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mercoledì 1 giugno 2016

Beni artistici

Against Historic Preservation - Marginal REVOLUTION: "



Perché aboòlire la normativa:





  • First, it’s often the case that buildings of little historical worth are preserved by rules and regulations that are used as a pretext to slow competitors, maintain monopoly rents, and keep neighborhoods in a kind of aesthetic stasis that benefits a small number of people at the expense of many others. 
  •  Second, a confident nation builds so that future people may look back and marvel at their ancestors ingenuity and aesthetic vision. A nation in decline looks to the past in a vain attempt to “preserve” what was once great. Preservation is what you do to dead butterflies.
    Ironically, if today’s rules for historical preservation had been in place in the past the buildings that some now want to preserve would never have been built at all. The opportunity cost of preservation is future greatness. 
  •  Third, repealing historic preservation laws does not mean ending historic preservation. There is a very simple way that truly great buildings can be preserved–they can be bought or their preservation rights paid for. The problem with historic preservation laws is not the goal but the methods. Historic preservation laws attempt to foist the cost of preservation on those who want to build (very much including builders of infrastructure such as the government). Attempting to foist costs on others, however, almost inevitably leads to a system full of lawyers, lobbying and rent seeking–and that leads to high transaction costs and delay. Richard Epstein advocated a compensation system for takings because takings violat ethics and constitutional law. But perhaps an even bigger virtue of a compensation system is that it’s quick. A building worth preserving is worth paying to preserve. A compensation system unites builders and those who want to preserve and thus allows for quick decisions about what will be preserved and what will not."


Creative destruction requires some destruction.

mercoledì 23 dicembre 2015

Kulturinfarkt: Azzerare i fondi pubblici per far rinascere la cultura di Dieter Haselbach, Armin Klein, Pius Knusel, Stephan Opitz

