martedì 28 novembre 2017

Il robot pensa

Il robot pensa

I robot del futuro saranno più intelligenti di noi, più razionali di noi, commetteranno meno errori di noi. Sarannomigliori di noi.
Ma saranno pur sempre programmati da noi, almeno all’inizio.
Per questo, in via di principio, noi dovremmo avere un’idea abbastanza precisa di come penserà un robot delle prime generazioni.
Matematici, psicologi e altri scienziati sociali studiano da tempo cosa sia la razionalità: quella roba che vi fa prendere decisioni buone, anche quando è difficile farlo; quella roba che vi fa imboccare la strada giusta, anche quando l’incertezza incombe. Ma anche quello strumento che valorizza – anziché accantonarle – le vostre intuizioni e le vostre emozioni.
Le intuizioni e le emozioni sono un deposito di conoscenza pregressa che puo’ sviarci ma puo’ anche aiutarci. Il robot – ossessionato com’è dalla conoscenza – sarà ben consapevole di tutto questo.
Il robot non sarà un matematico, altrimenti, come tutti i grandi matematici, sarebbe un imbranato.
Il robot deve agire qui e ora, nella stessa realtà dove viviamo io e te. Deve essere razionale in presenza di un mondo complesso, non su un foglio di carta dentro un aula universitaria. Deve avere valori morali, deve sviluppare credenze sulla realtà, deve avere persino affetti, forse. Altrimenti come potrebbe muoversi e interagire in uno spazio dove l’imprevisto è la regola?
La razionalità di un computer è per lo più deduttiva mentre quella di un robot è per lo più induttiva: si esce quindi dal mondo del silicio e si entra in quello fatto di terra, carne e sangue.
Ma il fatto centrale è che noi, a grandi linee, già oggi conosciamo l’algoritmo di razionalità induttiva alla base di AI. Potremmo anche scriverlo.
Cerchiamo invece di descriverlo a parole.
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Il robot nascerà con delle convinzioni sulla realtà che lo ospita.
Potremmo chiamarle credenze a priori, o credenze intuitive. Ogni robot avrà le sue.
Puo’ anche darsi che un’autorità centrale imponga una certa diversità a tutela di un panorama cognitivo più ricco e imprevedibile. un equivalente della biodiversità nel campo delle idee.
Potremmo ben dire che saranno credenze soggettive: la razionalità applicata ha sempre una solida base soggettiva.
In questo senso un algoritmo random – magari entro certi limiti – puo’ assolvere al compito di attribuire delle credenze native al nascente robot.
***
Le credenze del robot saranno probabilistiche.
Un robot non ragiona in termini logici ma in termini statistici.
Esempio: ammettiamo che un certo robot sia cattolico.
Cio’ non significa che attribuisce all’esistenza del dio-cattolico una probabilità del 100% e al dio-protestante una probabilità dello 0%.
Il rapporto sarà per esempio del 60/40 o 51/49. Dichiararsi “cattolico” ha dunque un significato un po’ diverso da quello che ha ora.
In un esempio più realistico il robot cattolico crederà all’esistenza del suo dio con probabilità 2/3%, questo perché l’opzione cattolica risulterà la più razionale tra molte (e non solo tra due). Evidentemente, una probabilità del 2-3% nel quadro di una scommessa pascaliana, è sufficiente per convertirsi.
***
Credenze iniziali a parte, il robot avrà un metodo computabile per assegnare e riassegnare nel tempo le probabilità ad ogni credenza.
Magari il processo di calcolo non sarà finito: in fondo quanto più uno ci pensa, tanto più giunge ad una credenza affidabile. In questo senso il robot sarà un tale per cui il pensiero ha sempre un valore conoscitivo.
Tempo e pensiero sono una miscela che migliora la conoscenza dei robot.
***
Le preferenze del robot saranno tra loro coerenti.
Per esempio, se due credenze si escludono a vicenda, la somma delle probabilità assegnate non sarà mai superiore ad 1.
Nel gergo degli scommettitori, il robot non si fa fregare dal trucco delle “pompe di denaro”. Non sarà mai possibile compilare un Dutch Book ai danni di un robot.
Cio’ significa che le preferenze del robot saranno transitive: se preferisce A a B e B a C, allora preferirà anche A a C.
Non a caso ai robot piacerà scommettere. Nel loro mondo – diversamente che nel nostro – scommettere sarà un atto virtuoso e segnalerà onestà intellettuale. Ogni discussione di alto profilo implicherà delle scommesse e ogni robot girerà portando sempre con sé il record delle scommesse a cui ha partecipato.
***
Il robot sa correggersi, sa cambiare idea quando gli eventi lo inducono a farlo. Il robot non ha dogmi.
D’altra parte non crede né al concetto di verifica, né a quello di confutazione. Se perde una scommessa sa benissimo che la ragione puo’ essere ancora dalla sua parte, sebbene aggiorni le sue credenze non si uniformerà a quelle del vincitore.
Così come non ha certezze positive, il robot non ha nemmeno certezze negative: non ride dei no-vax o dei complottisti. Ogni teoria ha la sua brava probabilità di essere vera. L’ipotesi miracolista è sempre mantenuta in vita dai robot.
***
Per il robot tutto è rilevante. Tutto contiene un indizio per rettificare una credenza, e spesso una rettifica ne comporta altre fino a smuovere una valanga.
In questo senso il robot è sessista, razzista e discriminatorecompulsivo. Ovvero, il fatto di relazionarsi con una donna cambierà le sue aspettative; e così pure quando si relazionerà con un asiatico, o con un nero, o con un europeo, con una persona alta, bassa, grassa…
Poiché il robot s’imbatterà continuamente in nuovi eventi, le sue credenze  cambieranno di continuo. Anche le credenze dei suoi colleghi sono da annoverarsi tra i “nuovi eventi”, e non puo’ darsi discussione senza cambio di idee.
Anche la sua fede religiosa, per esempio, cambierà ogni ora: al mattino crede al 2%, a mezzogiorno al 2.2%, alla sera al 3% eccetera.
***
Ad ogni incontro con eventi reali, il robot aggiorna le sue credenze sulla base di formule probabilistiche ben note.
***
I robot – almeno quelli delle prime generazioni – saranno fondamentalmente onesti tra loro, almeno quando cercano insieme la Verità. Lo saranno un po’ meno con gli uomini, ben sapendo che raramente sono degli onesti cercatori di verità.
***
Il robot sa molte cose, ma sa anche di sapere molte cose e sa di sapere che sa. In questo senso potremmo dire che il robot possiede una qual forma di introspezione.
Un algoritmo di questo tipo elude i noti problemi legati all’autoreferenzialità.
Poiché il sapere dei robot ha un fondamento soggettivo, le idee dei robot non coincideranno anche se la prospettiva sarà necessariamente quella di un accordo. Per quanto detto, infatti, non è concepibile un disaccordo prolungato tra due robot che discutono. A volte non c’è tempo per raggiungere un pieno accordo, tuttavia, accordarsi sui motivi del disaccordo non costituisce mai un punto di equilibrio nella discussione tra robot.
***
Il robot è ottimista: sa che approfondire un problema incrementerà la sua conoscenza. Sa che in futuro le sue credenze saranno più affidabili, fosse anche solo per il fatto che disporrà di più informazione.
***
Il robot pensa in modo efficiente, ovvero, poiché le risorse computazionali ed energetiche sono limitate, sa quando arrestare il suo pensiero e prendere una decisione.
Pensare ha un costo, e ogni robot sarà anche un economista del pensiero.
***
Il robot sa reagire anche di fronte ad ipotesi impossibili. Sa cos’è l’assurdo ed è pronto ad affrontarlo.
Poiché la logica deduttiva classica ci dice che da situazioni contradditorie puo’ conseguire di tutto, puo’ darsi che il robot reagisca con una ripartenza delle sue credenze in quell’ambito. In ogni caso evita il blocco.
***
Nella discussione tra robot ogni credenza ipotizzata puo’ essere assimilata ad un titolo azionario.
Così come i giocatori di borsa attribuiscono al titolo un valore, i robot attribuiscono alle varie credenze una probabilità di essere vere.
Se la quotazione del titolo è inferiore al valore attribuito dal giocatore, allora costui compraSe è superiore, costui vende.
Allo stesso modo: se le probabilità attribuite dalla discussione ad una certa credenza sono inferiori a quelle personali del robot X, allora costui interviene per difenderla; se sono superiori, interviene per confutarla.
Proseguendo questa analogia, è illuminante assimilare la discussione tra robot ad una borsa efficiente.
Gli economisti – nel caso di mercati finanziari efficienti – parlano di Efficient Market Hypothesis (EMH).
L’ EMH significa sostanzialmente che le quotazioni ufficiali di un titolo riflettono tutte le informazioni disponibili su quel titolo.
Un altro modo più eloquente di dire la cosa: “non si puo’ battere il mercato”.
Dove per “battere il mercato” significa “guadagnare più di un fondo indicizzato ai valori di mercato”.
Naturalmente si puo’ battere il mercato occasionalmente, ma non si puo’ farlo sistematicamente. Non esiste la ricetta per far soldi in borsa. Neanche Warren Buffett l’ha possiede (e non a caso ora detiene quasi tutti negli index fund). La strategia di gestione passiva è sempre vincente in un periodo sufficientemente lungo.
Allo stesso modo possiamo dire che quando dei robot discutono sulla Verità, la voce più affidabile è quella astratta rappresentata dalle probabilità così come sono assegnate nel punto di equilibrio (quello dove nessuno “vende o compra”, ovvero “perora o confuta”).
Ma per quanto detto prima sappiamo che non esiste un punto di equilibrio in una discussione tra robot, almeno finché non si realizza un accordo assoluto.
Probabilmente l’accordo assoluto richiede un tale dispendio di energie che in base al principio di efficienza ci si fermerà prima lasciando che la quotazione delle varie idee sia sempre in itinere. 

