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mercoledì 9 dicembre 2020

ESTETICA POP

 COME GIUDICARE LA MUSICA POP


La letteratura di genere è vista come una letteratura scritta con una mano legata, occorre fare del proprio meglio osservando dei vincoli. In assoluto, il prodotto risulterà necessariamente inferiore alla letteratura pura, e questo sarà tanto più vero quanto più i vincoli saranno stringenti. Tuttavia, la performance dello scrittore potrebbe essere molto apprezzabile. Faccio un esempio, i vincoli del giallo sono decisamente stringenti e George Simenon difficilmente potrà mai rientrare nel canone occidentale, tuttavia sarà sempre uno scrittore degno della massima ammirazione, anche se paragonato ai massimi letterati. Infatti è proprio così ed è giusto che sia così.

Ecco, per la musica pop la sfida è simile: fare buona musica avendo come vincolo di rientrare nella Top Ten.

sabato 19 ottobre 2019

TED GIOIA

La tesi di Ted Gioia è chiara: così come la società si rigenera nelle follie del carnevale, anche alla musica servono regolari infusioni di erotismo, violenza e trasgressione dionisiaca per essere vivificata. L'artritica tradizione va periodicamente demolita e fatta ripartire. Le idee innovative non le trovi in Cattedrale o nei Conservatori ma nella polvere della strada, vengono dagli schiavi, dai criminali, dai diseredati, dagli stranieri, dagli sradicati. La musica è musica del Diavolo e non deve piacere a mamma e papà. Faceva bene Platone a diffidarne e s'illudeva Pitagora nel suo tentativo di imbrigliarla con la matematica. La musica è trance più magia. Quando il ribelle viene fagocitato e codificato dalle istituzioni - cio' che nasce nel South Bronx finisce alla Carnegie Hall - è tempo ne irrompa un altro più cattivo e irrispettoso dei predecessori. Solo le passioni distruttive sono passioni creative. Capitoli sorprendenti dedicati all'uxoricida Gesualdo e a quel beone erotomane di Bach. Un po' meno sorprendenti dedicati a Sid Vicious e Charles Mingus.
Sarebbe piaciuto ad Antonio Lodola.
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A preeminent music historian and critic presents a global history of music from the bottom upHistories of music overwhelmingly suppress stories of the outsiders and rebels who created musical revolutions and instead celebrate the mainstream assimilators who borrowed innovations, diluted their imp...
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martedì 1 ottobre 2019

LA PACE CULTURALE

LA PACE CULTURALE
Ci sono guerre culturali per tutto tranne che per la cultura, ovvero per i gusti letterari e artistici.
Ai miei tempi i tuoi gusti culturali parlavano di te, andare a un concerto degli Abba era una forma di suicidio sociale. Oggi conta di più il vino che scegli da abbinare al risotto.
SPECTATOR.CO.UK
At present we have a series of ‘culture wars’ over a wide range of issues — race, gender, sexuality, power and privilege. But the one culture war we don’t have any more is over culture. Yes, we fight…

giovedì 8 agosto 2019

IL RITAGLIO (le mie ossessioni musicali)

IL RITAGLIO (le mie ossessioni musicali)

C’è poi la fase in cui i figli si mettono a ritagliare. Intere giornate dedicate a questa attività, alla fine (intorno all’ora di cena) il genitore si sente sia appagato che scorato: appagato nel vedere la fantasia dei suoi bambini riflessa nel profilo abbozzato di quelle effimere immaginette ricavate dai fogli di carta, scorato per il disordine dei ritagli che regna nella stanza. Con questa mista disposizione d’animo si accinge a separare il grano dal loglio destinando quest’ultimo alla pattumiera bianca. Ogni tanto un figlio lancia l’allarme: “non buttarlo! è la pecorella del pastore!”. Hai confuso il ritagliato con il ritaglio, capita, molto spesso si somigliano. Ma è davvero la pecorella del pastore quella che hai in mano? Mah, il sospetto ti viene, sembra che i bambini siano particolarmente inclini a vedere le cose anche dove nessuno le ha progettate.

Quando l’uomo si è “ritagliato” un linguaggio su misura per comunicare ha creato lo stesso casino, senonché non è passato nessun genitore a buttare nella spazzatura bianca i ritagli, sono rimasti lì, poi qualcuno con il tempo c’ha rimesso mano trafficando con gli avanzi e ha battezzato il tutto: arte. Musica, per esempio.

