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lunedì 17 ottobre 2016

Il calcolo del consenso di James Buchanan e Gordon Tullock

  • Approccio razionale alla politica.
  • Individualismo metodologico
  • Contro Arrow: approccio illuminista. Soluzione ideale. Buchanan: approccio realista. Realismo contrattualista.
  • Contro Hayek: società nn come contratto ma come esito nn intenzionale
  • Patto sociale regola unanimità. Costituzione come patto sociale.
  • Teoria dei comitati. Due costi:  1 costo decisionale (rischio ingovernabilità) 2 costo esterno (rischio tirannia)
  • Scambio dei voti: auspicabile in paesi ad alta governabilità.
  • Scambio dei voti: auspicabile nelle democrazie rappresentative dove la maggioranza nn è mai a maggioranza dei cittadini.
  • Il voto coi piedi soluzione sempre valida. Tiebaud A Survey of empirical literature Dowding Binge.
  • Tenere a bada il mostro. Divisione dei poteri entro un forte federalismo. Una camera federale e una nazionale. Potere di veto del Presidente. Sistema proporionale. No ai colpi di maggioranza.
  • Il diritto di secessione. Da normare senza escluderlo.
  • Per la riforma meglio un assemblea costituzionale. Piú incline al piano razionale disinteressato.
  • Il postulato individualistico. Il punto di partenza del contrattualismo di BeT
  • Il nesso tra economia e politica. Signori non ho nessuna fiducia in voi Gunning Bedford Delaawere. Un governo libero si basa sul sospetto nn sulla fiducia. Thomas Jefferson.
  • L assunto x il quale il cittadino cambia d abito quando passa dalla sfera privata a quella pubblica. Poco credibile. Knight: l uomo a due facce. Qui l economia con l i dividualismo metodologico colma le lacune della sociologia che hanno aperto la strada alla crescita dei governi nel XX secolo.
  • Il disprezzo x l economia. Gli scolastici disprezzavano il commerciante come noi facciamo con il lobbista. Una parte di qs disprezzo si è esteso al metodo economico nelle scienze sociali.
  • La scienza politica assume che l operatore accresca il proprio potare anzichè la propria utilità. Vedi robert dahl. La differenza è fondamentale. Nel primo caso i conflitti sono sempre a somma zero. Gli americani -i Padri fondatori - mutarono l approccio in senso economicista.
  • Equivoco di Beard: la mancata disginzione di due approcci economicisgici alla politica. Il primo è l individualismo metodologico come lo abbiamo descritto(homo economicus anzichè uomo a due facce). Il secondo è il determinismo marxista che assume l uomo come uomo di classe che sponsorizza gli interessi della sua classe. Beard dà un interpretazione marxista della costituzione americana. L utilità dipende dal gusto. L appartenenza ad una classe è solo un fattore, peraltro marginale, nella formazione del gusto...
  • L economicista ha una visione scettica della natura umana. Le sue giustificazioni saranno prevalentemenge empiriche. La capacità previsionale prevarrà sul realismo delle ipotesi.
  • Razionalità individuale e scelga collettiva. È difficile parlare di efficienza sociale poichè la società nn ha obbiettivi da perseguire.
  • Le restrizioni poste alle prefefenzd per poter parlare di razionalità: preferenze ordinabili per composizione di beni. Preferenze durature (coerenti). Preferenze certe.
  • Il logrolling come propulsore democratico. Con lo scambio di voto la spesa pubblica esplode. La regola della maggioranza semplice più il logrolling creano una spesa pubblica eccessiva rispetto agli standard di efficienza paretiana

