giovedì 18 settembre 2014

Contro Kant

Il principale responsabile dello scetticismo moderno è Kant, il filosofo che con le sue "critiche" dimostrò i limiti della nostra ragione.

Secondo lui la nostra ragione puo' conoscere ben poco.

Senonché, nel frattempo, qualcosa è successo anche in campo filosofico.

Innanzitutto cio' che Kant dava per assodato non è più tale: la differenza tra conoscenza e credenza.

Per dire che "la ragione non puo' conoscere questo e quello" bisogna avere un' idea precisa di quel che intendiamo per "conoscere".

Dopo Edmund Gettier le cose si sono un po' confuse e nemmeno una credenza vera e giustificata puo' chiamarsi "conoscenza".

In secondo luogo Kant intendeva dimostrare che noi non possiamo conoscere le cose inosservabili (per esempio le cose di estensione infinita).

Kant aveva un grande rispetto delle scienze fisiche, e forse traeva proprio da questo rispetto il principio di cui sopra.

Sarebbe rimasto sorpreso se solo avesse vissuto abbastanza per scoprire che le scienze naturali oggi formulano molte teorie intorno a eventi e cose non osservabili perché troppo piccole o troppo grandi o troppo vecchie.

D' altronde non fanno che uniformarsi al senso comune: noi tutti cerchiamo di "conoscere" cio' che non possiamo osservare basandoci sugli effetti che possiamo osservare. L' apparenza, in assenza di prova contraria, domina sull' ipotesi dell' illusione, e quando si presentano le prove contrarie si affrontano e si valutano. Insomma ci si inserisce in un processo facendo della conoscenza qualcosa di coerente con la critica di Gettier.

Se poi si vuole dire che Kant parlando di "osservabile" si riferisse a cose "logicamente osservabili", allora possiamo tirare un sospiro di sollievo, lo scetticismo non risulterebbe poi così giustificato. Ogni immaginazione è logicamente osservabile, basta che non violi i principi della logica, appunto.

E' tempo di superare le critiche di Kant alla metafisica, ce lo dice il senso comune, ce lo dice lo sviluppo delle scienze naturali, ce lo dice la filosofia contemporanea.

mercoledì 17 settembre 2014

Un po' complicato (per me) ma molto interessante.

Vorrei solo aggiungere una considerazione: non saprei francamente se Popper sia ancora significativo una volta che ci collochiamo sulla frontiera dell' epistemologia contemporanea. I primi a demolirlo sono stati proprio i suoi allievi popperiani (da Lakatos a Feyerabend: 1) la falsificazione - esperimento cruciale - è un mito 2) l' irrealismo delle ipotesi è un mito.

Da allora non si è più riavuto.

Se devo allora individuare oggi un patrono riconosciuto della metodologia scientifica farei il nome di un Reverendo:   Thomas Bayes.

La conoscenza scientifica (in senso moderno) del mondo è probabilistica.

Chi "cerca" è in fondo come uno scommettitore (bayesiano) che punta su un' ipotesi più sensata.

Per il bayesiano l' induzione conta, altroché: ogni evento aggiorna le sue probabilità.

Il bayesiano rivaluta l' introspezione: la probabilità a priori (concetto per lui fondamentale) in fondo è sempre soggettiva.

Il bayesiano sa spiegare i disaccordi frequenti: i punti di partenza possono essere diversi.

Il bayesiano ha una prospettiva di concordia: gli eventi aggiornano le probabilità di ciascuno in senso convergente se si agisce in modo onesto.

Il bayesiano cerca di distinguersi dal relativista/nichilista: sebbene il  suo metodo non gli regali verità definitive, gli promette un "viaggio verso...". Un viaggio contorto, pieno di dietrofront e di accelerazioni, ma pur sempre un "viaggio verso...". La direzione è cruciale.

Il bayesiano è interessato ai fatti e alle essenze?

Qui casca l' asino, forse non arriva a tanto.

Ma il bayesiano è anche un uomo e in quanto uomo puo' completare il suo metodo. Del resto, la sua impostazione è facilmente integrabile; si coniuga bene, per esempio, col principio di credulità: le cose stanno (realmente) come appaiono (fino a prova contraria).

Conclusione: la dicotomia certezza/nichilismo forse non esaurisce il campo. Forse esiste il ponte delle probabilità bayesiane, un ponte che in ambito di ricerca religiosa va poi colmato con la fede pura, una barca che ci fa compiere l' ultimo tratto della attraversata.

Un po' come lo scommettitore: calcola, scommette nel modo più sensato possibile ma poi ci crede anche col cuore e spera.

A me basta, lo ammetto. Nessuna consolazione da certezze dedotte da verità atemporali ma anche il vantaggio di poter sentirsi immersi nel proprio tempo.

Quel vizietto di correggere i comportamenti razionali

Perché in alcune professioni le donne sono meno rappresentate?

Ci sono molte ipotesi ma qui me ne interessa una  una che vedo trattata: assumendo una donna l' imprenditore incorre nel rischio maternità.

Non stereotipi, non pregiudizi ma uno svantaggio oggettivo che penalizzerebbe le donne sul mercato del lavoro.

E chi puo' negare che non sia così?

Faccio solo notare che in un caso del genere tutti gli attori coinvolti si comportano razionalmente, e a farne le spese sono le donne.

Personalmente sono restio a correggere dei comportamenti razionali, eppure, sempre qui sopra, sono state avanzate delle proposte degne di considerazione.

Una spicca tra tutte: rendiamo la paternità obbligatoria, oppure paghiamola di più della maternità in modo che sia più conveniente. I piatti della bilancia si riequilibreranno.

Detta così è un po' contorta. Cerco di ridurla senza intaccare in alcun modo la sostanza: sussidiamo l' assunzione di donne.

In altri termini: le donne sul mercato del lavoro hanno uno svantaggio oggettivo (rischiano di stare a casa in maternità), facciamo gravare questo svantaggio su terzi (il sussidiante) e il problema si attenua.

Certo, l' allocazione lavorativa si sposta in favore delle donne, ma produce anche delle inefficienze non trascurabili. La logica di fondo infatti è piuttosto opinabile: se un soggetto è svantaggiato per compiere un verto lavoro, allora sussidiamone l' assunzione.

La soluzione forse ha una sua correttezza politica ma non è priva di costi. Lo illustro meglio avvalendomi di due analogie.

Immaginiamo che in un lontano futuro il pianeta terra ospiti, oltre ai terrestri, anche una certa popolazione marziana con abilità in tutto simili a quelle dell' uomo, se non che il nostro marziano deve dedicare tre giorni a settimana ad un irrinunciabile riposo. Sul mercato del lavoro i nostri amici marziani riscontrano qualche problema, cosicché si viene loro incontro sussidiando pesantemente le assunzioni. Siccome "ogni umo ha il suo prezzo" si trova una cifra per far lavorare i "dormiglioni".

Bene, e se i giorni di assoluto riposo diventassero 4? Che si fa, si adegua il sussidio o si discrimina?

No! Una volta accettata una certa logica, coerenza vuole che si prosegua su quella strada.

E se diventassero 5? Idem come sopra. E se diventassero 6?

Vabbé, non vado avanti.

Il fatto è che fingere di essere tutti degli svantaggiati per non discriminare lo svantaggiato presenta qualche problema, in effetti.

Ma si potrebbe andare oltre e sfiorare il paradosso.

Ammettiamo che Giovanni, per quanto ce l' abbia messa tutta, abbia conseguito una laurea con voti scadenti mentre Giuseppe, un autentico talento, si sia laureato nella stessa facoltà a pieni voti e a mani basse.

Se un datore di lavoro si mostrasse più interessato ad assumere Giuseppe, Giovanni potrebbe opinare: non è giusto, io sono meno dotato di Giuseppe e quindi parto da una condizione di oggettivo svantaggio.

Qualcuno potrebbe dire: ma qui si tratta di condizioni inerenti alle mere capacità.

Ma c' è davvero differenza tra gli "svantaggi" considerati?

Una cosa è certa: non c' è differenza in termini di produttività, e questi sono gli unici termini che interessano un datore di lavoro razionale.

Con la stessa logica applicata precedentemente noi, per aiutare chi all' università si è sempre impegnato pur conseguendo scarsi risultati, dovremmo procedere a sussidiare la loro assunzione.

Perché discriminare chi nella lotteria dei talenti è stato sfortunato?

Le analogie che ho proposto sono paradossali ma servono forse a capire che la logica di correggere dei comportamenti razionali ha derive perverse.



Why Philosophers Should Stay Out of Politics

Why Philosophers Should Stay Out of Politics | Bleeding Heart Libertarians:



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Chi studia la politica non dovrebbe parteggiare. Motivo?: distorsioni cognitive.