logical introdution scott garrabrandt 

Can Teachers Own Their Own Schools?: New Strategies for Educational Excellence Richard K. Vedder

Can Teachers Own Their Own Schools?: New Strategies for Educational Excellence
Richard K. Vedder and Chester E. Finn Jr.
Last annotated on Tuesday November 28, 2017
51 Highlight(s) | 30 Note(s)
Yellow highlight | Page: 1
1 Introduction
Note:1@@@@@@@

Yellow highlight | Page: 1
an idea with strong historical roots
Note:TOPS TEACHER OWNED FOR PROFIT SCHOOL

Yellow highlight | Page: 1
evidence that it was improving literacy.
Yellow highlight | Page: 1
despite a huge increase in resources devoted to public schooling.
Note:OGGI

Yellow highlight | Page: 1
declined significantly.
Note:EFFICIENZA

Yellow highlight | Page: 1
strengthened teacher certification, merit pay, decentralized management, reduced class size, public-school choice and curricular innovation (e.g., whole language approach, block scheduling, Core Knowledge)
Note:PRECEDENTI RIFORME NULL HYP

Yellow highlight | Page: 1
more market-based approaches
Note:DI COSA C È BSOGNO...SEGUE LISTA DEO TENTATIVI

Yellow highlight | Page: 1
outsourcing
Yellow highlight | Page: 1
vouchers
Yellow highlight | Page: 1
charter
Yellow highlight | Page: 2
home.
Yellow highlight | Page: 2
for-profit education
Yellow highlight | Page: 2
productivity improves.
Yellow highlight | Page: 2
vouchers, independent charter schools, home schooling) have been fought bitterly by groups with a special interest
Note:IL MOTIVO DELLA NUOVA PROPOSYA

Yellow highlight | Page: 2
teacher unions,
Yellow highlight | Page: 2
department bureaucracies,
Yellow highlight | Page: 2
PTAs,
Yellow highlight | Page: 2
school boards
Yellow highlight | Page: 2
potential of financial rewards for teachers
Note:LA NOVITA DI TOPS

Yellow highlight | Page: 2
In return for a transfer of wealth to these employees, they would be invited, tempted, or, under some scenarios, obliged to go along with a shift to competitive for-profit delivery systems.
Note:LO SCAMBIO

Yellow highlight | Page: 2
Employee Stock Ownership Plans (ESOPs)
Note:GIÀ DIFFUSE...EPOS

Yellow highlight | Page: 2
for primary and secondary
Yellow highlight | Page: 21
5 For-Profit Education in America Today
Note:5@@@@@@@

Yellow highlight | Page: 21
Skeptics of for-profit education might argue that this is an untried approach that, however appealing in theory, has no basis in experience.
Note:L OBIEZIONE

Yellow highlight | Page: 21
the fastest growing form of education
Note:IL PROFIT OGGI

Yellow highlight | Page: 21
twenty-two companies operated
Yellow highlight | Page: 21
Their market capitalization was an impressive $7.4 billion
Note:CAPITALIZZAZ

Yellow highlight | Page: 21
had an earnings increase
Note:RICAVI CHE CRESCONO PIÙ DELLA MEDIA

Yellow highlight | Page: 22
One respected market analyst, Michael T. Moe of Merrill Lynch, predicts that education management companies will handle 10 percent of K–12 public school spending within ten to fifteen years.
Note:PREVISIONE

Yellow highlight | Page: 24
Private School Performance
Yellow highlight | Page: 24
In general, private schools have higher levels of student performance and lower expenditure levels than public schools.
Note:IN GENERALE

