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venerdì 5 aprile 2019

L’estinzione della privacy SAGGIO

L’estinzione della privacy

Tutto cominciò in Inghilterra. Diversi anni fa, nella città di King’s Lynn, si installarono per la prima volta sessanta videocamere telecomandate nei noti “punti problematici”, quelli dove i vandali impazzavano ogni notte. Erano collegate direttamente con il quartier generale della polizia. La conseguente riduzione del crimine di strada superò tutte le previsioni. Fantastico!
Le telecamere furono un successone: calo drastico nel crimine e collasso nei costi di sorveglianza. che vuoi di più? Il futuro era tracciato.
L’idea di fondo era quella del vecchio Bentham: sorvegliare tutto da un unico punto d’osservazione. All’inizio del diciannovesimo secolo, Jeremy Bentham, uno dei pensatori inglesi più originali dell’epoca, progettò una prigione in cui ogni prigioniero potesse essere sorvegliato in qualsiasi momento da un’unica guardia opportunamente dislocata. La trovata è stata battezzata Panopticon.
Da allora la storia ha marciato in quella direzione: le telecamere nei posti pubblici o aperti al pubblico sono già da tempo una realtà.
Da noi, le videocamere sono state utilizzate nei grandi magazzini per scoraggiare il taccheggio. Più recentemente hanno iniziato ad essere utilizzate per punire gli automobilisti che passano con il rosso e contro altre violazioni stradali.
Ma si possono immaginare usi ulteriori del  controllo a distanza (e “a tappeto”), facciamo il caso delle emissioni inquinanti delle automobili. Si consideri il problema del controllo delle emissioni inquinanti. Si potrebbe approntare un sistema più funzionale usando la tecnologia moderna. Pensate se esistessero a bordo strada dei rilevatori che misurano le emissioni di ogni singolo veicolo emettendo un fascio di luce attraverso il pennacchio di scarico dell’auto di passaggio e identificando l’automobile fuori norma con un’istantanea della targa. Vi piacerebbe?
Altro esempio: cellulari e traffico. Un’altra applicazione di sorveglianza su larga scala già in fase di sperimentazione sfrutta il fatto che i telefoni cellulari emettono continuamente segnali di posizionamento. Monitorando i segnali dei telefoni dei conducenti, è possibile osservare i flussi di traffico. Si tratta di informazioni molto utili se si desidera consigliare ai conducenti di aggirare un ingorgo o individuare un incidente dal cluster di telefoni risultante. Attualmente si tratta di informazioni anonime, che individuano un telefono ma non ne identificano il proprietario. Con l’evoluzione della tecnologia le cose sono destinate a cambiare.
All’apparenza nessun problema, solo comodità e una quantità di fastidi risolti.
Pochi considererebbero discutibile che un poliziotto gironzoli per il parco tenendo d’occhio i possibili borseggiatori. Le videocamere sui pali, in fondo, sono semplicemente un modo più conveniente per adempiere questa funzione.
L’uso spot della sorveglianza sembra innocuo, ma l’uso pervasivo consentirà di ricostruire l’intera tua vita.
Un poliziotto all’angolo della strada potrebbe vederti, potrebbe persino ricordarsi di te, ma non ha modo di combinare tutto ciò che vede con tutto ciò che vede ogni altro poliziotto e ricostruire così la tua vita quotidiana. Domani, ampie frazioni della tua vita ordinaria saranno un libro aperto per chiunque abbia accesso ai files appropriati.
Si tratta di una potenziale perdita completa della privacy.
Oltretutto, un conto è l’uso limitato e legale della tecnologia di sorveglianza, un altro l’uso pervasivo e illegale, magari da parte di privati.