Kulturinfarkt: Azzerare i fondi pubblici per far rinascere la cultura di Dieter Haselbach, Armin Klein, Pius Knusel, Stephan Opitz
  • Con la crescita economica è giunta l'esplosione dei sussidi alla cultura. Non viceversa...
  • L' espansione è avvenuta senza un progetto e oggi, che l'economia europea registra una frenata decennale, un simile impero nn si sostiene senza ricorso allo sponsor privato...
  • Pensiero sottostante dell approccio mainstream: l offerta genera la domanda. È un pensiero elitario: il produttore nn è al servizio del consumatore ma è il suo educatore...
  • Le avanguardia miravano ad educare l'uomo nuovo ma lo scolaretto nn ha seguito il Maestro, anzi, spesso lo ha ripudiato. Oggi i "maestri" ben lungi dall'ammettere il loro scacco dicono che manca la pedagogia e la piacevolezza dell'opera...
  • Oggi domina la pedagogia e il suo è un modello predemocratico...
  • Una teoria sulla svalutazione della bellezza. Per compensare la contraddizione di chi si dice democratico senza voler rinunciare ai metodi antidemocratici si è deciso di finanziare tutto, qualsiasi tipo di arte. l arte deve essere libera e la bellezza relativa...
  • Il paradosso dell'Europa: oggi l' europa è quella che spende di più in cultura ma che influenza meno e domina meno in ambito culturale
  • Vvvv
  • Il nuovo dogma: poichè il pubblico nn va verso la qualità la qualità andrà verso il pubblico=>sociocultura e didatticismo...
  • il cambio di paradigma: dall arte borghese all'arte rivoluzionaria: la qualità è intollerante e l' arte va resa soggettiva...
  • Paradosso: i protagonisti dello sradicamento sono oggi assessori spendaccioni che devono far rientrare dalla finestra il concetto di qualità per decidere cosa finanziare ma poichè il concetto è irrecuperabile nelle loro scelte finisce x prevalere l'interesse e la relazione col finanziato. E x fortuna xchè l alternativa sono i sussidi a tappeto...
  • Ma la qualità continua ad avere una vita sottotraccia: nn la si menziona ma crea ststus e desideri di secondo ordine (si ascolta dante xchè il canone continua ad imporre soggezione: Benigni è più divertente quando fa altre cose ma è più seguito quando legge Dante). E le politiche culturali fanno leva proprio su queste debolezze: edificare la plebe spingendola all' imitazione delle elite in modo da premiare il loro status
  • Xxx
  • Cosa nn è cultura?  In assenza di alternative spunta un possibile candidato:  l'arte che si finanzia da sè…
  • Paradosso europeo: nn si finanzia la cultura ma la si crea con un fiat grazie al sussidio. Il tutto grazie all'impossibilità di definire cosa sia cultura
  • Bbb
  • Oggi c è troppo e bisogna ridurre ma al politico piace inaugurare nn tagliare. Sfrondare è una politica poco attraente che nn viene fatta da nessuno da qui la convivenza tra vuoto e costipazione culturale.
  • Un tempo si costruivano carriere politiche partendo dall'assessorato alla cultura. Oggi la cosa è impensabile...
  • Soluzione adottata: inserire la cultura in dipartimenti con vincoli di bilancio. Esito: una cultura critica contro il potere oggi è impensabile
  • Vvv
  • Il dibattito recente: i videogiochi sono arte? L'opinione di chi si contendeva i finanziamenti era chiara sin dall'inizio. E si capisce anche xchè un simile dibattito nn avrebbe senso negli USA.
  • Premi al miglior videogioco: il pc batte il design e la bellezza...
  • Il precariato di artisti e musicisti diventa la norma. I tagli si fanno sentire e la decadenza avanza. Si gestisce l'esistente, l'innovazione è una chimera, il sussidio una droga...
  • La foresta pietrificata di sussidi: mantenere le strutture sacrificando i valori. L'identità si trae dall'eredità e i politici vogliono solo tramandare. Tutto diventa conservazione e "memoria" . Anche a "sinistra" si tende a fissare il passato...
  • Il rinnovarsi x sopravvivere è una prerogativa del privato...
  • L'istituzione culturale può anche essere sussidiata ma la sua sopravvivenza deve cmq dipendere dal mercato: la capacità di adeguarsi alla domanda garantisce il rinnovamento...
  • La dinamica classica (ratchet effect): 1) bolla con pioggia di soldi sulla cultura 2) scoppio della bolla senza rientro dei fondi stanziati...
  • l odio x la cultura commerciale. perchè? semplice: il postmoderno ci ha detto che tutto è arte e tutto deve essere sovvenzionato. l unico criterio di demarcazione è allora tra sovvenzionati e no
  • abolire il sussidio? impossibile è un marchio d identità
  • oggi l arte è disponibile x tutti e nn certo x i sussidi. eppure berlusconi viene rieletto.
  • la musica italiana: estraniata dai sussidi ancora nn si è ripresa
  • proposta baricco: basta soldi alla cultura. diamoli a tv e scuola.
  • il pubblico della cultura:  alta borghesia. fallito il sogno di un coinvolgimento
  • oggi il pubblico collassa come i finanziamenti privati. ovvio un eccesso o un errore nell offerta
  • perdita di status simbol per c.
  • lettori in calo. troppo tempo vitale sprecato
continua