Yellow highlight | Page: 24
data from Ohio
Yellow highlight | Page: 24
1999,
Yellow highlight | Page: 24
41 percent of the public school children failed
Note:ITALIANO

Yellow highlight | Page: 24
21 percent, for private
Yellow highlight | Page: 24
32 percent of public school children failed,
Note:MATH

Yellow highlight | Page: 24
14 percent of private
Yellow highlight | Page: 24
they put a greater emphasis on academics and achieve
Note:SCUOLE CATTOLICHE

Yellow highlight | Page: 24
achieve more with far lower costs
Note:COSTI BASSI

Yellow highlight | Page: 24
costs half as much per pupil
Yellow highlight | Page: 24
The most extensive experiment with using public funds to finance private school education has occurred in Milwaukee,
Note:ESPERIMENTI

Yellow highlight | Page: 24
The random choice of recipients is a boon to researchers
Note:RICERCA

Yellow highlight | Page: 24
randomly chosen students do better in private than in public schools.
Note:RISULTATO

Yellow highlight | Page: 24
Harvard’s Paul Peterson
Yellow highlight | Page: 26
Cecilia E. Rouse
Yellow highlight | Page: 26
The evidence is not unanimous.
Note:@@@@@@@@@@@

Yellow highlight | Page: 27
6 Illustrating The “ESOP” Approach to Public Education
Note:6@@@@@@@@@@@

Yellow highlight | Page: 27
how to get from a government run schooling system to an entrepreneurial, for-profit system.
Note:IL PASSAGGIO

Yellow highlight | Page: 27
privatize the school by giving its ownership to its teachers, principals and staff. Other stakeholders—notably parents—might also receive ownership
Note:L IDEA BASE

Yellow highlight | Page: 27
schools could be sold to existing for-profit corporations with a proviso that teachers,
Note:ALTEENATIVA

Yellow highlight | Page: 28
The district announces that it will give 100 shares of the relevant common stock to each teacher for each year
IL COMPENSO INIZIALE

Iscriversi a “Medicina”

Iscriversi a “Medicina”

Ciao, sono un giovane idealista. Mi piacerebbe curare i malati e salvare vite umane, per questo mi sono iscritto alla facoltà di medicina. Sono un figo o no?
No.
Se solo ti iscrivessi ad economia diventando il manager dell’ospedale in cui sei destinato a finire come dottore, salveresti molte più vite e cureresti molti più malati.
I dottori oggi fanno così poco per la salute dei loro pazienti! Il loro apporto è pressoché insignificante.
Se vuoi star bene, è lo stile di vita che conta!
Certo, esistono anche cure mediche estremamente efficaci, ma per promuoverle bastano pochi dottori, che già oggi sono in eccesso.
Chi ha le capacità per laurearsi in medicina – e ne occorrono non poche – potrebbe avere ben altro impatto benefico sulla società iscrivendosi ad altre facoltà!
Ha senso iscriversi a questa facoltà solo se si crede di essere particolarmente adatti a questa professione e completamente inetti altrove.
Innanzitutto, diventare dottore è molto competitivo, al punto che parecchi rinunciano dopo qualche anno: ti rendi conto dello spreco di risorse che questa cosa comporta?!
Nei paesi sviluppati avere un dottore in più conta ben pocoper la salute pubblica. Il suo apporto è facilmente compensato con qualche centinaia di euro donato ad una ONLUS con gli attributi.
Al momento, per questioni meramente simboliche, i dottori sono ancora tra i professionisti più pagati, ciò significa che averne uno in meno lascia liberi molti fondi per donazioni  di sostanza.
I dottori godono della fiducia dei loro pazienti ma non hanno grande influenza sociale, ciò significa che non “servono” nemmeno per sponsorizzare cause meritevoli. Una starlettequalsiasi è più efficace: se Burioni dice “vaccinatevi!” lo ascoltano in quattro gatti, ma se lo dicesse Fiorello…
Come se non bastasse il laureato in medicina è difficilmente riciclabile. Mentre un fisico può anche diventare analista finanziario, tanto per dire, il dottore difficilmente potrà mai indirizzare altrove le sue pressoché inutili competenze.
Morale: volete migliorare il mondo? Iscrivetevi a medicina solo in mancanza di alternative.
idealisti a medicina