Referenze: Kahneman’s book Thinking Fast and Slow and Jonathan Haidt’s The Righteous Mind.

martedì 16 settembre 2014

E vissero felici e contenti

Concetti chiave:


  1. todd buchholz. Futuro (speranza) e Controllo, ecco i due elementi costitutivi della felicità. Felicità è voglia di vivere, di fare, di progettare, di intraprendere, di realizzare di dimostrare agli altri e a se stessi. La felicità guarda al futuro perché è visione e progetto. La felicità è controllo perché noi dobbiamo essere protagonisti. Denaro e beni materiali non fanno la felicità ma sono strumenti per avere segnali utili a noi e agli altri: il successo è una forma di riconoscimento che ci rende felici nell'atto di realizzarlo attraverso un percorso di cui siamo protagonisti avendone il controllo. In questo senso il capitalismo è un mondo ritagliato sulla natura umana.
  2. ha una componente biologica che spesso sottovalutiamo.
  3. esiste un adattamento edonico che annulla presto il terreno guadagnato
  4. è più legata all’ invidia che all’ egoismo
  5. non siamo dei buoni predittori effettivi, affidiamoci di più all’ imitazione imparando da chi oggi è felice dopo essere passato per la nostra stessa strada.
  6. esistono alcune fonti di felicità permanente: un miglioramento estetico, per esempio; così come esistono fonti d’ infelicità permanente: stress (pendolarismo, rumore).
  7. fonte di infelicità permanente: piccoli disturbi continui (un costante rumore di fondo, il pendolarismo...). Esempio di scelta edonica sbagliata: farsi la villa in campagna. La felicità della casa bella e spaziosa è destinata a spegersi, l' infelicità del pendolarismo a persistere.
  8. cerchiamoci un’ “impegno vitale” sfruttando la segmentazione. un campo in cui stabilire relazioni, gratificazione, riconoscimento; relazione, religiosità, spiritualità hanno il vantaggio di essere beni inesauribili, che privilegiano il viaggio sulla meta. Morale: è sui valori che si costruisce la felicità.
  9. sentirsi protagonisti è importante, la scelta personale deve avere un ruolo centrale;
  10. dietro una grande felicità c' è quasi sempre un grande sacrificio: prima ancora che per produrre qualcosa di bello, serve per "appropriarsi" di cio' che di bello ci capita.
  11. coltivare il desiderio: l' atto di conquista ci rende felici e un buon equilibrio tra produzione di desideri plausibili e avanzamento nella conquista è ricetta per la felicità.
  12. il desiderio innesca la speranza;
  13. convivere coi propri limiti.
  14. guardatevi da chi dice: relazionatevi, collaborate. La ricetta consiste in consigli che indichino gli strumenti per riuscirvi e non in affermazioni che indichino la meta (in sè abbastanza ovvia);
  15. avere amicizie strette anche se circoscritte, persone con cui stare come se foste soli;
  16. fate l' esame di coscienza, interrogate la vostra anima;
  17. ricordate che i soldi hanno un legame, per quanto lasco, con la felicita,  specie se la società è diseguale. Ormai la cosa è abbastanza assodata: non disdegnateli con atteggiamenti ipocriti o peggio ancora ideologici;
  18. il successo e il riconoscimento contano comunque più dei soldi
  19. la religione, la fede e la cultura contano parecchio
  20. la spesa governativa non ci rende felici: ci umilia schiacciandoci in una dipendenza
  21. donare al prossimo è una strategia quasi sicura per essere felici
  22. la diseguaglianza non sembra connettersi alla felicità poiché la speranza nella mobilità sociale sopperisce. 
  23. il lavoro è una fonte di felicità notevole, difficile che un lavoratore si dichiari infelice
  24. il capitalismo è l' opzione ideale, lì successo e speranza sono possibili, altrove anche i fattori positivi come la redistribuzione non incide sulla felicità, anzi, considerando l' importanza del dono e il fatto che la spesa governativa spiazza le donazioni, rischia di diminuirla seriamente
  25. alcune opposizioni in cui il primo termine è da preferire: fede vs materialismo; libertà vs paternalismo; dignità vs dipendenza; opportunità vs diseguaglianza; lavoro vs tempo libero; enerosità vs. egoismo; identità vs. anonimia; famiglia vs atomismo; prestigio vs. soldi.
  26. la felicità non è tutto: esiste anche la gioia (letizia) (realizzazione, soddisfazione di una vita ben vissuta). La gioi a è il premio per un sacrificio, la felicità è un piacere che puo' avere qualsiasi origine. La letizia puo' convivere anche con il dolore, la felicità no: ci sono funerali in cui siamo addolorati ma proviamo anche una sensazione positiva perché il defunto è un soggetto che ha speso bene la sua vita e ha fatto una buona morte. Anche lo sport fornisce esempi: dopo alcune sconfitte ti senti comunque in pace con te stesso per avere dato tutto, è una pace che rasenta la gioia. (vedi Tim O'Connor su BQO)
  27. pensa all' esperienza di avere dei figli: la felicità è concentrata mentre l' infelicità è diffusa, difficile fare un confronto quantitativo.
  28. Ecco su cosa punta Charles Murray:


    • Fare un buon matrimonio è la cosa più importante. L'ottimo: sposarsi presto con l'uomo giusto. 25/27 è troppo presto?…
    • Gli sposi tardivi sono più strutturati ma sono anche soli..
    • Matrimonio merger e matrimonio start up. Nel secondo si vivono insieme alcuni snodi decisivi della ns vita e si cementa la relazione anche attraverso una memoria comune. I merger nn avranno mai quella simbiosi...
    • Sposa chi ha i tuoi gusti. Oggi vale più di ieri xchè oggi si è complementari nel consumo più che nella produzione...
    • Ti piacciono i suoi amici? Il suo umorismo? la sua etica? No? Lascia xdere. Puntualità ordine e prudenza sono elementi essenziali su cui trovare un accordo. Ti controlla? È intollerante? Mollalo.
    • Quello che vedi è quello che avrai: improb. cambiare una xsona...
    • Il matrimonio ideale? Quello tra i migliori amici che si desiderano sessualmente. 
    • Guardarsi dalle passioni totalizzante. Interessi fuori dalla coppia sono i benvenuti...
    • Sposarsi vale sempre la pena: i rischi sono nulla rispetto ai potenziali guadagni...
    • Essere ambiziosi è una virtù. Ancora + virtuoso è sapersi rassegnare alla fama che nn arriva x puntare al meglio sulle strade alternative che portano alla felicità. Esistono!...
    • La religione rende felici. Convertirsi nn è facile ma anche solo prenderla sul serio è benefico...
    • Due mosse x prenderla sul serio: leggi libri di cosmologia e frequenta xsone religiose. Non aspettare la tua Damasco ma impegnati intellettualmente: convertirsi è come laurearsi quanto a sforzo intellettuale...
    • Vivere a fondo le proprie esperienze: si scoprirà quanto sugo c'è nel banale. Nell'eterno ritorno Bill Murray è condannato a rivivere continuamente lo stesso giorno fastidioso che avrebbe tanto voluto evitare finchè nn diventa il più bel giorno della sua vita. Il giorno è sempre lo stesso ma lui ha imparato a viverlo diversamente. Una grande favola morale!
    continua
  29. Gross National Happiness: Why Happiness Matters for America - And How We Can Get More of It - Arthur C. Brooks 
    • Religione e felicità: il legame è robusto...
    • Il legame cessa se il dio in cui si crede è vendicativo...
    • Il nesso? difficile stabilirlo. Certo che l'appartenere ad una comunità religiosa conta parecchio...
    • Anche la soddisfazione per la propria condizione economica è favorita dalla fede...
    • Le comunità praticante è mediamente superiore anche dal punto di vista della prosperità economica....
    • I tuoi vicini vanno a messa? Le tue chance di prosperità aumentano

    Xxxx
    • Soldi e felicità. Il legame esiste ma è lasco
    • altri fattori + importanti: fede e cultura
    • adattamento edonico: vale in entrambi i sensi
    • nn ci adattiamo ai piccoli e continui cambiamenti. l'esempio del pendolarismo
    • è il successo e lo status che ci rendono felici. anche solo lo status relativo
    • la spesa gov. nn ci rende felici: infonde un senso di dipendenza
    • l insucceso e l indifferenza dannegiano la felicità: vale la pena di optare x il capitalismo dove il successo e la speranza sono possibili

    Xxc
    • la diseguaglianza nn sembra legata alla felicità, specie dove è possibile ritagliare la propria nicchia dove "lavora" l'adattamento edonico
    • basta credere nella mobilità x essere felici ma nella mobilità senza spinte... 
    • la felicità deriva dal senso di successo e di controllo
    • il lavoro come fonte di felicità. il cfr  usa/ue è impietoso: si è più felici dove si lavora di più

    Ccccxxx
    • donare ci rende felici
    • il dono aumenta la percezione del proprio status, che è molto connesso con la felicità
    • se il gvt distribuisce la gente dona meno

    Xxxx conclusioni
    • senza valori la ricchezza può poco
    • valori: famiglia generosità spiritualità fede libertà lavoro
    • fede vs materialismo
    • libertà vs pianificazione
    • dignità vs mantenimento
    • opportunità vs uguaglianza
    • lavoro vs tempo libero
    • generosità vs egoismo
    • tradizione vs anonimia
    • famiglia vs atomismo
    • onore (dignità) vs crescita economica

    continua
  30. Don Giussani e la verifica. Alla fine cosa cerchiamo tutti? La felicità. Qual è la ricetta?

    In molti l'hanno studiata, uno studio difficile, ambiguo, sfuggente. Per fortuna c'è una consolazione: in fondo sappiamo riconoscere con buona approssimazione quando siamo felici, e non è nemmeno poi così difficile riconoscere una persona felice. Forse che il mistero sia sopravvalutato?

