giovedì 28 novembre 2019

LA DECRESCITA DELLA SCIENZA

LA DECRESCITA DELLA SCIENZA
Se lo scontro classico è quello tra progressisti e conservatori, vi assicuro che ce n'è un altro più interessante, quello tra chi crede che il progresso ci sia e chi ormai non ci crede più mica tanto. In questi casi la materia del contendere è il progresso scientifico stesso. Esiste ancora?
Il partito del "no" sembra stia avendo la meglio. Nelle parole di Peter Thiel: "ci aspettavamo macchine volanti e abbiamo avuto i 140 caratteri". Le innovazioni che hanno accompagnato la rivoluzione industriale erano ben altra cosa rispetto alla molta fuffa attuale. Pensiamoci due volte prima di mettere soldi nella scienza, potrebbe essere uno spreco.
Cosa è andato storto?
C'è una disciplina che va sotto il nome di "scienza della scienza" e misura la produzione scientifica: numero di ricerche, numero di brevetti, ma anche età anagrafiche e zone geografiche più creative, oppure quante persone occorrono mediamente per partorire un'idea degna di nota. Roba del genere, insomma. Gli indicatori generali su cui si ripercuote la produttività scientifica sono la produttività economica, la resa dei terreni, la speranza di vita la legge di Moore e altri ancora. Ecco, al netto di tutte le difficoltà definitorie, la produttività scientifica risulterebbe in calo piuttosto marcato, anche se la produzione aggregata non sembra ancora risentirne.
Il rallentamento è comunque una cattiva notizia visto che ci sono mega-problemi ancora inevasi come il cambiamento climatico e la residua povertà.
Se la qualità organizzativa della ricerca migliora, non c'è dubbio che oggi ci sia più burocrazia. Ma lo spettro è quello di rendimenti fisiologici decrescenti: abbiamo già colto i frutti sui rami bassi. Nel qual caso pensare ad un disinvestimento non sarebbe tanto assurdo.

mercoledì 27 novembre 2019

Alla gente piace dire cose del tipo: "una società che paga di più gli atleti degliinsegnanti è una società marcia". Ma ecco un problema.

Lo scorso anno la spesa per la scuola è stata circa di 66 miliardi di euro, per lo sport professionistico 5/8 miliardi.

Quindi, secondo la logica della denuncia, la società apprezza molto di più l'educazione rispetto allo sport, come dimostra il fatto che devolviamo molto di più ad essa che allo sport. Invece, le star dello sport fanno più soldi degli insegnanti star, anche se l'atleta professionista mediano non guadagna quasi nulla. Questa cosa è ingiusta? Ronaldo dovrebbe guadagnare meno del mio ottimoinsegnante di ragioneria? Bene, ciò dipende da quale sia la teoria corretta del compenso eqip. Ma, dato quello che sappiamo su quanto poco apprendono gli studenti e data la bassa produttività degli insegnanti, vale la pena notare che il "servizio alla società" di Ronaldo è migliaia di volte maggiore di quello di qualsiasi insegnante.

brennan su fecebook

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In politica il nostro avversario ci sembra un alieno. Sbagliato:

1) non siamo bene informati su di lui

2) siamo molto più simili di quel che pensiamo
Tra i resoconti giornalistici della crisi, il mio preferito è Bethany McLean e Joe Nocera, All the Devils are Here. Penso che aiuti a far emergere due aspetti importanti della crisi. Un aspetto è la mancanza di consapevolezza che molti dirigenti senior delle società finanziarie avevano sui complessi rischi insiti nei portafogli delle loro imprese. Un altro aspetto è il ruolo svolto dalle attività di lobby delle società di Wall Street e Fannie Mae nel dare forma al sistema di finanziamento ipotecario mentre si evolveva nei decenni precedenti la crisi.