Nella storia dell’uomo la musica non ha nessun significato, è roba da buttare in spazzatura. Senonché, ogni tanto si alza un “bambino” particolarmente geniale ad implorarti di non buttarla via perché in realtà significa questo e quello e per lui è particolarmente preziosa.

Tra l’immaginetta e i ritagli c’è lo stesso rapporto che c’è tra il linguaggio naturale e la musica. Le immaginette hanno un riferimento ben preciso, ma con un po’ di fantasia ce l’hanno anche i ritagli, in realtà ne hanno più di uno, tutti collocati in quel territorio a metà strada tra arbitrio e precisione. E’ la terra dell’immaginazione, o della fantasia.

Capire e godere dell’arte consiste nell’esercitare questa fantasia che associa a una “forma” un significato, anche se quella forma non è stata progettata per rinviare ad alcun significato. L’esercizio è tanto più divertente e tanto più facilitato dalla ricchezza delle forme con cui ti confronti, ma anche dalla ricchezza della tua esperienza e della tua cultura. Se hai visto tante cose potrai capire meglio che forma assumono le nuvole in cielo.

martedì 2 luglio 2019

A CHE SERVE LA MUSICA?

A CHE SERVE LA MUSICA?

1) A niente (Steven Pinker). E’ solo materiale di risulta che ha prodotto l'uomo nello sforzo di forgiare il suo linguaggio.

2) A corteggiare (Charles Darwin). Pensa solo a quante avventure hanno le rock star!

3) A produrre un legame sociale (Daniel Levitin). Pensa al coordinamento che necessità ballare o cantare insieme una musica.

4) Allo sviluppo cognitivo (Sandra Threub). E’ un buon modo per preparare un bambino alle sfide cognitive che lo attendono (per esempio, imparare una lingua naturale).

IMO: 15-35-40-10

martedì 4 giugno 2019

MUSICA E GIOCO

MUSICA E GIOCO

Musica e gioco sono attività saldamente interconnesse, è il linguaggio stesso a testimoniarlo: in inglese “suonare” si rende con “play”.

Capire meglio il gioco ci fa capire meglio il mistero della musica. Diciamo allora che esistono giochi legati alla fisicità, altri alla narrazione e altri ancora alle regole. I bambini possono divertirsi correndo e saltando, oppure ascoltando delle storie e identificandosi nei vari personaggi, oppure ancora sfidandosi secondo certe regole prestabilite. I giochi più belli non trascurano nessuna di queste dimensioni. Prendi il calcio: si corre e si salta. Ogni partita propone poi una sua “storia” appassionante. Inutile aggiungere che la bellezza svanisce se i giocatori barano sistematicamente e non osservano certe regole ben precise.

Ecco, le dimensioni della musica sembrano simili: ritmo e timbro ci sollecitano una risposta fisica, la melodia propone una sua linea narrativa e l’armonia viene meglio apprezzata se si conoscono le regole che ne stanno alla base. Una buona musica sa valorizzare tutto questo potenziale.

Forse la bellezza è una sorta di equilibrio misterioso tra questi due fattori: una musica che punti troppo sulla risposta fisica si ridurrebbe ad un “allenamento motorio”, una dedita esclusivamente al racconto potrebbe essere sostituita con un buon romanzo mentre la settimana enigmistica è il miglior succedaneo alle musiche cervellotiche. Eppure a noi la musica sembra proprio insostituibile. Perché?

Magari la soluzione è più semplice di quel che si pensi: la musica è solo un gioco tra i tanti.

martedì 28 maggio 2019

APPLAUSI

E se io volessi applaudire tra un movimento e l'altro di una sinfonia!?

In fondo, dopo un'aria d'opera è concesso.

mercoledì 22 maggio 2019

Perché ci piace una musica? SINTESI FACEBOOK

LE 3 FUNZIONI DELLA MUSICA
1) Piacere neurofisiologico (vedi Daniel Levitine).
2) Soddisfazione psicologica (vedi Mihaly Csikszentmihalyi).
3) Identificazione personale (vedi Robin Hanson).
Sapere a cosa serve ci aiuta a capire quando è bella.

*****


Perché ci piace una musica?

Una musica ci piace: 1) se conforme alla nostra fisiologia, 2) se si propone come gioco divertente, 3) se aumenta il nostro status in società.


Per assolvere a 1 deve essere semplice. Per assolvere a 2 deve essere sufficientemente complessa (tale da produrre un effetto “flusso”). Per assolvere a 3 deve essere in grado di produrre identità.