    Infatti, noi sappiamo molto sulla felicità, senonché le conclusioni di chi approfondisce sono imbarazzanti:

    • la felicità è saldamente legata al possesso di solidi valori sentiti come reali,
    • chi è sinceramente appassionato alla verità ben difficilmente sente di possederla in modo stabile e definitivo.
    A nessuno sfugge il cortocircuito: l'appassionato ricercatore della verità non ha i requisiti per essere felice e la persona onestamente felice è nelle condizioni ideali per cessare di esserlo.

    Sarà per questo che psicologi e compagnia bella sono restii a fornire ricette, neanche dopo aver speso una vita nel tentativo di scovarla. Sanno tutto sulla felicità ma mica si puo' presentare l'autoinganno come la soluzione dei nostri problemi.

    I due punti di cui sopra ci pongono una contraddizione logica che però possiamo risolvere. Con la bacchetta magica? No, con il "tempo": noi non viviamo su un piano cartesiano ma nel tempo, il tempo ha la virtù di sciogliere le contraddizioni: una palla non puo' essere sia rossa che verde, sarebbe contraddittorio. Tuttavia, puo' essere prima rossa e poi verde. E' del tutto normale.

    Cerchiamo allora i nostri valori, teniamoceli stretti, viviamoli fino in fondo credendoci. Poi andiamo serenamente incontro alla crisi, alla verifica razionale degli stessi, magari ad una dolorosa "ristrutturazione". Infine ricominciamo il ciclo.

    La felicità non è una condizione permanente ma un onda che ci prende di volta in volta e ci solleva. Sistemiamo con cura il territorio intorno a noi per non perderci neanche un'onda, la vita ne riserva parecchie. 
  31. Felicità: un'ipotesi di Jonathan Haidt
    • gran parte della felicità è caratteriale. metafora: la mente è un elefante che va x conto suo. ma anche un el. può essere guidato.
    • oriente: rinuncia e sarai felice
    • occidente: fai la cosa giusta e sarai felice
    • c è da imparare sia da o. che da o.
    • concentrati contro il vero nemico: l invidia (nn l egoismo)
    • sei felice se controlli la situazione. il rumore dà uno stress incurabile
    • l aspetto estetico dà delle felicità durevoli
    • la qualità delle relazioni contano
    • impegno vitale: hai bisogno di sentirti in missione. famiglia matrimonio lavoro amore
    • siamo cattivi predittori affettivi: imitiamo chi ci assomiglia e si è realizzato.
    • adattamento edonico: lotta vs l invidia. incidenti e lotteria.
    • crea qlcs di tuo. imprenditorialità.
    • le ricerche confermano la saggezza degli antichi.
    • è il viaggio che conta non la media.
    • sono i progressi che contano nn la vicinanza alla meta
    • importante un progetto coerente x mente e corpo
    • flusso soddisfacente. il flusso prevale sul livello
    • centralità dell autocontrollo
    • nn puntare sui consumi posizionali
    • puntare su religione ed altruismo. la purezza conta x sentirsi in missione. il rito da controllo. la comunità dà relazioni



    continua
  32. è felice chi raggiunge gli obbiettivi che si proponeva da giovane. ergo: non fissarli troppo in alto.
  33. The flow (il flusso). Other things equal, human beings enjoy the exercise of their realized capacities (their innate or trained abilities), and this enjoyment increases the more the capacity is realized, or the greater its complexity.... Csikszentmihalyi published a series of books elaborating the data and the theory that now goes under the label of flow E' il principio aristotelico in C. Murray Human accomplishment
  34. Stevenson and Wolfers' Flawed Happiness Research By Eric Falkenstein - #ovoidesimmetrico #felicitàabreve #invidiaegoismo #soldiefelicità
    • Stevenson and Wolfers' Flawed Happiness Research By Eric Falkenstein
    • what's wrong with so many academic debates.
    • Richard Easterlin found that within a given country people with higher incomes were more likely to report being happy. However, between developed countries, the average reported level of happiness did not vary much...
    • Similarly, although income per person rose steadily in the United States between 1946 and 1970, average reported happiness showed no long-term trend and declined between 1960 and 1970.
    • agree with Easterlin, and the relative-status utility function
    • Furthermore, evolution favors a relative utility function as opposed to the standard absolute utility function,
    • Economists from Adam Smith, Karl Marx, Thorstein Veblen, and even Keynes focused on status,
    • if economist used a relative utility function many (most) seminal models would become ambiguous, and the whole field loses much of its foundation.
    • Wolfer... second set of findings concern cross-sectional data within a country. Easterlin did not dispute this, however. Given positional goods like mates and lakefront property, relative wealth should matter.
    • So, what about the original Easterlin note, that among developed countries, where people are more worried about obesity than malnutrition, as GDP/ capita rises we aren't getting happier? Well, Sacks, Stevenson, and Wolfers (2013) adress this point directly, and show this chart...
    • When an economist tells you a symmetric ovoid contains a highly significant trend via the power of statistics, don't believe them: real effects pass the ocular test of statistical significance... as from 2010 Easterlin and co-authors have data with similar blobs, but they draw downward-sloping lines over them...I think it's best to say, no relation, and to stop drawing lines on blobs.
    • the biggest problem with the Sacks, Stevenson and Wolfers analysis is that they estimate a short-term relationship between life satisfaction and GDP, rather than the long-term relationship.
    • We should aspire higher than envy, which paradoxically seems to elevate greed,
    • I otherwise admire, usually libertarian leaning, are quite averse to the Easterlin conclusion, thinking it will lead us to adopt a luddite policies because growth would not matter in such a world (see Ron Bailey here, or Tim Worstall there).
    • key is that while I admit that my relatively impoverished grandfather was probably as happy as I am, I'm also very glad I live now: growth is good in spite of my envious homunculus.
    • as productivity growth is the natural consequence of free minds and markets, flattening growth means not merely focusing on 'more important things' but rather squelching freedom, and liberty is more important than equality... how would one prevent Larry Ellison or LeBron James from being richer than everyone else? The only way would be to destroy new companies or merit-based systems, why the worst rise to the top in hierarchies
    continua
  35. Lenore Skenazy free range... But the whole new thinking about happiness (and maturity) is that these qualities come from actually doing things. Creating. Exploring. Being independent. The catch phrase is self-mastery, and you’ll note that this term and self-confidence and self-esteem all start with self, not parent-assisted...



Felici malgrado: Enrico Finzi at TED

Felici malgrado: Enrico Finzi at TEDxBergamo - YouTube:



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Osservazione: gli italiani erano felici, oggi non lo sono più.



IMO: prima erano drogati, oggi sono in crisi d' astinenza.



Vogliamo dirlo altrimenti: oggi viviamo in una società secolarizzate e in recessione.



Precisazione: con questo non intendo dire che la religione sia una droga ma non si puo' negare che ha effetti simili. Quanto all' economia, bè, lì sì, lì abbiamo usufruito di droghe pesanti (imitazione, inflazione, debito...) che oggi non possiamo più acquistare.



Relatore: l' economia non conta, manca la relazionalità.



Troppo semplice, per me.



Perché manca? Gli strumenti per "relazionarsi" non mancano.



Stare di più da soli è un lusso e ciascuno di noi non esita ad usufruirne.



Poi siamo più specializzati. Questo non aiuta le relazioni.



D' altronde, che facciamo? Diminuire la specializzazione significa impoverirsi.



Alcuni non si fanno intimidire e parlano di decrescita.



Personalmente ho dubbi: se la decrescita non è collettiva genera invidie e tristezza.



E allora che si fa?



Un solo consiglio: mirare in alto. Pensare in grande. Recuperiamo la nostra religiosità. Chi non ha religione se ne inventi una. Difficile tornare ad essere felici senza pensare in grande, senza avere un pensiero sulle cose ultime.



La ricetta presenta un primo vantaggio: non ostacola la creazione di ricchezza. Non devo de-specializzarmi, non devo impoverirmi e tornare al bel tempo che fu.



La ricetta presenta un secondo vantaggio: favorisce la ricchezza. Armati di valori possiamo affrontare il rischio. Una società che sa rischiare si arricchisce.



La ricetta presenta un terzo vantaggio: favorisce la relazionalità. Il nostro pensiero di "cose grandi" riesce a ricomprendere tutti e a farci uscire dall' isolamento delle professioni. Avremo una parola per tutti.



Dire: relazionatevi! è assurdo e improduttivo. Bisogna porre le condizioni per farlo. C' è chi pensa che la condizione migliore consista nel nostro impoverimento. Io penso consista nel recuperare un senso religioso.




lunedì 15 settembre 2014

The Logic of Gilensian Activism

The Logic of Gilensian Activism, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty:



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Meglio adoperarsi per convertire il Centro o la Periferia?

But Gilens doesn't say that American democracy is heavily biased in favor of the interests of the rich; he says that it's heavily biased in favor of the opinions of the rich.  In fact, the opinions of the rich only sporadically differ from the general population's, which is why sophisticated statistics are required to detect the rich's oversize influence.

So contrary to appearances, Gilens' analysis doesn't imply that activism is futile.  The correct inference to draw, rather, is thateffective activism must convert the rich.

sabato 13 settembre 2014

Dio: una favola per bambini ed anziani?

Dio: una favola per bambini ed anziani? | Libertà e Persona:



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Bambini vs. universitari

La caccia alle streghe. Cosa è successo realmente?

La caccia alle streghe. Cosa è successo realmente? | cultura:



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Volontà e dipendenze

Come si giustifica il divieto al commercio della droga?

