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lunedì 4 gennaio 2016

La proprietà intellettuale è un furto? AAVV

La proprietà intellettuale è un furto? AAVV
  • Intro di cesare galli
  • 2 critiche al copy:
  • 1 altri sarebbero arrivati in tempi successivi
  • 2 stoppata ogni innovazine derivativa. Forse la più importante.
  • Differenza tra copy e prop. materiale: solo per quest ultima esiste scarsità del bene.
  • Alternativa: 1 statalizzazione con aste 2 brevetti a scadenza 3 contrattualizzazione
  • Cap3 henry lepage
  • Brevetto: premio conferito all innovatore attraverso un monopolio naturale
  • Conclusione: l analisi economica dà risultati ambigui e differenziati x settore. Meglio allora l analisi filosofica del problema.
  • Il male: nn copiare ma appropriarsi in modo fraudolento.
  • Locke: l uomo è proprietario del proprio lavoro dei propri pensieri.
  • Se stendo lamia idea su un foglietto e mi viene rubato il foglietto, allora l atto deprecabile è il furto nn la copia
  • Se costruisco una casa originale prospiciente la strada...
  • Conclusione:nessuno nasce col diritto a nn essere copiato
  • Alternative al  brevetto:
  • 1 investendo in anticipo l inventore guadagna ugualmente
  • 2 storicamente molte invenzioni anche senza copy. La curiosità umana si scatena anche senza compensi
  • 3 la pubblicità finanzia il prodotto creativo in alternativa al copy
  • 4 ricorso al segreto di fabbrica e a discipline contrattuali
  • Argomenti pro brevetto:
  • 1 stimola l innovazione
  • 2 rende pubbliche le innovazioni a scadenza
  • 3 abbatte i costi di transazione della contrattualistica in alternativa
  • Contro brevetti
  • 1 società ingiusta
  • 2 ostacolano l innovazione cumulativa
  • 3 difficile misurare il tasso di innovazione. Nessuno sembra aver dimostrato che i brevetti aiutano
  • 4 rischio: troppi in investimenti in ricerca.
  • Cap4 tom palmer
  • Copy: proprietà su oggetti ideali. Ma esistono gli oggetti ideali? Una questione metafisica
  • 2 approccia difesa del copy:
  • 1 difesa dei frutti del lavoro
  • 2 difesa della dignità(chi inventa e si vede copiato subisce un umiliazione)
  • Utilitarismo: alcuni rivendica alcuni negano
  • Teoria del fascio:la prop è un fascio di diritti. Se il fascio è opportunamente calibrato emerge un copy
  • Se il fondamento filosofi o della prop è la prop di se stessi allora la approp dell idea di un altro nn viola il fondamento
  • Il diritto al copy viola anche la libertà contrattuale e nn emerge da alcun contratto. Sembra proprio un diritto incoerente.
  • Cap5 richard epstein
  • Locke: la prop ci rende liberi
  • Critica di rawls: meglio fo darsi sul contratto per nn dare troppo spazio alla fortuna
  • Critica a rawls: con lusioni ambigue su tutto. Meglio la chiarezza dei giusnatutalisti alla locke. E poi, se nn merito io chi merita? Nota: l utilitarista epstein opta per l utile chiarezza del giusnaturalista
  • Sì è vero, il copy ha fondamenta filosofiche precarie. Ma neanche la prop materiale è molto più salda: senza l utilitarismo della chiarezza la  ritica dirawls sarebbe vincente
continua