venerdì 24 aprile 2015

Obliqua difesa di Fabio Volo

Dopo i successi riscossi in radio e in televisione quel simpaticone di Fabio Volo ha cominciato a scrivere libri dominando ben presto le classifiche con oltre 5 milioni di copie vendute.
Il dibattito si è subito aperto: per molti la fama letteraria di Fabio Volo è un chiaro sintomo del degrado culturale in cui è precipitata la nostra editoria, d'altronde non poteva che finire altrimenti quando il dio denaro detta legge anche nel sacro tempio della cultura.
volo
E' difficile difendere il ragazzone bergamasco, specie se non hai letto i suoi libri, tuttavia si puo' tentare di farlo in modo obliquo, difendendo quel mondo di cui Fabio Volo rappresenta l' esito obbligato: la cultura commerciale. Nel mondo della cultura commerciale meriti e fama viaggiano separati, è chiaro che in casi del genere ti becchi tonnellate di Fabio Volo e anche di peggio.
Parto subito con un'ammissione: se il vostro obbiettivo è quello di educare il prossimo la cultura commerciale non è lo strumento ideale. Si tratta di un difetto così grave? Non penso: difficile educare un ventenne che entra in libreria, ormai è tardi. Vale la pena di ricordare il motto dei gesuiti: "dateci un bambino di sei anni e ne tireremo fuori un uomo". Per loro è tardi anche a sette anni! Se la cultura educa poco vorrà dire che ci penserà la scuola o qualcos’altro, vi sembra davvero una richiesta tanto bizzarra?
Ecco, molti si fermano qui: se la cultura non educa allora che me ne faccio? La scarsa capacità educativa della cultura commerciale è senz'altro un costo ma in un'analisi costi/benefici bisognerebbe dare un'occhiata anche ai secondi.
La cultura commerciale esalta le scelte del consumatore e se hai delle tare nella testa queste si trasferiscono anche nelle tue scelte. Il lato buono della faccenda è che perlomeno sarai più motivato in quel che fai. La motivazione non è cosa da poco, è la premessa necessaria per fare un'esperienza autentica. Così come molti hanno le loro poche ma reali esperienze estetiche guardando la pubblicità, molti avranno le loro uniche sincere emozioni letterarie impugnando un libro di Volo. Meglio che niente, lo deve ammettere anche chi immagina facilmente standard più elevati.
Tra le virtù della "celebrità" c'è quella di convivere bene col "merito".
La celebrità si limita ad essere celebre, non vuole accollarsi alcun merito, lo lascia volentieri ad altri, anzi, in un mondo complicato le chiare leggi della celebrità ci orientano, e orientano anche chi è ossessionato dai "meriti". Quando il fine letterato entra in libreria sa già dove trovare i libri di Iosif Aleksandrovič Brodskij di cui è sempre in caccia: nell' angolo in fondo a destra (quello con la muffa incipiente), giammai in vetrina o sul bancone centrale, da cui gira debitamente alla larga senza perder tempo. In fondo l' importante non è dove sta il suo tesoretto ma saperlo reperire alla svelta. Nel mondo dei fan di Volo posso leggere Dante in santa pace, ne posso disporre a poco prezzo, in tempo reale e in quantità elefantiache; nel mondo dei fan di Dante (per esempio la scuola obbligatoria) posso leggere Volo solo sottobanco, anzi, sotto il banco. Il paradosso è che in quel mondo scarseggia persino "Dante", è razionato con cura ed elargito dall'alto ad un'élite ristretta.
L'esistenza delle celebrità migliora il mondo anche facilitando le relazioni. Se voglio attaccare bottone con una ragazza posso buttar lì qualcosa su Volo, funziona! Funziona sia con l'analfabeta che con l’ esegeta di Paul Celan. Grazie a Volo non dobbiamo sempre ricorrere al tempo atmosferico, è un  gran passo avanti!
Ma la separazione tra fama e merito ha un pregio che s' impone su tutti: moltiplica la varietà. La varietà ci fa digerire meglio l’ abbondanza.
Nel mondo del merito oggettivo i Sacerdoti vergano  un unico canone letterario con al vertice una ristretta élite: la (ormai) sparuta schiera dei consumatori di libri registra e legge (spesso annoiandosi), quella dei produttori potenziali di libri registra e per una vita si rode  il fegato dall' invidia.
Nel mondo dove fama e merito convivono, invece, ognuno puo' cercare la sua nicchia e lì dentro realizzarsi. Ci sono nicchie ovunque.
Andy Warhol disse che c'è un quarto d'ora di celebrità per tutti. Un quarto d'ora dura poco ma di quarti d'ora ce n'è una caterva.
Avete presente quanto è voluminoso Il libro dei Guinness? Trovate la vostra nicchia e primeggiate se ne avete voglia, così anche in letteratura.
Cercate la vostra specialità! Il mondo è talmente vario che primeggia anche mia nonna: in parrocchia nella gara delle torte di ribes vanta una striscia di successi non indifferente e vive beata nella sua nicchia dove puo' sfoggiare uno status invidiabile, tutti si scappellano quando passa sul sagrato, anche se la gara delle torte ormai si perde indietro nel tempo.
E allora, basta rosicare! Cercate la vostra nicchia e coltivate lì una vostra rispettabilità. Un mondo vario ci salva dalle umiliazioni della “gerarchia unica” dove avrete inevitabilmente un posto infame.
I libri di volo vi offendono? Chiamateli libroidi e continuate a vivere tranquilli leggendo cio' che vi esalta, c'è posto per tutti nel grande mondo della cultura commerciale.
Senza contare che la varietà ha anche un valore sperimentale, a volte fai delle scoperte che neanche un pool di critici super-selezionati avrebbe potuto mai preventivare: alcuni videogame sono vere opere d'arte! Chi l'avrebbe detto? In fondo la cultura USA (una delle più commerciali) non ha prodotto solo schifezze, regge bene il confronto con la cultura sussidiata di stampo europeo, e parlo per eufemismi. Certo, noi abbiamo un grande passato ma spesso dimentichiamo che persino gran parte di quel passato era “cultura commerciale” sponsorizzata da mecenati.
Per tirare le somme mi sembra proprio che i benefici compensino i costi, scelgo allora il mondo della cultura commerciale, scelgo il mondo che scinde fama e meriti, scelgo il mondo della varietà, scelgo il mondo che consacra Fabio Volo. E' il mondo migliore, forse, anche per leggere Dante.

