sabato 30 novembre 2019

dualismo cristiano

il dualismo cristiano non è cartesiano.

il dualismo cristiano non è sostanziale. ovvero: l'uomo non è fatto da carne più spirito.

il dualismo cristiano è proprietario: l'uomo ha sia proprietà spirituale che carnali.

dimostrazione: prendi un uomo e toglia le sue unghie. è ancora lui? sì. toglili un braccio. è ancora lui? sì. comincia a smontarlo. è ancora lui? sì. quando hai tolto tutto il corpo è ancora lui? sì. ma allora quello che sembrerebbe puro spirito conserva proprietà corporee, altrimenti l'anima non potrebbe essere l'essere umano visto che quest'ultimo è anima e corpo insieme..

TU E IL TUO BACKUP

Per caricare la mente di una persona in un ambiente digitale, dovrebbero essere risolte almeno due sfide tecniche. Innanzitutto, avremmo bisogno di costruire un cervello artificiale standard fatto di neuroni simulati. In secondo luogo, avremmo bisogno di scansionare il cervello biologico reale di una persona e misurare esattamente come i suoi neuroni sono collegati tra loro al fine di porci in grado di plasmare allo stesso modo, tramite una stampante, quel modello nel cervello artificiale standard. Nessuno sa se questi due passaggi potrebbero davvero ricreare la mente di una persona o se anche altri aspetti più sottili della biologia del cervello devono essere copiati, in ogni caso si tratterebbe di un buon punto di partenza.
Supponiamo che decida di sottoporre a scansione il mio cervello e di caricare la mia mente su un pc. Nessuno sa cosa comporterà il processo, ma poniamo che una mente cosciente si risvegli nel pc e dia delle risposte alle mie domande. Quella mente ha la mia personalità, i miei ricordi, la mia saggezza e le mie emozioni... la mia anima. Lui stesso pensa di essere me. Può imparare e ricordare cose nuove, le sue connessioni sinaptiche continuano ad evolvere con l'esperienza esattamente come le mie.
Ipotizziamo che il mio emulatore si ritrovi in un ambiente di videogiochi simulato. Se quel mondo è reso bene, assomiglierà molto al mondo reale e il suo corpo virtuale sembrerà un corpo reale. Forse il mio emulatore convivrà con un'intera popolazione di altre persone caricate digitalmente. Odore, gusto e tatto potrebbero essere attivati grazie all'enorme larghezza di banda disponibile per gestire quelle informazioni. Il mio emulatore potrebbe pensare: “ah, qui sto proprio bene, questo ambiente digitale è proprio confortevole. Possa il cloud computing durare indefinitamente! ”.
Il tuo emulatore sentirà e imparerà esattamente come te, avrà la tua stessa memoria. Viene il dubbio che siate la stessa persona!
La cosa più naturale è vederlo come un tuo gemello. Un gemello nato da un adulto, quindi praticamente identico a te. Se nel processo di copia tu dovessi morire potrebbe essere tranquillamente te. Ammettiamo che tu commetta un omicidio. Quando stai per essere preso entri nella stanzetta dello scanner e premi il bottone della copia uccidendo il tuo vecchio "io" e facendo nascere nel computer il tuo nuovo "io". Ecco, se queste due identità fossero differenti nessuno potrebbe incolparti del delitto commesso. Sarebbe l'uovo di Colombo per i criminali! Il sistema giuridico sarebbe costretto a considerare la tua copia come un te stesso e condannarla per il delitto commesso da te.