lunedì 27 novembre 2017

Il buongoverno di Hitler

Il buongoverno di Hitler

C’è un’ inquietante simbiosi tra stato sociale e crimine, nel caso del nazismo il connubio è all’opera come non mai nella storia.
C’è infatti uno stretto legame tra l’aspetto sanguinario e delinquenziale del nazionalsocialismo e le sue iniziative politiche che lo resero tanto attraente per la maggioranza dei tedeschi.
L’origine dell’olocausto  non si ricava soltanto dai fascicoli che reggono la scritta “questione ebraica”.
La politica hitleriana si basava sull’ineguaglianza delle razze ma promise ai tedeschi un’ uguaglianza di opportunitàestesa a tutti, più di quanta fosse mai esistita in Germania dai tempi del Kaiser.
Nella prassi ciò avvenne a spese altrui, sfruttando gli strumenti della guerra  all’esterno e della rapina fiscalecontro  alcune minoranze all’interno.
Sotto questo profilo le politiche hitleriane rappresentano nient’altro che una delle utopie rivoluzionarie, sociali e nazionali dello scorso secolo.
Fu ciò a rendere popolare il regime, e fu da ciò che il regime trasse le sue energie criminali. Hitler voleva la costruzione dello stato social-popolare, ovvero di uno stato sociale che sarebbe stato di esempio in Europa e in cui si sarebbero dovute “abbattere sempre di più le barriere sociali“.
Il movimento nazista si propose con una carica rivoluzionaria e i giovanissimi dirigenti crearono un clima riassumibile nella frase “o adesso o mai più“. Goering poté constatare, rifacendosi a un rilevamento statistico: “secondo questi dati l’età media dei nostri dirigenti è di 34 anni mentre nell’ambito dello Stato è di 44. Si può dunque davvero affermare che la Germania è oggi guidata dalla sua gioventù”.
Per la maggior parte dei giovani tedeschi il nazionalsocialismo non significò dittatura, divieto di esprimere le proprie opinioni e oppressione, ma libertà e avventura. Vi ravvisano una prosecuzione dei movimenti giovanili in cui avevano militato, un programma fisico e spirituale contro l’invecchiamento.
Nel 1935 i ventenni e trentenni rampanti scavalcano con disprezzo i burocrati pusillanimi, si consideravano moderni, anti-individualisti e uomini d’azione. La loro fissa è il bene comune.
Consideravano il loro un lavoro pionieristico per l’Europa. Erano preda dell’euforia di “chi agisce”, nonché di una convinzione ideologica inscalfibile.
Quelli che nel 1933 si impadronirono del potere erano studenti universitari o freschi diplomati. Fra di loro c’erano i figli ribelli delle vecchie élite: ridevano degli anziani resi scettici dall’esperienza chiamandoli “verzure cimiteriali“.
I molti prestiti intellettuali che il socialismo nazionale attinse dalla riserva di idee del socialismo tradizionale,  emergono già dalle biografie dei protagonisti. Non pochi dei futuri attivisti avevano fatto esperienze comuniste e socialiste nella fase finale della repubblica di Weimar. Eichmann lo dichiarò ripetutamente nelle sue memorie: “per sensibilità le mie inclinazioni politiche erano di sinistra con la componente socialista spiccata almeno quanto quella nazionale”. Lui e i suoi amici durante il periodo della lotta avevano guardato al nazismo e al comunismo come a “giovani fratelli’. Capirono ben presto che all’ “io” occorreva sovraordinare un “noi”.
Molti artisti che fiancheggiavano il nazismo, come per esempio lo scrittore Wolfang Hillers, avevano collaborato con Bertolt Brecht, ma anche lavorato al coro “Il grande piano” che magnificava la violenta industrializzazione staliniana. A loro bastava sostituire la parola “proletario” con la parola “tedesco” e si ritrovavano a casa.
Molte strategie di finanziamento interno erano state paradossalmente ispirate  dalle clausole del trattato di Versailles con cui i vincitori della prima guerra sanzionarono la Germania.
Si può ben dire che – almeno nella fase iniziale – i nazisti trattarono gli ebrei come i vincitori della prima guerra trattarono la Germania: così come i tedeschi dovevano pagare per “l’inutile bagno di sangue”, lo speculatore giudeo doveva risarcire il popolo tedesco delle inique sofferenze inflitte durante la guerra.
Un esempio: la penalità collettiva imposta agli ebrei tedeschi nel 1938 e che Goering, in preda a furore antisemita, aveva fissato nell’ ammontare di un miliardo di marchi. Fu il Ministero delle Finanze a concretizzarla sotto forma di imposta patrimoniale del 20%,  a fissarne i termini di pagamento in quattro rate trimestrali e a riuscire infine a raccogliere parecchio più denaro di quello richiesto da Goering.
Questo lavoro ai fianchi fatto dai burocrati del Ministero delle Finanze costituì la fase preliminare dello sterminio degli Ebrei europei. Dal fisco esoso si passò all’esproprio poi alla deportazione e infine alle camere a gas.

I protagonisti iniziali della persecuzione antisemita non furono le SS ma i membri della Corte dei Conti del Reich Germanico che supervisionarono costantemente l’esproprio ebraico. L’Agenzia delle Entrate di Hitler fu il ferro di lancia di una campagna anti ebraica che il popolo appoggiava sotto le insegne della “lotta alla speculazione selvaggia contro la nazione tedesca“.
Fu in questo modo che certe iniziative suggestive per le masse trovarono un solido sostegno da parte di un’ entusiasta burocrazia. Fu così che si costituì quella che risulta una micidiale miscela di volontarismo politico e funzionale razionalità amministrativa.
Smaniosa di fare, l’amministrazione nazionalsocialista buttò sbrigativamente a mare molte cose che erano già da tempo considerate inutili e antiquate.
Qualche esempio:  esaudì fra nel 1941 un desiderio formulato fin dal 1854 da Jacob Grimm, il quale aveva definito la grafia in uso nel mondo tedesco “informe e offensiva per l’occhio” si abrogano con il “decreto sulla scrittura” il Sütterlinle il gotico a favore della normale grafia latina.
Altro esempio: l’articolo 155 della costituzione di Weimar aveva stabilito si dovesse abolire la feudale forma di “proprietà protetta fedecommissaria“, ancora diffusa nella Germania settentrionale ma di ostacolo per il moderno capitalismo. Senonché  non era poi stata capace di passare all’opposizione. La norma attuativa dell’abrogazione si avrà di slancio il 6 giugno del 1938 a firma Adolf Hitler.