Un sacco di persone possiedono videocamere e quelle telecamere stanno diventando sempre più piccole. Il proprietario di una batteria di questi aggeggi potrebbe raccogliere molte informazioni sui suoi vicini. Magri vicini facoltosi da ricattare. Magari il Bezos di turno.
Sarà possibile conoscere tutto del vicino. Esempi? Vi ricordate il caso “della  marijuana”. Si trattava di stabilire se fosse o meno un’invasione della privacy dedurre la presenza di marijuana in una casa attraverso l’utilizzo di un rilevatore a infrarossi piazzato all’esterno della stessa.
C’è anche i caso delle conversazioni private. Abbiamo già oggi tecnologie che consentono di ascoltare una conversazione facendo rimbalzare un raggio laser all’interno di un edificio.
La tesi di David Brin: la privacy è destinata a sparire, prendiamo le giuste contromisure.
Assumi, per il momento, che le tecnologie intrusive siano più potenti di quelle difensive, in modo che impedire ad altre persone di spiarti sia impraticabile. Quali opzioni rimangono? David Brin sostiene che la privacy non sarà più un’opzione disponibile.
La soluzione proposta: imporre (o comunque auspicare) la trasparenza totale. L’unica contromossa all’estinzione della privacy è la sua estinzione completa: la società trasparente. La polizia può guardarti – ma tu puoi guardare loro. L’intero sistema di videocamere, comprese le telecamere in ogni stazione di polizia,  sarà accessibile pubblicamente. I genitori potranno tenere d’occhio i loro figli, i figli i loro genitori, il marito la moglie e viceversa, i datori di lavoro i dipendenti e viceversa, i giornalisti i poliziotti e i politici.
Il ragionamento: la privacy è buona cosa, ma siccome il governo e i soggetti più potenti prima o poi si avvarranno della nuova tecnologia “azzera-privacy”, meglio allora rendere libero l’accesso alle info in modo che la “guerra” non sia asimmetrica.
Vediamo cosa c’è di buono nella società della trasparenzaipotizzata da Brin.
Qui custodes ipsos custodiet? “Chi custodirà i guardiani?” La società trasparente offre una possibile soluzione. Considera il caso Rodney King. Un gruppo di poliziotti cattura un sospetto e lo picchia. Sfortunatamente per la polizia, un testimone ha filmato l’accaduto realizzando una videocassetta, con il risultato che diversi ufficiali sono finiti in prigione. Nel mondo di Brin, ogni agente delle forze dell’ordine sa per certo che… è su candid camera!
Ma c’è un problema: la trasparenza selettiva. Difficile pensare che qualcuno non resti in una posizione di controllo.Tutte le informazioni passeranno attraverso una tecnologia sotto il controllo di un qualche livello governativo. Il piano del campo da gioco non sarà mai alla pari.
Se, per esempio, la polizia sta installando delle telecamere nelle stazioni di polizia, può far sì che alcune aree vengano lasciate scoperte… “casualmente”.
La situazione diventerebbe ancora più interessante pensando a un mondo in cui il progresso tecnologico consenta la sorveglianza privata su larga scala, in modo che ogni luogo in cui potrebbero accadere cose “rilevanti”, inclusa ogni stazione di polizia, possa ospitare “mosche spione” che svolazzano inosservate e guardano che succede per riferire poi tutto ai loro padroni. Probabilmente, nascerebbe un mercato privato delle info riservate: una società trasparente non voluta dalla politica ma dalla società.
