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martedì 19 giugno 2018

SOCIOLOGIA DELLA MEDICALIZZAZIONE

SOCIOLOGIA DELLA MEDICALIZZAZIONE
La malattia mentale è sensibile sia alla biologia che alla cultura, il che crea curiosi paradossi: le popolazioni geneticamente più esposte a certi disturbi sono anche le meno colpite. Esempio: tra i giapponesi il gene associato alla depressione è mediamente più diffuso che altrove ma in Giappone i “depressi” diagnosticati come tali sono meno che altrove. Evidentemente la cultura locale ha elaborato nel tempo i suoi antidoti, tanto è vero che i giapponesi che migrano in occidente sono soggetti particolarmente a rischio.
Il fenomeno mi fa pensare alla “medicalizzazione” pervasiva nelle nostre scuole: perché un bambino che ieri chiamavamo “asino” oggi lo definiamo “affetto da disturbi ADHD”? Non penso che la nostra conoscenza oggettiva nel merito sia cambiata così radicalmente, nemmeno che le scoperte fatte in questo campo siano così sconvolgenti da aver scoperchiato una realtà sconosciuta. Penso piuttosto che ad essere cambiata sia la nostra cultura: in un ambiente culturale iper-competitivo come quello attuale il bambino “asino” è praticamente spacciato, di fronte a questa pesante situazione ci sentiamo in dovere accompagnare e alleggerire la sofferenza famigliare medicalizzando il problema (e quindi deresponsabilizzando). Nel clima più “rilassato” di ieri, invece, l’ “asino” era un tipo quasi simpatico, un “pierino” in grado di compensare con altre doti le sue carenze cognitive, uno che comunque avrebbe trovato la sua via nel mondo: responsabilizzare i soggetti era il modo per mantenere comunque sotto il livello di guardia il numero di questi soggetti.
PSYCHOLOGYTODAY.COM
Insight into culture's multifaceted influence on depression.

lunedì 26 febbraio 2018

Razionalità stratgica

È ormai perfettamente chiaro che essere immutabilmente e manifestamente razionali nelle decisioni non è un vantaggio assoluto in situazioni di conflitto.
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La strategia del conflitto
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Lucida follia

Molti pazienti negli ospedali psichiatrici sembrano coltivare strategie che li rendono meno vulnerabili alle minacce disciplinari e più capaci essi stessi di esercitare la coercizione. Un atteggiamento non curante o addirittura autolesionista nei confronti del dolore fisico - "mi taglio una vena del braccio se non mi lasci" - realizza un autentico vantaggio strategico nelle relazioni con i dottori.
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lunedì 12 febbraio 2018

La strategia del pazzo

L'efficacia di una minaccia è in relazione con la ragionevolezza dell'avversario: i pazzi, come i bambini, spesso non possono essere tenuti sotto controllo con le minacce. L'opzione per la follia diventa in molti casi una strategia ragionevole nonché particolarmente adatta all'ambiente in cui si compete.
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venerdì 29 settembre 2017

Il nostro bisogno di “follia”

Il nostro bisogno di “follia”

Perché costruire la categoria dei “pazzi” e tenerla ben separata da quella degli altri uomini?
Non sarebbe più semplice considerarli delle semplici persone con “preferenze estreme”?
Ci sono tutti i presupposti  per agire in questo senso, eppure per questa gente preferiamo costruire categorie ad hoc e stabilire “percorsi” speciali. Perché?
Mia idea: per sgravare la coscienza di chi è impegnato nel rendere la nostra società un posto migliore in cui vivere.
In genere la scimmia-uomo fonda la sua comunità secondo un protocollo ben preciso: stabilisce delle regole generali ed elabora poi forme ipocrite per eluderle in modo vantaggioso per tutti. In noi è molto forte un senso dell’eguaglianza ma non esistono regole generali che garantiscano l’efficienza.
Ma non divaghiamo, la mia tesi consiste appunto nel sostenere che la categoria mentale della “follia” assolve appunto a questa funzione.
***
Mi spiego meglio: desideri una società migliore? Sì? E perché non procedi, allora.
Ingenuo, ma non sai che è facilissimo ottenerla?
Basta applicare protocolli eugenetici restrittivi alla riproduzione di massa. Un po’ come si fa con i cani per selezionare la razza pura.
Dopo poche generazioni avremmo una società in grado di funzionare molto meglio. Garantito!
Perché non lo facciamo? Per un interdetto etico.
C’è una proibizione che al momento, anche per la storia da cui veniamo, non riusciamo mentalmente ad eludere.
Questo non significa che altre proibizioni simili non siano state bypassate.
Con i pazzi, per esempio, ce l’abbiamo fatta: abbiamo creato una categoria di uomini apposita, con meno diritti e meno doveri, dopodiché abbiamo potuto agire con la coscienza pulita.
Del resto, la società che controlla i suoi pazzi funziona meglio di quella che li considera uomini a tutti gli effetti.
Ma questa è davvero la via obbligata per giungere alla meta?
No, ce n’è un altra: potremmo agire nello stesso identico modo evitando di creare categorie ad hoc e, quindi, mantenendo la nostra coscienza sporca.
Ogni società funziona grazie a dei capri espiatori (qui il rinvio a René Girard è d’obbligo): i pazzi rientrerebbero tra i capri che fondano la società.
Che fare allora?
Le opzioni sul tavolo sono essenzialmente tre: 1) creare una categoria mentale dove relegare alcuni soggetti da sacrificare, 2) convivere con una coscienza sporca o 3) mantenere la coscienza pulita e la società inefficiente.
Ognuno faccia la sua scelta. La mia: nel caso del piano eugenetico scelgo 3), nel caso dei pazzi scelgo 2). Al momento.