venerdì 7 ottobre 2016

Un tentativo di pensare alla riforma costituzionale

Sulla riforma costituzionale per la quale si voterà in dicembre non mi viene in mente niente… Penso di astenermi, sono troppo ignorante e francamente trovo faticoso informarmi su un tema tanto poco stimolante.
L’unico sussulto mi viene dal ricordo periferico della “teoria dei comitati” illustrata da James Buchanan e Gordon Tullock in un libro a suo tempo pubblicato da “Il Mulino” dal titolo significativo: “Il calcolo del consenso. Fondamenti logici della democrazia costituzionale”. Era un’ introduzione al tema, intendiamoci, giusto l’ A-B-C. Mica una roba che ti consente di votare a ragion veduta in occasione del prossimo referendum.
Comunque, forse vale la pena di spendere due parole. In soldoni, secondo gli studiosi la “soluzione democratica” per talune scelte collettive ha i suoi pro e i suoi contro, senonché i primi prevalgono ma, in costituzione, bisogna poi decidere che tipo di democrazia adottare, e si tratta di una scelta cruciale. In quella sede è necessario rispolverare i “contro” per mettere una toppa laddove sia possibile farlo.
Tuttavia, ci si accorge presto con sconcerto che i difetti del sistema democratico sono in trade-off tra loro: se metti una toppa qua apri una falla di là.  Si tratta allora di scegliere secondo la propria sensibilità.
Detto esplicitamente, i costi democratici sono di due tipi: costi decisionali e costi esterni.
I costi decisionali affliggono le democrazie farraginose, quelle per cui per prendere una decisione ci si impiega mesi se non anni. La macchinosità di queste democrazie minaccia la governabilità di un paese.
I costi esterni affliggono le democrazie decisioniste: trovarsi in minoranza sotto tali regimi potrebbe essere un guaio poiché la maggioranza in quattro e quattr’otto puo’ prendersi tutto e dettare l’agenda. Se il capo del Governo si alza col piede sbagliato… Questi costi erano già ben chiari agli osservatori delle prime democrazie, penso a Tocqueville e al suo monito sulla “tirannia della maggioranza”.
Ora, è chiaro che quanto più salgono i costi decisionali, tanto più scendono quelle esterni e viceversa. E’ questo che s’intende per trade-off. Nel caso concreto ognuno scelga il punto d’equilibrio più consono.
L’Italia post bellica, per esempio, scelse di minimizzare i costi esterni. Usciva da una dittatura e certe paure sono comprensibili.
Ma veniamo al secondo punto. Se questi sono i due veleni che intossicano le democrazie, esistono pur sempre anche due controveleni. Qualora si scelga di ingerirne uno è buona pratica assumere anche il relativo antidoto.
Mi spiego meglio: chi sceglie di tollerare costi decisionali elevati dovrebbe fare in modo che sia più facile decidere per gli operatori del sistema, ovvero i governati.
Chi invece sceglie di tollerare i costi esterni dovrebbe fare in modo che sia più facile “comprarsi la libertà” dal potenziale tiranno.
Ma forse è meglio rendere l’idea facendo dei casi storici concreti.
Il primo antidoto trova una buona illustrazione nella storia italiana. Ricordiamoci sempre che i nostri padri costituenti scelsero una soluzione ad alti costi decisionali. Ebbene, negli anni 50/60 la regolamentazione nei vari settori sociali era rarefatta o inesistente cosicché le lentezze della politica erano compensate da un grande fermento degli operatori economici liberi di agire. Col tempo (anni 80/90/00/10) le pastoie e la regolamentazione prodotta dalla politica andò stratificandosi cosicché alla lentezza della politica corrispose un blocco anche nella società. Ogni schock esogeno diventò difficile da gestire: c’era il veleno ma non c’era più il controveleno.
Il secondo antidoto è ben illustrato dalle democrazie anglosassoni. Sono sistemi che potenzialmente producono corposi costi esterni ma tollerano un imponente sistema lobbistico. La lobby è un modo per “comprare voti”, ovvero per pesarli anziché contarli. Forse giova chiarire il problema di fondo per comprendere meglio la soluzione adottata: su certe questioni il voto di chi è interessato (e informato) equivale al voto di chi è disinteressato 8e disinformato), il che crea  distorsioni non trascurabili specie laddove chi viene eletto ha poi forti poteri d’intervento. Un modo per porvi rimedio è quello di consentire al primo gruppo (gli interessati) di agire per altra via. Insomma, il sistema di lobby è l’antidoto storico ai costi esterni; James Buchanan e Gordon Tullock propongono il metodo più esplicito della negoziabilità del voto elettorale. L’importante è rendersi conto che se non è zuppa è pan bagnato.
E veniamo ora al dibattito sulla riforma costituzionale che voteremo (voterete) a dicembre, nessuno dubita che sposti l’asse del classico trade-off: più costi esterni, meno costi decisionali. Basta aver assistito al dibattito Renzi/Zagrebelsky per averne contezza. Ora mi chiedo: il veleno da ingerire è chiaro, ci viene servito per caso anche qualche antidoto? Boh.
o-ZAGREBELSKY-RENZI-facebook