L’informazione è spesso preziosa e può essere condivisa. Certo, i governi potrebbero cercare di limitare tale condivisione ma in un mondo a forte tecnologia spionistica la sua sarebbe una missione impossibile. Si può immaginare un futuro in cui la società trasparente di Brin non sia prodotta dalla politica  ma dalla sorveglianza privata. Un tale scenario sarà possibile solo se il produttore di info potrà rivenderle. Quindi un requisito fondamentale per una società trasparente generata privatamente è un mercato dell’informazione ben organizzato. La negoziabilità dell’informazione, come vedremo, presenta non pochi problemi.
Ma la trasparenza totale è anche pericolosa.
L’azzeramento della privacy è di fatto un ritorno al passato, quando si viveva tutti insieme. La privacy che la maggior parte di noi dà per scontata è in notevole misura una novità, un prodotto del reddito crescente negli ultimi secoli. In un mondo in cui molte persone condividevano una singola residenza, dove un letto alla locanda poteva essere condiviso da due o tre estranei, le abitudini erano molto diverse.
L’esempio delle isole Samoa. Lì molte famiglie condividono una casa singola – senza stanze appartate. La comunità è abbastanza piccola e i pettegolezzi insistenti. I bambini vengono addestrati presto a giocare in silenzio e gli adulti esprimono raramente ostilità.
In una piccola comunità il pettegolezzo è potente quanto internet oggi. Il bullismo esercitato con il bisbiglio è onnipresente e rappresenta la vera arma di controllo sociale.
In una società del genere si parlerebbe molto meno, il politically correct impererebbe, i caratteri meno conflittuali avrebbero più opportunità ma soprattutto si svilupperebbero lingue e codici esoterici, un po’ come fanno i genitori quando in presenza dei figli parlano una lingua straniera o un gergo comprendibile solo a loro.
La società della trasparenza sarebbe la società dell’ipocrisia all’ennesima potenza. Nella futura società trasparente di Brin, molti di noi diventeranno meno disposti a esprimere le loro opinioni sul capo, sui dipendenti, sull’ex moglie o sul marito. Le persone diventeranno meno espressive esibendo tratti caratteriali autistici, la conversazione  sarà blanda, poco interessante oppure criptica, poco comprensibile.
Ma perché molti di noi considerano la privacy un bene prezioso?
La privacy perfetta la ottengo pensando tra me e me, ma anche in quel caso è possibile immaginare violazioni. Se qualcuno inventasse un modo facile e accurato di leggere le menti, la privacy sarebbe radicalmente ridotta anche in assenza di mutazioni nei miei diritti legali.
Aumentare la privacy è un bene o un male?
La privacy ha dei chiari vantaggi. Il motivo per cui do valore alla mia privacy è semplice: le informazioni su di me nelle mani di persone sbagliate a volte permettono un guadagno a mie spese. Esempio, dei ladri potrebbero organizzare al meglio un furto in casa mia.
Se il ladro sa che mi assento, andrà a colpo sicuro. Certo, io potrei essere il ladro,  ma di solito il vantaggio netto della privacy resta poiché il derubato dà più valore alla refurtiva rispetto al ladro.
Ma le informazioni che mi riguardano nelle mani giuste potrebbero essere la mia fortuna, ad esempio le informazioni sulla mia specchiata onestà e competenza.  Ma la privacy, si noti, non impedisce che tali informazioni siano rese disponibili.
C’è un caso in cui però la privacy è un costo.
Uno dei rischi nella contrattazione di info è il collasso della contrattazione quando un venditore sovrastima il prezzo che un acquirente sarebbe disposto a pagare o un acquirente commette l’errore opposto. L’accordo salta e tutti stanno peggio di come potrebbero stare. Il problema è che non posso vendere un’informazione esponendola affinché il potenziale acquirente possa valutarla accuratamente, altrimenti l’avrei di fatto regalata prima ancora di venderla.