martedì 11 novembre 2014

SAGGIO/RIASSUNTO Good and Plenty: The Creative Successes of American Arts Funding di Tyler Cowen -Perché sovvenzionare l' arte?

Non ci sono molte ragioni per sovvenzionare l' arte.

Ovvero, in realtà ci sarebbero: la legge sul copyright - quella che garantisce al creatore la sua fetta di torta - è di difficile applicazione.

Nell' arte, gli innovatori non catturano tutto il valore che producono.

Ma se la ragione fosse davvero quella, oggi dovremmo sovvenzionare più che altro la star pop o heavy metal, sono loro le vittime principali della pirateria.

In realtà nessuno pensa a niente del genere, quindi le ragioni stanno altrove.

In più non avrebbe senso sovvenzionare l' arte per poi metterla in un museo: non è certo il posto migliore per renderla disponibile al pubblico.

In realtà l' arte viene sovvenzionata per questioni simboliche: si ritiene prestigioso farlo e si ritiene che il museo sia il luogo più adatto per enfatizzare questo prestigio.

Non solo, si ritiene prestigioso avere un governo che sovvenzioni l' arte di qualità.

Un po' come per le "compagnie di bandiera". La Francia è un campione di questo orgoglio nazionalista.

In questo senso le ragioni economiche passano in secondo piano. Ma chi ha detto che l' economia è tutto? I simboli contano, checché ne pensi qualcuno.

A volte contano talmente - magari perché derivano da una tradizione centenaria - che hanno anche pesanti ripercussioni economiche. Ci sono casi molto chiari: nessuno dubita che si debba preservare il prestigio che ha nel mondo la bellezza di una città come Venezia, ricoprire i canali facendoci passare sopra una strada asfaltata non sarebbe certo una buona idea, neanche dal punto di vista economico.

mercoledì 21 novembre 2012

Far fiorire la cultura azzerando i fondi pubblici

http://www.vulture.com/2012/11/andrew-solomon-far-from-the-tree.html http://www.marsilioeditori.it/autori/libro/3171437-kulturinfarkt

sabato 18 giugno 2011

La bellezza orfana dello sguardo

L’ articolo più originale della nostra Costituzione è il 9:

“… La Repubblica… tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione…”.

Non esiste nulla di simile al mondo, e non è un caso.

L’ idea che la protezione dei beni culturali sia da sottrarre alla buona volontà delle persone è una primizia che l’ Italia ha esportato ovunque.

Ma cosa significa pensare al Colosseo come ad un “bene comune” per tutti noi?