lunedì 4 gennaio 2016

L'ordinamento occulto - fino a intro

L'ordinamento occulto - fino a intro
  • Prefazione
  • Dietro la legge italiana c è una seconda legge, perchè. Quando la legge è ambigua o cervellotica si stabiliscono delle consuetudini
  • Ij processo è fisiologico in regime di common law ma patologico da noi dove una legge scritta esiste pur sempre e una sua ripresa che tradisca i precedenti sempre possibile.
  • I guai del pragmatismo: obiettico la pace sociale anzichè la cergezza del diritto
  • Sdoganato il principio x cui la legge nn è uguale x tutti. Come? Facendo credere che si privilegiano i più deboli.
  • Introduzione
  • La pace sociale come nemica dell astrazione del diritto
  • Ordinamento occulto: troppe leggi nessuna legge
  • Visione concertativa: le leggi vengono contrattate coi poteri forti: i sindacati.mimpossibile mantenere astrattezza
  • Mani pulite: l improvvisa applicazione rigorosa. Peggio che andar di notte.
  • Legalità vs diritti individuali. Nel secondo casoni diritti preesistono alla legge, nel primo sono creati dalla legge
  • Negli usa il giudice può disapplicare la legge (controllo diffuso di costituzionalità). In europa invece è il politico che garantisce
  • In europa le costituzioni sono lunghe dettagliate concrete con un rapporto asimmetrico tra pa e privati.
  • Storia:l unificazione richiese una pletora di leggi speciali
  • Esempjo deprimente: la sentenza del 1999: il risarcimento degli abusi pa nn è dovuto se esistono esigenze di spesa.
  • Collusione parlamento pa: leggi provvedimento.
  • La fumosa categoria dell interesse legittimo: un modo per proteggere il cittadino contro la pa ma anche di negargli piena tutela con l interesse soggettivo.
  • Il privato italiano? Solo una toppa sul pubblico.
  • La pri atizzazione senza diritto asimmetrico (autoritario): aumenta un relazionalismo deleterio.
  • Il federalismo? Una ofinanza locale essenzialmente derivata. Un mischione con responsabilità vaghe e ripartitetra i livelli.
  • Pace sociale: nei paesi più avanzati un risultato indiretto delle leggi. Negli altri un risultato diretto delle regole.
  • Se la pace sociale diventa un ossessione a pagare è la certezza del diritto.
  • Cap1
  • Diritto: 1 norme primarie (di comportamento) e 2 secondarie (potestà coercitica. 2: violazione primarie ma anche obiettivi.
  • Cosa giustifica il potere pubblico? 1 contratto sociale (tradizione anglosassone) 2 attribuzione (divina o popolare).
  • Potere applicativo delle regole di comportamento vs potere gestionale x raggiungere dei fini
  • Costituzioni flessibili (continente) vs principi rigidi della common law
  • Costituzione americana: fissa su carta i principi common law.
  • Anglosassoni (contratto): il potere principale è applicativo: giustizia. Continente (attribuzione): il potere principale è gestionale.
continua

mercoledì 30 luglio 2014

Beard e Leeson

Lette ampie parti dal volume donatomi e proveniente dalla biblioteca di tuo papà: C. A. Beard, Interpretazione economica della Costituzione degli Stati Uniti d' America.

La critica alla Costituzione USA è senza appello: sarebbe stata il frutto di una convergenza degli interessi meramente materiali di cui erano portatori i Padri Fondatori. Reazioni generalizzate di scandalo dei lettori di allora: un attentato alle più sane istituzioni del vivere civile.

Mi ha ricordato un lavoro curioso di Pete Leeson sui pirati, anche lui descrive, adottando il medesimo approccio di Beard, nel frattempo diventato più comune, la nascita di una costituzione ben più modesta, quella dei corsari caraibici.

Nonostante i "pirati", la loro organizzazione non era male. La Tortuga era retta da una democrazia costituzionale, l’ equipaggio tipico delle navi d’ assalto era un’ impresa cogestita dai lavoratori, ogni razzismo era bandito dalla comunità, vedove e orfani dei caduti venivano assistiti vita natural durante, non esisteva coscrizione obbligatoria...