Se invece la copia prevede la tua sopravvivenza le cose sono più complicate. Essendoci due corpi distinti tu negherai l'attribuzione ad essi della medesima identità. Ma il nostro senso della continuità fisica con il passato è in gran parte un'illusione. Ospitiamo un sostanziale ricambio di molecole e particelle. Solo la persistenza della memoria è la variabile chiave per identificare se stessi.
Tuttavia, i due esseri (tu e il tuo emulatore) sono isolati l'uno dall'altro. Eppure c'è chi sostiene che le due coscienze appartengono alla medesima persona, sono entrambe "io". Se una di queste due coscienze finisce in modo permanente, allora una parte di me finisce ma l'altra me continua. Diventerebbe possibile morire al 50%. Il fatto che abbia diverse linee di coscienza contemporaneamente può sembrare strano, ma accade già oggi. Potremmo rispolverare lo schema quantistico dei "molti mondi" per descrivere al meglio la cosa.
Il mondo digitale in cui vive la copia (se la copia non è incorporata in un robot fisico) interagirà con il mondo fisico in cui viviamo. In fondo viviamo già in un mondo in cui già oggi abbiamo vite reali e vite digitali parallele. Potrei fare dell'emulatore il mio emissario nel mondo digitale. I due cervelli (quello reale e quello digitale) potrebbero essere sincronizzate in automatico affinché le esperienze del primo si trasfondano nelle esperienze dell'altro a intervalli regolari. L'ambito digitale sarebbe semplicemente un'altra regione del mondo in cui io agisco attraverso un prolungamento della mia mente, così come la mia auto è il prolungamento delle mie gambe. Con il mio emulatore potrei viaggiare nello spazio: mando lui - magari in una ricostruzione virtuale dello spazio - e poi mi sincronizzo. Tramite i backup potrei avere molti "io" di riserva, non si sa mai. E' probabile che sia facile ed economicamente vantaggioso velocizzare il mio emulatore: avrei una versione di me più intelligente e più brillante.
Non vi piacerebbe "caricarvi" su un pc? Avere una doppia/tripla vita? Poter vivere 10 vite in una? Poter far lavorare "loro" e ritirarvi dagli affari? Ah no, dimenticavo, "loro" sono "te". Mi spiace, niente pensione.
Questo libro indaga le ripercussioni socio-economiche di un mondo del genere. La filosofia non interessa l'autore, e nemmeno i dilemmi etici. Le domande che si pone sono più concrete: quanto guadagneremo? Come saranno le diseguaglianze? Che fine farà la religione? Come verranno trattati i pochi umani in carne ed ossa (giusto qualche miliardo rispetto ai molti miliardi di emulatori)? Che pericoli corriamo? Eccetera, eccetera, eccetera.
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Robots may one day rule the world, but what is a robot-ruled Earth like?Many think the first truly smart robots will be brain emulations or ems. Scan a human brain, then run a model with the same connections on a fast computer, and you have a robot brain, but recognizably human.Train an em to do ...