Per esempio così: l' acquirente soffre di una dipendenza e non è quindi in grado di esprimere la sua reale volontà.

In altri termini: non siamo di fronte a un contratto volontario.

Si tratta di una giustificazione che presenta dei problemi, specialmente per lo strano uso che fa del concetto di "libera volontà".

L' alternativa, più corretta, consiste nel pensare che il drogato non sia altro che un soggetto con una preferenze  estreme.

Tutti noi abbiamo preferenze più o meno estreme, il drogato ha la sua.

In fondo cosa significa essere liberi?

Significa poter scegliere tra due alternative.

La libertà è questo "potere".

Questo "potere" esiste anche quando siamo fortemente condizionati da fattori esterni.

Chi più chi meno, siamo tutti condizionati da fattori esterni.

La cosa non è chiara a molti che confondono "potere" e "prevedibilità".

Costoro pensano che se un comportamento è prevedibile, allora non è libero.

Eppure è prevedibile che io non mi amputi il braccio da qui ad un' ora. Ciò nonostante potrei farlo: se qualcuno mi offrisse in cambio il Paradiso lo farei. In altri termini: il mio comportamento è perfettamente prevedibile ma è anche libero. Quindi prevedibilità e libertà sono cose ben diverse.

Ammettiamo che io dica in modo credibile al drogato: se oggi non ingoi la tua pastiglietta ti consegno un milione di euro.

La mia proposta è sensata?

Direi di sì, direi che anche il drogato più intontito ci pensa due volte di fronte ad una simile alternativa.

In ogni caso, per dire quello che voglio dire, basta che la proposta appaia sensata.

Se la proposta ci appare sensata è perché ammettiamo implicitamente che il drogato possa scegliere un' alternativa alla pastiglia.

Non avrebbe infatti nessun senso che io facessi la stessa proposta ad un robot programmato per assumere la pastiglia: lui non puo' scegliere nessuna alternativa!

Di conseguenza, lo scambio tra drogato e spacciatore è e resta uno scambio volontario.

Cio' non toglie che possa essere proibito, purché si giustifichi in altro modo la proibizione.

Si potrebbe per esempio dire: il drogato agisce in modo volontario ma, conoscendolo, so già che commetterà degli errori, quindi gli impedisco di agire.

E' una giustificazione paternalistica. E' una scelta proibizionistica criticabile finché si vuole ma perlomeno giustificata correttamente dal punto di vista filosofico.

***

Mi viene in mente un' altra frequente confusione filosofica, non so fino a che punto imparentata con la prima. Forse deriva, come la prima, dal fatto che non si ragiona in modo ordinato, non si fanno i passi uno dopo l' altro e si mette invece insieme tutto.

Veniamo al dunque.

Quando si dice che le tasse sono un' estorsione, spesso c' è chi reagisce negandolo.

Purtroppo per costoro non c' è modo di negare l' evidenza: le tasse sono un' estorsione: dammi i tuoi soldi e ti dò questi servizi. O mangi sta minestra o salti dalla finestra. Più estorsione di così!

Bisogna davvero imboccare percorsi labirintici e cervellotici per dimostrare il contrario. Più onesto e pratico adeguarsi all' evidenza.

Cio' non significa che le tasse siano un male. Chi le difende puo' sempre dire che si tratta di un' estorsione giustificata. E fornire le giustificazioni (che spesso sono pù che sensate).

venerdì 12 settembre 2014

Funzione della preghiera


  1. alcune rafforzano la nostra fede e le nostre convinzioni https://www.bigquestionsonline.com/content/what-happens-when-we-pray
  2. alcune ci consentono un esame di coscienza spogliandoci della nostra consueta ipocrisia (pensa a quelle prima della confessione)
  3. alcune ci facilitano l' astensione da ogni azione. Spesso l' astensione è l' opzione migliore ma noi non sappiamo sceglierla. Questo è vero specie in un mondo complesso, fragile e iper specializzato dove ci sentiamo chiamati ad agire ma non sappiamo dove mettere le mani fuori dal nostro campo, ovvero nel 95% dei casi.
  4. alcune hanno fini intercessori. dio interviene nel mondo per modificare il suo piano. lo fa perché la libertà dell'uomo è in grado di sorprenderlo, nemmeno lui era in grado di prevedere tanto amore e un desiderio tanto intenso.
  5. hanno un fine rituale, e quindi con i nove benefici classici del rito, tra cui quello di promuovere la vicinanza fornendo pretesti (pensa alla preghiera detta insieme dopo un litigio: questa vicinanza, anche solo formale, incoraggia una vicinanza reale)
  6. alcune rappresentano un momento di calma, di tranquillità, di riposo, di rigenerazione, di ricreazione; chi svolge missioni intense esalta sempre il momento della preghiera, penso che abbia in mente questa funzione specifica
  7. è giusto pregare per i martiri cristiani? perché privilegiare proprio loro? la mia risposta affermativa si basa su due considerazioni: 1) preferisco mio figlio agli altri bimbi (così come preferisco i miei amici, e gli altri cristiano sono in qualche modo i miei amici) 2) la preghiera intercessoria ha qualche effetto quando è sincera e, attraverso la libertà del fedele, sorprende dio che si sente chiamato ad intervenire nelle cose del mondo (vedi punto precedente).
  8. La fede diminuisce ma la preghiera aumenta: in un mondo secolarizzato le occasioni di dubbio sono molte e la preghiera è un rifugio sempre più richiesto per fare pausa e mente locale


Perchè l'economia criminale non può entrare nel Pil

Perchè l'economia criminale non può entrare nel Pil | Esposito:



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Interessante. Ma non concordo.



Utile comunque per capre il rapporto tra sommerso e criminale.



In genere questi redditi vengono stimati coi consumi, senonché molti consumi (quelli illegali) sono occultati. Si capisce che la stima tramite consumi tralascia gran parte dell' economia criminale.



Utile anche per ripassare il famoso sorpasso del PIL italiano ai danni di quello inglese.



Un passaggio molto problematico:



"... se il “sommerso” potrà venire alla luce del sole con una più efficiente lotta all’evasione e con una legislazione fiscale più semplice, l’economia “criminale”, invece, non potrà mai emergere..." 


Non è del tutto vero. Basta legalizzare gioco, prostituzione, droga... Cosa, del resto, che molti chiedono da tempo. Legalizzare la prostituzione (per esempio) è una scelta politica. Proprio come sarebbe una scelta politica aumentare le tasse. Entrambe sono lì a disposizione del legislatore. E francamente non saprei nemmeno dire quale sia la più immorale.

Secondo punto: l' autore è preoccupato che si inquinino i dati confondendo i creditori.

Secondo me la misura chiarisce invece meglio le idee ai creditori

giovedì 11 settembre 2014

I nostri fratelli extraterrestri

I nostri fratelli extraterrestri ~ CampariedeMaistre:



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Pedagogia

Pedagogia - Wikipedia:



"L'educazione (secondo i modelli teorici elaborati dai pedagogisti) ha tre coordinate:



Il sapere (le conoscenze teoriche).



Il saper fare (le competenze pratiche o abilità).



Il saper essere (modo il cui un individuo mette in campo il saper fare e il saper essere)"



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Qualcuno obbietta: per introdurre a forza il secondo e il terzo punto (specie il terzo) si è ideologizzata la scuola ma soprattutto si è svilito il primo e più fondamentale punto.

Cosa discrimina uomini e animali?

“Ai confini della realtà”. Dire di noi in parole povere, in parole gloriose - YouTube:



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Il linguaggio. Solo gli uomini possiedono una grammatica generativa.



Una gg consente di formulare infinite frasi sulla base dell' ordine in cui disponiamo i termini. In teoria la ricchezza del linguaggio umano, e solo del linguaggio umano, è inesauribile poiché l' ordin di cui sopra è ricorsivo.

La ricorsività (o nidificazione) consente di prendere il frutto di un' elaborazione e rielaborarlo, magari anche attraverso l' algoritmo da cui è scaturito quello stesso frutto.

E' facile vedere come un concetto come "io", oppure "coscienza" sia facilmente rappresentabile attraverso la "nidificazione".

Non tutte le disposizioni sono lecite però, esistono regole (matematiche!) che governano gli incastri e ci dicono quando un incastro è "corretto", e questo al di là se il suo significato sia vero o falso.

Possiamo chiamare queste regole "sintassi".



Ebbene, queste regole sintattiche hanno un correlato nel nostro cervello, si riflettono nella biologia umana che è unica e consente per l' appunto di sviluppare la grammatica generativa di cui sopra.



Oltretutto, l' origine del linguaggio così compreso è misteriosa, i tentativi di darne conto in termini evoluzionistici sono finora falliti http://www.disf.it/files/palmarini-chomsky-origine-linguaggio.pdf

http://journal.frontiersin.org/Journal/10.3389/fpsyg.2014.00401/full



Per approfondire questi temi vedi i libri di Andrea Moro.

mercoledì 10 settembre 2014

The War Against Boys

The War Against Boys: How Misguided Policies are Harming Our Young Men eBook: Christina Hoff Sommers: Amazon.it: Kindle Store:



"As our schools become more feelings-centered, risk-averse, competition-free, and sedentary, they move further and further from the characteristic needs of boys"



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Perché assumere più donne conviene alle aziende

Perché assumere più donne conviene alle aziende (fatturato incluso) | D I S . A M B . I G U A N D O:



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Domanda: si tratta di un pezzo "sessista"?