La classe dirigente nazista si fece inoltre promotrice di un primo assaggio di quella che sarebbe diventata la motorizzazione popolare, introdusse il concetto di ferie, raddoppiò il numero delle giornate festive e cominciò a sviluppare quel turismo di massa che oggi ben conosciamo. Il responsabile a Berlino del “fronte tedesco del lavoro” intervenne con ogni energia per favorirlo: “siamo ormai nel 1938 e intendiamo coinvolgere in misura sempre maggiore tutti quei connazionali i quali credono che un viaggio di vacanza non sia cosa per i lavoratori. Questa mentalità deve essere finalmente superata”. E  un viaggio di 14 giorni all’interno della Germania fu in effetti reso possibile a un prezzo tutto compreso oscillante fra i 40 e gli 80 marchi di allora.
Fin dall’inizio lo stato nazionalsocialista si prodigò nell’aiuto alle famiglie (svantaggiando le persone non sposate e senza figli) e protesse i contadini dalle imponderabilità del mercato mondiale e della meteorologia.
Molte misura particolarmente “moderne” risalgono a quegli anni. Qualche esempio: le basi dell’ordinamento agrario, i principi che regolano la separazione coniugale, le disposizioni in materia di traffico stradalel’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli contro la responsabilità civile, gli assegni familiari per i figli, le fasce di contribuzione fiscale progressiva e anche i fondamenti per la protezione della natura.
Furono i dirigenti politici e sindacali nazisti a sviluppare le linee generali del sistema pensionistico che è stato attuato poi nella Repubblica federale tedesca nel 1957 e con il quale si stabilì che “vecchio e povero non dovevano essere più sinonimi”. Si affermava inoltre che “il livello di vita dei veterani del lavoro non doveva discostarsi da quello dei connazionali che lavorano”.
Poiché molti dirigenti nazisti provenivano da condizioni sociali che li avevano costretti a far conoscenza dell’ l’ufficiale giudiziario, si preoccuparono fin dalle prime settimane di governo di mitigare la piaga dei pignoramenti e degli sfratti che specialmente in tempo di crisi incombeva minacciosa sulla maggioranza dei tedeschi di allora.
L’organo centrale degli Ufficiali Giudiziari intonò subito una nuova musica: “un ufficiale giudiziario che abbia sensibilità sociale non se la sentirà di precipitare i più poveri nella miseria”.
In linea con questi principi Hitler aveva enunciato ben presto il suo slogan preferito: “la Germania sarà più grande che mai quando i suoi cittadini più poveri saranno anche quelli più preziosi”.
La sensibilità sociale di Goering era particolarmente spiccata: “sappia il proprietario di casa che  mette spietatamente e senza scrupoli sul lastrico i poveri connazionali, che egli si gioca con questa iniziativa la protezione dello stato”.
Il governo nazista accentua inoltre il sostegno agli inquilinirichiamati alle armi.
Sulla stessa linea si colloca il decreto sul pignoramento delle retribuzioni che migliora ulteriormente la protezione dei tedeschi dalle esecuzioni forzate. Esenta dai pignoramenti anche le parti di retribuzione imputabili al lavoro straordinario, e con esse i sopra-soldi per le ferie per il Natale, gli assegni familiari per i figli e le pensioni di invalidità. Fissò l’esenzione dal pignoramento innalzando gli importi di base calcolati ora al netto anziché al lordo per ogni persona e per ogni componente della famiglia. Puntò sull’uguaglianza fra i tedeschi estendo a tutti il un privilegi –  risalenti ai tempi del primo affermarsi della borghesia, che aveva protetto dai pignoramenti i pubblici funzionari e gli ecclesiastici.
Furono leggi come queste a rendere popolare il socialismodei nazisti.
Le istituzioni scientifiche, comprese quelle dello stato, conservarono durante il nazismo una rilevante misura di pluralismo interno e di meritocrazia. I protagonisti della ricerca scientifica non dovettero rinunciare ai loro convincimenti personali.
Diversamente dal regime comunista, il nazionalsocialismo non pretese mai la devozione assoluta quanto piuttosto una “vocazione di vicinanza al popolo”.
Si puo’ ben dire che il mondo della ricerca fu un’isola di libertà all’interno della costruzione hitleriana, e che gli esiti furono chiari allorché la scienza nazista fu in grado di tenere il passo di quella internazionale ponendosi spesso all’avanguardia.
***
Tutto questo portò a una singolare combinazione fra politica populista, interventi intelligenti e omicidi mirati. Più di quanto avesse mai fatto la repubblica di Weimar, e in evidente contrasto con l’immagine corrente di uno stato retto da un Führer, il nazionalsocialismo limitò la formazione verticale delle decisioni a favore di quella modernamente orizzontale.
Nelle istituzioni esistenti – e ancor di più in quelle create ex novo –  lasciò libera l’iniziativa dei migliori. Scardinò la rigidità delle gerarchie tradizionali. Là dove prima si prestava stancamente a servizio in base alle prescrizioni, subentrò la gioia di lavorare, non di rado unità a contributi innovatori di idee.
Nell’estate del 1935 il ministro delle finanze indisse, per esempio, fra i suoi funzionari un concorso di idee al fine di arrivare a un miglior saccheggio fiscale degli speculatori (ebrei). La partecipazione fu massiccia, entusiasta e di qualità, i concorrenti distinsero fra “misure raccomandabili”, “possibili ma non raccomandabili” e “in nessun caso raccomandabili”. Proposero di abrogare tacitamente dozzine di agevolazioni nei casi in cui risultavano favorevoli agli ebrei. Con riferimento a norme ancora in vigore manifestarono il parere che nel caso degli ebrei un’ applicazione contra legem fosse possibile. Inoltre, suggerirono di valutare se fosse o meno il caso di mantenere l’esenzione dall’imposta comunale sui cani per ciechi appartenenti a ebrei ciechi di guerra. Un altro funzionario elaborò uno schema di legge già pronto per la firma che prevedeva di addossare agli Ebrei un’ addizionale straordinaria sulle normali imposte sui redditi e sulle imposte patrimoniali.
Quasi sempre – a sorpresa – i più efficaci nella rapina fiscale erano gli esponenti della vecchia élite. Il direttore delle Entrate finanze Lutz Schwerin von Krosigk, per esempio, era il cocco di Goebbels che di lui parlava in questi termini: “mentre nella fase di ogni inasprimento i nostri uomini si dimostrano un po’ tremolanti, la vecchia guardia della burocrazia  tedesca sembra più affidabile”.
***
Pur constatandone l’intolleranza  verso i socialisti, gli ebrei e gli anormali, i tedeschi non considerarono Hitler, come si potrebbe facilmente supporre a posteriori, uno spietato emarginatore ma, anzi, un grande integratore. Soprattutto in politica estera.