DOPO IL TUO FUNERALE


DOPO IL TUO FUNERALE
I cattolici sono divisi su cosa capiterà loro appena dopo la morte. Tutti concordano sul fatto che l'anima esista, che persista anche dopo la morte e tutti concordano sul fatto che il corpo si unirà di nuovo all'anima dopo la resurrezione. Ma cosa ci succede tra morte e resurrezione? Continueremo ad esistere? O cesseremo di esistere fino alla definitiva risurrezione? Non spero certo che parole di chiarezza giungano da papa Francesco che, come ogni buon materialista, si interessa a noi solo prima del nostro funerale.
I "sopravviventi" (S) è l'etichetta usata per contrassegnare chi crede che l'essere umano in qualche modo continui ad esistere. "Corruzionisti" (C) è l'etichetta che contrassegna chi crede che che l'essere umano cessi di esistere dopo la morte (ma ritorni all'esistenza con la risurrezione).
Gira voce che Tommaso, autorità suprema in materia, fosse un "corruzionista", anche se la cosa è alquanto dubbia. Di certo per lui un essere umano non si identifica unicamente con la sua anima, altrimenti sarebbe un platonico. Ma la cosa non implica necessariamente corruzione. Il motivo del contendere ai suoi tempi era se fosse legittimo pensare agli esseri umani in un modo essenzialmente platonico, come anime immateriali che sono sostanze complete a sé stanti, e solo accidentalmente legate al loro corpo. Qui il "no" di Tommaso è chiaro nel momento in cui pone grande enfasi sulla presenza del corpo come essenziale per l'integrità dell'essere umano. Ma sia i S che i C possono concordare fin qui. Sempre inteso che cio' che conta non è tanto il discorso esegetico ma cio' che discende dalle premesse di Tommaso.
Il fatto è che la posizione di C, dal punto di vista metafisico, non ha molto senso.
Sia i C che i S concordano (contro Platone e Cartesio) che un essere umano sia UNA SOLA sostanza, non due. Siamo sia corpo che mente (e non corpo+mente). Abbiamo sia proprietà corporee (altezza, peso) che incorporee (mente, volontà). L'assunto dell'unica sostanza significa inscindibilità: c'è anima anche nel corpo e c'è corpo anche nell'anima. Se il dualismo cattolico non è sostanziale, infatti, diventa difficile "smontare" l'uomo in un corpo e in un'anima. In questo caso s'imporrebbe la posizione S. Se l'uomo fosse composto da due sostanze la sua scissione comporterebbe la sua sparizione. In caso invece di sostanza unica l'uomo sarebbe inscindibile, in questo caso la morte è solo una grave diminuzione ma non una sparizione. L'inscindibilità significa che anche in cio' che chiamiamo "anima" c'è una parte di "corpo" che conserva l'umanità. Il fatto che l'anima umana persista significa che persiste la sostanza umana (c'è corpo anche nell'anima), ovvero l'essere umano. Quindi, l'essere umano deve esistere dopo la morte.
Ma come può un essere umano esistere dopo la morte se il corpo, che poi è scomparso, è parte integrante dell'essere umano?
La risposta è: in un modo simile al modo in cui un essere umano può continuare a esistere dopo aver perso braccia, gambe, occhi, orecchie, lingua, ecc. Braccia, gambe, occhi, orecchie, lingua, ecc. sono parte integrante di noi. Ogni essere umano nel suo stato completo li possiede. Un essere umano che ne è privo esiste in uno stato altamente anormale e fortemente diminuito. Ma esiste! Il morto esiste in uno stato ancora più radicalmente ridotto. Ma persiste. Ed è così che l'anima persiste oltre la morte. Dire invece, come fanno i C, che l'anima persiste dopo la morte ma l'essere umano no, implica che la sua sostanza sia sparita, quasi che questa sostanza sia una costruzione (anima+corpo) che ora viene smontata.
C soffre anche di difficoltà teologiche. Sia S che C, infatti, concordano sul fatto che, dopo la morte ma prima della risurrezione, le anime umane vengano ricompensate o punite e possano essere pregate. Ad esempio, puoi pregare San Pietro, che ha raggiunto la sua ricompensa in cielo. Ma ha senso ricompensare, punire o pregare solo le persone reali. Quindi San Pietro può essere intelligibilmente ricompensato e pregato solo se esiste come persona. Ma che tipo di persona è San Pietro? È un angelo o un essere umano? Un essere umano, ovviamente.
C risponde a questo problema dicendo che i discorsi sulla preghiera o sulla ricompensa di San Pietro dovrebbero essere interpretati come esempi di sineddoche, vale a dire, l'uso di un'espressione per riferirsi a una parte del tutto, come quando diciamo "Il governo italiano ha condannato gli attacchi", il che significa che un determinato ministro incaricato del governo ha condannato gli attacchi. L'idea è che quando preghiamo San Pietro, questo è semplicemente un modo retorico di riferirsi a lui riferendosi alla sua anima, che è solo una parte di lui. Ma questo non risolve affatto il problema. Supponiamo che, dopo la sua morte, il bulbo oculare sinistro di San Pietro o il suo polmone destro siano stati mantenuti artificialmente in vita (forse ai fini del trapianto in qualcuno che aveva bisogno di un occhio o di un polmone). In questo caso avrebbe senso pregare l'occhio sinistro di San Pietro? Avrebbe senso premiare il polmone destro di San Pietro? Ovviamente no.

venerdì 29 novembre 2019

LA MADRE DI TUTTE LE LIBERTA'