Tre varianti genetiche spiegano le capacità cognitive

Tre varianti genetiche spiegano le capacità cognitive - Le Scienze:



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... altro passo verso il determinismo genetico

Le virtù dell’ ipocrisia

L’ altro giorno, al ristorante, parlando del più e del meno con Sara, mi è capitato di tessere le lodi dell’ ipocrisia.

Una sua collega poco diplomatica aveva scatenato un putiferio nell’ ambiente lavorativo. Ma perché!? Perché lei non è… non è un’ ipocrita.

Un po’ come quella sgradevole rompi balle dell’ Antonella Elia sull’ Isola dei Famosi.

Da lì è partita la mia apologia di questo “difetto con molte eccezioni virtuose”.

Ecco poi che ieri, navigando qua e là su internet, mi sono imbattuto in una dura condanna dell’ ipocrisia priva di “distinguo” a cura di Padre Giovanni Cavalcoli, Sacerdote e teologo dell’ Ordine dei Domenicani.

Mi sono un po’ indispettito (si fa per dire) ma soprattutto incuriosito.

***

Nel denunciare i vizi dobbiamo essere prudenti, non solo perché rischiamo di non vedere la famosa “la trave” ma anche perché non esiste niente di più pericoloso che pretendere di isolare un vizio e formularne una condanna assoluta.

Recentemente il gesuita Papa Francesco in persona ha condannato risolutamente il dire ipocrita. Tuttavia, un gesuita che condanna l’ ipocrisia è uno spettacolo raro visto che proprio loro ci hanno insegnato per secoli le virtù contenute in questo difetto. Il “simula et dissimula” non è il loro motto solo perché nella scelta del motto ha prevalso… una certa prudenza tipicamente “ipocrita”. Quindi sotto questa condanna qualcosa bolle in pentola, non riesco a prenderla del tutto sul serio.

Ma Padre Giovanni è un Domenicano.

Torniamo quindi a lui, vediamo su quale definizione di ipocrisia si esercita:

… l’ipocrisia è quell’atteggiamento per il quale il soggetto, per ottenere approvazioni od onori dagli onesti, assume all’esterno un modo di pensare o di agire apparentemente onesto, ma internamente, “sotto sotto”, come si suol dire, l’intenzione è cattiva, ingannevole e dannosa nei confronti di quegli stessi onesti. Si tratta dunque di una forma di finzione o simulazione, che si propone di ottenere un successo mondano acquistandosi una fama immeritata di virtù…

Che delusione.

Non ci vuole molto a condannare chi “simula l’ onestà con intenti disonesti”.

Da cosa dovremmo “guardarci” prima di esprimere la nostra disapprovazione verso chiunque si comporti in questo disdicevole modo.

La definizione data da Padre Giovanni Camaldoli è inservibile, non ci aiuta a progredire di un passo.

ipocrisia-3

Prendete invece una definizione più costruttiva e legata all’ etimologia, per esempio questa:

… ipocrita è colui che simula un certo comportamento nascondendo i suoi reali interessi… chi sfrutta le apparenze occultando così la sostanza delle sue intenzioni… chi simula certi comportamenti per ottenere certi scopi che tiene ben nascosti ai terzi… chi agisce in modo torbido coltivando nel suo cuore segreti che non intende condividere col prossimo…

Questa sì che è una definizione neutra.

Con una definizione del genere possiamo esercitarci sul serio e capire cosa c’ è da salvare in questo vizio senza dover concludere banalmente che “chi agisce con intenti disonesti è disonesto e da condannare”.

***

Leggo sul Corriere della sera:

… no alle bici contromano sulle strade italiane… così non si aiutano i ciclisti ma facciamo loro del male… li mettiamo in pericolo…

E via discorrendo.

Da ciclista/automobilista/pedone ho subito drizzato le antenne quando il titolo è comparso sotto i miei occhi.

Seguo la vicenda e so che oggi siamo in un limbo: non si sa bene se sia consentito andare con la bici contromano o sui marciapiedi. In genere si ritiene di no, ad ogni modo un vigile pieno di zelo che ti impartisce un’ umiliante ramanzina lo trovi sempre, e magari trovi pure quello che ti fa la multa (il gettito tasi è stato deludente dalle nostre parti).

Altrove leggo però che il numero di incidenti in cui sono coinvolti ciclisti circolanti contromano è infinitesimale. Praticamente irrilevante se paragonato ai numerosi incidenti che abbattono ciclisti senza macchia ligi a legge e senso di marcia.

Eppure, per mia esperienza, le bici che viaggiano contromano nel centro cittadino sono una marea. D’ altronde, avrebbe davvero poco senso cercare di evadere il traffico con la bici e poi non poter andare contromano per le vie del centro che sono praticamente tutte a senso unico. Seeee, e poi? Dimmi che devo prendere la tangenziale e la facciamo finita.

Quanto ai rischi, anche qui l’ introspezione conferma; dopo una lunga carriera di ciclista urbano, ripenso alle situazioni di pericolo: non me ne viene in mente neanche una in cui percorrevo la strada contromano, eppure ci vado spesso.

Ma perché così pochi incidenti? Perché così pochi rischi?

L’ ipotesi più probabile è che andando contromano il ciclista sia molto più attento e prudente.

E’ un’ ipotesi che mi sento di confermare in pieno: quando imbocco una strada contromano ho gli occhi spalancati (anche dietro) e non di rado procedo a passo d’ uomo. Tutti i miei sensi sono tarati al massimo della ricettività. Difficile che in queste situazioni corra dei pericoli reali. E se la situazione si fa davvero critica… ooop, eccomi sul marciapiede come un pedone qualunque :-).

Per contro, i pedoni investiti sulle ciclabili da ciclisti fischiettanti che procedono con la sicumera di chi crede di potersi permettere una testa fra le nuvole, non si contano. Così come pure i ciclisti integerrimi ribaltati da portiere aperte all’ ultimo momento: la coscienza troppo a posto crea sonnolenza e ritarda i riflessi.

Nulla di nuovo sotto il sole. E’ lo stesso motivo che spiega perché la gran parte degli incidenti automobilistici avviene vicino a casa: quando ci sentiamo più sicuri ci rilassiamo e patatrac.

Ma se le cose stessero davvero così che fare, vietare o no?

Da un lato il divieto produce solo danni: “evita” incidenti che già oggi non ci sono per comprimere comodità notevoli.

Dall’ altro, questo basso numero di incidenti è probabilmente dovuto anche al fatto di ritenere che esista un divieto implicito a certi comportamenti sulla strada e quindi, quando li si adotta, si è molto prudenti.

Da ultimo, qualora si decida di non vietare, ora che la questione è sul tavolo, ci sarà un liberi tutti. Si potrà ritenere che la circolazione contromano sia stata esplicitamente concessa, cosicché il “contromanista” si trasformerà da vigile e furtivo utente della strada in un pericoloso “rilassato” voglioso di rivendicare i suoi risarcimenti) al primo incidente o i suoi diritti al primo automobilista che “stringe”.

cicli contro

In queste condizioni, qual è la soluzione ottima per il bene della comunità?

Solo una: l’ ipocrisia.

Si vieta in teoria ma si chiude un occhio di fatto. Si minaccia al Ministero ma non si punisce sulla strada.

Il ciclista continua a fare quello che faceva prima, impaurito – e quindi prudente - come prima. Lo farà perché capirà presto che di fatto nessuno glielo impedisce, d’ altronde saprà di essere formalmente in torto marcio, senza contare le responsabilità al minimo inconveniente.

Solo questa soluzione “ipocrita” crea quell’ ambiguità necessaria a minimizzare i rischi conservando le comodità.

Sono le virtù dell’ ipocrisia, baby.

Nell’ ipocrisia rientra anche il fatto che nessuno dovrà mai accennare che si è scelta questa via, ovvero la via ottima per il bene comune. Se la cosa trapelasse verrebbe presa come un’ “autorizzazione esplicita” e tutti i benefici sparirebbero.

Bisognerà che il politico “simuli”, che sbandieri altre intenzioni ben sapendo che in realtà si è affidato alle “virtù dell’ ipocrisia”.

Diciamo che il consiglio dei Ministri chiamato a queste scelte sarebbe meglio non trasmetterlo in streaming. Con buona pace di Grillo.

Ma forse… forse a pensarci bene nemmeno è necessario. Un ministro “ipocrita dentro” (tra i politici non manca la materia prima e forse proprio Lupi fa il caso nostro) magari crederà lui stesso in prima persona nella simulazione che dovrà inscenare. Tanto meglio, ci guadagniamo in credibilità. Oltretutto, miracolo, un ministro così pronto all’ autoinganno cesserà automaticamente di essere un ipocrita: mica mente, mica edulcora un tipo così. Ma qui andiamo a tutta velocità verso l’ essenza della politica, meglio fermarsi, mi gira la testa.

*** continua (forse)***

I prossimi due capitoli:

1) Perché l’ Onda Verde deve essere ipocrita per ottimizzare la circolazione del traffico sulle strade italiane?

2) Perché il contrasto nella Chiesa tra Fondamentalisti e Tradizionalisti  puo’ essere ricondotto ad un contrasto sul valore dell’ ipocrisia?