mercoledì 3 ottobre 2012

Fondi contro Premi

Se davvero siamo vittime di una Grande Stagnazione è perché le innovazioni non fioccano come una volta. Bisogna fare qualcosa, il sistema dei brevetti non funge. Perché siamo così ingessati, specie nella ricerca di base?
Non è il caso di sostituire i fondi alla ricerca con i premi alla ricerca?
Non sarebbe una grande novità, in passato le cose funzionavano grazie ai premi.
Ok, d’ accordo, i fondi assolvono a funzioni importanti: oggi il ricercatore deve investire in macchine costose e staff numerosi.
Ma i premi conservano un duplice vantaggio: 1. si pagano solo i risultati e 2. tutti possono concorrere.
La manna dei burocrati della ricerca sarebbe finita.
Ma perché storicamente si è passati dai premi alla ricerca?
Forse perché prima il finanziatore era un soggetto potente in grado d’ imporre alla lobby degli scienziati il metodo più efficiente.
Nelle nostre democrazie il finanziatore è un soggetto disperso e la lobby degli scienziati hanno gioco facile nell’ imporre la soluzione più comoda per loro.
Letture: http://www.overcomingbias.com/2007/01/prizes_versus_g.html

mercoledì 18 maggio 2011

Contro il diritto d’ autore

Cosa c’ è che non va nella proprietà intellettuale (brevetti e copyright)?

L’ argomento utilitarista è spesso avanzato a sua difesa: più brevetti, più innovazione; più copyright, più cultura.

Ma non convince…

… cominciamo con il notare che i guadagno ottenuti in termini di utilità dagli accresciuti incentivi all’ innovazione deve essere soppesato con le perdite in utilità conseguente al monopolio dell’ innovazione e alla ristretta diffusione della stessa… il saldo potrebbe essere sia positivo che negativo a seconda del caso considerato… ma anche il saldo complessivo è dubbio… brevetti e diritti d’ autore potrebbero comprimere l’ innovazione anziché espanderla… ma questa osservazione non esaurisce la critica all’ approccio utilitaristico standard… di seguito comparerò le argomentazioni di questo tenore – che chiamerò argomenti di “massimizzazione” – con un concetto alternativo di utilitarismo – che chiamerò “giustizia come ordine”… nel primo caso si cerca di manipolare i diritti di proprietà tramite i brevetti e il diritto d’ autore al fine di massimizzare una certa quantità X che misura il benessere sociale; nel secondo caso si cerca di creare un ordine – prevedibile grazie alla sua coerenza interna – entro il quale gli esseri umani possano perseguire in modo efficiente i loro fini senza soffrire delle incertezze dovute agli arbitri che comporta una soluzione massimizzante… infatti le questioni relative al metodo della “massimizzazione” dipendono da questioni di fatto contingenti che mutano dalle circostanze ambientali e dalla sensibilità dei soggetti chiamati a “massimizzare”…

Tom Palmer – I diritti d’ autore sono moralmente giustificabili? La filosofia dei diritti di proprietà sugli oggetti ideali – Rubettino.

In teoria, quando ci sono problemi di copyright, sappiamo cosa fare, ma non possiamo nasconderci l’ incertezza che s’ introduce nel sistema. Nell’ asta di cui al link, quanto deve offrire lo Stato? Cosa tutelare con copyright? Per quanto tempo?

Concludo facendo osservare che c’ è un incertezza sul passato circa la misura dei benefici ricevuti dal copyright (qui uno studio che li stima negativi – ovviamente disponibile senza copyright), ma c’ è anche l’ incertezza futura: quella che ci consiglia di deporre il calcolo utilitaristico di massimizzazione per puntare invece su regole chiare e coerenti.

google

Passiamo all’ altro argomento “pro” (bound of sticks): supponiamo che Mr Brown costruisca una trappola per topi eccellente e la venda in gran quantità dopo aver inciso sull’ oggetto: “copyright Mr. Brown”. Cio’ che sta facendo non è rivendere l’ intero oggetto ma vendere tutti i diritti su di esso tranne quello di copiarlo.

Qui la coerenza del sistema sembra esserci, ma ecco che sorgono altri problemi.

Sarebbe forse legittima l’ esclusiva sul “ricordare” un’ opera?… supponiamo che abbia scritto un libro e ve lo offra alla lettura tenendo per me il diritto a ricordarlo… con che prova potrei trascinarvi in tribunale accusandovi che ricordate il nome del personaggio principale?… in alternativa supponiamo che io, dopo aver udito recitare parte di un’ opera, l’ abbia riscritta e pubblicata… sarei colpevole di una qualche violazione sebbene non mi sia mai esplicitamente impegnato in nulla?…

Tom Palmer – I diritti d’ autore sono moralmente giustificabili? La filosofia dei diritti di proprietà sugli oggetti ideali – Rubettino.