Esempio: i trattati di pace di Versailles avevano recisamente vietato la fusione statale di Austria e Germania. La maggioranza della popolazione lo considerava una profonda ingiustizia. Nel 1938 con l’annessione dell’Austria si realizza infine il sogno nazionale romantico del 1848. Il grande stato nazionale tedesco non si costituì come i suoi fautori l’avevano immaginato, e cioè come una repubblica, però ugualmente fra il giubilo della popolazione. D’un tratto l’infinito numero di vittime e le sofferenze patite durante il primo conflitto mondiale non sembrarono più inutili. La sconfitta della prima guerra fu riconvertita nel preludio di una grandiosa vittoria. Quando Hitler nel novembre del 1939 aveva impegnato con giuramento gli alti comandi della Wermacht a seguirlo nel rapido attacco contro la Francia, lo aveva fatto con questo argomento: “costituirà la conclusione della prima guerra mondiale, e non un’azione isolata”. Era il sentimento del popolo.
La lunga serie di vittorie, accompagnata dall’apparenza del progresso economico, finì alla lunga con indebolire in Germania la posizione dei pragmatici. Gli uomini più propensi ai poco brillanti compromessi realistici perdettero l’autobus. Finirono per rappresentare solo un elemento di fastidio nel clima creato dalla politica di Hitler, quella della grande spinta innovatrice, delle alternative chiare, del tutto o niente.
Del resto, la direzione nazionalsocialista sviluppò assai presto una sensibilità particolare di fronte agli umori della gente, e fu proprio per questo che assecondò costantemente le esigenze del consumo, spesso anche a scapito delle sue stesse priorità in fatto di politica degli armamenti.
Fino al 1938 si consolidò una regime politico per il quale Mussolini coniò l’azzeccata definizione di democrazia totalitaria. Dopo gli anni della guerra civile, dell’odio di classe e delle paralisi prodotte dalla rivalità e dalle rissosità politiche dei partiti, i tedeschi si trovarono uniti dal bisogno di una comunità popolare. La politica hitleriana assecondò questa esigenza con grande efficacia. Attirò migliaia di persone istruite che avevano abbandonato la loro spocchia di classe nel fango della guerra. Integrò operai formati dal socialismo, piccoli artigiani e impiegati che speravano nel riconoscimento sociale e di migliori occasioni di vita per i loro figli.
A posteriori la dottrina razziale del nazionalsocialismo è vista come una pura incitazione all’odio e all’eliminazione fisica. Invece allora attirò milioni di tedeschi soprattutto per l’implicita promessa di uguaglianza etnico nazionale che fu loro fatta. L’ideologia nazista sottolinea le differenze verso l’esterno ma le livella all’interno. Ovvero, per dirlo con un proclama di Hitler: “all’interno del popolo tedesco massima comunità popolare e possibilità di istruzione per ognuno, invece verso l’esterno affermazione di assoluta supremazia”. Anche a scuola l’uniforme serve allo scopo di ridurre le differenze fra i bambini ambienti e meno abbienti
Anche il piano di insediamento nei territori orientali va considerato come elemento propulsore di un movimento ascensionale delle classi sociali in Germania. Himmler ne parlò come di “socialismo del buon sangue”. Tutto ciò non fu progettato perché ne traessero vantaggio gli Junker e i monopolisti, ma come una concreta utopia a disposizione del popolo.
La Prima Guerra Mondiale incise sui tedeschi con tre gravi traumi: la carestia che dilagò in seguito al blocco inglese, la svalutazione del denaro e il divampare della guerra civile. I rincari, difficilmente controllabili da parte delle autorità statali, precipitarono nella miseria la gente semplice, molti tedeschi erano istintivamente portati ad associare l’umiliazione nazionale con l’odio per i “vili profittatori”.
Secondo un’opinione largamente diffusa, furono proprio gli speculatori a precipitare un popolo fedele alla patria in quello stato di  lacerante scontento. Non a caso al punto 12 del programma nazista si leggeva: “considerato lo straordinario sacrificio di beni materiali e di sangue che ogni guerra richiede a un popolo, il personale arricchimento di chi si approfitta della guerra va definito come un crimine a danno del popolo. Noi chiediamo perciò un integrale confisca di tutti questi profitti”.
L’equazione speculatori = ebrei fu il passo successivo. I promotori della politica antisemita motivarono costantemente i loro provvedimenti contro gli ebrei come una forma di difesa. Il capitolo conclusivo di Mein Kampf si intitola: “La legittima difesa è un diritto” ed è tutto improntato alla “resistenza ariana”. La concezione socialista, ovvero la teoria del proletariato storicamente vincitore e della borghesia indegna e moribonda, aleggia in modo chiaro nelle parole di Hitler quando promette giustizia sociale perequativa e lotta contro ogni genere di disgregazione atomistica di natura liberal capitalistica.
Complessivamente, la prima guerra mondiale costò all’ impero germanico 160 miliardi di franchi. Nonostante le condizioni di partenza molto migliori, fu finanziata rispetto alla seconda guerra in modo molto più sfavorevole. Questo non per l’incapacità dei dirigenti politici ma per l’autonomia fiscale di cui godeva ogni stato tedesco. Nel caso della seconda guerra, la musica cambia, Hitler fu lesto ad accentrare la sovranità fiscale nelle sue mani in modo da poter riscuotere tasse in una misura che nel 1914 sarebbe stata definita del tutto intollerabile.

