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martedì 17 luglio 2018

L’ANALFABETISMO FUNZINALE NON E’ UN GUAIO

L’ANALFABETISMO FUNZINALE NON E’ UN GUAIO
Gli insegnanti di materie inutili (praticamente tutti) amano dire che loro “insegnano a pensare”, purtroppo l’evidenza che qualcosa del genere esista è sfuggita ad un secolo di ricerche serrate nell’ambito della psicologia educativa. a quanto pare non si impara a pensare, si impara una materia; l’insegnamento è essenzialmente un passaggio di informazioni. Chi studia geografia non riceve benefici dal fatto di aver studiato con profitto il latino, così come chi studia la storia non ne ha dal fatto di aver studiato lettere o musica: i saperi sono più specifici di quanto venga intuitivo pensare, se studi una cosa impari quella cosa senza che contemporaneamente si formino in te delle abilità valorizzabili altrove (magari nella vita), come per esempio l’attitudine a “pensare bene”.
La notizia deluderà qualche insegnante ma incoraggia noi inguaribili ottimisti che regolarmente leggiamo sui media come quasi un terzo degli italiani appartenga alla categoria degli “analfabeti funzionali”, molti non saprebbero nemmeno interpretare una guida TV! A prima vista ci viene da pensare a costoro come a gente nemmeno in grado di procacciarsi un mestiere ma dopo quanto detto nel primo paragrafo sappiamo che questa considerazione è fallace: la mancanza di competenze generali non implica affatto la mancanza di competenze specifiche. E infatti gli italiani, analfabeti funzionali compresi, svolgono un ampia gamma di lavori e lo fanno in genere molto bene. Ma come fanno (nella loro condizione)? Si specializzano e si impratichiscono, semplice: anche chi è stupido in generale puo' essere molto ferrato nello specifico. Ieri mi sono stati montati degli infissi basculanti, gli operai impegnati in quest’opera tutt’altro che banale l’hanno portata a termine con perizia e in pochissimo tempo, si sono dimostrati estremamente competenti anche se non escludo affatto che siano nel novero degli analfabeti funzionali a tutto tondo. Ogni volta che guardo i miei infissi montati a regola d'arte mi dico: certo, se quegli operai sapessero anche leggere e comprendere al volo una pagina gaddiana sarebbe il massimo, ma in fondo va bene anche così.
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Educators and educational psychologists recognize transfer of learning as perhaps the most significant issue in all fields of instruction. Transfer of learning cuts across all educational domains, curricula, and methods. Despite its importance, research and experience clearly show that significan...

sabato 19 maggio 2018

L’ULTIMA SPIAGGIA

L’ULTIMA SPIAGGIA
Quando si tocca con mano l’abisso tra cio’ che si insegna nella scuola/università e cio’ che serve sul lavoro, chi ancora non intende accettare il divorzio tra queste due realtà di solito si rifugia su un’ultima spiaggia:
L’ultima spiaggia dei professori: “… ma la scuola/università non ha il compito di riempire le teste, quanto piuttosto di formarle, di insegnare a pensare…”.
L’ultima spiaggia della persona comune: “…la scuola/università è innanzitutto un esercizio di lacrime e sangue, ti insegna la disciplina anche quando di fatto non hai imparato nulla di utile…”.
La psicologia dell’apprendimento, dopo oltre un secolo di studi, ha sgomberato queste “ultime spiagge” dove molti hanno cercato rifugio.
Why we need to stop wasting public funds on educationDespite being immensely popular--and immensely lucrative—education is grossly overrated. In this explosive…
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sabato 10 marzo 2018

Ragionamento localizzato

Se un soggetto ragiona bene in filosofia ciò significa che ragionerá bene anche in geometria, in politica, in geografia, in musica, in economia...?
Dopo 100 anni di dibattito gli psicologi sono scettici: non esiste un'abilità generica di ragionare. Le competenze cognitive sono specifiche... purtroppo la pesunzione no.
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Philosophers usually emphasize the importance of logic, clarity and reason. Therefore when they address political issues they will usually inject a dose of rationality in these discussions, right?Wrong. This book gives a lot of examples showing the unexpected…
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giovedì 7 aprile 2011