La risposta canonica che si dà a questa domanda divulga un pensiero insidioso autorevolmente esposto da Salvatore Settis: il cuore della nostra identità sta nel nostro patrimonio storico-artistico.

Difendendo la bellezza, difendiamo noi stessi. Anche per questo tali beni devono restare pubblici (=statali).

Per gli appassionati di filosofia potrei tradurre così: è la “struttura” che ci determina!

Poiché Settis è fermamente convinto che sia il contesto a formare il pensiero delle persone e quindi la loro sostanza, l’ azione decisa dello Stato diventa indispensabile in queste faccende. Solo lo Stato ha un qualche controllo sul “contesto”.

Sembra paradossale, ma in qualche modo la nostra identità starebbe innanzitutto fuori da noi.

Nei suoi lavori trabocca dunque il culto dell’ ufficialità. Solo chi riveste incarichi ufficiali è degno di ricevere ascolto in materia. Poi, magari, mentre l’ “organizzazione” ingessata dalla sua autoreferenzialità è impegnata in coffee break, aperitivi di inaugurazione e brochure in filigrana, a salvare la pieve di campagna ci pensa un gruppo di maestre elementari, un laureato precario, il parroco o degli emeriti sconosciuti.

Il rischio è quello di sacrificare le persone sull’ altare della loro supposta identità. Conservare per conservare conserva tutto tranne il senso dell’ oggetto.

Adesso spero sarà chiaro il perché parlavo di “pensiero insidioso”.

Carlo Betocchi, riflettendo sulla bellezza, diceva: “ci occorre un uomo”. Ma, a quanto pare, non per tutti e non sempre un uomo è più interessante di una roccia o di un tramonto.

Don Giussani riteneva che la bellezza fosse portatrice di senso ma affinché svolga la sua funzione è necessario produrre un’ attenzione particolare.

Attenzione, sguardo… parliamo di qualcosa che parte dall’ uomo e investe la cosa.

lu cong boo

Settis inverte le precedenze.

La questione non è da poco: prima le persone o prima i beni? Sono le persone a valorizzare i beni o viceversa.

Lo strutturalista privilegia una direzione ben precisa di questo nesso cruciale e lo strutturalismo di Settis salta fuori in ogni occasione.

Per esempio, celebrando l’ unità d’ Italia, sostiene con coerenza che essa deriva innanzitutto dall’ incommensurabile patrimonio artistico ricevuto dalle generazioni precedenti.

Ma allora la supposta “unità” si fonderebbe solo sul passato, esisterebbe a prescindere da noi.

Questo modo di guardare ai “beni culturali” uccide il singolo consegnandolo ad un flusso nel quale abbandonarsi rassegnato. E non escludo che per molti sia delizioso “abbandonarsi rassegnati”.

Intanto, forti del paradigma vincente, l’ etichetta di “bene culturale” spopola e dove viene apposta cala una sterile campana di vetro.

Lo stesso “Settis Re Mida” gira per il bel paese e qualunque cosa tocchi si trasforma in oro. Ma la lucentezza dura poco visto che dell’ oro acquisisce anche quella tipica immobilità pronta a ricoprirsi di muschio.

Con orrore Settis si volge indietro lamentando il proliferare di una burocrazia che congestiona gli amati tesori, ma, al tempo stesso, si rifiuta di scorgere alcun collegamento con le premesse che lui stesso ha posto con tanta eloquenza.

Intanto, per ragioni in gran parte avulse dalla storiella che ho raccontato, il paradigma dominante accusa un cedimento venendo qua e là sacrificato sull’ altare del profitto, del denaro, dell’ interesse privato.

Le sensibili antenne di Settis percepiscono il pericolo e fanno scattare l’ allarme.

Si potrebbe dire così: oggi una duplice minaccia attenta alla nostra preziosa identità: il negro straccione che sbarca a Lampedusa e il barbaro che entra nel business dei “beni culturali”.

L’ analogia è chiara: per un leghista i confini stabiliscono chi siamo, e vanno preservati a prescindere. Per Settis il patrimonio artistico forgia la nostra identità, e va preservato a prescindere.