***
La domanda che ogni storico si pone di fronte al fenomeno nazista è facile da formulare ma spesso inevasa: come è potuto accadere? Come ha potuto manifestarsi tanta follia criminale?
Al centro della possibile risposta deve essere messo il rapporto tra il popolo tedesco e i suoi dirigenti durante il periodo nazionalsocialista.
È giusto guardare alla dominazione nazista come ad una dittatura compiacente, Hitler e i suoi gerarchi agirono come classici uomini politici attenti agli umori dei loro amministrati.
Durante la seconda guerra mondiale la dirigenza nazista si preoccupa affinché il rifornimento di generi alimentari alla popolazione sia sempre tale da poter essere giudicato equo,specie dalla  gente semplice. In secondo luogo, fece di tutto per conservare stabile il valore del marco. In terzo luogo, operò in modo che le famiglie dei soldati fossero sufficientemente provviste di denaro, in concreto fu garantito loro l’ 85% della retribuzione netta che il militare aveva guadagnato prima di essere arruolato.
Hitler ottenne che né i contadini né gli operai né i piccoli e medi impiegati e i pubblici funzionari fossero gravati in misura apprezzabile dalle tasse di guerra. Accrebbe invece il peso fiscale su quella parte della società tedesca che aveva introiti elevati se non addirittura molto elevati.
Un esempio rimarchevole della politica di giustizia sociale perseguita e ostentata dal terzo Reich è costituito dalla contribuzione una tantum di 8 miliardi di marchi che dovettero sborsare alla fine del 1942 i tedeschi proprietari di case.
Un esempio  di indulgenza fiscale verso i meno abbienti, può essere ravvisato in quelle esenzioni della retribuzione straordinaria percepita per il lavoro notturno, domenicale e festivo che fu sancita dopo la vittoria sulla Francia e che è stata mantenuta per i tedeschi, come conquista sociale, fino a tempi recentissimi.
Quanto la direzione nazista fu spietata nelle sue scelte a discapito degli ebrei, tanto fu deliberatamente equa nel distribuire all’interno del paese i pesi a vantaggio dei  più deboli.
***
Ma come fu pagata la più costosa guerra della storia?
Innanzitutto aggredendo i beni dei benestanti. Tuttavia, poiché solo il 4% dei contribuenti tedeschi guadagnava più di 6000 aarchi all’anno, questo contributo era del tutto insufficiente.
Come fu integrato?
La risposta fu subito chiara: Hitler risparmiò l’ariano a discapito delle basi esistenziali altrui. Il governo del Reich rovinò le altre monete europee imponendo contribuzioni sempre più elevate.
Per garantire lo standard di vita nazionale fece predare molti milioni di tonnellate di viveri in modo da sfamare sul posto i soldati tedeschi e trasportare in Germania tutto il resto su cui poter mettere le mani.
Operando sulla base di una guerra razzista e di rapina su larga scala, il socialismo nazionale provvede affinché in Germania lo stato sociale non avesse a soffrire. Ciò lo rese contemporaneamente popolare e delinquenziale.
La risposta più consona alla domanda “come è potuto accadere?” rifiuta la pedagogica riduzione dell’accaduto a pochi e semplici concetti antifascisti.
D’altra parte appare necessario guardare alla dominazione nazista per quello che di fatto fu, e per il successo che ebbe (e che avrebbe ancora oggi).
Questa prospettiva evita di proiettare le colpe su poche singole persone o su gruppi esattamente circoscritti. Non c’era un dittatore pazzo o addirittura malato o semplicemente carismatico insieme ad un gruppo ristretto di paladini. Non c’era un incantatore al governo ma una nazione socialista che non voleva perdere i privilegi di uno stato sociale lussuoso e avanzato.
Una nazione che non voleva uscire dal sogno degli “ammortizzatori sociali”, che non voleva perdere i tipici privilegi di una società equamente governata, e che quindi era più incline a girarsi dall’altra parte allorché veniva in contatto con l’aspetto più turpe alla base di tanto benessere.
Ai 6 milioni di disoccupati Hitler promise nel 1933 “lavoro, lavoro, lavoro”. E dopo 5 anni mantenne la promessa. Bastarono la sensazione della ripresa economica e la risolutezza autoritaria per garantire allo stato nazista la lealtà della stragrande maggioranza della popolazione.
Hitler eluse la precaria situazione finanziaria ricorrendo a operazioni belliche repentine a scapito di milioni di persone. Espropri, deportazioni e uccisioni in massa divennero le fonti più importanti per finanziare il perfetto “welfare tedesco”, una costruzione modernissima a cui guarderebbero con invidia anche i paesi scandinavi contemporanei.
Al Ministero delle Finanze dovettero continuamente studiare il modo di rifinanziare i debiti dello stato. In situazioni tanto precarie l’attenzione si soffermò sulle proprietà degli ebrei alle quali cominciarono sbrigativamente a guardare come ad una parte integrante del cosiddetto “patrimonio del popolo”.
Quando tra gli ebrei cominciò il fuggi-fuggi generale, lo stato tedesco si adoperò in tutte le maniere per arricchirsi ricorrendo all’imposta detta “sulla fuga dal Reich” e a norme sempre più restrittive in materia di esportazione di valute.Non si può parlare fino alla fine del 1937 di esproprio sistematico ma di una confisca parziale sempre meglio organizzata. Le proprietà ebraiche furono statalizzate nel vero senso della parola solo a partire dal 1938. In quegli anni  partiva anche un programma di “arianizzazione” delle aziende dove il termine “arianizzazione” stava per statalizzazione.