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RICCARDI MARIANI

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RICCARDI MARIANI
La premessa del libro: il nostro comportamento è guidato dall' "apprendimento emotivo". Le emozioni intense generano gli schemi che ci facciamo su come funziona il mondo e il cervello usa poi questi modelli per guidarci al meglio. Anche l'irrazionalità si genera indirettamente dalla coesistenza di più modelli del mondo impliciti che si sono formati in risposta a varie sfide esterne.
Esempio: un uomo di nome Riccardo non riesce a parlare nelle riunioni aziendali. Ha buone idee ma ha inspiegabilmente paura di esporle al momento opportuno. Durante la terapia ha descritto suo padre come un narcisista chiacchierone che metteva bocca dappertutto. Tutti lo odiavano o lo prendevano in giro per essere uno sciocco che non sta mai zitto. Il terapeuta ipotizza che Riccardo lo osservasse e formasse un suo modello predittivo, qualcosa come "parlare ti rende odioso". Si tratta di una regola generale ma quando sei un bambino non hai molti dati e generalizzare in questo modo è normale.
La regola del tipo "parlare ti porta ad essere odiato" è una "memoria emotiva" di Riccardo. Puo' razionalmente capire che non è più utile, ma ciò non sempre aiuta poiché la sua memoria emotiva non se ne va, resta lì e si fa sempre sentire in modo più o meno conscio.
Cosa dovrebbe fare il terapeuta? Puo' somministrare anisomycina, ma è una sostanza tossica. Puo' fare un bell'elettroshock, ma ci sono danno collaterali. Puo' somministrare sostanze psichedeliche, ma si tratta di terapie in embrione. Occorre comunque fare qualcosa per indebolire la memoria emotiva passata e "riconsolidarla" diversamente. Il libro illustra una sua terapia ma qui diventa per me meno interessante e lo lascio alla vostra eventuale lettura.
La cosa interessante è invece l'idea di mente che ne viene fuori. Noi non siamo una persona ma tante persone, non un cervello ma tanti. Gli schemi interpretativi vengono generati dalle emozioni e le emozioni che proviamo sono le più disparate, così di schemi ce ne sono tanti nella nostra testa ma soprattutto poco connessi tra loro, anche perché noi non li abbandoniamo mai, nemmeno di fronte alla prova provata che non funzionano. Il potere di ricucirli è assai limitato.
Il nostro cervello deve essere immaginato come un paesaggio montuoso con fertili vallate separate da alte vette. Ogni ricordo (con annesso relativo schema interpretativo) scava e vive nella sua valle (un po' come un fiume). Ma non possono parlarsi. I valichi sono stretti e insidiosi. Gli schemi vivono autonomamente, non vincolati dalle conclusioni raggiunte altrove. La coscienza è una capitale che si stende su un'ampia pianura. Quando il cervello ha bisogno delle informazioni archiviate in una valle particolare, invia messaggeri sui passi. Questi messaggeri sono in gamba, ma portano semplici lettere, non tomi pesanti né tanto meno files; spesso possono solo trasmettere ciò che pensano gli abitanti della valle e non il perché. I collegamenti tra capitale e valli di solito sono precari e il commercio tra valle e valle è quasi inesistente. Puoi avere due valli in cui ferve il lavoro ma che non comunicheranno mai tra loro. A volte, quando è molto importante, il re può ordinare di costruire una strada. Ma non è la norma, e costruire su quei territori è molto dura.