mercoledì 14 ottobre 2015

THE ECONOMICS OF SZASZ PREFERENCES, CONSTRAINTS AND MENTAL ILLNESS di Bryan Caplan

THE ECONOMICS OF SZASZ PREFERENCES, CONSTRAINTS AND MENTAL ILLNESS di Bryan Caplan


  • tesi: il modello che postula il malato mentale come un tale con preferenze estreme è il migliore
  • vantaggi: rientrerebbe nel modello economico tradizionale
  • nella teoria economica le scelte sono determinate da due fattori: preferenze e vincoli di bilancio. le scelte del malato mentale sarebbero preferenze
  • obiezione 1: sandy si barcamena tra due lavori spiacevoli che rendono poco, non ce la fa più ad andare avanti fino al giorno in cui si sente stanca e svuotata, va dal medico che gli diagnostica una depressione, poi torna a casa e sta a letto tutto il giorno. Bob è un manager di successo che vuole partecipare alla maratona di Boston ma questa settimana è stracarico di lavoro, quando rientra a casa si ritrova stanco e demotivato, va dal medico che gli diagnostica un'influenza. il giorno dopo anziché allenarsi per la maratona se ne sta a letto. Da notare che influenza e depressione possono avere un'origine molto simile: un corpo stressato che abbassa l'azione del sistema immunitario. Orbene: perché dovremmo credere che quella di sandy è una scelta mentre quella di bob un vincolo esterno?
  • risposta obiezione 1: la causa fisica non è rilevante finché non stabiliamo il nesso causale: è lo spirito che aziona i corpi o sono i corpi che determinano l'azione dello spirito? nella storiella ci sono chiari indizi che i nessi siano diversi: bob rinuncia ad un compito piacevole (la maratona), senza contare che per lui il lavoro stesso è gratificante e in qualche modo piacevole. sandy rinuncia alla tortura dei suoi due lavori.
  • obiezione 2: ammettiamo di entrare di nascosto nella stanza di john e iniettarli mentre dorme la sostanza X che tra i suoi effetti collaterali induce depressione. Quando si sveglia john è fortemente depresso e torna a letto. qui non c'è stata scelta, eppure c'è depressione!
  • risposta obiezione 2: infatti qui sappiamo con certezza che non c'è stata scelta ma questo è un caso che non abbiamo ragione di veder realizzato nella realtà, a meno che di essere di fronte ad una truffa. in condizioni normali è più ragionevole che sia il libero arbitrio a determinare il comportamento apatico.
  • obiezione 3: perché i disturbati mentali chiedono aiuto e si dicono malati e infelici per la loro condizione?
  • risposta a obiezione 3: è una buona tattica per ricevere aiuti a buon mercato quando servono.
  • obiezione 4: se quelle dei disturbati sono solo preferenze estreme dobbiamo concludere che sono preferenze molto disordinate: ora vogliono abusare di una certa sostanza, poi vogliono smettere, poi ancora vogliono tornare alla sostanza...
  • risposta obiezione 4. forse in alcuni casi estremi bisogna anche concludere così ma non nel caso descritto. cosa c'è che non va in termini razionali in un alcolista che ragiona così: "ora, nelle condizioni in cui sono, scelgo di bere, lo trovo piacevole. poi, lo so già, toccherò il fondo, un punto in cui nemmeno il bere è più piacevole, sarò una merda. ebbene, in quel momento chiederò aiuto dicendo che voglio smettere, la gente si impietosirà e mi soccorrerà. quando tornerò nella condizione in cui sono ora tornerò a bere. ben inteso: se durante il mio recupero dovessi per caso giungere ad una condizione più piacevole di quella attuale (magari con tanti amici, magari con una posizione di rispetto negli aa) non posso escludere a priori di optare per conservarla anziché per rovinarmi di nuovo con la bottiglia.
  • ADHD Overall, the most natural way to formalize ADHD in economic terms is as a high disutility of work combined with a strong taste for variety. Undoubtedly, a person who dislikes working will be more likely to fail to 'finish school work, chores or duties in the workplace'. Similarly, a person with a strong taste for variety will be 'easily distracted by extraneous stimuli'. symptoms of inattention are worded to sound more like constraints. However, each of these is still probably best interpreted as descriptions of preferences.
  • lo scientismo è solo una delle tante filosofie della mente. What about all the contrary scientific evidence?  It's not really contrary.  The best empirics in the world can't resolve fundamental questions of philosophy of mind.
  • Critics often cite findings of 'chemical imbalances' in the mentally ill. The problem with these claims, from a Szaszian point of view, is not that they find a connection between brain chemistry and behavior. The problem is that 'imbalance' is a moral judgment masquerading as a medical one.
  •  make such a big deal about the difference between preferences and constraints. If you literally CAN'T do something, it makes sense to say you have a "disorder." If you're perfectly able to do something but don't like it, it doesn't. How can you tell the difference? As I say in the paper, see if sufficiently strong incentives change behavior. If you do X given sufficient motivation, you CAN do X.
continua