La privacy avvantaggia chi bluffa, e questo potrebbe rappresentare un costo. Per esempio, a causa dei sospetti infondati che ingenera, potrebbe non far chiudere contratti convenienti ad entrambe le parti. Il fatto è che un mercato del genere si riempirebbe di bluffatori, non solo, tutti saprebbero che è così. 
Conclusione: la privacy ci avvantaggia nel prevenire scambi involontari (furti) e ci svantaggia in quelli volontari(commercio).
E la politica? Il rapporto tra governo e cittadini è quasi sempre di natura “involontaria”. I governi si impegnano in transazioni involontarie su vastissima scala.
La privacy, in altri termini, consente al cittadino di proteggersi dal governo, è questa la sua funzione fondamentale. Così come posso proteggermi dai miei concittadini con serrature e antifurti, posso proteggermi dal governo preservando le informazioni che mi riguardano.
La privacy è come la libera circolazione delle armi: un modo per difendersi dagli abusi governativi.
Come giudicare questo scudo? Semplice: è buono se il governo è cattivo, è cattivo se il governo è buono. O meglio, se il governo è l’equivalente moderno del re filosofo di Platone, la privacy individuale rende semplicemente più difficile realizzare il bene. Se, d’altra parte, un governo è semplicemente una banda criminale particolarmente numerosa, ben coordinata e malintenzionata nei tuoi confronti, allora la privacy è un’arma preziosa di cui avvalersi.
Chi ama la privacy implicitamente giudica l’azione di governo. La privacy, per esempio, favorisce l’evasione fiscale.
Torniamo un attimo all’ipotesi di Brin. Difficile che il progetto di società trasparente proposto da Brin possa reggere con un Hitler al potere, ci sarà sempre asimmetria. Quando le SS si confrontano con un privato cittadino, sono le SS ad avere le pistole.
Ma ricordiamoci comunque che la “società trasparente” ipotizzata da Brin non è un “progetto”, nel suo libro la la privacy non è un’opzione: il governo – Di Maio o Hitler – se potrà violare la privacy, prima o poi lo farà (vedi l’accesso nei c/c personali). E’ solo per ristabilire la simmetria che si auspica l’avvento di una tecnologia altamente intrusiva e facilmente disponibile da tutti.
Problema: le info saranno disponibili per tutti ma saranno anche falsificabili. Esempio, prendiamo una causa di divorzio per tradimento. Mia moglie mi ha citato in giudizio perché intende divorziare imputandomi un tradimento. A sostegno della sua contestazione, presenta dei video presi da camere nascoste che mi mostrano in atteggiamenti intimi con donne diverse. Il mio avvocato chiede un rinvio per indagare sulle prove. Quando la corte si aggiorna, invia un video prodotto a mia difesa. Lì c’è mia moglie che se la spassa con con Humphrey Bogart, Napoleone e il giudice della causa in questione. Quando il silenzio è ristabilito in aula, il mio avvocato presenta al giudice l’indirizzo della ditta di effetti speciali che ha prodotto il file video.
L’unica soluzione è affidarsi sempre alla tecnologia. Ci sono modi di utilizzare la crittografia per ricostruire un’immagine firmandola digitalmente dimostrando così da garantire che quella sequenza è stata presa da quella telecamera in quel particolare momento.
Altro argomento correlato: senza privacy sarà molto difficile delinquere. O comunque sarà molto più semplice fare indagini. Ma soprattutto: le indagini potranno essere privatizzate. L’agenzia investigativa si farà consegnare tutti i files e ricostruirà la vicenda risalendo ai colpevoli.