In parole povere siamo dei dissociati. I pazienti dello psichiatrico sono la nostra caricatura... fedele. Avete presente quel tale a cui piace tanto il suo dottore? Lo ama, lo loda di fronte a tutti gli altri pazienti, dice che una volta fuori da lì lo nominerà per il Nobel. Poi, quando il dottore prende una decisione poco gradita - magari rifiuta un permesso - improvvisamente quel medico diventa un violento, peggio di Hitler, peggio di Mengele. Quando sarà fuori lo denuncerà a tutte le autorità portandogli via anche le mutande. Poi il dottore prende una decisione gradita e lui torna ad amarlo incondizionatamente. Ecco, un soggetto del genere non riesce ad integrare i suoi giudizi sul medico, ha schemi diversi che si formano in vallate diverse e non comunicanti del suo cervello.
Così noi non siamo il nostro cervello ma la moltitudine dei nostri cervelli. Non esiste un dipartimento verso cui si convogliano i dati e che, in base alla sua potenza (IQ), riuscirà in modo più o meno brillante a comporre in modo razionale, generando qua e là qualche sbavatura che noi chiameremo pomposamente "bias cognitivo". No, non funziona così. E infatti noi vediamo persone intelligentissime e istruite che credono a cose sciocche e dicono cose sceme quando escono dal loro ambito. Le persone faziose, per esempio: magari intelligentissime quando sono nella loro valle preferita ma completamente deficienti e impermeabili ad ogni argomento ragionevole non appena ci si sposta in una valle collaterale del loro cervello. Ci sono persone intelligenti che hanno letto molto su un argomento ma che alla fine prendono posizioni dettate solo da schemi sballati internalizzati a suo tempo. Alcuni temi (aborto, cambiamento climatico, famiglia, religione, patria, scuola statale, omosessualità...) si prestano particolarmente ad essere elaborati in vallate assai periferiche del nostro cervello. Proprio come nel caso del nostro Riccardo. Riccardo ha prove sufficienti per rendersi conto che in azienda non odiano affatto tutti quelli che parlano durante le riunioni. Ma sente ancora, a un livello profondo, che parlare alle riunioni lo metterebbe nei guai. Le prove a sua disposizione non sono riuscite a connettersi con il suo schema emotivo, la parte di lui che prende le decisioni. Quando parli di aborto o riscaldamento globale succede un po' la stessa cosa? Le prove razionali non si collegano agli schemi dell'apprendimento emotivo? I messaggeri del Re riusciranno a recapitare il loro precario dispaccio nella sperduta vallata?
In un certo senso questo è spaventoso, significa che puoi essere uno scienziato di livello mondiale e avere dimestichezza con la matematica bayesiana e ancora non riuscire ad evitare credenze puerili che neanche un bambino di dieci anni... I razionalisti si consumano per classificare i bias cognitivi, ma ho la netta impressione che la maggior parte dei bias siano spiegati dalla mancata integrazione tra i paesini che costellano l'aspra montagna del nostro cervello.