Le musiche sbagliate sono quelle eccessivamente banali, oppure cervellotiche, oppure troppo astratte o museali. Queste caratteristiche sono relative, dipendono dal soggetto che ascolta. A non essere relativo, forse, è l'effetto che producono sul soggetto che ascolta.

Identificati questi elementi, ci possiamo fare un'idea di cosa sia la "bellezza".

sabato 18 maggio 2019

LINK la scomparsa del dilettante

 Oggi l'apprendimento delle lingue non inizia più con la morfologia e la sintassi ma con la conversazione, come avviene del resto nell'apprendimento della lingua materna, e la morfologia e la sintassi sono riservate a un momento successivo dello studio. La tecnica pura continua invece a precedere o per lo meno ad accompagnare cocciutamente l'apprendimento della musica.  E questo è un segno della mancata evoluzione della didattica, uno dei motivi della progressiva rarefazione dei dilettanti che la musica dovrebbero studiarla da dilettanti.

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venerdì 29 marzo 2019

Fare dischi o fare musica?

Fare dischi o fare musica?

Parto in quarta con Giovanni Paolo II: “’Tra tutte le cose poco importanti, il calcio è la più importante”. Personalmente sostituisco al calcio la musica pop.
Ciò che affascina in una canzone pop è il nostro rapporto con lei. Non possiamo metterla sotto la lente uscendo di scena, la tradiremmo. Insieme a lei, siamo noi i protagonisti. Non puo’ esserci interesse per il pop disgiunto dall’interesse per il suo lato umano.
E’ possibile prendere la musica sul serio senza espellere la vita che contiene? In genere sì. Ma nel caso del pop la risposta è un sonoro “no”.
Il pop è essenzialmente una colla che attacca alla canzone cose diverse e eterogenee. I Beatles sono stati degli eccellenti produttori di questa singolare colla.
Ascoltando i Beatles rischiamo di perdere molto: il mestiere è stato oscurato dall’ abilità artistica, l’abilità artistica è oscurata dai significati e i significati sono oscurati dalla leggenda. In genere viene  sottovalutato il versante artigianale perché viene sopravvalutato il loro significato.
Il loro merito principale: aver rotto la legge di Menand. Louis Menand: nessuna carriera nello show-business può durare più di tre anni (in realtà Menand l’applicava con una piccola variante anche i B.: tre anni scanzonati e tre anni psichedelici).
Tesi eretica: il primo periodo fu quello in cui il genio collettivo dei Beatles operò a pieno regime.
La loro umiltà: non si sentivano limitati dal fatto di fare musica per ragazze di quattordici anni.
La falsa opposizione tra rock e pop non era ancora stata inventata. Oggi è l’ultimo rifugio delle “canaglie”.
L’abilità dei B: fare dischi ottimi, non solo canzoni notevoli. Le abilità canore, di composizione, di arrangiamento, di accompagnamento e di produzione confluivano armoniosamente in un’unica abilità: fare dischi. Furono i primi a fare dischi prima ancora di fare musica, e furono i migliori.
Non erano grandi autori: i loro testi del primo periodo erano banali. Tuttavia, le loro canzoni erano eccellenti, e le canzoni sono l’ingrediente vitale dei dischi. Come spiegarlo? Chiedetevi perché.
Un’ipotesi: la loro geniale stenografia musicale. Nessun preambolo in “All My Loving”, “Penny Lane”, “Eight Days A Week” o “No Reply”. “Help”, poi, inizia come un salto da una scogliera.
Conoscevano il segreto di una buona esibizione (vale per i concerti, per i discorsi e anche per i post): inizia da metà e finisci tagliando. In scena suonavano come se dovessero liberare il palco da un momento all’altro.
Tutta una questione di alchimie. Esempio: anche se Ringo non fu il miglior batterista DEI Beatles, fu sicuramente il miglior batterista PER i Beatles. Chiedetevi perché.
Esempio di fusione nucleare: Lennon e McCartney. Due ragazzi “normali” che in qualche modo hanno trasformato le loro differenze nel più grande dividendo creativo di sempre. Erano i contributi dell’uno alle idee dell’altro che faceva scoccare la scintilla.
Lennon e McCatney erano “in gamba”, non preparati. Vi prego di meditare la differenza.
Non violarono solo la “legge di Menand” ma tutta una serie di “leggi”.Iniziarono fin da subito giungendo dalla provincia inglese in un’epoca in cui sembrava impossibile che qualcosa di significativo potesse uscire da lì. La violazione della statistica sparge felicità e speranza ovunque.