lunedì 25 novembre 2013

Il pazzo che è in noi

"The Neuroscientist Who Discovered He Was a Psychopath | Surprising Science" http://feedly.com/k/1bJHy1a

mercoledì 14 novembre 2012

Speculando sulla malattia mentale

Difficile definire la malattia mentale. A volte osserviamo che Tizio deve essere matto per aver fatto una "cosa del genere". Chi poi tenta di accertare la sua follia è costretto a concludere che è matto perché ha fatto "qualcosa del genere". Piuttosto circolare come ragionamento.

Oltretutto i matti non sembrano mancare di coerenza, tanto è vero che i coerenti ci sembrano talvolta dei matti in preda ad ossessioni.

Certo, i matti ci appaiono come gente che sbaglia. Il fatto è che il mondo è pieno di gente che sbaglia sistematicamente.

E che dire di chi classifica il matto come affetto da tare genetiche? Che la sua osservazione è poco utile: dal panzone a chi vota a sinistra, tutti noi siamo pesantemente condizionati dalla nostra struttura genetica.

Nemmeno è utile definire la follia come una malattia mentale. Se il brain scanner è rosso anziché blu, perché mai devo parlare di malattia o salute? E questo accantonando il cosiddetto problema endogeno: sono gli stati del cervello la causa dei comportamenti insani o è la decisione di tenere certi comportamenti a causare taluni particolari "brain state"? Le correlazioni non sono una causa, ma c' è di più, accettando la prima teoria che fine fa la nostra libertà? Sì perché noi tutti abbiamo preferenze specifiche.

Ecco allora che l' economista soccorre: il malato mentale è un tizio con preferenze (come tutti noi) estreme e soggetto a vincoli (come tutti noi).

 http://econfaculty.gmu.edu/bcaplan/inecon.htm

***************
Singolare teoria sulla depressione: la depressione è un modo per ottenere tanto dando poco. Una specie di sciopero che minaccia chi non puo' fare a meno di noi. Il più delle volte funziona.

Ma il suicidio? Resta inspiegato (contrariamente al tentato suicidio).

ma il depresso non si sente affatto nelle vesti di un uomo d' affari? a sant' iddio, è così difficile capire che noi attuiamo gran parte delle nostre strategie evolutive inconsciamente. La stessa mancanza di coscienza è totalmente funzionale all' obiettivo!

http://econlog.econlib.org/archives/2006/09/an_evolutionary.html

bargaining model

giovedì 13 maggio 2010

Quando il numero più basso è "due"

Se una forma di vita nasce dal pancione o dal pc che m' importa? La sola questione che m' importa è quella dell' anima.

Dove stai anima, forse negli occhi?