La Fede dal barbiere


La Fede dal barbiere


La ragione ci avvicina o ci allontana da Dio?
Difficile dirlo, un modo comune di pensare il confronto razionale tra fede e ateismo consiste nel suppporre che l’ateismo sia il default razionale, dato che non postula Dio e che sulla fede ricada l’onere della prova poiché l’esistenza di Dio è un postulato straordinario.
Di solito, in questi casi, si parla di “rasoio di Occam”: a parità di altre condizioni, le teorie più semplici dovrebbero essere preferite. Ma perché dovremmo prendere per buona un’assunzione del genere?
Vediamo un altro esempio: la probabilità che la mente coincide con il cervello è maggiore della probabilità che la mente sia distinta dal cervello. E’ un’ipotesi sostenuta dai fisicalisti sulla base della “semplicità”. Ma è anche un’ipotesi alquanto strana poiché i più fanno esperienza diretta della mente (la loro) e non sono disposti a considerarla un’illusione da sfatare facendola coincidere con il cervello. Che ne direste, a questa stregua, di considerare i gatti come pianeti? In fondo questa stravagante ipotesi è più semplice che considerare le due cose distinte.
Ma cosa convalida l’idea di “semplicità”? Difficile cercare la risposta tra i fisicalisti. Forse i dubbi possono essere illuminati da due esempi.
1) Caso 1: sei seduto nel tuo appartamento e utilizzi due dispositivi elettrici: un computer desktop e una lampada. Entrambi si spengono improvvisamente nello stesso momento. Cosa è successo? Consideri due teorie, una semplice (S: è andata via la corrente) e una complessa (C: la lampadina si è bruciata e il pc si è collassato). Poiché S prevede una causa unica per entrambi gli eventi ha anche maggiori probabilità di essere corretta. La correlazione trasemplicità e probabilità qui è evidente.
2) Caso 2: parti per un lungo viaggio. Quando esci, per qualche motivo, lasci accesi il computer e la lampada. Ritorni un anno dopo e constati che entrambi sono spenti. Consideri due ipotesi, S: c’è stato un black out. C: la lampadina si è bruciata e il pc è collassato. Quale ipotesi privilegiare? S è più semplice di C visto che contempla una sola causa mentre C ne contempla due. Tuttavia, questa volta, C è più probabile di S. (se hai dubbi considera un’assenza di 10 anni).
Ricapitolando: S e C spiegano entrambi bene il fenomeno ma S è più semplice. Nonostante questo nel caso 1 scegliamo S e nel caso 2 C. Davvero singolare!
Il punto importante è che il rasoio di Occam non è un principio utile. Puoi fare alcune contorsioni interpretative che ti consentono di dire che resta vero, ma il principio in realtà non ci aiuta a valutare le teorie. Dobbiamo prima capire quanto riteniamo probabile ciascuna teoria e dopo – solo dopo – possiamo vederla come la più semplice. Ma la semplicità in sè – occorre rendersene conto – non gioca un ruolo chiaro nel generare le stime di probabilità, è un concetto mal definito.
Così istruiti, torniamo alla nostra domanda iniziale: la ragione ci avvicina o ci allontana da Dio?
Una volta tolto di mezzo il “rasoio di Occam” non resta che saggiare la plausibilità (o probabilità) delle due diverse teorie su vari problemi. Fortunatamente, esistono anche problemi sulla cui soluzione, almeno a livello intuitivo, più o meno tutti concordano. Propongo queste quattro categorie:
1) Problemi su cui tutti concordano che favoriscono l’ipotesi di Dio: realismo, ordine nell’universo, coscienza, libero arbitrio.
2) Problemi su cui tutti concordano che favoriscono l’ipotesi atea: esistenza del male.
3) Problemi su cui tutti concordano che non favoriscono nessuno: esperienza religiosa (psicologia o realtà?).
4) Problemi su cui non c’è accordo che favoriscono l’ipotesi di Dio: fatti morali oggettivi, conoscenza a priori, universali, senso della vita.
5) Problemi su cui c’è disaccordo che favoriscono l’ipotesi atea: non me ne vengono in mente.
Conclusioni: per me il l’ipotesi di Dio spiega più problemi su cui c’è un complessivo accordo, e anche cose importanti su cui però non c’è accordo. Ammetto che la presenza del male – nonostante teodicee ingegnose – favorisca l’ateismo, ma non al punto da prevalere. Quindi dal mio punto di vista la fede è la scelta più razionale.
Bibliografia:
Kevin Vallier: Atheism and Theism as Model Choices –
Michael Huemer: Who Cares About Simplicity? –
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martedì 26 novembre 2019