Lo scacchista beota

... "Brain Age" della Nintendo è un software creato per migliorare le "prestazioni del vostro cervello" e preservarlo dall' inevitabile "indebolimento" dovuto all' età anagrafica... L' industria del "brain training" fiorisce anno dopo anno... forse perchè è credenza diffusa che le prestazioni del cervello umano possano essere migliorate in modo importante... e in effetti, dopo parecchie partite di Sudoku, faccio un esempio, constaterete che la vostra capacità di risolvere l' ennesimo Sudoku che vi sarà sottoposto, risulterà drammaticamente innalzata... ma la meta del "brain training" è molto più ambiziosa: così come non vi esercitate con i pesi della palestra solo per alzare pesi sempre maggiori, non vi dedicherete ai rompicapo solo per saper risolvere rompicapo sempre più difficili... vorrete piuttosto migliorare la vostra capacità di "pensare" e di "ricordare" in generale... due facoltà che trovano poi largo impiego nella vita di tutti i giorni... purtroppo la sperimentazione scientifica non è in grado di confortare ambizioni del genere: i miglioramenti riscontrati dopo un duro allenamento condotto su taluni rompicapo sono limitati alla risoluzione di quel compito specifico o di altri poco dissimili (narrow transfer)... è quasi impossibile trasferire queste abilità altrove... la facoltà di "pensare" e "memorizzare" non ne esce affatto "migliorata in generale"... Sudoku, video games, scacchi, musica, latino, cruciverba, matematica... sono attività che richiedono un grande impegno cognitivo e mnemonico, sono attività in cui con l' esercizio costante è possibile migliorare molto... fino a perseguire... risultati talvolta sorprendenti in termini di padronanza della materia... tuttavia, qualora il soggetto divenuto "maestro" nel suo campo si ritrovi ad operare in un dominio diverso, sarà nelle condizioni di dover cominciare praticamente tutto daccapo senza particolari vantaggi rispetto al neofita... essere un esperto scacchista non fa di te un ragionatore particolarmente abile in altri campi... cio' non toglie che agli scacchi, probabilmente, si dedicheranno persone con abilità cognitive superiori alla media... ma questo è un altro discorso: sfatata l' "illusione della potenza" cognitiva e del "transfer learning", vediamo di non ricadere nella più comune "illusione della causa" che confonde queste ultime con le semplici correlazioni... eppure, qualche suggerimento a chi vuole migliorare le prestazioni si puo' sempre dare... Se oggi so che domani sarà una giornata impegnativa in cui dovrò affrontare problemi che metteranno alla prova le mie facoltà cognitive, come posso prepararmi al meglio?... qualora non sappia a priori il tipo di sforzo specifico che mi verrà richiesto, il miglior modo per "allenare" il cervello consiste nell' allenarlo fisicamente (corsa, nuoto, marcia...)... mens sana in corpore sano... in fondo lo slogan della Nintento, "Il vostro cervello è un muscolo e va tenuto in allenamento", non è poi così fuorviante, ma, se si vuole perseguire la meta più ambiziosa, va preso alla lettera, essendo un muscolo va allenato come gli altri muscoli: in palestra!...

Chabris/Simons - The Invisible Gorilla - Crown

Il libro dei due psicologi è carino e accessibile a chiunque. Ogni capitolo si concentra su un gruppo di "illusioni" riguardanti l' attenzione, la memoria, la fiducia, la conoscenza, la causa e le potenzialità del cervello. Poca teoria e tanti esempi, la bibliografia scientifica è poi disponibile per chi volesse approfondire. In rete ci sono dei video che introducono al primo capitolo.

