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sabato 25 gennaio 2020

LA RELATIVITA’ SPECIALE E’ MOLTO MENO SPECIALE DI QUANTO SI CREDA.


LA RELATIVITA’ SPECIALE E’ MOLTO MENO SPECIALE DI QUANTO SI CREDA.


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Per il senso comune:
1) Esiste il libero arbitrio (almeno un cicinin).
2) Un fenomeno o 1) NON esiste ancora, o 2) esiste, o 3) NON esiste più o 4) NON esisterà mai. Ergo: le cose esistono solo al presente.
3) Il tempo è irreversibile.
Per la scienza (relatività speciale):
1) Tutto è determinato in anticipo.
2) Un fenomeno puo’ essere contemporaneamente nel presente, nel passato e nel futuro. Ergo: le cose nel passato e nel futuro esistono.
3) Si puo’ viaggiare anche indietro nel tempo.
Non è facile comprendere come mai la scienza giunga a simili bizzarre conclusioni. Un modo per intuirlo è quello diimmaginare che esistano tanti “sistemi di riferimento” differenti che offrono punti di vista differenti sulle cose, tutti oggettivi (ma relativi). Esempio, per me che appartengo ad un certo sistema l’evento E è nel passato, per te che appartieni ad un altro sistema l’evento E è nel presente. Siccome sia io che te siamo osservatori oggettivi, concluderemo che l’evento E è sia nel passato che nel presente. Non solo, siccome il passato rende l’evento E determinato (una cosa già successa non si puo’ cambiare), e siccome un evento non puo’ essere sia determinato che indeterminato, allora il libero arbitrio non puo’ esistere visto che si dovrebbe espletare in eventi che per molti osservatori sono già nel passato. Non solo, siccome io e te vediamo la stessa cosa ma in tempi diversi, basterà che io mi sposti nel tuo sistema di riferimento per viaggiare nel tempo, anche all’indietro!
Ma scienza e senso comune sono in qualche modo riconciliabili? Forse sì, pensiamo a cosa succede quando leggiamo l’Odissea. Tutti noi pensiamo ad Ulisse come a un uomo libero, il fatto che viva le sue avventure nel passato e che quindi siano in qualche modo già scritte – un po’ come il fato -non ci crea problemi logici. Aggiungo, per prevenire obiezione, che anche nel mondo immaginato dalla scienza non è possibile un’azione di interferenza tra sistemi di riferimento differenti, cosicché l’analogia sembra reggere. Anche il fatto che l’incontro con Polifemo avvenga “per noi nel passato” e “per Ulisse nel presente”, non ci crea alcun problema. Oltretutto, nella mia lettura trasognata posso anche immaginare di essere vicino ad Ulisse senza per questo dover credere alla reversibilità del tempo. Insomma, basta trasformare l’universo della relatività speciale in una “storia” e la scienza si riconcilierebbe senza problemi con il senso comune: quello che la scienza chiama “tempo relativo” è solo il fatto che per un “osservatore del presente” l’evento E accade nel passato mentre per un “osservatore del passato ” lo stesso evento E accade nel presente. Detto così cio’ che accade nel fantastico mondo della “relatività speciale” risponde all’esperienza che facciamo tutti i giorni, il che ci consente di dire che solo le cose presenti esistono. Non sembrerebbero sorgere gravi problemi.
Eppure la storia ci dice che di problemi ne sono stati sollevati, che l’inconciliabilità è stata sollevata a più riprese. Chi sono i “colpevoli”? Io ne individuerei due su tutti:
1) IL FILOSOFO SOFISTA. Al resoconto di cui sopra un filosofo agguerrito potrebbe replicare che i fautori del senso comune si sono limitati a uscire dalla trappola trasformando l’ “osservatore ordinario” in 1) “osservatore presente” + 2) “osservatore passato” + “osservatore futuro”. Comodo. Ma quanto detto per l'”osservatore ordinario” puo’ essere ripetuto per tutte le figure derivate. Insomma, la scappatoia escogitata per riconciliare senso comune e scienza puo’ essere elusa riproponendo le paradossali tesi di partenza alle nuove figure di osservatori. Questo è vero, com’è vero che sarà sempre possibile replicare a questa contro-mossa nel medesimo modo, e così via in un regresso continuo. A questo punto occorre chiedersi a chi nuoce il regresso continuo delle ragioni, e la risposta è facile: al sofista, ovvero a chi nega il senso comune. E’ infatti lui che deve spiegare perché mai la realtà dovrebbe deviare da cio’ che appare di senso comune, e poiché il regresso continuo non spiega nulla – visto che propone solo ragioni senza fondamento – è lui a ritrovarsi con il cerino in mano.
2) LO SCIENZIATO ADORATORE DELLA MATEMATICA. La matematica è uno strumento miracoloso di conoscenza, talmente miracoloso che molti “scienziati esteti” si dimenticano che è solo uno strumento, e non l’oggetto della conoscenza stessa. In questi casi da strumento, diventa un culto. Il fatto che la matematica mappi bene il territorio fa sì che molti scienziati/filosofi la confondano con il territorio. In questi casi il modello matematico cessa di essere una mappa da interpretare per orientarsi agevolmente sul territorio e diventa essa stessa un territorio da contemplare senza più il filtro di un’interpretazione. Ecco allora che se il modello matematico propone un’astrazione atemporale, per gli adepti al culto anche l’universo diventa automaticamente una realtà atemporale dove passato, presente e futuro coincidono e dove il tempo si trasforma in una variabile come le altre, una sorta di spazio che possiamo percorrere in tutte le direzioni. Ecco, per tornare al senso comune basta liberarsi da questo culto estetico e sfatare un incanto seducente ma fuorviante.
Risultati immagini per relatività speciale