DAL PATIBOLO

DAL PATIBOLO
Stanotte ho sognato che mi presentavo alle elezioni.
Promettevo prezzi più bassi, drastica riduzione delle diseguaglianze e lotta alla povertà. Lo facevo talmente bene che venivo eletto a furor di popolo. Colgo l'occasione per ringraziare i miei spin doctor.
Una volta entrato nella stanza dei bottoni mantenevo diligentemente le mie promesse. In breve tempo i prezzi sono crollati, la diseguaglianza dimezzata e la povertà diminuita. Tutti però hanno cominciato inspiegabilmente ad odiarmi finché ho subito un colpo di stato che mi ha condotto qui da dove vi parlo, sul patibolo.
Il fatto è che non ho tassato e redistribuito, come molti si aspettavano. Non ho nemmeno calmierato prezzi e tariffe, come nella speranza di molti. No, la mia ricetta è stata quella che propugno sempre (e che in campagna elettorale, seguendo i miei sondaggisti di fiducia, non ho voluto in effetti enfatizzare molto): una bella deregolamentazione abitativa con un generalizzato via libera a costruire.
COSTRUIRE-COSTRUIRE.COSTRUIRE. E se non c'è spazio, costruire sulle costruzioni. Mi attendevo un crollo dei prezzi, una maggiore disponibilità di case e una forte riduzione delle diseguaglianze e della povertà. Non ero certo del buon esito ma è proprio quel che è successo, senonché - i miei sondaggisti non erano mica scemi - tutto cio' è stato considerato comunque negativamente. Lo scenario roseo ha oltraggiato una larga fetta della popolazione, quella più influente. Una "fetta", diciamo così, particolarmente vociferante.
Forse "deregolamentare" suona a molte orecchie come un via libera all'egoismo. Oppure i proprietari si sono fatti quattro conti in tasca percependo una svalutazione della loro ricchezza. Ma molti altri, se mi è consentito dire, si sono avvantaggiati dalla nuova situazione. Alcuni, per esempio, hanno lasciato la loro piccola casa costosa in favore di una casa più grande e più economica. In tanti casi la perdita di valore del primo immobile è stato compensato dall'affarone concluso e un tempo impensabile. Ma c'è di più, in molte famiglie, con soddisfazione generale, i figli grandi (detti bamboccioni) sono andati a vivere per conto loro visto che ora potevano permetterselo.
Certo, una densità più elevata significa più congestione. Ma significa anche migliori opportunità di shopping, divertimento e occupazione. Molti pendolari hanno smesso di fare sacrifici. Il fatto stesso che i prezzi siano più elevati nelle città è un chiaro segno che lì, tutto sommato, si vive meglio. E ora "tutto è città" (un mio slogan non molto apprezzato). Certo, "Milano sarebbe graziosa senza tutte quelle persone" - cerco di parafrasare ironicamente i niei oppositori - ma "senza tutte quelle persone" Milano sarebbe Parabiago", come rispondevo con un altro mio slogan che ho dovuto ritirare dopo la denuncia del sindaco del ridente villaggio calzaturiero.
E poi, dico io, anche il proprietario colpito dalla svalutazione del suo immobile puo' ammortizzare le perdite se è disposto a darsi da fare. Esempio: puoi facilmente ottenere il diritto a suddividere il tuo lotto in tre e costruire tre case, in questo modo anche una riduzione del 50% del valore della casa che possiedi è un prezzo equo da pagare. Oppure: sostituisci la tua casa con un appartamento di 10 piani e intaschi la differenza. insomma, su, caro proprietario di case, potevi darti una mossa invece di frignare contro il governo (ovvero contro di me).
Sono certo che molte famiglie proprietarie ci hanno guadagnato e ne sono consapevoli, i modi per farlo non mancavano. Ma questo non significa che molte altre siano andate in confusione mentale mancando l'occasione, costoro hanno preferito lamentarsi e assalire il palazzo governativo. Un mio ex sondaggista che è venuto a trovarmi in carcere prima dell'esecuzione mi ha rivelato che persino gli affittuari - ovvero coloro che dalla mia riforma avevano solo da guadagnare - si oppongono alla deregolamentazione! Le persone sono matte. Comunque, dal momento che persino gli inquilini sono in confusione mentale sul problema, non mi meraviglia più di tanto che la sindrome NIMBY avesse assalito i proprietari rendendoli così rabbiosi. Anche se i più rabbiosi, ve lo devo confessare perché ho visto da vicino i loro occhi iniettati di sangue e sentito le loro bocche oblique che berciavano insulti, restano pur sempre coloro che percepiscono ogni attivismo e ogni brigare umano come un attentato alla Santa Immobilità, secondo loro unico preservativo all' Instabilissimo Equilibrio che ancora ci tiene tutti in vita ritardando l'apocalisse. C'è un temporale? Colpa di chi ha spostato la mattonella. C'è un terremoto? Colpa tua che ti sei mosso. C'è uno tsunami? Colpa di Tizio che zoppica quando cammina. C'è l'alluvione? Colpa di Caio che suda troppo. Crolla il ponte? Colpa della farfalla che ha sbattuto le ali... Ecco, devo ammettere di averlo scatenato non poco il tanto vituperato "attivismo", cosicché ora - a cose finalmente ricondotte nell'alveo della normalità - l'unico equilibrio instabile è quello del seggiolino su cui sto in piedi con il cappio al collo.
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https://www.econlib.org/deludedly-deeming-deregulation-a-disaster/

RIFORMA FISCALE (SENZA ISEE E NAVIGATOR)

