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martedì 9 febbraio 2016

YOU ARE NOT SO SMART di David McRaney - selling out

YOU ARE NOT SO SMART di David McRaney - selling out
  • Teoria standard: il capitalismo è sostenuto dalla creazione di bisogni indotti da parte delle multinazionali...
  • Comportamento classico: prendiamo le misure al mondo dove siamo capitati e ci "ribelliamo" ad esso x costruire la ns identità...
  • Il ribelle è la linfa del consumismo: senza stili altrrnativi il magazzino non si rinnova
  • ......
  • THE MISCONCEPTION: Both consumerism and capitalism are sustained by corporations and advertising. THE TRUTH: Both consumerism and capitalism are driven by competition among consumers for status.
  • Il ciclo. you started to realize who was in control, and you rebelled.
  • you sought out something real, something with meaning.
  • Think about an archetypal punk rocker with chains and spikes, gaudy pants and a leather jacket. Yeah, he bought all of those clothes. Someone is making money off of his revolt.
  • Every niche opened by rebellion against the mainstream is immediately filled by entrepreneurs
  • Fight Club, American Beauty, Fast Food Nation, The Corporation, etc. The creators of these works may have had the best intentions, but their work still became a product designed for profit.
  • Michael Moore, Noam Chomsky, Kurt Cobain, Christopher Hitchens— once their output fell into the marketplace, it found its audience, and that audience made them wealthy.
  • Il libro. Joseph Heath and Andrew Potter, The Rebel Sell.
  • Tesi: you can’t rage against the machine through rebellious consumption.
  • La posizione ortodossa: All the interconnected institutions in the marketplace need everyone to conform in order to sell the most products to the most people... you must turn your back and ignore the mainstream culture.
  • The problem, say Heath and Potter, is the system doesn’t give a shit about conformity. In fact, it loves diversity and needs people like hipsters and music snobs so it can thrive.
  • Now people are hired by corporations to go to bars and clubs and observe what the counterculture is into... The counterculture, the indie fans, and the underground stars—they are the driving force behind capitalism.
  • This brings us to the point: Competition among consumers is the turbine of capitalism.
  • You attain status by having better taste in movies and music, by owning more authentic furniture and clothing... 
  • so you reveal your unique character through your consumption habits.
  • your desire for authenticity is what moves these items and artists and services and goods up from the bottom to the top— where they can be mass-consumed.
  • trying to run counter to the culture is what creates the next wave of culture people
  • The value, then, is not intrinsic. The thing itself doesn’t have as much value as the perception of how it was obtained or why it is possessed.
  • Competition for status is built into the human experience at the biological level. Poor people compete with resources. The middle class competes with selection. The wealthy compete with possessions.
continua

venerdì 15 aprile 2011

Crisi d’ abbondanza

La “crisi d’ abbondanza” cinge d’ assedio l’ intellettuale italiano che ora si sente fagocitato da cio’ che avrebbe dovuto stare sulla sua scrivania: le carte. Ora le “carte” assumono la becera neutralità della plastica, prendono vita autonoma, si moltiplicano in continue esplosioni demografiche fino a soffocare chi è designato a curvarsi su di loro. 

Giulio Ferroni è un caso paradigmatico, osserviamolo mentre come un ectoplasma passeggia tra i banchi di un festival del libro qualsiasi:

… mi metto a vagare per gli stand… gli incontri sono molteplici, spezzati, ripetuti, tra agnizioni e ricognizioni… solidarietà e ostilità… e libri dappertutto, proliferanti ammonticchiati, sparpagliati, in ordine geometrico o rizomatico, con tute le possibilità di conoscenza, di esperienza, di contemplazione, di curiosità, di esaltazione, di esibizione, di vitalità… cerco editori noti e meno noti, mi oriento e mi disoriento, perdo la strada e la ritrovo… scopro editori e attività che ignoravo ma che inevitabilmente dimenticherò… e vago, continuo a vagare… la costipazione e l’ eccesso di libri mi rende allucinato, per i colori, per i rumori… esco da questo luogo fisicamente stordito… con qualcosa che mi ottunde la visione, la capacità di controllo dello spazio…di fuori, sul piazzale d’ ingresso del Lingotto… ora si accalcano i taxi… tanti libri, tante automobili, tanto di tutto…

Giulio Ferroni – Scritture a perdere - Laterza

Sembra di vederle quelle suole consumate dall’ augusto professore in disarmo mentre orbitano intorno alla poltiglia della microerudizione festivaliera. Assomigliano un po’ a quelle che Umberto D si trascinava in giro per Roma.

