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giovedì 14 luglio 2016

5 Il genitore perfetto

Quando hai i bambini piccoli – tra nido, asilo e scuole primarie - ti tocca partecipare ad una serie infinita di incontri con psicologi dell’infanzia che ti spiegano quanto sia importante il tuo ruolo.
Tuttavia, se chiedi cosa devi fare esattamente per riuscire, la risposta è sempre la stessa: “non esistono ricette”.
Insomma, quello che fai è importante ma – tranne che in alcuni casi estremi – non è possibile dire con esattezza cosa devi fare.
La mia mentalità ragionieristica non accetta facilmente un simile stato di cose, eppure, se la situazione si ripete, evidentemente c’è un fondo di verità.
Di seguito vorrei tentare di tradurre anche per i “ragionieri” la deludente risposta che ogni genitore fresco fresco si sente dare dall’esperto turno in modo più o meno evasivo: “il tuo ruolo è importante ma francamente non chiedermi ricette”.
Come al solito, la cosa migliore per spiegarsi è semplificare. Bene, supponiamo che l’esito dell’educazione si rifletta sui voti presi a scuola da tuo figlio. Cosa incide su quei voti? Difficile rispondere, ma a me le risposte, in questo caso, servono solo come pretesto per fare alcune considerazioni.
Prendo uno studio a caso senza nessuna pretesa di individuare i nessi di causalità e mi limito a isolare quei fattori che si associano bene ai voti:
1) istruzione dei genitori;
2) posizione sociale ed economica dei genitori;
3) età della mamma;
4) peso alla nascita;
5) stato di adozione o di figlio naturale;
6) IQ del genitore;
7) presenza di molti libri in casa;
Vediamo invece quali fattori non si associano ai voti dell’alunno:
1) integrità della famiglia;
2) trasferimento in quartieri migliori;
3) mamma lavoratrice o meno;
4) frequenza della pre-scuola;
5) visita ai musei;
6) narrazione delle favole;
7) botte ai figli;
8) guardare molto la TV.
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Volendo generalizzare, i fattori che incidono riguardano la condizione del genitore, i fattori che non incidono riguardano la sua condotta (verso i figli).
Insomma, nei genitori conta l’ “essere” più che il “fare”. Vale per i “voti” e probabilmente vale più in generale per la buona educazione.
Ma questo risolve brillantemente il nostro imbarazzo: quando uno va all’incontro con lo psicologo o compra il manuale del buon genitore ormai è tardi.
La reticenza dell’esperto alla domanda “cosa devo fare?” è più che giustificata visto che la domanda giusta sarebbe “cosa devo essere?”. Che ci sia o non ci sia la ricetta per “essere” nel modo giusto, bisogna comunque applicarla ben prima che nasca un figlio. Ora c’è ben poco “da fare”.

lunedì 5 ottobre 2015

4 Freakonomics Steven D. Levitt, Stephen J. Dubner - CRIMINI E PISTOLE

Freakonomics  Steven D. Levitt, Stephen J. Dubner - CRIMINI E PISTOLE
  • teoria anti gun: senza pistole chi è più debole si rassegna senza spargimenti di sangue...
  • pro gun: se tutti sono armati: meno ingiustizie e nn più sangue. perchè mai i forti dovrebbero vantare le loro pretese?...
  • gli usa hanno un tasso di omicidi elevatissimo. le pistole contano? e la svizzera? sono più armati e più sicuri. xchè?...
  • brady act: un fallimento. ragioni: il mercato nero prospero compensa i divieti....
  • chicago e wachington città gun free ma anche i fanalini di coda nella diminuzione dei crimini...
  • gun buyback: dove ha avuto successo il crimine nn è diminuito...
  • c è l iopotesi opposta: more gun less crime. nn sembrano replicabili gli studi di lott
  • conclusione: l ipotesi del bando non sembra spiegare il crollo della criminalità negli usa durante gli anni 90
continua

4 Freakonomics di Steven D. Levitt, Stephen J. Dubner - crimine

Il crimine usa è collassato negli anni 90. Perché. Due cause plausibili: più polizia e più carcere. Una causa controversa: legalizzazione aborto. 


The Freakonomics argument starts off very much like the argument I make in The Tipping Point. The startling decline in crime in major American cities in the mid-1990’s is a mystery. No one predicted it. Everyone thought that high crime rates were a permanent feature of urban life. And the standard arguments to explain why crime falls don’t seem to work in this case. Levitt and Dubner go through all the usual explanations for crime decreases—a booming economy, decline in the crack trade, innovative policing strategies, tougher gun laws, aging of the population—and find only two that they think really matter. Putting more police on the street, they say, which happened in major cities all over the country in the early 1990’s, was a major factor. So were the soaring numbers of young men put away in prison in that same period. But neither of those two factors, they argue, are sufficient to explain the full magnitude of the crime drop. There has to be something else—and their candidate for the missing explanation is the legalization of abortion.