RIFORMA FISCALE (SENZA ISEE E NAVIGATOR)
Viviamo un'epoca in cui la disuguaglianza è elevata e la demonizzazione dei ricchi è popolare, specie presso certi politici che desiderano aumentare la ridistribuzione delle risorse economiche.
Evitiamo il problema se sia giusto o meno, concentriamoci su come sia meglio tassare i ricchi facendo meno danni possibile.
Prima considerazione. Prendiamo due milionari in testa a tutte le classifiche dei redditi. Sono dei privilegiati ma sono anche molto diversi. Il Sig. Mani Bucate spende, spande e se la spassa. Beve vini costosi, guida Ferrari e vola con il suo jet privato per sontuose vacanze. Foraggia la politica sperando di ricavarne qualcosa. L'altro, il Sig. Frugale, guadagna tanto quanto Mani Bucate ma vive modestamente risparmiando la maggior parte dei suoi guadagni e accumulando un considerevole gruzzolo. Invece, investe i suoi soldi in start-up di successo, la sua passione. Ha in programma di lasciare parte della sua ricchezza a figli e nipoti vincolandoli a certi investimenti, ma anche alla sua alma attraverso un programma per i ragazzi di talento meno abbienti.
Domanda: chi dovrebbe pagare di più tra Mani Bucate e Frugale. Forse il secondo dovrebbe essere tassato meno, le sue attività beneficiano tutta la comunità. Ma, tra tutte, la cosa davvero inaccettabile è che venga tassato di più! Eppure questo è ciò che accade nel caso di una patrimoniale, che colpirebbe gli investimenti del sig. Frugale lasciando indenne Mani Bucate.
Esistono modi migliori per ridistribuire, modi che non penalizzano la prudenza e l'investimento sul futuro. Che ne dite di una mega addizionale forfettaria a tappeto sull'IRPEF per poi ridistribuire le entrate sotto forma di reddito universale di base? L'IRPEF c'è già, basterebbe fissare le addizionali. La ridistribuzione, essendo universale, sarebbe facile da amministrare. Insomma, si potrebbe fare tutto domani mattina.
Ma l'idea di un reddito di base universale ha molti critici. Il consiglio è quello di guardare le cose più da vicino. Considerate per esempio questi due piani:
1) Un trasferimento in base all'ISEE di 1.000 al mese per i più bisognosi finalizzato alle reale necessità. L'intero importo va solo ai redditi zero. Il trasferimento sfuma gradualmente quando si comincia a guadagnare fino ad azzerarsi a quota 60.000 euro. Il programma è finanziato con un'addizionale del 20% sui redditi sopra i 60.000 euro.
2) Un reddito universale di base pari a 1.000 al mese finanziato da un'imposta forfettaria del 20% su tutti i redditi.
Preferite il piano A o il piano B?
La maggioranza vede meglio A (è molto meno costoso). Motivazione: concentra l'aiuto su chi ha più bisogno, aumenta meno le imposte e lo fa solo sui ricchi. Il piano B è folle, che senso ha dare un reddito di base a Berlusconi?
Sono argomenti che seducono, ma seducono meno quando si svela che si tratta dello stesso piano espresso in modi diversi.
Basta guardare al netto (tasse meno trasferimenti) per accorgersene. Una persona con reddito zero ottiene 12.000 euro all'anno in entrambi i casi. Una persona con un reddito di 60.000 euro ottiene zero in entrambi i casi (riceve 12.000 e paga 12.000). Una persona con un reddito di 160.000 euro paga il 20% in più in entrambi i casi. Tutti si ritrovano con un'aliquota marginale del 20%.
Due lezioni: 1) se trovi un piano A, ricordati che c'è sempre un piano B equivalente. Molti critici del reddito di base universale non colgono l'equivalenza dei due approcci. Naturalmente il piano B è più facile da implementare (non serve nessun navigator e nessun incasinatissimo ISEE da compilare, tanto per capirsi). 2) E' sempre fuorviante concentrarsi su tasse e trasferimenti separatamente.
Concludo dicendo che il piano B è solo una versione dell'imposta negativa sul reddito che Milton Friedman ha proposto nel suo libro Capitalismo e libertà nel 1962. Sempre sia lodato.
Puo' il Maestro sbagliarsi? Certo che puo'... ma secondo me in questo caso ha ragione.