L' avvertenza di Chabris e Simons è importante: attenzione alle intuizioni. Ma quella di Caplan è decisiva: attenzione a dimenticare che a nostra disposizione abbiamo solo intuizioni.

lunedì 28 marzo 2011

Venerdì di quaresima

"Fish is fish" è una fiaba in cui Lionni racconta la storia di un vivace pesciolino che, avendo imparato presto il "giro del fumo" nel suo stagno, è ora tremendamente interessato a quanto accade sula terra ma, poichè puo' respirare solo nell' acqua, vede questo suo desiderio frustrato, almeno finchè non fa amicizia con un girino destinato a diventare rana: lui, scorazzando sulla terra, potrà compiere cio' che è impedito al piccolo pesce e riferire tutto cio' che vede. Proprio come nei piani, il girino, ormai diventato rana, fa la spola tra i boschi e lo stagno imbastendo mille racconti ricchi di particolari: uccelli, mucche, uomini. Sul libro delle fiabe questi "esseri" sono illustrati come se li raffigura l' intelligenza del simpatico discente, ovvero, grandi pesciotti a cui vengono aggiunti qua e là i particolari riportati dalla rana: gli uomini sono dei pescioni che camminano sulla coda, gli uccelli sono pesci con le ali, e le mucche sono pesci che brucano l' erba. Il punto forte di questa fiaba consiste nell' illustrare bene i pericoli costituiti dalla conoscenza pregressa e le interferenze distorsive spesso cagionate all' apprendimento di nuove cose.

AAVV - How the people learn.

Ho letto questo libro che offre una completa panoramica degli studi scientifici su come apprende la mente umana.

Una cosa mi ha colpito: è incredibile come sia difficile "trasferire" la propria conoscenza. Chi conosce molto bene A non è detto che parta avvantaggiato qualora si debba imparare B: e questo persino quando A e B sono campi del sapere molto vicini tra loro! Direi di più: spesso la conoscenza pregressa è un ostacolo.

Il libro (voluminoso) purtroppo ha uno stile accademico che alla lunga annoia un profano come me. La parte più capace di trattenere l' attenzione sta nella messa in scena degli esperimenti, ce ne sono a bizzeffe, specie in materia di "trasferimento" della conoscenza:

- Un tale deve imparare dei "numeri" a memoria, con il tempo diventa fortissimo e ne riesce a memorizzare anche una ventina. Ma se di punto in bianco si passa alle "lettere", ecco che puo' batterlo anche un principiante.

- A dei tizi forniti di contenitori viene assegnato il compito di trasportare certi quantitativi d' acqua: con il tempo diventano sempre più esperti nel dosare i carichi; ma quando con gli stessi strumenti il compito cambia radicalmente, ecco che in una competizione con dei novellini perdono regolarmente;

- La mamma di un ricercatore famoso faceva la sarta e adattava i modelli con tecniche empiriche molto raffinate e di sua invenzione: lo stesso figlio si rompeva la testa per poterle ricostruire logicamente; una volta che il figlio testò le abilità geometriche e topologiche della mammina fu sorpreso da tanata pochezza;

- bisgna conquistare un Forte nemico, ci sono molti fragili ponti intorno ad esso. Come fare? Semplice: basta suddividere la truppa in molte pattuglie poco numerose e attaccare indirizzando ogni pattuglia su un ponte diverso. C' è un tumore inoperabile circondato da tessuti fragili, come programmare la chemio per renderla meno invasiva possibile? Semplice, basta indirizzare deboli dosi attaccando su tutti i fronti. Ebbene, nel corso della stessa lezione agli studenti di medicina, tra le altre cose, fu raccontata la prima parabola. Al termine fu posta invece l' ultima domanda. Scena muta.

- Gli studenti afro-americani con capiscono le frazioni se spiegate con la "torta di mele"; le capiscono invece subito se spiegate con la potato-pie. Bè, qui sono stato un po' sintetico ma vi assicuro che è una storia illuminante.

Dalla lettura del libro si ripassano verità facilmente intuibili: che studiando bisogna verificare spesso quel che si è appreso e bisogna farlo in contesti differenti, che la conoscenza va gerarchizzata intorno a poche "big ideas", che l' insegnante deve innanzitutto conoscere la propria materia; che l' esperto differisce dal novizio perchè sa vedere i problemi prima ancora che risolverli. C' è molto anche sui bambini: con loro è utile fare molte domande retoriche, nascondere e tirar fuori oggetti in continuazione... in fondo tutta roba di buon senso...

Ecco perchè i problemi legati al "trasferimento" della conoscenza colpiscono tanto: sono forse l' unica conclusione decisamente controintuitiva e merita quindi di essere rimuginata.

Chi sa "A" non parte avvantaggiato quando si tratta di conoscere "B". Mmmmmmmm... questo mi detta almeno un paio di considerazioni.