A cosa serve la Storia?
No, non serve ad ammaestrarci per il futuro, serve ad ammaestrarci per il presente, in particolare a sopire i nostri bollori moralistici. Serve a farci vedere la terra dalla luna, serve a spiegarci, per esempio, che certi comportamenti che oggi tanto ci oltraggiano, ci indignano moralmente e ci fanno rivoltare l'anima, in passato erano la regola. Non solo: erano una regola giustificata razionalmente! Razzismo, sessismo, xenofobia e bla bla bla erano la regola, ed erano una regola giustificata! La libertà e l'eguaglianza tra gli uomini non sono un progresso, sono invece un lusso che ci siamo concessi quando abbiamo potuto permettercelo, ovvero in un contesto mutato (magari grazie a quelle forze che gli indignati di professione disprezzano. Dobbiamo quindi 1) gioire per questo fatto e 2) capire chi conserva certi atteggiamenti che in passato erano comunque la regola giustificata. Il libro di Koyama, a prescindere ci sia accordo o meno, porta esempi illuminanti, ma uno svetta e riguarda la nascita delle società libere.
Come sono emersi i moderni stati liberali? Gli economisti si sono tradizionalmente concentrati sulla produzione della ricchezza mentre gli scienziati della politica su questioni relative a democratizzazione e stabilità politica. Ma c'è un fattore che è stato trascurato da tutti: la religione.
Questa negligenza è facile da capire. Nel mondo sviluppato la libertà religiosa è così radicata nelle istituzioni che la diamo per scontata.
Il primo passo di questo ragionamento consiste nel non confondere libertà religiosa e tolleranza religiosa. Oggi sono praticamente sinonimi. Ci riteniamo tolleranti quando non giudichiamo o condanniamo gli altri per le loro scelte di vita, ma questo non è il significato originale latino di "tolere". Fino al XVII secolo tollerare significava sopportare qualcosa con cui non si è d'accordo. Si trattava di un principio pratico piuttosto che morale, ed era contingente e soggetto a revisione arbitraria. C'è quindi una certa differenza tra tolleranza e autentica libertà religiosa.
Perché questa distinzione è importante? Troppo spesso gli storici lodano le società che non hanno perseguitato attivamente le minoranze religiose e le chiamano "tolleranti". Ma l'assenza di persecuzioni non implica che gli individui fossero liberi di perseguire il miglioramento economico o sociale adorando il loro dio. L'ipotesi che il dissenso potesse invitare alla repressione da un momento all'altro era sufficiente a creare un clima in cui i pensieri potenzialmente sovversivi non fossero espressi liberamente. Né l'antica Roma né gli imperi islamici o mongoli avevano libertà religiosa. Spesso si astenevano dal perseguitare attivamente le minoranze religiose, ma erano anche spietati nel reprimere queste difformità quando la cosa si adattava ai loro obiettivi politici. La libertà religiosa è un'esclusiva della modernità post-1700. Perché?
E qui arriviamo al punto. Alcuni studiosi hanno introdotto la fertile distinzione tra "regole personali", "regole identitarie" e "regole generali". Le prime comportano un trattamento differenziato a seconda delle caratteristiche individuali. La legge cambia da persona a persona. Questo funziona quando la comunità è minuscola e i membri si conoscono personalmente, possono fidarsi l'un l'altro ed avranno interazioni future. Perché Ronaldo riceve un trattamento speciale nello spogliatoio della Juve? Perché tutti sanno chi è e cosa fa. Non solo, possono sempre tenerlo d'occhio e verificare che continui a rispondere alle aspettative. Le regole personali hanno tuttavia una grave lacuna, sono di scarsa utilità nel trattare con estranei.
Con il passaggio all'agricoltura, le organizzazioni politiche sono diventate più estese e i sistemi legali più sofisticati, le leggi hanno assunto la forma di regole identitarie, ovvero dipendevano dall'identità sociale dei gruppi coinvolti. Ogni gruppo aveva la sua legge. Ci si poteva riferire al clan, alla casta, alla classe, all'affiliazione religiosa, il sesso o all'etnia di un individuo. Gli aristocratici avevano regole diverse da quelle comuni. Gli schiavi avevano regole diverse rispetto ai liberi. Il Codice di Hammurabi, ad esempio, prescriveva una punizione basata sullo status del colpevole e/o della vittima. Le regole identitarie erano comuni perché più pratiche di quelle personali quando le dimensioni del gruppo si ampliavano e la conoscenza reciproca diminuiva. Poiché l'identità religiosa era particolarmente saliente, si differenziava spesso in base alla religione.