giovedì 3 ottobre 2019

LA BANANA GIALLA

Una persona cieca, sorda e amorale potrà mai comprendere in modo oggettivo il mondo in cui vive?
Per la scienza sì: in fondo il mondo non ha colori, non produce suoni, non contiene una morale.
Per il senso comune no: pittura e musica, per esempio, esistono; così come esiste una morale. Chi potrebbe metterlo in dubbio?
Ecco, questo libro parteggia per il senso comune. E voi?
P.S. Ma come puo’ la scienza evitare di confrontarsi con realtà che al senso comune appaiono tanto evidenti? Facile: si limita a descrivere i comportamenti delle cose anziché le cose. Si limita ai “modi” trascurando le “essenze”.
Questo approccio ha avuto un successo dirompente negli ultimi secoli, molti filosofi hanno dichiarato guerra alle “essenze”, probabilmente per le sue implicazioni morali: trattasi di un concetto che porta con sé quello di natura, e quindi di perversione (o malattia). Esempio: la mela che per tutti è rossa, per Franco, daltonico, è verde. Chi la vede rossa potrebbe pensare a Franco come a un pervertito e perseguitarlo, oppure imporgli delle cure mediche, questo anche se Franco è contento di vedere il verde nelle mele e sta bene così com’è.
Tuttavia, si noti, che lo zelo dei filosofi che hanno osteggiato con tanto vigore le “essenze” appare eccessivo, e oggi sono in molti a segnalarlo. La vicenda di Franco ha a che fare con il colore delle mele, non con l'esistenza del colore. Direi che postulare l'inesistenza oggettiva dei colori significa far fuori il bambino con l'acqua sporca, ovvero far fuori il senso comune.

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Actuality and potentiality, substantial form and prime matter, efficient causality and teleology are among the fundamental concepts of Aristotelian philosophy of nature. Aristotle's Revenge argues that these concepts are not only compatible with modern science, but are implicitly presupposed by m...

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mercoledì 18 settembre 2019

Fisica e metafisica (saggio) + metafisica e immanentismo - pro e contro la metafisica RIFLESSIONE

Il metafisico riflette sull'essere e lo considera eterno.

Il metafisico pensa all'essere come al fondamento. Prima viene l'essere, poi le cose.

In quest'ultimo passaggio il metafisico si contrappone all'immanentista per cui sono le cose a generare l'essere.

Per l'immanentista le cose ci spiegano l'essere, o per lo meno ci forniscono dell'essere una conoscenza induttiva.

Per il metafisico è la conoscenza dell'essere che ci fa conoscere in modo deduttivo le cose.

Per l'immanentista le cose ci inducono la conoscenza divina.

Per il metafisico è la conoscenza divina a illuminarci sulle cose.

Si noti che l'immanentista non nega la conoscenza di enti metafisici. Perché? Visto che nn ci illuminano sulla realtà non sarebbe meglio negarli e morta lì?

L'immanentista non trascura la realtà metafisica per il semplice fatto che gli sembra probabile. Se ci è naturale dire che la banana è gialla, ci è anche naturale dire che probabilmente il giallo esiste. Per l'immanentista la semplicità s'incarna nella maggiore probabilità e non in altro. In qusto senso assomiglia all'empirista.

A volte le prove che un certo ente metafisico non esista in sè ci sono: il giallo, potrebbe dire lo scienziato, è solo una frequenza d'onda. In questo caso si accetta l'appunto. ma altre volte la prova del contrario non viene fornita. Esempio: quell'uomo è buono, quindi la bontà esiste.