"Diritti agli animali? Sono disposto a concederli quando saranno loro a chiedermeli con una petizione" (Murray Newton Rothbard).

Con gli animali, il guaio non sta tanto nell' innalzare eventualmente il loro status ontologico, quanto nel non poterlo fare fino alla parificazione con il nostro.

Si ricade inevitabilmente nel pluralismo ontologico restando esposti alle sue minacce: se creo la categoria del subumano per metterci l' animale, una volta che c' è cosa m' impedisce di metterci anche Tizio e Caio, gente tanto dura di cervice da non poter certo essere assimilati a me? Prima non avrei osato "degradarli", ma ora posso farlo.

E se il subumano animale mi sembra troppo, ricorrerò ad altro, tanto ora che so "creare" razze ontologiche posso farmene una su misura dove relegare le persone scomode.

Diversa è la battaglia per innalzare lo status del folle: in quel caso l' obiettivo è una parificazione con noi. Non devo buttarmi nell' ontologia per "creare" nuove categorie che fanno tanto comodo ai razzisti, bensì per "eliminare".

Eliminare le razze dunque. Eliminarle fino al raggiungimento del "numero ontologico" più basso. E il numero più basso è due: oggetto e soggetto. Se lo zero è il nichilismo, l' uno coincide con l' infinito, il numero più alto.

Anima, anima, dove stai? Forse negli occhi?



Più probabilmente sta nella capacità di sedere sulla sedia dell' imputato subendo un processo con regole uguali per tutti.

venerdì 30 aprile 2010

I disturbatori

"... Tizio apre l' ombrello quando piove perchè non vuole bagnarsi. Caio getta Sempronio sotto il treno non perchè "ha" la schizofrenia o perchè la schizofrenia glielo "fa" fare. Se lo fa è perchè, al pari di Tizio quando apre l' ombrello, desidera migliorare la propria esistenza. Anch' egli ha delle "ragioni": desidera attirare l' attenzione su di sè, oppure desidera sottrarsi alla responsabilità del proprio sostentamento... Non è certo un caso che in tutta la letteratura psichiatrica non si trovi nessun accenno a "voci" che comandino allo schizofrenico di essere particolarmente gentile con la moglie. Questo perchè "essere gentili con la moglie" non è certo un comportamento che vogliamo giustificare sostituendo le "cause" alle "ragioni"... a rigor di termini le malattie possono colpire soltanto il corpo, ne consegue che non ci sono malattie mentali... le diagnosi psichiatriche sono etichette stigmatizzanti formulate in modo da assomigliare a diagnosi mediche affinchè siano poi applicate a soggetti il cui comportamento disturba... la malattia mentale non è qualcosa che la persona "ha" ma qualcosa che la persona "è"... la malattia mentale è una metafora nel senso in cui diciamo che un pensiero è "malato"... se la malattia mentale non esiste non ha senso parlare di "ospedali" e di "cura"... "

Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale.


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giovedì 29 aprile 2010

Malattie metaforiche

"... è importante considerare che i legislatori non scoprono i "crimini": li creano in quanto vietano condotte ritenute indesiderabili. Allo stesso modo gli psichiatri non scoprono le "malattie mentali": le creano individuando condotte riprovevoli. Costoro, attribuendo denominazioni di patologie a condotte riprovevoli, fungono da legislatori, non da scienziati. Furono legislatori quando classificarono come malattia la masturbazione o la schizofrenia, l' omosessualità o il bipolarismo. Purtroppo nessuna diagnosi di malattia mentale è o potrebbe essere dettata da una patologia, tutte le diagnosi in questo campo sono (e non possono essere altro) che dettate da incentivi non medici bensì economici, personali, politici, sociali. Le diagnosi psichiatriche non indicano lesioni anatomiche o fisiologiche, non fanno riferimento ad agenti patogeni bensì alludono a comportamenti umani e a problemi umani, problemi che hanno a che fare con i dilemmi che paziente, parenti e psichiatra sono chiamati ad affrontare e di cui ciascuno tenta di approfittare a suo modo. La mia critica concettuale alla psichiatria consiste essenzialmente nella trascurata distinzione tra l' uso letterale e l' uso metaforico del termine "malattia mentale", una distinzione mai chiarita e sulla quale si gioca molto..."

Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale -

In epoca di scientismo, biologismo e determinismo spinto, chi crede nel libero arbitrio rivaluta le tesi del "matto responsabile": se lui è davvero "incapace" anche noi rischiamo, se con lui fanno una frittata anche noi potremmo essere "sbattuti".