 

 

 

martedì 9 settembre 2014

Social Desirability Bias

Social Desirability Bias: How Psych Can Salvage Econo-Cynicism, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty:



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Georgismo

Secondo i "georgisti" il captalismo non presenta problemi morali salvo il fatto che non sappiamo se la distribuzione delle risorse naturali (essenzialmente la terra) all' inizio del "gioco del libero mercato" fossero eque. Siccome possiamo presumere un' equità, vale la pena di tassare i fortunati a tutto vantaggio degli sfortunati.

Obiezioni:

1) se la responsabilità è individuale, come individuare vittime e carnefici?

2) il valore originale della terra rispetto al suo valore attuale è infinitesimale, non copre un' eventuale tassazione.

3) ammettiamo pure di non considerare il valore originario ma il valore attuale; dove la terra vale molto? Dove ci consente di stare vicino a persone che promuovono gli scambi. Ma allora questo valore è da imputare a queste persone, che probabilmente sono anche le più ricche: un disoccupato, per esempio, contribuisce ben poco agli scambi. Anche accettando per amore di conversazione talune forzature proposte dai georgisti, basta mantenere fermo il principio per cui "il valore và a chi lo produce" e difficilmente una tassa sulla terra beneficierebbe le persone indicate dai georgisti.

 http://www.cato-unbound.org/2014/08/28/michael-huemer/more-about-georgism-land-taxes

lunedì 8 settembre 2014

The Basic Income and the Welfare State

August 2014: The Basic Income and the Welfare State | Cato Unbound:



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Dubbio filosofico: è giusto?

Dubbio pratico: quanto disincentiva il lavoro?

Dubbio pragmatico: è fattibile?

Dubbio di fondo: fa scattare la trappola della povertà?


Nel mondo dei suoni

Avevo iniziato a scrivere questo post ma poi mi sono stufato e l' ho piantato a metà. Forse la materia si è allargata un po' troppo e francamente ora non ho voglia di fare quello sforzo intellettuale necessario per riannnodare i fili. Pazienza, forse domani... per ora posto ugualmente i lavori in corso.

***

Sono convinto che un’ autentica esperienza musicale sia qualcosa di raccomandabile: oltre ad arrecare piacere, contribuisce all’ edificazione spirituale della persona e al rafforzamento delle sue convinzioni più profonde. 

Anche per questo sarebbe auspicabile che un giovane sia messo nelle condizioni più propizie per dedicarsi a 

Tuttavia, sono anche convinto di esprimere un’ idea eccentrica, l' introduzione alla musica si compie quasi sempre su altre basi. 

Mi spiego meglio.

Introdurre alla musica significa essenzialmente accompagnare per mano il neofita nel mondo dei suoni, senonché esistono concezioni molto diverse di cosa sia un suono.

Una semplice domanda spesso utilizzata da chi approfondisce queste faccende è già in grado di discriminare tra impostazioni radicalmente diverse: si puo’ introdurre una persona sorda nel mondo dei suoni?

Il buon senso ci dice di no ma secondo alcuni parrebbe invece di sì.

La risposta, evidentemente, dipende dalla concezione che si ha del suono e da questa concezione dipendono poi molte altre cose. 

Chi risponde affermativamente ritiene che per capire cosa sia un suono basta descrivere come viene prodotto. 

A questo punto si cominciano a menzionare oggetti vibranti, onde,  frequenze, meccanismi di trasmissione nell’ etere, orecchi con relativa dotazione di timpani, membrane e quant' altro. 

Per chi predilige questa impostazione il suono è semplicemente la proprietà che hanno alcuni oggetti di produrlo allorché opportunamente trattati.

Le azioni necessarie per produrre un suono possono essere puntigliosamente descritte e anche una persona sorda (ma intelligente) puo’ comprenderle abbastanza bene. Tutto puo’ essere anche visualizzato ed esemplificato, e questo senz’ altro aiuta. Insomma, col sordo si puo' fare di tutto tranne che ascoltare, cosicché divnta difficile dire se una persona del genere possa mai essere realmente "introdotto nel mondo dei suoni". In effetti a questa trafila sembrerebbe mancare qualcosa di fondamentale.

Eppure, considerare il suono come una semplice proprietà degli "oggetti risonanti” sembra entusiasmare molti. Perché?

Fateci caso. Cosa domina in questa visione? 

Oggetti, aria, membrane… La materialità sembra farla da padrona nel resoconto "produttivista", e forse proprio questo piace tanto all’ uomo moderno che si sente come rassicurato e à la page dalla precisione e dalla concretezza "scientifica", per quanto arida possa essere.

L' evoluzionista, per esempio, guarda volentieri ai suoni in questa ottica: l’ uomo primitivo era abile nel risalire dai suoni alle fonti, per lui l' identificazione delle fonti era fondamentale, una questione di vita e di morte: le foglie del bosco schiacciate in una certa maniera producevano un suono che indicava l’ avvicinarsi dell’ orso da fuggire. Questa enfasi sui meccanismi di produzione sonora rende il suono in se stesso un epifenomeno trascurabile, quel che conta è la "fonte" e la sua identificazione.

Peccato che una descrizione del suono in questi termini, oltre che arida, sia anche lacunosa e insoddisfacente nel momento in cui pretende, contro il senso comune, che anche il bambino sordo possa comprendere appieno la musica.

Ma allora qual è l’ alternativa?

Per capirlo bisogna pensare meglio dove l' impostazione "produttivista" forza la mano. 

In poche parole, essa identifica indebitamente il suono con le fonti sonore, il prodotto finito con il processo di produzione. Una volta descritti i processi per produrlo, si pensa di aver dato conto del suono, di aver fornito gli elemeti necessari per comprenderlo. Per questo motivo ho voluto chiamare questa visione "approccio produttivista".

Ma il suono, forse, è qualcosa di diverso, qualcosa di concepibile come a se stante, sebbene, nessuno lo nega, per esistere sia necessario che venga prodotto in qualche modo.

Questa confusione genera il paradosso del bambino sordo perfettamente consapevole della musica che non ascolta.

Fateci caso, in teoria anche un sordo sarebbe in grado di suonare uno strumento, persino di comporre una musica valida. Ma se è solo per questo anche un computer potrebbe in teoria suonare e comporre (cominciano in effetti a comparire prototipi in grado di superare il test di Turing relativo). D'altro canto, un computer non puo' ascoltare musica, proprio come il sordo. E' per questo motivo che chi non aderisce all' ideologia produttivista ritiene estremamente problematico introdurre alla musica sia il computer (per quanto intelligente) che il sordo (per quanto intelligente). 

Ma proviamo allora ad evitare le forzature commesse dall' impostazione produttivista, proviamo ad essere più rigorosi, vediamo dove il rigore ci conduce e forse scopriremo anche perché si è tanto riluttanti a seguirlo.

L' alternativa migliore consiste nel considerare il suono un fenomeno (puro evento), ovvero qualcosa che noi possiamo anche descrivere parlando delle cause che lo hanno generato ma per comprenderlo appieno doppiamo necessariamente sperimentarlo.

Quando siete a tavola, provate a spiegare cosa si prova degustando il "dolce" ad una persona molto arguta che però non puo' sentire i sapori.

Il bambino sordo non puo’ comprendere i suoni perché puo’ comprenderne solo la descrizione. Ma se è vero che i suoni sono innanzitutto dei fenomeni, la loro comprensione implica sperimentazione diretta, attività preclusa al bambino sordo.

Ho quindi distinto il suono/oggetto dal suono/fenomeno, poiché solo quest’ ultima formula è rigorosa.

Non si puo’ dar conto di un fenomeno senza ricomprendere nel resoconto il soggetto che lo percepisce.

Non si puo’ dire cosa sia un suono senza far rientrare nel resoconto l’ orecchio che lo percepisce.

Nell' impostazione alternativa, quindi, l' orecchio in ascolto è più importante sia della mano che batte, pizzica o pigia, sia della bocca che soffia.

In realtà parlare di “orecchio” non basta. Se lo scenario fosse popolato solo di orecchi, mani e bocche avremmo in scena una serie di oggetti che interagiscono tra loro, e saremmo punto e a capo.

Per uscire dal circolo vizioso occorre che all’ altro capo della relazione ci sia una mente in grado di fare esperienze.

Si tratta di esperienze necessariamente solipsiste, ovvero non comunicabili, anche se possiamo supporre che l' esperienza di coloro a cui ragionevolmente attribuiamo una mente simile alla nostra, somigli in qualche modo alla nostra.

Ma forse parlare di mente è ancora poco, molti potrebbero avere una concezione fisicalista della mente, potrebbero pensare che i processi mentali siano descrivibili, io direi allora che occorre una coscienza. E per chi ritiene che anche la coscienza dell' uomo sia riducibile a descrizioni fedeli, è allora necessario parlare di spirito: per introdurre alla musica l' elemento centrale è lo spirito dell' ascoltatore.

Al cosiddetto "approccio produttivista" si contrappone quindi il cosiddetto "approccio spiritualista".

Riepilogo: noi capiamo cosa sia un suono, non attraverso una descrizione rigorosa dello stesso, ma mettendo al centro chi è in grado di capirlo. Solo mettendo al centro CHI capisce la COSA riusciamo a capirla noi stessi. 

In altri termini, il suono è quel fenomeno prodotto da certe reazioni ben descritte dalla scienza acustica che puo’ essere compreso fino in fondo solo da una persona che ne fa un' esperienza diretta e solipsista, ovvero non comunicabile.

