suo individualismo metodologico, è la scienza più idonea per assolvere a questo compito, più di altre dimostra come il bene emerga dal basso, dalla fiducia nell' uomo e nella sua libertà. Il suo crescente primato tra le scienze sociali fa ben sperare. Mi sbaglio?

Naturalmente esistono molte "citazioni" tratte dai testi e dai documenti contrarie alla conclusione proposta. Ma ne esiste qualcuna che non puo' essere ricondotta nell' alveo proprio della Mossa del Cavallo?