Il bound of sticks, per quanto plausibile in apparenza, è poi di fatto inapplicabile.

Incertezza e inapplicabilità stendono i due argomenti più ragionevoli con i quali viene difesa la proprietà intellettuale. Ne esistono altri? A me non vengono in mente.

Bottom line: sono emozionato come un bambino all’ idea di cambiare idea su questi temi. Negli ultimi anni, dapprima un cartone animato sul concetto d’ “identità” e poi Donald Wittman sul concetto di “democrazia”, mi avevano fatto cambiare rotta. Ora il bel saggio di Tom Palmer sulla proprietà intellettuale. E parlo di argomenti su cui pensavo di aver riflettuto a sufficienza! Forse lo spirito non è ancora completamente sclerotizzato.

Tom Palmer – I diritti d’ autore sono moralmente giustificabili? La filosofia dei diritti di proprietà sugli oggetti ideali – Rubettino.

 

mercoledì 26 gennaio 2011

Un male non necessario

Si parla di copyright e brevetti:

Since there is no evidence that intellectual monopoly
achieves the desired purpose of increasing innovation and creation,
it has no benefits. So there is no need for society to balance the
benefits against the costs. This leads us to our final conclusion:
intellectual property is an unnecessary evil.


http://www.micheleboldrin.com/research/aim.html

martedì 31 agosto 2010

Copyright

http://www.spiegel.de/international/zeitgeist/0,1518,710976,00.html

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Why the dramatic expansion of German industry in the 19th century? It was the fact that Germany had no copyright law...

http://chronicle.com/article/Putting-Ideas-to-Work/124142/

martedì 21 luglio 2009

Copyright (e brevetti)

Questione complessa. Una fulminante introduzione al tema da parte del Nostro:

L' inventiva è un bene, e dovrebbe essere premiata. Il monopolio è invece un male, e dovrebbe essere ostacolato. E a cosa serve il copyright? A premiare gli inventori con una licenza di monopolio. Che stupidaggine! Anche fare i gelati è una cosa buona e chi li sa fare dovrebbe essere premiato. Ma nessuno pensa di premiare il mio gelataio concedendogli una patente che permetta di guidare ubriachi...

Qualche proposta? Meglio sarebbe che il governo compri tutti i copyright e li metta a disposizione. Il teorema di Coase soccorre semplificando: potrebbe essere l' autore a comprarsi il suo copyright godendo di una prelazione. Ma il prezzo? Bè, la soluzione ideale è un' asta aperta a tutti, governo compreso. L' incasso al creativo.

giovedì 31 gennaio 2008

Consumo e identità.

Intervento nel forum - 20/09/2006 19:19

Se preciso a me stesso la nozione di "consumo" molte cose che ho in testa si dispongono in modo imprevisto.

In fondo noi viviamo per consumare.

Sì, qualcuno vive anche per salvarsi l' anima. Tutto è visto in funzione di qualcos' altro.

Ma chi ama la vita vive anche e soprattutto per consumare.

Così perlomeno se considero "consumo" tutte le attività distinte da quella produttiva.

Qualcuno ha detto che chi non vive per il consumo è un alienato. Per lui esiste solo la produzione, anche come fine. Mangia per lavorare anzichè viceversa. Inverte i fini con i mezzi.

Mi fermo a meditare l' infinito di Leopardi e ne traggo grande giovamento.

Ecco una tipica attività attraverso la quale molti consumano (il proprio tempo).

Quando consumo esprimo anche il mio voto (come dice Michela).

Non essendoci regalato è un voto più responsabile. E' naturale che nel mio voto ci sia la mia personalità.

C' è un' eccezione: colui che ama il proprio lavoro.

In questo caso siamo di fronte ad un "godimento produttivo". Che fortunato questo signore.
***
Produci, consuma, crepa.