Ricordo solo che il core business settecentesco dei Pirati era l’ abbordaggio e la depredazione delle navi battenti bandiera Inglese e Spagnola. Spagna e Inghilterra, ovvero organizzazioni assolutiste, razziste, con leve obbligatorie schiavizzanti e senza lo straccio di un welfare.

Perché le istituzioni piratesche erano tanto diverse? Leeson: perchè erano guidate dalla mera avidità, una ciurma di pirati è la quintessenza dell’ avidità. Democrazia, anti-razzismo, welfare, cogestione, volontarietà del servizio… unite ad un ottimo branding come la bandiera teschio con tibie incrociate su fondo nero (“nessuna pietà per chi resiste, incolumità per chi desiste”) consentivano di ottimizzare l’ entità dei bottini, e quindi erano soluzioni da adottare.

Insomma, l’ approccio istituzionale di Leeson è lo stesso di Beard ma il primo non vede il bicchiere mezzo vuoto come il secondo, bensì quello mezzo pieno: sebbene la presenza dei pirati sia un male in sé, la loro “avidità istituzionalizzata”  lo attenua anziché esacerbarlo.

Ebbene, considerata a fianco di quella americana - dalle origini tanto turpi - la Costituzione italiana e la sua origine idealistica che ancora infiamma tanto i cuori (purché rossi), vale la pena di considerare i paradossi di Leeson.

Non posso non citare il titolo strepitoso del lavoro di Leeson: “The invisible hook”.
p.s. Leeson potrebbe far pensare anche Saviano, altro autore che si occupa di organizzazioni criminose denunciando in modo allarmato il connubio tra avidità e razionalità.

mercoledì 19 dicembre 2012

Il fascino della schiavitù

La pratica della schiavitù ha ricevuto dalla storia lo stigma che si meritava ma gli schiavi, quelli non passano mai di moda. L’ importante è usare con loro una certa accortezza linguistica. Un concetto che viene buono in questi casi è quello di capacità contributiva.
Viene talmente buono che forse siete degli schiavisti perfetti e neanche lo sapete.
Vergogna!
Ma ripensandoci sarei indulgente, se uno è venuto su a pane e Costituzione certe cose neanche le vede. Con che coraggio condannare.
ku-klux-bill
Molto peggio chi svicola definendo di volta in volta lo schiavismo in base a cio’ che di volta in volta lui non è.
Qui grido convinto: doppia vergogna!
Sì, “doppia”, perché tra le due categorie di persone penso che la seconda sia la peggiore, almeno la peggiore con cui discutere.
Facciamo allora un piccolo test per capire come ci collochiamo rispetto al tema della schiavitù, ma prima definiamola come la pratica di ridurre un terzo ai lavori forzati al fine di estrapolarne i frutti e farli godere ad altri. Mi sembra una buona definizione: semplice e intuitiva.
SITUAZIONE 1: Aldo, Giovanni, Giacomo, Giuseppe e Paolo naufragano su un’ isola deserta, il sostentamento ora dipende unicamente dalle loro forze. La situazione si presenta così: Aldo, il tipico emotivo imbranato, scopre di non poter badare a se stesso, è messo male; Giovanni, Giacomo e Giuseppe se la cavano a malapena, ognuno di loro produce comunque risorse sufficienti al proprio mantenimento: non pasteggiano certo a mango e papaja tutti i dì ma per lo meno tirano la fine della giornata senza mai rischiare la pelle. Poi c’ è Paolo, un tipo fenomenale in grado di produrre ogni giorno una quantità tale di risorse sufficiente a far vivere nell’ agio 5 persone, per lui il naufragio si è trasformato in una vacanza esotica.
DOMANDA 1: Giovanni, Giacomo e Giuseppe hanno il diritto di “tassare” quel fenomeno di Paolo e trasferire parte della sua ricchezza verso il tapino Aldo (magari trattenendo qualcosina anche per loro)? Rispondete mentalmente prima di passare alla seconda fase.
SITUAZIONE 2: E’ praticamente la medesima di cui sopra, con gli stessi identici protagonisti. Senonché il “fenomeno Paolo” decide di limitare le sue attività alle prime ore del mattino rilassandosi per il resto della giornata: ora produce risorse bastevoli solo a se stesso, per quanto, come sappiamo, possieda le capacità per fare molto di più.
DOMANDA 2: Giovanni, Giacomo e Giuseppe hanno il diritto di forzare il talentuoso Paolo al lavoro in modo da migliorare la condizione dell’ inetto Aldo (e magari, almeno un pochino, anche la loro)?
Il test in teoria è già finito, chi ha risposto SI’ alla seconda domanda ha fornito una giustificazione etica alle pratiche schiaviste, per lo meno se prendo per buona la definizione data all' inizio.
Un mio amico, per esempio, ha risposta SI’ alla prima e NO alla seconda, cio’ detto non ha nessuna intenzione di considerarsi uno sporco schiavista.
Magari ha ragione lui ma di sicuro le cose non sono così semplici come crede: per esempio, non si puo’ rispondere in quel modo e allo stesso tempo sposare un principio costituzionale all’ apparenza pacifico come quello della capacità contributiva (CC)
Ricordo che la CC è la capacità che ciascuno di noi ha di contribuire al bene comune. La tassazione, per esempio, è messa costantemente in relazione alla CC.
Non è facile conoscere la CC di ciascuno poiché è un mix di abilità, talento, forza, intelligenza, fortuna eccetera. Gli ordinamenti di solito sono costretti a semplificare considerando tutte queste doti come “segnalate” dal reddito prodotto. Di conseguenza, il prelievo fiscale si relaziona al reddito.
Ma questo ripiego non è necessario nel nostro esempio dove la capacità contributiva di ognuno è nota a tutti a priori.
Io concluderei così: la nostra Carta Costituzionale, almeno in potenza, sembra proprio schiavista (visto che prevede tasse in relazione alla capacità contributiva), e probabilmente anche il mio amico (visto che sventola continuamente il libretto della Costituzione Italiana facendo un gran chiasso manco fosse il libretto rosso di Mao).
Come alternativa si potrebbe passare a una definizione cervellotica di “schiavitù”. Ma ci vuole un cervellone per farlo. Il cervellone di un intellettualone. E poi uno si stupisce se gli intellettuali sono di sinistra.