In un'epoca precedente agli stati nazionali la religione era una componente particolarmente importante dell'identità. Le credenze religiose condivise erano cruciali per mantenere l'ordine sociale. In queste condizioni la libertà religiosa era impensabile, si poteva giusto arrivare alla tolleranza. Ad esempio, nell'Europa medievale e nella prima modernità i giuramenti prestati davanti a Dio hanno svolto un ruolo importante nel sostenere l'ordine sociale. Gli atei, tanto per dire, erano fuori dalla comunità politica, poiché, come diceva John Locke, "le promesse, le alleanze e i giuramenti, che sono i vincoli della società umana, non possono avere alcuna presa su un ateo". Ma un'identità religiosa condivisa era anche cruciale per l'appartenenza alla gilda, che escludevano i musulmani, per esempio. Le corporazioni di Tallinn escludevano i cristiani ortodossi, altro esempio di Koyama. Gli ebrei poi erano sottoposti a leggi ad hoc e furono esclusi quasi ovunque.
Ma come siamo passati da un mondo di regole identitarie ad un mondo di regole generali in cui siamo "tutti uguali davanti alla legge"? Il potenziamento degli stati è stato decisivo. Per capacità statale s'intende la capacità di far rispettare le regole, e le regole identitarie sono un modo per facilitare questo compito. Il singolo va facilmente fuori dai radar e si imbosca impunito ma la comunità no. Quando il radar si potenzia l'espediente della regola identitaria non serve più.
Facciamo un esempio di come le regole identitarie potevano facilitare la convivenza con beneficio reciproco: i primi governi moderni usavano spesso le comunità ebraiche come fonte di entrate fiscali, al contempo ne tutelavano l'esistenza. Le restrizioni all'usura, per esempio, rendevano i prestiti interdetti ai cristiani. Tuttavia, i prestiti realizzavano profitti tassabili, cosicché i sovrani potevano sopperire a questa lacuna concedendo i diritti legati al prestito agli ebrei senza violare precetti religiosi. A loro volta, i tassi di interesse applicati dai finanziatori ebrei erano alti e gli utili venivano tassati dagli stessi sovrani che incameravano cospicue entrate. Certo, questa esclusiva alla lunga ha esacerbato l'antisemitismo preesistente tra la popolazione cristiana. Ciò a sua volta ha reso relativamente facile per i governanti minacciare gli ebrei nel caso in cui non intendessero pagare le enormi tasse a loro carico. Ora, fintanto che i governanti si affidavano al denaro "giudeo" come fonte di entrate, gli ebrei rimasero intrappolati in questa morsa che li rendeva quasi-liberi e vulnerabili allo stesso tempo. La loro posizione migliorò solo quando gli stati svilupparono sistemi finanziari e di tassazione più sofisticati, allora divennero cittadini tra tanti. Insomma, la limitata capacità statale implica potenti regole identitarie. Inoltre, la religione è una comoda fonte di legittimità per gli stati deboli. Ciò dà origine a una collaborazione tra stato e chiesa. Lo stato impone la conformità religiosa (privilegi) in cambio del sostegno dell'autorità ecclesiastica.
La modernità è l'epoca in cui lo stato si emancipa dalla religione, la sua potenza rende desuete le regole identitarie, e quindi anche il ruolo sociale della religione. Ma il passaggio non fu indolore, la storiella semplificata degli ebrei che ho appena raccontato non inganni. Dopo la Riforma, la violenza religiosa fu più estrema proprio laddove lo stato era forte, ovvero dove la regola identitaria - e quindi la tolleranza - non aveva più senso. La ratio è chiara, se la religione non serve più ad organizzare la società non ha più senso "tollerare" le minoranze religiose. Al contrario, in paesi come la Polonia, dove lo stato era debole, le persecuzioni religiose furono limitate nonostante la diffusione del protestantesimo. Le Guerre di religione non erano tanto legate a controversie confessionali e dottrinali. I principali stati europei si stavano spostando da regole identitarie a regole generali, avevano bisogno di un popolo omogeneo e proteiforme, i nuovi gruppi si sarebbero dovuti formare spontaneamente sul mercato senza ricorrere a identità pre-costituite. Il contratto (tra parti anonime) diventava metafora del sociale. Il passaggio da uno status fisso a una società fluida (contrattuale) ha contribuito a mettere in moto una serie di sviluppi, tra cui la crescita dei mercati e una più ampia divisione del lavoro. Ma ebbe la conseguenza non intenzionale di diminuire l'importanza politica della religione, e ciò rese il liberalismo possibile. La libertà religiosa si diffonde perché la religione conta sempre meno.
Non esiste alcuna relazione necessaria tra forza dello stato e liberalismo. Gli orrori del XX secolo furono condotti tutti da stati Leviatano. Ma il liberalismo è fragile, artificiale e altamente vulnerabile in assenza di uno stato potente. Quando manca lo stato si torna alla legge dei clan, ovvero delle comunità religiose.