Poverino, fa quasi tenerezza: sopra, gli occhi da leprottone abbagliato; sotto, bronzee borse che denunciano la vetustà di chi non puo’ più raddrizzare un legno storto.

Ovunque si rechi, il malcapitato s’ imbatte in “brusii crescenti”, in “scorrevoli nulla che avvelenano il paese”, in “paradisi imbecilli”, in “eccessi di produzione”, in “zapping nevrastenici”, in “modalità dilapidatorie”, in “gare d’ apparenza”, in “violenze disgreganti”, nel “piacere di unirsi al degrado”, nell’ “incanaglirsi del reale”  e altre insulsaggini di vario tipo al traino di “tortuosi e occulti poteri economici”.

Nella requisitoria contro l’ Italia “berlusconizzata”, in pochi scampano l’ autorevole frusta: giusto Zanzotto e il padre di Eluana, con quel loro riserbo fuori dal tempo in cui avvolgono pudici un sentimento da preservare contro l’ offesa di una realtà che vorrebbe ingurgitare e rigurgitare anche loro.

Non ne parliamo poi quando accende la TV e sbatte contro la voce da camionista di Maria De Filippi. Quella gara a prendere la parola senza esclusione di colpi, gli riporta in casa quel mondo sguaiato che credeva di aver chiuso fuori, un mondo che ci offende, un mondo…  dove anche l’ assuefatto operaio vuole il figlio dottore.

Inutile dirlo, il problema c’ è. Davanti al lato anti-estetico che ci rovescia addosso ogni giorno la cornucopia della modernità, possiamo reagire in due modi:

1. cowenianamente. Ovvero, mettendosi di buzzo buono, imparando a navigare sulla monnezza traendone le gioie di un zio Paperone in panciolle nel deposito. Affinare l’ arte della selezione, mettere a punto il pescaggio fior da fiore, specializzarsi nella costruzione di bussole… e ripassare di continuo il teorema Alchian Allen.

2. pasolinianamente. Ovvero, cercando il brividino dell’ apocalisse, maledicendo con alata invettiva l’ arricchito, fare l’ elogio ditirambico della deflazione invocando un salvifico depauperamento con annessa decrescita felice.

La prima soluzione è una gran iattura, c’ impone di lasciare le luci della ribalta per “lavorare duramente su noi stessi”, c’ impone di ri-formarci, di ri-educarci, di re-integraci.

Meno male che c’ è la seconda via. Grazie a lei possiamo concentrarci sugli altri, esigenza essenziale per incanalare al meglio quell’ impulso autoritario che cova sempre dentro un depresso. La decrescita è essenzialmente la decrescita altrui: ovviamente, la nostra non farebbe la differenza. Eppure “lui” non lo capisce, si ostina, non “rinuncia”, non “decresce” mai come vorremmo. 

Poco male, con l’ “altro” nelle nostre mani – come fosse plastilina - possiamo cambiare il mondo tra la digestione e la pennica stando qualche minuto in più a tavola dopo pranzo, bastano quattro pensierucci sulla “bellezza”. Rassicuro subito i perbenisti che hanno qualche problema di coscienza: non c’ è niente di più facile che imbellettare queste interferenze nella carne altrui, basta nobilitarle formulandole in termini di “cura ecologica” o di “scatto critico” o di…

Con l’ “altro” nel mirino potremo finalmente perorare una “causa persa”, quelle più confacenti all’ esibizionismo avvocatesco; potremo espettorare la nostra condanna quasi fosse un “do” che piove da una scena sapientemente illuminata. E noi saremo lì, su quella scena, condannati dalla lucidità, spettinati da un vento che ci piega senza sradicarci, sofferenti di un dolore consapevole, flebili come il lume dell’ ultima lucciola sul pianeta.

mercoledì 9 settembre 2009

La Diabolica Morra

Un Placido furioso perde le staffe dopo che un cronista lo rimprovera: "ti dici di sinistra e poi fai i film con Medusa".

