Richard Swinburne su Hume, Kant e la teologia naturale
- La critica di Kant e Hume alla teologia naturale è sostanzialmente una critica all' induttivismo. Purtroppo i due non considerano la conoscenza bayesiana che è poi quella improntata sul metodo scientifico, in particolare trascurano il ruolo dell'analogia nella formulazione di ipotesi sensate.
- Teologia naturale (t.n.): dal mondo fisico a quello divino. Nella tradizione è a disposizione per chi dubita ma oggi, in un mondo di "acculturati", la sua importanza cresce
- Sotto il programma "i limiti della conoscenza", t.n. è stata screditata da Hume nel mondo anglosassone e da Kant in quello continentale
- La proposizione di Hume: non c'è nulla nell'intelletto che prima non sia nei sensi, Problema ma quanto possono essere generali le idee ricavate dai sensi? Come si passa da uomo del 700 a uomo di tutti i tempi? Sì perchè Hume pretende di parlare di quest'ultimo senza che la sua filosofia lo autorizzi in modo chiaro. Evidentemente il punto di partenza di Hume non sembra impedire generalizzazioni anche vaste.
- Altro argomento di Hume: la causa non è altro che una successione regolare ma poichè la creazione divina è unica non può essere inferita da alcuna regolarità. E il big bang? Hume trascura il ruolo delle analogie, esse ci aiutano a formulare ipotesi probabilistiche, in fondo ogni evento è unico e irripetibile! Noi sperimentiamo anche noi stessi come causa, ovvero sperimentiamo la spiegazione personale e l'atto libero, il che è una potente analogia della creazione divina.
- Kant: sebbene possediamo un'idea di assoluto ci è impedito di ragionarci su senza ricadere nelle antinomie della ragione(paradossi...). Nel ragionare applichiamo categorie formate sulla nostra esperienza, la loro applicazione è lecita solo se ha per oggetto enti affini. Assoluto e relativo sono enti sostanzialmente differenti e quando noi tentiamo di passare dal secondo al primo la ragione incorre in paradossi irrisolvibili (per ogni argomento "contro" ce n'è uno "pro" altrettanto fondato).
- In realtà non è affatto detto che le "alternative equivalenti" di Kant siano altrettanto "equivalenti", spesso una è più probabile dell'altra. La cosa è evidente nel pensiero scientifico, secondo la prima antinomia noi non possiamo sapere se abitiamo uno spazio finito (qualcuno potrebbe ipotizzarlo poiché tutta la nostra esperienza riguarda oggetti finiti), esiste infatti un anti-tesi altrettanto probabile fondata sul fatto che nella nostra esperienza se lo spazio fosse finito dovrebbe esistere qualcosa al di là di esso. Ebbene, il big bang postula uno spazio finito mentre modelli diversi (inflazionistico e stazionario) ipotizzano un universo infinito. Si tratta di ipotesi assurde in quanto equivalenti per definizione? Non sembrerebbe proprio, tant'è che le varie scoperte alimentano ora l'uno ora l'altro modello costringendoci ad aggiornare le nostre credenze.
- Esempi avanzati da Kant a sostegno dei limiti della ragione: poiché viviamo in un unico spazio euclideo e le nostre categorie sono informate a questo tipo di realtàente, noi non possiamo ragionare su più spazi, non riusciamo ad immaginarli come logicamente possibili. L'esempio non sembra felice visto che la scienza negli anni successivi ha ripetutamente ragionato anche su spazi curvi, su multiversi e altro. Posso anche svegliarmi e pensare di essere in un nuovo spazio parallelo. Dal punto di vista logico non c'è nulla che me lo impedisce, posso facilmente immaginarmi spazi paralleli e sliding doors.
- Critica a Kant: si concentra sulla conoscenza pura anzichè su quella probabilistica, è solo sulla prima a che si applicano i paradossi logici. Ma noi utilizziamo la seconda conoscenza per fare ipotesi intorno al difficilmente osservabile partendo dall'osservabile. La scienza procede allo stesso modo e non di rado postula nelle sue teorie realtà inferite ma non osservabili, da Dalton alle particelle subatomiche gli esempi sono disponibili in abbondanza. Se solo Kant fosse nato dopo Dalton, forse il primo scienziato a compiere in modo palese operazioni del genere, forse avrebbe rivisto la sua teoria dei "limiti", era infatti un grande ammiratore della scienza. Da Dalton in poi gli scienziati hanno sempre piùspesso teorizzato sull'infinitamente piccolo, sull'infinitamente grande, sull'infinitamente distante... Tutti "infinitamente" che rendevano l'oggetto delle speculazioni inosservabile e purtuttavia queste speculazioni restavano sensate e in costante evoluzione poiché fondate sulla logica bayesiana.