Non è poi così male rispetto all' alternativa, ovvero: produci e crepa.

Non capisco l' opposizione tra "bisogni" e "consumi". Come se fossero in competizione. Il consumo è l' attività mediante la quale si soddisfa un bisogno.
Per quanto riguarda la "scelta consapevole" penso che la cosa migliore sia quella di premiare chi propone il miglior rapporto qualità/prezzo (...hai detto poco...) indipendentemente dalla nazionalità del produttore (non sono un nazionalista).
***
La teoria dei bisogni indotti non mi ha mai convinto.

La domanda "di cosa ho bisogno?" ha senso.

Se altri, nel loro interesse senza frodi o inganni, ci aiutano a rispondere significa forse che un bisogno viene creato dal nulla?

No, un bisogno viene scoperto. Meglio l' ignoranza?

Vista così mi sembra più ragionevole.

Inoltre non si dilapida quel bene prezioso che per me è l' architrave della società: la responsabilità personale.
***
L' obiezione ambientale che mi fai è sensata, te ne devo dare atto.

Dicono che sulla questione ambientale il consumatore venga posto di fronte a due strade.

Combattere le cause dell' inquinamento consumando beni ecologici (es. auto a idrogeno).

Combattere gli effetti dell' inquinamento consumando beni resilienti (es. condizionatore).

Per vari motivi sia etici che utilitaristici trovo che la seconda strada sia più ragionevole.
***
Trovi precaria la distinzione tra beni di consumo e beni di investimento.

Se leggo un sonetto di Shakespeare coltivo il mio spirito e la cosa puo' venirmi buona anche quando sono in ufficio.

Ma non è certo questa la funzione principale di quella lettura.

Innanzitutto io miro ad un godimento estetico e ad una realizzazione interiore immediata.

Il sonetto è dunque un bene di consumo e non di investimento.

Questa distinzione (consumo/investimento) io la manterrei, la trovo ancora ragionevole.

I tentativi di sopprimerla sono ingegnosi ma quasi mai ben riusciti.
***
Sei sospettoso del marketing accurato che accompagna certi prodotti.

La tua osservazione è corretta. Alcuni prodotti, più di altri richiedono di essere accompagnati da un pacchetto informativo cospicuo.

Mi rendo conto che l' espressione "pacchetto informativo" è inadeguata riferendosi a certe campagne pubblicitarie martellanti. In molti casi, più che vendere un prodotto per la sua funzionalità, si tenta rendere appetitosa l' iscrizione ad un club esclusivo a cui si accede solo mediante l' acquisto. Si vende un pezzo di identità. E' forse un male? L' identità è un bene delicato, ci sono modi ben peggiori attraverso i quali la gente è disposta a procurarsene una.
***
Mi parli di beni inutili, gente con tre telefonini e così via.

Viene prodotta troppa merce? siamo soggetti ad una iper produzione?

E' una domanda troppo complessa a cui rispondere.

Non posso certo basarmi sul fatto che altri utilizzano merce che io non utilizzerei mai!

Starei più tranquillo se si riuscisse a fare in modo che i costi dell' eventuale iperproduzione vengano sopportati da chi l' ha realizzata.

Siccome in una società libera la merce in eccesso coincide con quella che nessuno vuole, tale merce resterà invenduta.

In questo senso siamo garantiti.
***
Michela dice "i bisogni indotti esistono, lo sanno bene i grandi strateghi del marketing...".

Ma la funzione degli strateghi del marketing, come abbiamo visto, è perfettamente coerente con la teoria dei bisogni NON indotti (vedi sopra).

Michela, se entri in rete mentre sei sul posto di lavoro per un tuo piacere personale allora stai "consumando".

La cosa torna utile in modo rilevante all' azienda per cui lavori? Anche qui un bel problema.

Ma c' è una buona e ragionevole soluzione, basta vedere se l' azienda ti paga per passare così il tuo tempo.

Naturalmente al tuo datore di lavoro “torna utile” (in modo infinitesimale ma decisivo) anche se tu mangi una micchetta di pane.