Trattasi veramente di una contraddizione?

A prima vista la deduzione non sembra esatta visto che lo stesso rilievo potrebbe essere rivolto a Medusa. Come è possibile che entrambi nuocciano alla propria ideologia quando si tratta di ideologie opposte l' una all' altra?

In realtà c' è stato solo uno scambio.

Un momento, ma l' ideologia capitalista (Medusa) è proprio una religione che venera l' "idolo dello scambio".

E' proprio vincendo una Morra del genere che il Capitalismo ha sconfitto in Occidente chi lo osteggiava. Altro che Guerra all' Impero del Male!

P.S. Pasolini, mordendosi le dita fino a farle sanguinare, ci guida nei meandri di questo giochino tanto semplice quanto gravido di conseguenze.

lunedì 22 giugno 2009

L' anti-umanesimo di PPP

Ho abbordato per la prima volta gli Scritti Corsari di Pasolini. Mi riferisco a quella serie di editoriali sul Corriere in cui lo scrittore dispiega la propria analisi sociologica.

Siamo nel decennio degli anni settanta e le sensibili antenne del poeta colgono che un nuovo fascismo, molto peggiore di quello precedente, avanza e reprime: si tratta del "consumismo".

Il momento è decisivo. In nome della battaglia contro questo mostro tentacolare la Chiesa e i Comunisti dovrebbero allearsi per fare fronte comune, magari chiedendo una mano anche ai paleofascisti, così innoqui rispetto al nemico attuale. Perfino gli stragisti delle stragi si Stato potrebbero venir buoni, in fondo sono pur sempre gente del nostro stampo.

PPP non perde tempo e mette sull' avviso la Cristianità: una Chiesa disposta a compromessi con il Capitalismo si macchia segnando oltretutto il proprio declino. Dunque una macchia ben peggiore delle precedenti, una macchia irreparabile. Chi non vede in Satana le fattezze di un Borghese?

La tolleranza dell' ideologia edonistica costituirebbe la peggiore delle repressioni. Il fascismo di Comodità&Bnessere soffoca e atrofizza anche la Società più vitale. Dove si annidi poi questo despota, Pasolini ammette di non saperlo: "è un Potere senza Volto... non so in cosa consista nè chi lo rappresenti...". Sa però che è una forma Totale di Fascismo che attua un' omologazione repressiva.

Il Poeta è incontenibile, probabilmente secerne dentro di sè una quantità fissa di magniloquenza che si ritrova poi a dover espellere con regolarità mediante l' uso di iperboli, meglio se sostenute dalla parola "fascismo". I contenuti diventano del tutto secondari, l' ispirazione detta legge. Sorge l' inquietante dubbio che se la lontananza non contribuisse a mitizzare le performances del prestigioso letterato, saremmo dalle parti di Sgarbi o poco oltre.

La mia prospettiva è molto diversa: all' uomo piace consumare (soddisfare i propri desideri materiali) e il ribrezzo di Pasolini è il normale schifo che l' esteta prova quando guarda in faccia un uomo. Mi verrebbe voglia di dire: "caro Pasolini, ma non vedi: l' uomo che tanto ti ripugna è lo stesso a cui hai fatto la corte un attimo prima; lo stesso! Nessuna repressione lo opprime. Possibile che la tua sensibile vibrissa non colga questa elementare verità?".

P.S. Ironia della sorte ammetto che la mia convinzione si è rafforzata dopo recenti discussioni avute con dei sacerdoti: l' uomo è essenzialmente desiderio e voglia di soddisfarlo. Se l' uomo è questo, non sembra poi così strano o frutto di una "repressione" il fatto che sia ANCHE un consumatore.