IL SENSO COMUNE COME BASE DELLA SCIENZA

IL SENSO COMUNE COME BASE DELLA SCIENZA
Tutta la scienza moderna si basa sull'induzione, ovvero su un ragionamento che estrapola informazioni da eventi passati. Supponiamo che io osservi un gran numero di cigni e che tutti siano bianchi. Applicando il ragionamento induttivo concludo che il prossimo cigno che incontrerò sarà probabilmente bianco. L'assunto è che gli oggetti non osservati di un determinato tipo tendono ad essere simili a quelli osservati dello stesso tipo.
Ma perché consideriamo vero questo principio chiave? Di sicuro non grazie alle osservazioni visto che per definizione il principio si applica solo a fenomeni non osservati. Non è nemmeno auto evidente visto che spesso non vale affatto: se al casinò esce il rosso tre volte di fila non è affatto detto che esca ancora. Nemmeno possiamo utilizzare l'induzione per provarlo, visto che cadremmo in un ragionamento circolare: non possiamo provare induttivamente che l'induzione funziona.
Di fronte a questa impotenza molti filosofi hanno rinunciato rassegnandosi allo scetticismo. Parlo di filosofi illustri come Hume e Popper! Ma lo scetticismo sembra una posizione folle: quasi tutte le nostre convinzioni sul mondo che ci circonda dipendono dall'induzione. Per esempio, personalmente penso che il sole sorgerà domani, perché mai dovrei essere scettico? È assurdo dire che credenze come questa siano completamente ingiustificate, si tratta di senso comune.
Fortunatamente, è possibile fornire un buon argomento, lo stesso che utilizziamo per risolvere i paradossi legati al principio di indifferenza (PI), ovvero il principio che ci fa attribuire probabilità uguali (50/50) quando siamo di fronte ad alternative di cui ignoriamo tutto.
Esempio di paradosso legato al PI: qual è la probabilità che ci sia una qualche forma di vita su Titano? Boh! Applichiamo il principio di indifferenza rispondendo 1/2. Ma lo stesso identico problema puo' essere riformulato così: qual è la probabilità che vi sia vita vegetale su Titano? Boh! Ancora una volta, rispondiamo a 1/2. E nessuna vita animale? Boh: 1/2. Ora riprendiamo il quesito iniziale: qual è la probabilità che su Titano non vi sia né vita vegetale né vita animale? Dobbiamo moltiplicare 1/2 per 1/2 e rispondere 1/4. Ciò significa che la probabilità di una qualche forma di vita su Titano è ora salita a 1 - 1/4 = 3/4, contraddicendo la nostra precedente stima di 1/2.
Come si sana questo paradosso? Nello stesso modo con cui si dimostra che l'induzione della scienza è più che giustificata. Ora però il post si è fatto lungo e non vado oltre, forse qualcuno ha qualche idea.
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riassuntino della risposta...  Perchè il sole del sorgere sì e il rosso alla roulette no? Perché i giri di roulette sono indipendenti tra loro (sicuro 100). Per la roulette, quindi, il principio di indifferenza si applica su rosso e nero 50/50. Ma il sorgere del sole domani è indipendente dalle osservazioni passate? Non so: 50/50 (è qui che si applica il PI e non all'evento). Quindi, ricapitoliamo, il sole sorgerà domani? Se l'evento è indipendente dal passato (0.5 per il PI) allora la prob che sorga è 0.5 (come il rosso per la roulette). Prob totale in caso di indipendenza 0.5*0.5=0.25. Se invece è dipendente dal passato (0.5 di prob per il PI) allora sorgerà come in passato, prob 1 (comunque superiore a 0.5). Prob totale che sorga nel caso di dipendenza 1*0.5=0.5 (comunque superiore a 0.25). Prob complessiva dell'evento "il sole sorge": 0.25+0.5=0.75 (cmq supriore a 0.5). Quindi, tra il sorgere e il non sorgere il primo evento è più probabile. La logica induttiva vale.