1. Forse chi sa A non parte avvantaggiato allorchè deve intraprendere una nuova conoscenza, ma poichè in genere crede di esserlo, cio' lo rende presuntuoso. In molti casi direi che questa presunzione costituisce addirittura uno svantaggio! D' altronde ai nostri giorni da chi sentiamo sparare le più enormi stronzate?: da intellettuali in gita turistica fuori dal loro seminato. Scienziati che s' improvvisano teologi o artisti che preconizzano scenari politici danno spesso un pessimo spettacolo e svalutano ingiustamente arte e scienza agli occhi del popolo più umile che li ascolta basito improvvisare su materie dove in realtà sono incompetenti.

2. A scuola conosciamo "A" ma poi nella vita ci serve sapere "B". Mi chiedo, in assenza di "trasferimento del sapre", in assenza di quell' arte nota come "imparare ad imparare", qual è l' utilità della scuola? La cosa più logica è pensare che la scuola ci alleni al sacrificio (mentale), esercizio in effetti sempre utile. In un certo senso la scuola è una specie di Venerdì di quaresima; strano, vista la logica affine, che il primo istituto goda di tanta buona stampa mentre il secondo, nella mentalità comune, passa come roba da medioevo.

mercoledì 2 febbraio 2011

Peggio del "faso tuto mì" c' è solo il "so tuto mì".

Non ci crederete ma molti professori ammettono in modo rilassato di insegnare materie dall' utilità pratica quanto meno dubbia. Ci scherzano persino su.

Fanno cio' a cuor leggero convinti di avere l' asso nella manica, ovvero di poter dimostrare che, comunque, dall' applicazione nelle loro materie, gli allievi avranno grandi benefici che si ripercuoteranno visibilmente nella vita futura fuori dai banchi.

Il concetto su cui si fonda tanta fiducia è quel mito noto come "imparare ad imparare": il latino, per esempio, serve a ben poco ma è pur sempre una "ginnastica per il cervello". In altri termini, lo studio forsennato del latino ci insegnerebbe innanzitutto ad imparare anche in altri contesti.

Purtroppo oggi sappiamo che la "conoscenza è specifica". Ovvero, chi conosce bene una certa cosa, non per questo gode di particolari vantaggi se chiamato ad apprendere un' altra in altri campi del sapere. Chi sa il latino, sa il latino. Punto. La cosa sarà utile a leggere le inscrizioni sui monumenti antichi e poco più. Vale per il latino, per la geografia, per la musica, per le scienza... vale un po' per tutte le forme di conoscenza.

Questo forse spiega lo sconcerto e l' imbarazzo per certe uscite degli intellettuali nostrani in materie che non sono le loro proprie: all' ignoranza da Bar Sport assommano evidentemente una fiducia malriposta nell' esistenza di una fantomatica "conoscenza generalizzata". Avendo studiato a fondo per una vita A, grazie al misterioso tramite della "conoscenza generalizzata", pensano che basti unno sguardo sommario, una "sensazione" per potersi pronunciare da competenti anche su B. Loro, del resto, sono convinti di aver "imaparato ad imparare", cosicchè pensano d' "imparare" all' istante qualsiasi sia la materia su cui posano lo sguardo.

L' arroganza che germoglia da questo bias molto comune, fa dell' intellettuale ignorante un super-ignorante a cui il buon senso di molti avventori del Bar Sport darebbe dei punti; ho l' impressione che ci sia proprio questo dietro un Dario Fo o un Moni Ovadia che sproloquiano di politica, un Sartori che conciona di demografia, un Camilleri che gioca a fare l' antropologo, un Claudio Magris austero moralista, un giallista che s' inventa giuslavorista teorizzando sul precariato e chi più ne ha più ne metta.

NOTA 1: letteratura sul "transfer learning". Vedi anche la voce su wikipedia.

NOTA 2: studio sull' utilità (nulla) del latino a scuola; vedi anche i lavori pionieristici di Edward Thorndike.

P.S. come evitare che in proposito venga in mente l' amato Tetlock e la sua predilezione dei ricci sulle volpi.



http://econlog.econlib.org/archives/2011/01/the_case_agains_5.html