mercoledì 22 dicembre 2010

La Costituzione italiana, un monumento che pende e casca pure

Art. 1, comma 1. FONDATA SUL LAVORO. La nostra C. ha una concezione a dir poco distorta del lavoro su cui pretende di fondare la convivenza dei cittadini. Basta andare all’ art.4 per constatare che lo ritiene un diritto (!?). Uno Stato non puo’ riconoscere un diritto al lavoro senza poi garantirlo attivamente dando lavoro a tutti ed è aberrante pensare che uno Stato sia tenuto ha dare lavoro a chiunque. Non è un caso se questo principio sia stato completamente negletto. Un principio stupido non viene negletto per inettitudine ma perché di fronte alla stupidità si paralizza anche l' uomo di buona volontà. Peggio che andar di notte se andiamo al comma 2 dell’ art 4. Il lavoro diventa addirittura un dovere. Come se noi nascessimo già assunti dalla Repubblica e con l’ obbligo di lavorare proficuamente per il suo progresso. Sulla base della nostra C. Potremmo intentare a Socrate un processo per vagabondaggio. D' altronde ogni dittatura persegue il "parassitismo", alcuni codici penali puniscono perfino l’ accidia.

Art.1, comma 2. SOVRANITA’ DEL POPOLO. Una volta definita la Rep. Come democratica è un puro pleonasma insistere sulla sovranità del popolo.

Art.2, comma 1. A parte la declamazione enfatica, rappresenta uno dei tanti pasticciati compromessi presenti in costituzione. Una volta proclamato il riconoscimento dei diritti della persona subito questi diritti vengono limitati da doveri inderogabili. La formula “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” nasconde un duro colpo per i diritti. Il bene non può essere imposto per legge. Il compito di una C. È di impedire il male.

Art.2, comma unico. Basta scorrere la nostra C. Per vedere che non tutela alcun diritto della persona. La formula paradigmatica (Sì, ma...) che utilizza è la seguente: “La Rep. Riconosce il diritto di...Il diritto di cui sopra può essere limitato solo attraverso la legge da promulgare a maggioranza semplice”[cd. riserva di legge]. Il legislatore può dunque violare qualsiasi diritto dell’ uomo visto che la nostra C. Non offre alcun riparo. La nostra C. Rientra tra le cosiddette costituzioni “partecipative”: al cittadino è imposto uno scambio, rinuncia ai suoi diritti ma può partecipare al voto che li limiterà.