Possibile conclusione: gli enti metafisici esistono, negarli è un errore ma non illudiamoci di cominciare da loro per capire la nostra realtà. E' dalla nostra realtà che bisogna partire. Sempre. Per capire la bontà dobbiamo vedere gli uomini buoni in azione, non possiamo farlo a tavolino.

Esempio: il divenire esiste? Sì, lo vediamo dalle cose. Partiamo da questa constatazione per capire meglio il mondo metafisico. Chi in passato è invece partito dalla metafisica è arrivato fino a negare il divenire, il che costringe a contorsioni intellettuali non da poco per far quadrare i conti con la realtà.


Fisica e Metafisica


Non ho mai studiato seriamente né fisica né filosofia, quindi l’argomento per me è ostico, eppure lo sento come importante e quindi vorrei chiarire innanzitutto a me stesso qualcosa che ritengo importante.
Il metafisico studia l’essere, ovvero il fondamento, ovvero cio’ che hanno in comune tutte le cose, cio’ che viene prima delle cose concrete. Lo scienziato studia invece  le cose concrete.
Con un’analogia penso alla metafisica come alla cornice e alla fisica come a un quadro. Se avete dubbi su questa analogia vi invito a sospenderli e a leggere quanto segue.
Della cornice si occupano i filosofi, del quadro gli scienziati. Un tempo i filosofi erano tenuti in gran conto, anzi, erano una figura esclusiva, anzi, lo scienziato era detto “filosofo naturalista”. Ma con la modernità il loro ruolo della filosofia perde di peso, si afferma lo scienziato puro, finché i ruoli sono ribaltati e i filosofi vengono praticamente esclusi dal regno della conoscenza, di cui la scienza rivendica il monopolio. Per loro è una botta non da poco.
Domanda: occorre recuperare la metafisica? E perché è stata abbandonata?
Prima di rispondere occorre sbrogliare alcune ambiguità, e in questo senso puo’ soccorrerci la metafora del quadro e della cornice. Chiedetevi allora se le cornici esistono. Molti anti-metafisici risponderebbero di no, ritengono che la loro presenza sia illusoria. Ecco, se l’anti-metafisica è incarnata da questo atteggiamento il recupero della metafisica è urgente: sembra abbastanza ovvio che le realtà non fisiche esistano e siano fondamentali. Pensate solo al libero arbitrio, poiché la scienza non è mai riuscito a dimostrarne l’illusorietà la cosa più ragionevole da fare è assumerne la presenza.
Ma spesso l’anti-metafisico è più sottile, dice che piiché la conoscenza delle cornici è alquanto dubbia e comunque non interferisce sulla conoscenza dei quadri, quindi possiamo accantonarla come irrilevante e far finta che non esista.
Qui c’è qualcosa di vero, soprattutto se si hanno in mente i bei tempi in cui la metafisica aveva la pretesa di porsi come guida della scienza, oltre che come sua cornice. Ci sono filosofi metafisici che studiando l’essere affermano l’illusorietà del divenire (Severino) e pretendono che la scienza venga esposta adeguandosi a questa loro bizzarra esigenza. Assurdo.
Ma anche dalla posizione dell’anti-metafisico meno ingenuo c’è comunque qualcosa da cui mi dissocio, il fatto è che se le cornici esistono, esistono. Perché far finta di no? Non solo, magari la conoscenza delle cornici non influisce sulla conoscenza del quadro ma quest’ultima influisce sulla prima, che è quindi possibile.
Ecco, la metafisica è ancora sensata se non pretende di essere una conoscenza guida per la fisica. E’ la fisica, ovvero la realtà di tutti giorni, a dirci qualcosa sulla metafisica, ovvero sulla realtà ultima. In termini epistemologici è la fisica che viene prima della metafisica e non viceversa. La fisica ci fa intuire la metafisica sottostante. Ci dice qualcosa di parziale, di induttivo, ma non di irragionevole.
Adesso l’analogia è meglio illuminata poiché anche tra cornice e quadro c’è una precedenza ben precisa: è la cornice che segue il quadro.
Ecco infine un caso specifico: non è la conoscenza di Dio a vincolare la nostra conoscenza scientifica ma è la conoscenza scientifica che ci parla di Dio, ce ne parla in modo imperfetto, in modo provvisorio ma anche in modo sensato. Anche per questo la teologia naturale – ovvero la teologia che inferisce Dio dai fatti della natura – è quella più sensata e in linea con la modernità.