In entrambi i casi i soggetti passano in secondo piano: bisogna difendere l’ oggetto che ci fa essere cio’ che siamo, e, se non vogliamo sparire, questa battaglia è prioritaria.

La coerenza ci spingerebbe ad opporci o a sostenere contemporaneamente entrambe le sensibilità. Ci riusciamo?

Sul punto vedo in giro tanta schizofrenia.

Luca Nannipieri – Salvatore Settis e la bellezza ingabbiata. – Edizioni ETS

mercoledì 9 giugno 2010

La cultura come playlist

Per parlare di "cultura" (musica, libri, arte), partiamo da tre considerazioni:

1) Oggi la cultura è molto più accessibile, a pochi "clic" mondi meravigliosi si aprono e tutta la bellezza prodotta nella storia dell' umanità ci si riversa addosso.

2) Un tempo i concerti musicali duravano anche cinque o sei ore per compensare i lunghi viaggi degli ascoltatori. Oggi autoassembliamo la nostra "dose" di cultura quotidiana pescando all' istante nel florilegio immenso dell' offerta. Imbandiamo su misura il nostro "pasto" quotidiano ordinando minuscoli ma ghiotti "bocconcini" di cultura dalle provenienze più disparate.

3) Molti di noi considerano la cultura contemporanea scadente.

Come fare in modo che le tre affermazioni di cui sopra si armonizzino tra loro in una teoria?





Il teorema Alchian-Allen ci dice che gli australiani consumano vino italiano di qualità mediamente migliore rispetto a quello consumato dagli italiani stessi: per forza, esiste un costo di trasporto che è identico per ogni qualità di vino e che quindi incide meno sui più pregiati.

In epoche passate le occasioni di cultura erano rare, non esistevano "costi di scelta". Oggi invece esistono e sono i medesimi a prescindere dalla scelta finale. In base al teorema Alchian-Allen è lecito pensare che la cultura "consumata" oggi sia mediamente di più alta qualità e che la nostra vita interiore sia dunque più ricca.

Questa familiarità con la cultura fa sì che essa perda gran parte della sua "aurea" e molti scambiano questa de-sacralizzazione con uno scadimento. In merito Tyler Cowen usa una metafora eloquente basata sull' amore matrimoniale.

La cultura del passato è come l' amore a distanza: non intraprendiamo lunghi viaggi per un bacetto. Ogni incontro deve avere la sua messa in scena adeguata per non deludere le aspettative: grandi discorsi, notti infuocate, pranzi a lume di candela. Insomma, un amore del genere spinge al "pompaggio".

La cultura di oggi assomiglia invece al matrimonio: dal di fuori spicca il tran tran, non sempre il sesso è appassionato, a volte vi beccherete del cibo in scatola, i piatti sporchi riempiono il lavandino e il prato vi guarda ogni sera perchè vuole essere falciato, eppure, anche se da fuori non tutto apparirà splendido, anche se è faticoso assemblare i mattoncini (playlist) con cui costruire questo genere di amore, vi assicuro che in molti casi la coppia ha una vita interiore più che soddisfacente.

Il matrimonio probabilmente è meglio delle relazioni a distanza, così esposte all' ipocrisia della retorica; anche le scienze sociali confermano che le persone sposate sono anche più appagate.

Per la stessa ragione la vita culturale contemporanea probabilmente è migliore di quella passata.

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Incidentalmente entriamo ogni giorno in contatto con la cultura più disparata, cosa mai successa nella storia. Mike Patton ha ascoltato per caso su internet l' assurdo rock italiano degli anni sessanta e se ne è innamorato al punto di omaggiarlo in Mondo Cane. Poichè, secondo lo spirito dei tempi, non vale la pena di ascoltare l' intero disco, prendiamone solo un bocconcino prelibato: l' improbabile e imperdibile Urlo Negro.

lo sai che cosa hai fatto? a me!!
lo sai che cosa hai fatto? a me!!
non farti più vedere!! da me!!
non meriti più niente!! da me!!

Ti odierò finchè il Signore non mi porterà con sè...
non voglio più un padrone per raccogliere caffè