Art. 2, comma unico. Il solidarismo a cui rimandavano i nostri costituenti era sia quello socialista che quello cattolico. Entrambi possono trovare applicazione solo tramite una violazione dei diritti individuali. Es. “il povero ha un diritto di citazione sul superfluo degli altri...”(Mounier). E’ la via al socialismo.

Art.2, comma unico. L’ art. 2 viola anche i doveri di uguaglianza (art.3, primo comma). Ai nostri doveri che derivano da un corrispondente diritto del nostro prossimo si aggiungono dei generici doveri di solidarietà politica, sociale, economica...cosmica.

Art.3, comma 2. L’ ottimo comma 1 è contraddetto e vanificato dal comma 2. I cottadini non sono più “uguali” (o “creati uguali” come nella formula di Jefferson) ma “resi uguali” dall’ uomo di potere. Questo comma è il vaso di pandora del nostro ordinamento, consente all’ uomo di potere di trattare in maniera differente i suoi sudditi. Qui trovano giustificazione tutti i privilegi accordati. Questo comma è il germe che avvelena una società libera.

Art. 4, comma 1 e 2. Vedi art.1.

Art. 5, comma unico. Nella sua vecchia formulazione indicava un buon obiettivo. Si limitava a trattare un corollario senza citare il principio cardine di ogni decentramento, ovvero il principio di sussidiarietà. Tralascio le discussioni sul nuovo art.5 minato dall’ introduzione di un concetto come quello di interesse nazionale.

Art. 6, comma unico. La norma è ridondante se l’ art. 2 ha un senso. Principi inutili come questo hanno la sola funzione di depotenziare l’ art. 2 e la tutela che offre ai diritti.

Art. 7, commi 1 e 2. Mentre l’ art. 8 assivura parità di trattamento a tutte le confessioni religiose, l’ art. 8 istituisce un privilegio e una disparità.

Art. 9, commi 1 e 2. Finalmente l’ uomo di potere non ha più alcun limite alla sua azione. Non è un caso se mille interessi sono stati coltivati tramite questo principio che non ha certo frenato lo scempio del territorio della Repubblica.

Art. 11, comma unico. L’ articolo è inefficace, la distinzione tra guerra difensiva e offensiva talvolta è un capello che nessuno può spaccare. Così la nazione ha potuto tranquillamente partecipar4e a molte guerre offensive. Le vie per limitare l’ uso delle forze belliche sono altre (vedi es. i precetti della cost. Elvetica intorno all’ organizzazione militare della nazione).

Art. 12, comma unico. Articolo dagli aspetti umoristici. Come considerare i colori della bandiera come un principio fondamentale senza cadere nel ridicolo?

lunedì 9 novembre 2009

Istruzione, cultura, sapere, competenza, educazione.

Per orientarsi nel labirinto della pedagogia consiglio l' articolo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di ieri. L' ho trovato utile per rallentare il capogiro che mi coglie di solito quando il lessico del titolo irrompe sulla scena. E non vagolate sopra con il mouse strizzando gli occhi, il link non l' ho messo; lo metterò appena disponibile.

E' un articolo che prende duramente posizione contro la recente decisione di introdurre nelle scuole un' ora di Cittadinanza e Costituzione. Roba seria, che fa media, mica l' "educazione civica" incorporata con altre materie. Roba voluta dai paternalisti progressisti, questa volta in salsa Cattolica nella persona del prof. Corradini. La sventurata Gelmini rispose apponendo inconsapevole la propria firma.

Perchè opporsi, secondo il Galli?

Per non scambiare la scuola pubblica con un "percorso formativo"; la scuola non deve conferire identità ma solo gli strumenti per costruirsela liberamente.

Deve essere una scuola dei saperi, dove si torni ad imparare, dove l' unico valore sia la cultura. Non deve dunque educare, nemmeno ad essere un buon cittadino. Che non osi. Queste funzioni sono assolte da famiglie e scuole private (applausi).

La bontà della nostra Costituzione, per questa via, assurgerebbe a verità scolastica, alla pari dell' uno-più-uno-uguale-due. Sbagliato. E sommamente pericoloso.