All’interno della Germania il governo di allora, come dicevamo, impose un severo regime redistributivo, comprensivo di un controllo dei prezzi contro un mercato (il regno degli speculatori). Il Reich ne trasse come profitto la soddisfazione dei cittadini, del tutto a prescindere dal fatto che fossero  vicini al regime oppure che se ne stessero distanti.
costi della guerra non dovevano ricadere sul tedesco di classe medio-bassa.
Un esempio di per sé poco rilevante può chiarire cio’ che intendo. Nel 1940 i funzionari del ministero dell’alimentazione del Reich, responsabili dell’approvvigionamento di generi alimentari per la popolazione civile, avrebbero voluto vietare ai tedeschi di tenere animali domestici per risparmiare in questo modo frumento e carne. Il progetto falli però per l’opposizione di Hitler, il quale non se la sentì di imporre ai suoi connazionali questo genere di sacrifici. Naturalmente gli sembrò invece giusto adottare il divieto in questione per gli speculatori ebraici La conseguenza fu l’emanazione del molto citato decreto che proibì agli ebrei di tenere gatti, bassotti o canarini.
***
L’immagine di uno stato del Führer permeato di autoritarismo in tutte le sue articolazioni è sbagliata. All’interno di determinati limiti politici tracciati con la violenza, il sistema nazista conservò margini notevoli per la differenziazione delle opinioni e delle proposte tecnico politiche. Talvolta la diatriba di natura politica era addirittura infuocata.
Goebbles, osservando i conti al Ministero delle Finanze, rilievò nel gennaio 1938 con fare spavaldo: “le cose sono messe peggio di quanto pensassi. Però nessun popolo è mai andato in rovina per i debiti. Casomai per mancanza di armi. Abbiamo un notevole disavanzo. Però, in compenso, abbiamo l’Austria”.Parole che la dicono lunga sulle fonti di finanziamento dello stato sociale!
Le guerre lampo e i relativi successi in Europa non significavano altro che la grande nazione tedesca, unificata in un unico grande stato, non avrebbe dovuto pagare essa stessa i debiti che erano stati accumulati per creare lavoro, riarmare la Wermacht, realizzare imponenti opere pubbliche e accordare privilegi al popolo.
Ricorrendo all’esproprio degli ebrei, alla vendita delle proprietà nemiche e infine all’assassinio di alcune centinaia di migliaia di individui che “mangiano senza dare nulla in cambio”, una grande Germania sarebbe riuscita tuttalpiù a superare alcune strettoie finanziarie, ma non ad ammortizzare gli enormi debiti. Occorrevano guerre e rapina su vasta scala per poter superare l’ostacolo dell’indebitamento. Nelle circostanze politiche date, la guerra non era solo una strada comoda, ma l’unica direzione in cui nell’estate del 1940 il governo tedesco poteva ancora muoversi.
3 punti su cui Hitler basò il suo successo furono: innanzitutto la rivendicazione di una radicale revisione del diktat di Versailles. In secondo luogo una, fino a quel momento sconosciuta, giovanilmente spensierata accelerazione delle decisioni e delle azioni politiche. Ma soprattutto il terzo importante elemento venne dalla promessa di uguaglianza tra i tedeschi, e di un giusto ordinamento sociale. La guerra accelerò di fatto in Germania l’abbattimento delle barriere fra le classi. Un osservatore del partito socialdemocratico riferisce preoccupato che “i lavoratori sono decisamente soddisfatti nel vedere che la gente altolocata abbia praticamente cessato di esserlo”.
Hitler continua a propagandare ciò che aveva preteso per se stesso, e cioè il diritto all’ascesa sociale per il singolo individuo dotato, per quanto misere e incolte fossero le sue condizioni di nascita.
Non pochi dirigenti della futura Repubblica federale tedesca si diplomarono nelle scuole superiori del partito nazionalsocialista, la cui frequenza non costava un centesimo di tasse scolastiche. Hitler dichiarò orgoglioso: “d’ora in poi, in questa nuova Germania, ogni figlio di operaio o di contadino, che abbia qualità e sia benedetto da dio, deve poter emergere, grazie alle caratteristiche all’aiuto delle nostre organizzazioni e grazie a una razionale selezione della classe dirigente fino ai massimi posti di guida dell’intera nazione”.
Il governo spendeva più di un miliardo di marchi all’anno in aiuti e sostegno dei bambini e per l’istruzione. Fritz Reinhard, sottosegretario al Ministero delle Finanze: “il prossimo passo verso l’equilibratura degli oneri che gravano sulle famiglie consisterà nell’eliminazione delle tasse scolastiche, dei tributi che gravano sul tirocinio degli artigiani e delle spese per gli strumenti di studio per tutti i ragazzi e per i tipi di scuole, istituti tecnici e università comprese”.
***
L’ufficiale britanni Julius Pesener partecipò sia alla liberazione dell’Italia che alla presa della Germania nazista. Nel 1944-45, risalendo lo Stivale, ricorda che “i napoletani morivano a centinaia di fame per le strade”. Al contrario, in Germania, i liberatori trovarono un paese completamente distrutto, ma “non c’era corrispondenza fra la gente e le distruzioni… la gente aveva un bell’aspetto, erano tutti rosei, allegri, curati è assai ben vestiti”. Quello che si esibiva in tal modo era un sistema economico tenuto in piedi fino alla fine dal lavoro di milioni di mani straniere e dalla rapina di tutto un continente.
***
I dirigenti nazisti non fecero della maggioranza dei tedeschi né dei fanatici né dei convinti membri di una razza superiore, riuscirono semplicemente a conquistarli costruendo uno Stato Sociale all’avanguardia, e lo fecero attraverso un sistema di potere almeno all’apparenza meritocratico e trasparente.
Chi non è disposto a parlare dei vantaggi che ne trassero milioni di semplici tedeschi, specie i più umili, farebbe meglio a tacere sul nazismo e sull’olocausto.
Se le cose stanno in questo modo, capiamo bene che anche la guerra sia un portato, vorrei quasi dire un effetto collaterale, della costruzione di uno Stato ideale zeppo di diritti e quindi particolarmente dispendioso.
Possiamo ben dire che Hitler non desiderasse la guerra mondiale ma si rendeva conto che una serie di espansioni territoriali a scopo di rapina erano necessarie per finanziare il suo welfare.
Quando Hitler nel 1939 attaccò la Polonia non avrebbe voluto dare inizio alla seconda guerra mondiale. Sapeva che la Germania non possedeva forze sufficienti a combattere un conflitto lungo e costoso. Lo storico Alan John Percival Taylor è stato il primo a dimostrarlo nel suo libro sulle origini della seconda guerra mondiale.
Tutto partì da una pace assurda: quella che chiuse la prima guerra.
Nel 1919, sotto la minaccia dell’occupazione militare, i tedeschi erano stati costretti ad accettare condizioni durissime. La Germania aveva perso un ottavo del suo territorio. E si era inoltre impegnata a pagare i danni di guerra per un ammontare che le avrebbe reso difficile la ripresa economica. Alla fine del 1922 i tedeschi sospesero i pagamenti e la Francia e il Belgio reagirono occupando la Ruhr: l’ economia tedesca subì un tracollo. Il valore del marco tedesco non venne più difeso e un chilo di pane arrivo costare 4000 miliardi di marchi. I tedeschi che avevano già sofferto perdite a causa della grande guerra non credevano di essere stati i soli responsabili del conflitto, e in questo probabilmente non avevano torto, come confermò la storiografia successiva.
Hitler si limitò a dire quello che pensavano tutti i tedeschi, ovvero che non avrebbe più rispettato le limitazioni imposte dal Trattato di Versailles.
La Germania nazista rioccupò la Saar dopo un plebiscito che militarizzò nuovamente la Renania. Nel Marzo del 38 riuscì ad annettersi l’Austria fra l’entusiasmo di molti austriaci. Subito dopo occupò la Cecoslovacchia – un nuovo Stato che era nato nel 1919 con territori già appartenuti al disciolto impero austro-ungarico.
Dopo tanti successi conseguiti senza scatenare nessuna guerra Hitler rivolse la sua attenzione alla Polonia pensando che il mondo avrebbe continuato ad assistere passivamente.
La Polonia era rinata nel 1919 grazie al trattato di Versailles e incorporava a ovest territori ex tedeschi e a est regioni già appartenute al l’impero zarista. La regione di Danzica faceva parte della Polonia ma era abitata da tedeschi, per dire. Hitler intendeva ricongiungerla alla madrepatria.
D’altronde, nel 39 Hitler si sentiva sicuro di poter controllare perfettamente la situazione poiché il 23 agosto aveva stipulato con Stalin un patto di non aggressione. In pratica, tedeschi e russi intendevano tornare al passato e cancellare le decisioni del l’ingiusto trattato di Versailles. Sia Hitler che Stalin erano convinti che con il loro patto avrebbero salvato la pace anche dopo la caduta della Polonia.
Stalin fu indotto ad accogliere le proposte di Hitler, il che non risulta molto comprensibile se accettassimo la tesi che Hitler  volesse una guerra a tutto campo; molto più lineare ipotizzare che Hitler volesse restituire alla Germania un ruolo di grande potenza. Proprio ciò che Stalin desiderava anche per l’unione sovietica.
È vero – come testimonia il memorandum Hossbach – che Hitler parlava di espansione e di “spazio vitale” ma riteneva di poter conseguire questi obiettivi senza una grande guerra. La forza militare gli sembrava necessaria per spaventare gli europei e mantenerli nella passività. Nel memoriale di cui sopra la Polonia non era nemmeno menzionata e non sembrava neppure un problema dato che numerosi governi europei la consideravano nient’altro che uno stato satellite della Germania.
La disgrazia di Hitler fu quella di scontrarsi con un’ opinione pubblica britannica a lui decisamente ostile. Del resto, ancora nel 1939 la Germania non aveva piani precisi per combattere un conflitto su vasta scala. Dopo lo scoppio della guerra i francesi si erano limitati a schierare le truppe lungo il confine con la Germania e gli inglesi avevano inviato un semplice corpo di spedizione. Il 6 ottobre 39, volendo uscire da questa situazione di stallo, Hitler parlò al parlamento proponendo una conferenza internazionale di pace. Londra respinse la proposta e il Führer incredulo decise di replicare attaccandolo la Francia allo scopo di toglierla di mezzo e da indurre la Gran Bretagna ad un accordo. Sì ingannò ancora una volta.
Il Führer, come riportano le parole di Goebbles, voleva infliggere agli inglesi un colpo da KO, e allo stesso tempo sarebbe stato disposto a fare la pace ancora nel maggio del 1940. Goebbles: “il Führer è profondamente sconcertato dal persistente rifiuto britannico di fare la pace”.
I grandi bombardamenti su Londra e sulle altre città illusero Hitler di portare la Gran Bretagna al tavolo dei negoziati. I tentativi tedeschi di fare una pace continuano a lungo e non possiamo trascurare il misterioso viaggio che il numero due del regime hitleriano Rudolf Hess compì in Scozia il 10 maggio del 1941. Voleva incontrare un parente stretto del re – il duca Hamilton – considerato amico della Germania. Paracadutatosi, atterrà fuori dalla tenuta del Duca e venne arrestato. Secondo molti storici Hitler era al corrente e approvava questa missione.
Hitler perse la partita perché era stato un giocatore abituato all’ “all-in” ed era stato a lungo assistito dalla fortuna. Detto questo, non si rinviene nei suoi piani un desiderio di intraprendere guerre se non quelle necessarie per ottenere tramite la rapina a popoli stranieri ciò che gli era necessario per finanziare il suo splendido welfare ariano, nonché gli armamenti per difenderlo.
***
Possiamo ben concludere affermando che per sostenere il loro socialismo i sovietici massacrarono il loro popolo mentre i tedeschi massacrarono il popolo europeo.
Risultati immagini per www.thisiscolossal.com hitler