E allora diventa chiaro che perché il mondo dei suoni ha un senso necessariamente amputato per i bambini sordi che non potranno mai farne un' esperienza solipsista, pur potendo accedere a tutte le descrizioni più accurate in merito.

Ora diventa chiaro anche perché la via dettata dal senso comune, la via più rigorosa, chiara e priva di paradossi sia minoritaria: perché implica concetti quali quello di “introspezione”, "coscienza", “spirito” che sono come fumo negli occhi per molti uomini del nostro tempo in grado di tollerare a malapena il concetto di "orecchio".  

D’ altro canto, spero, comincia a diventare meno improbabile la mia affermazione iniziale: “… un’ autentica esperienza musicale… contribuisce all’ edificazione spirituale dell’ uomo…”.


Se i suoni, e quindi la musica, sono così intimamente connessi con la mente umana, e quindi con lo spirito dell’ ascoltatore, diventa più plausibile che agendo opportunamente sui suoni si possa agire in modo edificante e consolante anche sullo spirito di chi ascolta.

***
Dopo aver chiarito come intendere il "suono" possiamo ora dedicarci alla musica e al suo significato.

Così come il suono è cio' che sente chi ascolta un suono, il significato della musica è cio' che comprende chi capisce una musica. Ma cosa significa capire la musica?

La musica ordina i suoni come il linguaggio naturale ordina le parole e i concetti ma l' analogia non puo' protrarsi molto oltre. 

Una persona dimostra di comprendere una parola del linguaggio naturale utilizzandola correttamente ma per la musica vale qualcosa del genere?

Il "produttivista" risponde affermativamente ma lo "spiritualista" è molto più prudente: suonare correttamente un brano musicale - cosa alla portata di sordi e computer, tanto per dire - non è garanzia di comprensione dello stesso così come, d' altro canto, una musica puo' essere compresa da chi l' ascolta senza essere in grado di riprodurla. Anzi, questo è il caso più comune.

Chi parla in modo goffo, meccanico e autistico puo' tuttavia comprendere benissimo il significato di cio' che dice mentre chi esegue volontariamente l' Adagio di Barber in modo goffo, meccanico e autistico, pur potendo fare altrimenti, non ha capito niente della musica che interpreta.

C' è chi pensa allora che comprendere la musica sia piuttosto assimilabile alla comprensione della mimica facciale dei nostri interlocutori. Non c' è dubbio infatti che è soprattutto attraverso questo espediente che noi diamo una coloritura espressiva alle frasi che pronunciamo. 

In questo caso il parallelo regge senz' altro meglio. In effetti, per comprendere la mimica facciale del nostro interlocutore non è importante saperla riprodurre autonomamente. Perché mai un abile ritrattisti dovrebbe essere particolarmente abile nel dominare la sua mimica facciale?

Tuttavia anche questo parallelo rischia di essere incompleto, tanto è vero che non si vede perché un "produttivista" non possa farlo suo. Cosa impedisce, infatti, che attraverso una descrizione accurata della mimica facciale si possa poi redigere un dizionario analitico delle emozioni? Molta psicologia si dedica proprio a questo compito, e con successo! Ma se la sua descrizione analitica esaurisce la comprensione dell' emozione, allora siamo in pieno approccio "produttivista". 

Noi comprendiamo la mimica facciale del nostro interlocutore solo se riusciamo a metterci nei suoi panni, solo se in noi esiste un' esperienza in qualche modo simile a quella che lui intende comunicarci. Per comprendere la sua mimica facciale dobbiamo necessariamente fare appello alla nostra vita interiore, in particolare isolando in modo non arbitrario quelle esperienze vissute in cui abbiamo potuto vivere a fondo delle emozioni quanto più simili a quelle che ora lui tenta di esprimere. Solo in questo caso c' è autentica comprensione della mimica facciale.

E per la musica è un po' lo stesso, in essa l' artista rappresenta alcune emozioni ed esiste un solo modo per comprenderle:  fare appello alla nostra vita interiore isolando in modo non arbitrario l' esperienza personale che ci ha regalato emozioni in qualche modo assimilabili. E' solo con un riferimento all' esperienza personale, quindi, che si comprende la musica; attenzione però, non dico che l' esperienza concreta debba apparire in modo chiaro alla nostra immaginazione di ascoltatori, la musica non deve necessariamente rinviare a fatti concreti della nostra vita, il centro di tutto è l' emozione e solo quella, ma noi, per quanto detto prima, sappiamo che non possiamo conoscere cosa sia quell' emozione se non l' abbiamo esperita direttamente e in modo solipsistico.

Ora dovrebbe essere ancora più chiaro quanto sostenevo all' inizio: “… un’ autentica esperienza musicale… contribuisce all’ edificazione spirituale dell’ uomo…”: se la musica rinvia alle emozioni personalmente vissute, è chiaro che una grande musica evocherà in modo appropriato i frutti interiori più preziosi della vita vissuta riproponendoli in modo vivido alla nostra meditazione. La bellezza stessa non è tanto un attributo dell' opera quanto qualcosa che emerge da questa esperienza interiore che l' opera suscita. Ma queste sono anche le condizioni ideali per edificare il proprio Spirito e rafforzare le proprie convinzioni morali più autentiche.

***
Il "produttivista" si oppone risoluto a conclusioni simili e cerca vie alternative. Quella "formalista", per esempio, gli sembra di gran lunga preferibile. Vediamo di che si tratta.

Per il formalista anche solo l' espressione "comprendere la musica" è quantomeno problematica. La musica ha davvero un senso da comprendere?

Probabilmente no, pensa il formalista. Non siamo affatto autorizzati a trattarla come la metafora di qualcosa, e soprattutto non dobbiamo coinvolgere la vita interiore di chi ha a che fare con i suoni: quando l' interiorità ha il sopravvento tutto si fa oscuro e incomprensibile.

La musica non puo' essere una metafora di qualcos' altro poiché si riferisce solo a se stessa.

Ma cosa significa un' affermazione del genere? Cosa significa affermare che la musica si riferisce solo a se stessa? Cosa significa affermare in modo perentorio l' autonomia della musica?

Eduard Hanslick, il padre nobile del formalismo, sosteneva che la musica è mera forma resa attraverso i suoni. L' architettura musicale e le varie dinamiche strumentali sono le uniche cose che siamo autorizzati a comprendere quando ascoltiamo della musica. 

Coerente con questa impostazione EH ci parla delle musiche utilizzando proprio la metafora architettonica e dinamica. Ma qui cade in contraddizione poiché egli stesso fa un uso insistito di metafore, ovvero di uno strumento appena condannato. Anche per descrivere una mera forma musicale, infatti, si fa uso di metafore! Dire che la musica  sale, scende o accelera, è solo una metafora, in realtà i suoni non fanno niente di tutto cio'.

Il formalista ci chiede di attenerci strettamente al dettato musicale, alla materia dello spartito senza rendersi conto che anche il gergo musicale più stretto è solo una comprensione metaforica di quanto accade. Se proprio vogliamo ridurre la mediazione metaforica non è tanto al musicista che dovremmo rivolgerci quanto al fisico, ma questo è palesemente assurdo.

Nemmeno il formalista, quindi, riesce a fare a meno delle metafore quando comprende la musica. Ma se il formalismo è un utopia, se la metafora è necessariamente sdoganata, tanto vale evitare quelle più sterili, ricorriamo piuttosto a quelle più pregnanti e più in grado di descrivere con pertinenza cio' che vive l' ascoltatore cosciente, anche a costo di rischiare di più in termini di arbitrio.

I formalisti moderni si sono accorti delle contraddizioni dei padri nobili e hanno dovuto giocoforza radicalizzare il loro approccio per poter tenerlo in piedi. 

Per loro, oggi, fare musica equivale a giocare. Del resto in inglese "suonare" e "giocare2 sono la stessa cosa.

Per i formalisti ludici la musica non ci comunica nulla di significativo, la musica è completamente svuotata da ogni metafora, è solo una mera "sintassi sonora" dotata di regole con cui gioca chi ascolta e chi suona. 

Ti annoi? Puoi riempire un cruciverba. Ti annoi ancora? Puoi compilare un sudoko. Il tedio ti assale? Puoi risolvere un rebus... Oppure, in alternativa, puoi pur sempre ascoltare/suonare della musica. In fondo si tratta di attività succedanee le une alle altre, tutte a disposizione del nostro piacere.

Allo "spiritualista" questa visione sembra davvero miserella. 

Come dicevamo, lo "spiritualista" ritiene che la musica possa essere anche compresa. Che la comprensione sia una facoltà autonoma e indipendente. Contro il "produttivista2 ritiene che sia una facoltà scollegata dall' abilità nel riprodurre correttamente i suoni. Contro il formalista ludico ritiene che sia una facoltà scollegata dalla capacità di trarre un mero piacere dai suoni a cui si è esposti.

La visione del formalista ludico però è particolarmente insidiosa poiché il gioco è la specialità dei bambini e l' introduzione alla musica riguarda per lo più proprio loro.

La visione del formalista ludico attrae il formatore poiché grazie al mero gioco riesce ad interagire più facilmente con il discente. 

In un certo senso giocare con la musica costituisce una tappa obbligata per chiunque voglia iniziare il bambino al mondo dei suoni. Il fatto preoccupante è che per la maggioranza dei formatori non esistono tappe ulteriori. 