La visioni del Galli seduce, non c' è che dire, chiama ad un approfondimento. Ma funziona? Puo' esistere in natura qualcosa che tenda in quella direzione? Lo spero.



link

Israel sul trittico conoscenza/abilità/competenza: link è anche un' ottica diversa: la formazione finalizzata crea "motivazioni"; la motivazione è un ingrediente essenziale per combinare al meglio abilità e conoscenze e produrre quindi una competenza. Ok, ma questo è piuttosto un argomento per liberalizzare la scuola che non per l' indottrinamento unico.

mercoledì 16 aprile 2008

Nascondere la Costituzione. Almeno durante l' ora di Educazione Civica.

E' doveroso che nelle scuole di un Paese civile i bambini ricevano un' infarinatura delle nozioni fondamentali su cui si regge la comunità.

Dobbiamo fare di loro dei cittadini consapevoli. E dobbiamo agire presto, quando l' argilla è ancora plasmabile.

Trovo doveroso che a loro venga spiegata l' esistenza e la funzione dell' imposta, l' architrave della convivenza civile.

Trovo anche accettabile che ci si riferisca ad un "bene pubblico" da realizzare attraverso l' esazione coercitiva di un tributo.

Noi governati siamo tenuti a pagare qualcosa ed in cambio riceveremo una compensazione in termini di beni pubblici.

In questo scambio, è d' uopo sottolinearlo, tutti facciamo un affare.

E del resto, andrebbe anche detto, non esistono vie alternative: un "bene pubblico", proprio per le sue caratteristiche, non puo' essere prodotto se non attraverso una raccolta particolare dei fondi con cui viene pagato.

Il cittadino partecipa alle scelte (rappresentanza), paga (tasse) e riceve (beni pubblici).

Il circolo di una democrazia funzionante è di questo tipo. Alzi la mano chi ha obiezioni sensate. Nessuno? Bene, procediamo.

Avete notato quanto mi prema che venga enfatizzata questa correlazione tra cio' che si dà (tasse) e cio' che si prende (beni pubblici)?

Mi preme perchè trattasi nientemeno che del famoso "scambio sociale". Siamo al cuore del "contratto sociale". Ogni contratto, va da sè, ha una partita ed una contropartita.

E' importante che questo messaggio passi nelle tenere menti dei nostri figli. e' importante che venga assimilato e rigurgitato con naturalezza ogni volta che questioni di tal fatta verranno da loro affrontate nella vite che li attende.

Per farlo passare meglio, mi raccomando, vedete d' imboscare con cura la Costituzione Italiana. Fate in modo che non circoli sui banchi, se compare di straforo, sequestratela.

La presenza in aula della Costituzione potrebbe essere ostacolo insormontabile e motivo di confusioni.

Il messaggio centrale che esponevo uscirebbe depotenziato una volta entrato in contatto con la nostra magna charta. Il discente vi fisserebbe con occhi disorientati e l' avrete definitivamente perduto.

Se proprio non potete fa sparire l' intero documento, vedete perlomeno di distogliere l' attenzione dall' articolo 53, ovvero dalla norma che stabilisce i criteri con cui attuare il prelievo fiscale. Leggendolo le nozioni centrali accennate più sopra vacillano:

"...tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributica..."

C' è il richiamo a "concorrere" (a pagare), e va bene. Ma non in ragione di cio' che si riceve bensì in ragione della nostra "capacità contributiva".

Ma allora prima abbiamo parlato a vanvera?

Ultima avvertenza: non ci si imbarchi poi nel tentativo di spiegare cosa sia la "capacità contributiva", si potrebbe scoprire che uno, finchè non crepa, possiede una sua "capacità contributiva".

Salvo poi scoprire, pensandoci meglio, che in fondo nemmeno i morti difettano di una loro "capacità contributiva".



mercoledì 20 febbraio 2008

Sarà mai possibile un governo limitato?

Alcuni sono scettici: il politico ha le armi e l' interesse ad ampliare le funzioni di governo.

Per altri questo genere d' inganni non puo' funzionare: dove il welfare si allarga lo fa in conformità di un senso morale diffuso.

Altri ancora studiano come ricreare un conflitto d' interesse tra i politici mediante una separazione dei poteri.

Altri puntano sull' efficienza. per esaltarla occorre creare una competizione istituzionale.

I saggi sono tutti qui.