Domanda: il diritto andrebbe quindi totalmente depenalizzato? Oggi abbiamo un codice civile e un codice penale, quest’ultimo, infatti, esiste poiché si ritiene che lo stato debba avere un ruolo prominente nelle indagini. Nel sistema penale odierno l’accusa è controllata e finanziata dallo stato. La legge penale, inoltre, offre una gamma di punizioni leggermente diversa.
Se nella società trasparente non ha più senso che lo stato abbia un ruolo nelle indagini, non ha più senso nemmeno la legge penale con il PM e il suo ufficio.
Un argomento contro la depenalizzazione è che molti reati sono difficili da punire. Una vittima potrebbe concludere che catturare e perseguire penalmente l’autore del reato costi più di quanto si riceverà in cambio, specialmente se l’autore del reato non dispone di risorse sufficienti a pagare poi i danni sostanziali. Alcune categorie di reato potrebbero rimanere sistematicamente sotto-punite e diffondersi. Ma nel mondo della trasparenza radicale una simile difficoltà si dissolverebbe. Ogni aggressione sarebbe registrata su nastro. Il crimine standard diventerebbe molto simile all’illecito standard. Il furto non differirebbe troppo dall’ incidente automobilistico, per esempio, dove (eccetto nel caso dei pirati stradali) l’identità del “colpevole” e molti dei fatti rilevanti sono informazioni pubbliche. Nella società di Brin, se qualcuno ruba la tua auto, controllerai la registrazione video per identificare il ladro, quindi farai causa chiedendo il risarcimento.
E’ un’idea radicale ma lo è solo per noi oggi: nella Gran Bretagna del ‘700, per esempio, le cose funzionavano esattamente così: mentre il sistema legale inglese distingueva tra illeciti e crimini, entrambi erano in pratica perseguiti privatamente, di solito dalla vittima. Le cose cambiarono poiché la società si estese diventando “anonima”, ma potrebbero di nuovo cambiare in seguito all’avvento della trasparenza radicale.
Ma l’ipotesi della società trasparente si scontra col fatto che mai come in questa epoca storica esiste una potenziale privacy telematica in grado di proteggerci da ogni spione: la possibilità di criptare i messaggi li rende completamente inaccessibili a tutti, anche alla NASA. Sono due mondi che collidono: massima privacy nella comunicazione telematica, massima trasparenza nella vita reale.
Chi vince?
A prima vista la trasparenza della realtà sembrerebbe vincente. Non serve a nulla una sofisticata crittografia se una zanzara-con-telecamerina-incorporata svolazza nella mia stanza registrando quello che scrivo sulla tastiera. La privacy in una società trasparente richiede un modo per proteggere l’interfaccia tra il mio corpo nello spazio reale e il cyberspazio.
Si possono immaginare sia soluzioni a bassa tecnologia che ad alta tecnologia. Una soluzione low-tech è quella di digitare sotto un cappuccio. Una soluzione high-tech consiste nel collegare la mente e la macchina in modo che possano comunicare senza produrre eventi esterni.
Le conversazioni faccia a faccia, per sfuggire all’intercettazione, dovranno far ricorso a tecnologia wireless con microfoni in gola e ricettori nelle orecchie.
Probabilmente, potremo ancora assoldare un killer in modo sicuro ma altrettanto probabilmente non lo troveremo mai poiché lui non potrà mai agire impunemente.
Lettura consigliata: The Transparent Society: Will Technology Force Us To Choose Between Privacy And Freedom?, di David Brin.
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martedì 27 novembre 2018