Il pop è una scintilla. Una scintilla vitale. Avete presente quel piccolo bagliore che si accende sulla punta del dito di Dio all’atto della creazione? I B accendevano scintille a raffica. Un robot puo’ essere complicatissimo ma non sarà mai vitale quanto un neonato.
Vogliamo usare un termine per descrivere la loro musica degli inizi? Orecchiabile. Una canzone orecchiabile ti entra dentro e ti accompagna vivendo con te la tua vita. E’ questa qualità che aggancia chi ascolta.
La loro musica è zeppa di dettagli – la coda di “Hello Goodbye”, l’intro di “Here, There And Everywhere…” – ciascuno dei quali si dà il cambio e passa qualche giornata con te.
La musica pop è un virus. Il virus non possiede la complessità di un grande animale, le sue virtù sono altre: deve entrare in un organismo e invaderlo moltiplicandosi. Lui c’è ma non lo vedi, mentre a un elefante non ci pensi a meno che ti compaia davanti per farsi ammirare. I B hanno saputo colonizzare il nostro immaginario.
Nei B c’è lo sprezzo dell’inconsapevolezza, la noncuranza di chi vive nell’abbondanza, pensiamo solo alla serie di meravigliose canzoni mai pubblicate come singoli. Ricordiamoci poi che pezzi come “Penny Lane” o “Strawberry Fields Forever” – presenti in molte liste dei migliori singoli di sempre – sono stati lasciati fuori da Sgt. Pepper’s.
Questa noncuranza rinvia ad un altro segreto del pop: la mancanza di riflessione. Tutto si svolge su un unico piano privo di qualsiasi metafisica.
Canzoni semplici ma anche piene di  piccoli misteri: la superficie scintillante di “We Can It It Out” ti incanta, ma alla fine ti soffermi ancora di più su quella sezione centrale deliberatamente sgraziata.
Niente nella musica pop è più potente di un brivido che contiene la promessa di ulteriori brividi. Nessuno formula quella promessa in modo più attendibile dei Fab Four. e faccio presente che la fisiologia del brivido è la medesima, sia che provenga da Bach che dai Beatles.
Il loro marchio di fabbrica egli esordi è la gaiezza. Anche quando la canzone doveva essere l’accorata richiesta di soccorso di un uomo distrutto, come in “Help!”, finisce per suonare tutto come immerso in una gioia contagiosa.
Ancora oggi, se metto un loro disco, le pareti della casa acquistano nuova energia. E’ una musica che ha solo uno scopo: rendere le persone felici. Purtroppo per i critici del rock, tutto questo non è molto complicato.
Una canzone dei B prima maniera ci abbraccia in un amplesso, la corsa precipitosa verso il delirio è segnalata dal sussulto di gioia (con le frangette tremolanti) che annunciava l’interruzione per uno stenografico solo di chitarra (che non ha mai annoiato nessuno sulla faccia della terra).
Oggi la felicità ci imbarazza ma i B sono nati con la guerra, sotto le bombe; la musica dei loro genitori mirava all’evasione, a far dimenticare i guai, la loro ci fornisce un’estasi di 3 minuti (che assapora al meglio chi sa quanto la vita sia dura). Con l’avvento del torpore portato dall’abbondanza siamo tutti più blasé. Oggi nessuno mette più in relazione il pop con la felicità.
La miscela emotiva di un disco “giusto” nasce dall’unicità di una performance particolare in studio di registrazione, ce lo dicono i più grandi session men: “è qualcosa di difficile da catturare”, occorre provare e riprovare.
L’errore dei rocker: pensano che la grandezza del pop riguardi il soul e l’ispirazione, nonché il fatto di “avere cuore”. L’alternativa ce la indicano i B: il segreto stia in quei piccoli dettagli che rendono la melodia “pop”, nel senso di esplosiva. Una piccola esplosione che svanisce portando con sé la promessa di altre piccole esplosioni. Non a caso, per i session man, il termine “pop” è un verbo prima ancora che un nome.
Forse potremmo rendere il concetto parlando di “produzione”, lì dentro c’è tutto quello che deve essere sapientemente miscelato. E forse, nella produzione, c’è anche la vita ancora povera di eventi dell’adolescente che ascolta.
Mi sono sempre chiesto come un adolescente potesse apprezzare la musica. Se la musica è riuscita quando muove nel senso giusto la nostra esperienza, come puo’ goderne chi di esperienza è privo? Colla, virus, scintille, neonati e brividi sono le analogie che mi aiutano a rispondere.
Lettura consigliata: David Hepworth, The Beatles Are Underrated.
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