Come potresti recarti al lavoro se non mangiassi? Ma per questo non ti paga. Sa benissimo che sulla questione il tuo interesse di consumatrice prevale su quello del produttore

Vorrei commentare anche l’ ultima tua uscita: "le idee sono le uniche cose che a condividerle si moltiplicano". Magari fosse così. Purtroppo brevetti e diritti d' autore esistono proprio per testimoniare il contrario.

Nel dialogo io ti dono le mie idee.

Probabilmente non hanno molto valore poichè le regalo a destra e a manca.

Ma se avessi un' idea particolarmente brillante la coprirei con il diritto d' autore (o con il brevetto) al fine di farmela pagare limitandone la circolazione.

Se non potessi fare tutto cio' probabilmente eviterei fin dal principio ogni sforzo e ogni investimento per produrre idee innovative.

Non è un caso che le società in cui esiste l' istituto del brevetto siano anche più innovative (con più idee originali prodotte).
***
Michela, mi piace darti la precedenza nel risponderti visto che sei portatrice di alcune idee che io considero dei pregiudizi.

In effetti qualcosa non torna con Michela.

Secondo te sono indotti tutti i bisogni che non siano primari.

Ma questo non è cio' che si intende comunemente.

Indotto è il bisogno che in realtà non esiste.

Mentre i bisogni non primari esistono eccome (ammesso e non concesso che abbia senso l' espressione "bisogno primario"!!).

Per avere bisogni indotti è necessario postulare che il consumatore non sia in grado di intendere e di volere.

Così correttamente definito per me è facile dimostrare che si tratta di una falsa nozione da abbandonare quanto prima per un corretto sviluppo del ragionamento.

L' alternativa è che una autorità tirannica stabilisca quali siano i tuoi "reali" bisogni.

Questa alternativa mi è antipatica di brutto.

No, no, meglio prendere la nozione di "bisogno indotto" e buttarla nello sciacquone (insieme ai tiranni che porta con sè).

Ma dei bisogni e dei consumi malsani esistono? Certo, si spera che agli errori si ponga rimedio. Per facilitare questi aggiustamenti è utile vigilare sulle frodi piuttosto che insistere con la psicologia, disciplina un po' troppo farraginosa per coniugarsi al meglio con l' attività legislativa.







martedì 15 gennaio 2008

Come i maghi tutelano la proprietà intellettuale

Sembrano piuttosto restii nell' affidarsi al braccio della Legge. Preferiscono vie alternative che, a quanto pare, sono parecchio efficienti.

"...the traditional view is that IP can be protected only by the long arm of the law. But magicians rarely rely on the law..."

Le innovazioni nel settore vengono garantite per via alternative.


"...strong IP laws are supposed to be essential to encouraging innovation, but magicians are extremely innovative, constantly coming up with new tricks...".


"...now, the mystery has been solved: Jacob Loshin of Yale Law School has written a fascinating paper, “Secrets Revealed: How Magicians Protect Intellectual Property Without Law”. This will appear next year (out of thin air, presumably) in a book called “Law and Magic”..."

Non dimentichiamo che nel settore agisce anche quel meccanismo noto con il nome di "obsolescenza indotta".

"...when their ideas are copied, they become passé. This in turn creates demand for new ideas from the top, and so on—a process known as “induced obsolescence...".

Da anticipazioni dello studio veniamo a sapere che i metodi per preservare i trucchi sono essenzialmente tre.

  1. Creare una ristretta comunità dei maghi in cui sia possibile infliggere sanzioni morali in grado di creare un vero danno in termini di immagine e reputazione.
  2. Suddividere i protocolli in esoterici ed essoterici. I secondi potranno trapelare consentendo la pratica ingenua di molti giochi di prestigio di secondo piano.
  3. Riconoscere pubblicamente crediti ai giochi ispirati da altri. Cio' accresce la reputazione e l' incentivo ad innovare.


venerdì 14 dicembre 2007

File sharing e industria discografica

Da alcuni studi sembra che il FS sia dannoso. Ma fenomeni paralleli sono cresciuti con FS. Per esempio il burning CD.