Per i formatori "ludico/produttivisti" l' evoluzione del discente è molto semplice: costui passa dall' essere un giocatore approssimativo all' essere un giocatore particolarmente abile. Fine. 



***
Appunto: parlando di formazione riprendi le 5 fasi del gioco abbinando a ciascuna un aspetto su cui insistere per una corretta formazione all' ascolto musicale...

giochi di ripetizione
giochi di ruolo
giochi di regole
giochi di scoperta (di regole)
giochi di metafora (sulle regole scoperte)
...


musica

L' asimmetria tra etica ed estetica

1) Ascoltata l' episodio biblico che narra il fratricidio di Caino concludiamo che Caino ha torto.

2) Ascoltato l' Adagio di Samuel Barber concludiamo che è bello.

3) Richiesti di giustificare il primo giudizio diciamo: "penso che esista un principio etico per cui non è consentito uccidere un innocente, quindi Caino ha torto".

4) Richiesti di giustificare il secondo giudizio diciamo: "penso che esista un principio estetico per cui disporre i suoni in quel modo è corretto, quindi l' Adagio di Barber è bello".

5) Se le giustificazioni 3) e 4) fossero entrambe conformi al senso comune, allora tra etica ed estetica esisterebbe una simmetria conforme al senso comune e sarebbe giustificata una meta-etica e una meta-estetica omogenee dal punto di vista filosofico.

6) Penso però che la giustificazione espressa in 4) non sia conforme al senso comune. Sarebbe più plausibile dire: "l' Adagio di Barber riesce ad evocare in chi lo ascolta emozioni nobili e autentiche, per questo è bello".

7) Se davvero il giudizio estetico espresso in 6) fosse conforme al senso comune quanto il giudizio etico espresso in 3), allora tra etica ed estetica si produrrebbe un' asimmetria: il giudizio etico è giustificato dalla ragione facendo appello ad un principio intuito grazie alle nostre facoltà intellettuali. Il giudizio estetico è giudicato grazie ad un' esperienza nella quale sperimentiamo emozioni (o la memoria di emozioni) autentiche.

8) Se le cose stanno come detto in 7), allora occorre una meta-etica cognitiva (realista) e una meta-estetica non-cognitiva (anti-realista).

9) Prima possibile obiezione: anche il giudizio etico puo' essere in realtà giustificato da un sentimento di ripugnanza: la figura di Caino ci ripugna e noi lo condanniamo.

10) Risposta alla prima possibile obiezione: avremmo condannato fermamente Caino anche se l' avessimo chiamato "A" e inserito in una storia asettica che non suscita ripugnanza, in cui magari si uccide premendo un bottone. In questo caso il sentimento di ripugnanza difficilmente avrebbe influenzato il nostro giudizio.

11) Concessione alla prima possibile obiezione: non si puo' negare che il sentimento di ripugnanza abbia un ruolo in taluni giudizi etici. In questo senso l' etica puo' essere vista come divisa in due: principi di base (cognitivi) e limiti ai principi + precetti secondari (non cognitiva). Deontologia e virtuismo possono convivere e forse questa distinzione è la base della laicità.

12) Seconda possibile obiezione: il giudizio espresso in 4) non è poi così difforme rispetto al senso comune. Il formalismo in fondo esprime giudizi di questo tenore.

13) Risposta alla possibile seconda obiezione: se accettassimo 4) per giudicare l' opera basterebbe descriverla anziché sperimentarla. Esempio, se leggessi i primi undici suoni di una serie dodecafonica potrei anche concludere che manca il do diesis per completare la serie, allo stesso modo se ascoltassi quella serie suonata potrei dire che un do diesis finale completerebbe bene la frase. Ma il primo giudizio (grammaticale) non equivale al secondo (estetico). Il primo puo' essere fatto sulla carta, il secondo deve nascere da un' esperienza di ascolto.

13) Conclusione: l' etica predilige una filosofia realista, l' estetica predilige una filosofia anti-realista.

sabato 6 settembre 2014

Per una teoria estetica anti-realista

Realismo o anti-realismo?

Premessa: entrambe le posizioni si sposano con l' oggettivismo.

E' anche vero che oggettivismo e realismo è l' accoppiata vincente: se un' opera mi appare bella allora la sua bellezza è qualcosa di reale che posso descrivere. Se un' azione mi pare buona, allora la sua bontà è qualcosa di reale che possono descrivere.

In realtà, però, il parallelo tra arte ed etica è problematico: l' oggetto dell' etica sono i valori umani. Assumendo il principio della "fallacia naturalistica", non ci sono altre discipline con il medesimo oggetto. L' arte si occupa delle emozioni umane. Anche la psicologia si occupa delle emozioni umane descrivendole puntualmente.

L' arte deve quindi differenziarsi da approcci concorrenti al medesimo oggetto, esigenza che l' etica non ha. Lo fa rinunciando alla "descrizione" in favore dell' "espressione". L' espressione ci parla di cio' che sfugge alla psicologia e a qualsiasi approccio descrittivo. L' espressione fa appello a un' esperienza interiore di emozioni da condividere con l' artista: il sentimento della bellezza emerge quindi dentro di noi (anti-realismo) da questa condivisione sincera. Essendo un' esperienza cessa di essere un attributo dell' opera d' arte.


venerdì 5 settembre 2014

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Musica e solipsismo

Nel linguaggio la vaghezza ha anche una doppia funzione positiva 1) sviluppare conoscenza comune (gli esempi non mancano) e 2) far cooperare più soggetti alla ricerca di verità.

La musica è un linguaggio vago che 1) ci unisce e 2) ci dice chi siamo realmente. Comunità e Verità.

Ma come possono essere legati verità e vaghezza? Attraverso la comunione per simpatia tra autore e ascoltatore.

Un esempio banale per farsi un' idea: se due soggetti guardano un oggetto blu diranno di vedere entrambi un oggetto blu, ma come possono essere sicuri di intendere per "blu" la stessa cosa? In altri termini, come possono essere sicuri di provare la stessa sensazione di fronte ad un oggetto blu? Non esiste questa garanzia, puo' darsi che di fronte a quell' oggetto il primo soggetto provi le stesse sensazioni che il secondo soggetto prova rispetto ad un oggetto giallo. L' equivoco di fondo è sempre possibile poiché le convenzioni linguistiche sono impotenti nell' affrontarlo, non esistono parole precise per esprimere l' esperienza del guardare un oggetto blu, e se questo vale per i colori, gusti e suoni, vale ancora di più per le emozioni e i valori. La nostra conoscenza più importante è di tipo "solipsistico". L' intuizione è al centro di tutto e la musica lavora proprio sull' intuizione interiore di chi è chiamato a comprenderla.

La musica (e l' arte in generale) cerca in ultima analisi di colmare il nostro solipsismo, di diminuire le probabilità di equivoco con l' altro. L' arte crea una simpatia tra noi e l' autore riducendo gli equivoci a cui è sempre esposto il resoconto dell' esperienza interiore. Comunità e verità, quindi.

lunedì 1 settembre 2014

Come uscirne

La crisi di bilancio stronca l' economia dell' Occidente, e con l' invecchiamento della popolazione andrà sempre peggio. Siccome sembra che al welfare non s' intenda rinunciare e siccome "tagliare gli sprechi", "vendere il patriomonio e "tassare i ricchi" sono manovre del tutto insufficienti, ecco un' alternativa, o meglio, un aggiunta:

1) far pagare i servizi a chi puo' permetterselo (ISEE a tutto campo), a cominciare da scuola e sanità.

E' vero, cio' crea un impoverimento generalizzato ma che è comunque compensabile grazie a globalizzazione e nuove tecnologie. In altri termini, alla stagnazione dei salari reali (w\p) rispondere agendo su p. Il low cost è una realtà in espansione: viaggi, mobili, case e consumi vari si possono realizzare anche grazie a low cost sempre più aggressivi.

Funzioni del rito


  1. fissa dei punti focali alla Shelling (convenzioni neutre ma utili); producono conoscenza comune, un bene indispensabile al coordinamento sociale;
  2. raccoglie la sapienza di una moltitudine di menti, essenziale in un mondo complesso (tradizione hayekiana)
  3. esercita alla ripetizione rafforzando il classico vantaggio evolutivo dell' uomo sugli altri animali (trasmissione culturale) vedi il lavoro di Joseph Heinrich
  4. crea un mondo apparente e spesso l' apparenza basta alla nostra felicità, o comunque costituisce una buona premessa.
  5. è un modo per produrre sincerità nell' adesione al gruppo. Una specie di macchina della verità in assenza di meglio.
  6. rafforza l' adesione al gruppo.
  7. promuove la vicinanza stornando l' imbarazzo: pensa ai funerali o alle preghiere dette insieme dopo un litigio.
  8. crea una passività attiva laddove l' inazione è la soluzione migliore.
  9. fissa i canoni della bellezza e consente ad ogni membro di esperirla di persona.
  10. Coetzee in "vergogna": "Non c’è niente di male nei rituali, sono stati inventati per facilitare i passaggi imbarazzanti"--
  11. Il rito coordina e crea conoscenza profonda nell'affermazione dei valori. Inoltre, l'energia emozionale si amplifica quando facciamo tutti e tutti assieme la stessa cosa. robin hanson the age of em