CRISPR

CRISPR

Sono nati in Cina i primi due bambini “geneticamente modificati”. Il genetista He Jiankui, dell’università di Scienza e tecnologia di Shenzhen, ha modificato il Dna di Lulu e Nana contecnologia Crispr/Cas9 per renderli immuni all’Hiv.

Le reazioni sono state per lo più negative, si teme una deriva eugenetica.

Ma la parola “eugenetica” sembra fatta apposta per non discutere del problema. Il primo passo è distinguerne tra due "eugenetiche":

1) Eugenetica comunitaria. Alcune persone decidono come devono essere i figli degli altri a tutela del bene comune.

2) Eugenetica individuale. Alcune persone cercano di migliorare la qualità dei loro figli.

La prima mi sembra sempre condannabile, la seconda molto meno. Direi che la seconda si realizza già tutte le volte che qualcuno, nella scelta di chi sposare, considera anche i figli che avrà con lui.

sabato 12 maggio 2018

QUANDO ARRIVA L' IA?

QUANDO ARRIVA L' IA?
Per vedere approdare l' Intelligenza Artificiale in questo mondo occorrono computer sufficientemente potenti e software adeguati. Per i primi potrebbe bastare qualche decennio, ma per i secondi? Qui il buio è fitto e le scadenze alquanto vaghe: la prossima settimana? Il prossimo secolo? ... mai? Quando in certe materie sentite parlare di “consenso tra gli esperti” diffidate, negli anni sessanta c'era un grande consenso sul fatto che ci saremmo impoveriti se non fossimo riusciti a bloccare la crescita della popolazione mondiale. Come è andata? La popolazione mondiale è esplosa come da previsioni... e ci siamo arricchiti tutti, specialmente laddove la densità di bocche da sfamare è cresciuta. Quando le previsioni hanno orizzonti secolari – ho in mente topiche quali l'IA, la bomba demografica, il clima... - l'esperto esce di scena. Qualcuno sarà più ferrato, più di altri potrà affrontare questi temi con rigore ma da qui ad essere più affidabili nelle predizioni ce ne corre. Zoltan Istvan, uno degli autori in questa raccolta di saggi, si mostra scettico sul futuro del progetto IA, secondo lui c'è in giro ancora troppa gente che ritiene che la nostra anima e il nostro corpo vengano da Dio e siano intoccabili, questa gente farà di tutto per soffocare il progetto IA nella culla. Non concordo, è solo questione di abitudine, già in passato forme più o meno lievi di transumanesimo (pacemaker, stent, protesi, vaccini...) sono state dapprima accolte con orrore e poi accettate lentamente senza problemi. La religione poi c'entra ancora meno, da sempre guardare ad un futuro lontano su cui abbiamo ben poco controllo ci inquieta, quanta gente oggi salta con con disinvoltura dai discorsi sui cambiamenti climatici a quelli apocalittici senza essere particolarmente religiosa? Ma a nutrire l'ottimismo c'è il fatto che siamo in tanti con tante ideologie, tante fedi, e soprattutto senza un governo mondiale: se una cosa si puo' fare qualcuno prima o poi la farà rendendo vana la moratoria degli altri, in queste condizioni il blocco di una tecnologia diventa arduo, viaggiamo su un treno senza freni dove è velleitario dire “voglio scendere”. Personalmente, per quel che vale, sono cautamente ottimista anche nel merito, siamo sopravvissuti e abbiamo beneficiato di intelligenze spaventose come quelle di da Vinci, Einstein o Von Neumann, faremo altrettanto anche con le superintelligenze delle macchine.
david friedman future imperfect

CATO-UNBOUND.ORG
Robot citizenship? Saudi Arabia just granted it. What about cyborgs? Or transhumans? This month we look at the politics of the singularity.

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ABUSO DI COSCIENZA

ABUSO DI COSCIENZA
Ci sono ormai molti programmi per computer in grado di “conversare” con noi, ma come decidere allora quando un software è una persona? In fondo la definizione di “persona” potrebbe coincidere con quella di “software che gira su un hardware chiamato cervello”, se poi la materia prima dell' hardware sia il silicio (computer) piuttosto che il carbonio (corpo umano) questo non dovrebbe fare molta differenza. Resta però un problemino: la coscienza, e in questo senso Turing ha offerto una via per aggirarlo, se non per risolverlo una volta per tutte. Da sempre i filosofi che si occupano di Intelligenza Artificiale si sono bloccati su questo punto relativamente “facile” oscurando così quello difficile, ovvero il fatto che, quand' anche avessimo a che fare con “persone”, si tratterebbe comunque di persone molto differenti da noi, che pongono problemi differenti dai nostri. Esempio: se copio uno di questi software su un altro computer sono di fronte alla medesima “persona”? E se lo copio senza cancellare l'originale? Se spengo il computer che ospita una “persona” commetto un assassinio? E se lo spengo dopo averne salvato il contenuto, scampo la terribile accusa? La “persona” che gira su un certo computer lo possiede come io posseggo il mio corpo? Se una “persona” accumula delle ricchezze, quando si copia o è copiata altrove senza cancellarsi deve condividere il 50% dei suoi possedimenti con la sua copia? Le copie sono responsabili dei contratti stipulati dall'originale quando l'originale si cancella? E quando non si cancella? Se una “persona” potesse votare, potrebbero votare anche le migliaia di copie realizzabili in pochi secondi da lei o da un terzo? Ci sono dei limiti morali che il programmatore deve osservare quando scrive un “software-persona”? Puo' per esempio programmare uno schiavo? Dovremmo considerare il programmatore una sorta di genitore con dei doveri morali verso il suo “software-figlio”? E i doveri delle macchine-persone che scrivono programmi-persona sarebbero gli stessi? Se una macchina potesse leggere il programma inscritto nel mio cervello e lo riportasse su un altro hardware, la mia identità che fine farebbe? E se rimanessi ucciso nell'operazione potrei considerarmi morto o solo “trasferito” senza il mio consenso (sequestrato)? Questi ed altri problemi sono rimasti a lungo nell'ombra poiché quello della coscienza ha occupato indebitamente l'intera scena troppo a lungo.

david friedman future imperfect

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lunedì 26 marzo 2018

7 - Il web e l'applicazione dei contratti mediante la reputazione SAGGIO/SUNTO

Denunciare qualcuno è fastidioso, ma sul web puo’ essere anche peggio. magari nemmeno sai bene chi ti ha fatto lo sgarbo. E poi, quale giurisdizione adire?

Alternativa al tribunale: la reputazione. Su internet l’azione in tribunale è più costosa ma i meccanismi reputazionali funzionano meglio.

Non avere nessuno che vuole fare affari con te puo’ essere una pena ancor più dura che subire una sanzione.

Cosa vende eBay? Non vende merci, vende servizi. Servizi di garanzia. Fornisce reputazione. Aggirare i suoi algoritmi falsificando le recensioni è possibile ma costoso. Il concorrente puo’ fingersi cliente ma funziona solo dove gli operatori sono pochi.
L’effetto reputazionale è un effetto collaterale: all’acquirente interessa altro. Non ha ragioni immediate per punire o premiare il venditore. Ma sul web anche la piccola info che rilascia circa la sua soddisfazione è catturata a basso costo da tutti e valorizzata.

Ma l’info è autentica? Il dubbio puo’ rendere le cose peggiori rispetto ala disinfo. Come ovviare: con l’arbitrato. Nei settori con pochi operatori e poche transazioni ad alto valore già esiste. L’arbitro emette una sentenza che, anche senza essere esecutiva, ha effetti reputazionali. Ma il cliente pulviscolari non sa a chi rivolgersi? E qui la rete, con i suoi CT bassi, fa la differenza.

Io e te stipuliamo un contratto indicando un arbitro e tutti e tre firmiamo rendendo nota la chiave pubblica. Poi io non assolvo e rigetto la sentenza dell’arbitro: tutto puo’ diventare pubblico a costo zero: la mia inadempienza, il mio rifiuto ma soprattutto la mia prima accettazione dell’arbitrato. I costi di transazione di tutto questo sono vicini allo zero.
Arbitri anziché giurisdizioni. Io, per esempio, giro sul web con nel mio browser i nomi degli arbitri che accetto.

La legge diventa una legge privata, come al tempo della Lex Mercatoria. Anche l’anonimia puo’ essere garantita.

Nel mondo reale la mia identità è legata a una faccia, sul web a una doppia chiave. Ogni chiave ha una reputazione, chi falla puo’ ricominciare cosicché chi non falla ma inizia è equiparato a chi ha fallato. Come rimediare? Anche nel mondo fisico esiste il problema del reputazione iniziale. Lo si affronta ostentando i propri investimenti: la banca ha sede in un palazzo pieno di marmi (messaggio: non scappo, ho investito tanto, sono affidabile). Sul web faccio altrettanto: investo in pubblicità, in cause filantropiche (segnalo con qs investimenti a lungo termine che sono qui per rimanerci). In alternativa posso dare una cauzione a un arbitro famoso, per esempio eBay.

E in caso di furto della firma? Blocco tutto, come con le carte di credito.


Conclusione: ci attendiamo uno spostamento dai tribunali agli arbitrati, dalle pene sanzionatorie alle pene reputazionali.