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Religious freedom has become an emblematic value in the West. Embedded in constitutions and championed by politicians and thinkers across the political spectrum, it is to many an absolute value, something beyond question. Yet how it emerged, and why, remains widely misunderstood. Tracing the hist...

SCHIO

Non entro nella vicenda particolare ma già in passato, di fronte a casi simili, mi è capitato di storcere il naso e pensare: "qui c'è qualcosa che non va". Mi chiedo: ma che cavolo di differenza fa "rifiutare" piuttosto che "non proporre"?
A livello di sforzo, risorse ed energie spese la differenza è praticamente zero. Proporre un ricordo mi costa quanto "rifiutare" quel ricordo.
A livello di giudizio morale la differenza è enorme. Chi si rifiuta viene indicato al pubblico ludibrio, chi non propone resta tranquillamente nell'ombra.
Come sanare l'assurdità? Personalmente, in casi del genere, legittimerei il rifiuto. Chi propone non sta dando un giudizio ma sta elevando una bandiera, costruendo un simbolo. Chi rifiuta, allora, è come se dicesse: "condivido il tuo giudizio ma non ne faccio il mio simbolo". Più che legittimo, direi.
Informazioni su questo sito web
CORRIERE.IT
Bocciata l’iniziativa Pd a ricordo delle vittime dell’Olocausto. Tra le obiezioni dei consiglieri di centrodestra: «Rischiano di portare di nuovo odio e divisioni

UN COLOSSALE PAREGGIO

UN COLOSSALE PAREGGIO

L’astronomo credente va a nozze con gli universi che hanno un inizio, in questi casi è lesto a tirare fuori l’argomento della “causa prima” e trovare un conforto “scientifico” per la sua fede. Tra big bang e argomento antropico gli indizi di un “inizio” non mancano, anche se l’astronomo ateo non tace di certo e risponde colpo su colpo parlando di conservazione dell’energia, salti quantici e rimbalzi entropici, al che il primo si scatena con i cervelli di Botzmann e gli hotel di Hilbert. In casi del genere è facile fare notte. Ma questo è un film già visto, qui vorrei occuparmi degli universi che esistono da sempre, ciclici o non ciclici poco importa.
In questi casi il teista ipotizza che l’universo eterno sia comunque “sostenuto” da una causa divina mentre l’ateo risponde con il regresso infinito di cause. Quale spiegazione preferire?
Mi concentro sulla teoria preferita dagli atei e faccio un paio di analogie:
1) Teoria omuncolare della percezione. In questa teoria si sostiene che per una persona “vedere” significa produrre un’immagine interna che viene poi vista da una “personcina” che abita il suo cervello. Ma questo ancora non ci dice in cosa consista il “vedere” poiché occorre ipotizzare un omuncolo ancora più minuto all’interno del cervello del primo omuncolo, e così via all’infinito.
2) Teoria cosmologica dei colossi. Sappiamo che le cose tendono a cadere. Ma perché l’universo non cade? Teoria: perché è sostenuto da un colosso. E perché il colosso non cade? Perché è sostenuto da un altro colosso! E via così all’infinito.
Le due teorie non sembrano molto convincenti – ovviamente lasciamo perdere il merito ridicolo – cosicché i teisti hanno tentato di assimilarle formalmente alla teoria del regresso infinito delle cause: proprio come i regressi delle teorie 1 e 2 spiegano poco, anche il regresso delle cause – per quanto reso più credibile nel merito dalla moderna cosmologia – ha una capacità esplicativa difettosa.
L’osservazione non è peregrina ma c’è qualcosa che non torna.
Innanzitutto l’analogia con l’omuncolo non sembra pertinente poiché in quel caso si intende spiegare “cosa sia la visione umana”, la teoria del regresso causale non ha lo scopo di spiegare “cosa sia l’universo” ma solo giustificare la sua presenza. In questo senso è più simile alla teoria 2.
Ma anche la teoria 2 è difettosa: spiega perché l’universo non cade ma non spiega perché non cadono i colossi. Questo difetto lo ritroviamo pari pari nella teoria del regresso causale poiché viene giustificata la presenza dell’universo ma non della serie di cause che lo ha generato.
In altri termini, la teoria giustifica l’universo ma non ci dice perché esiste. Perché esiste qualcosa anziché niente?
E’ un difetto grave? Sì, ma solo se esiste un’alternativa migliore. Sembrerebbe che non esista visto che anche l’ipotesi di Dio giustifica l’universo ma non ci dice perché Dio esiste anziché no. In realtà alcuni filosofi hanno provato a dirlo finendo nella circolarità dell’argomento ontologico.
Io concluderei salomonicamente che il confronto sul potere esplicativo dell’argomento cosmologico e della regressione debba finire con un onorevole pareggio.
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giovedì 28 novembre 2019

SEVERINO, SPIEGATI!

SEVERINO, SPIEGATI!
Emanuele Severino, per molti il nostro massimo filosofo, è assurto a notorietà per aver negato l'esistenza del tempo in TV gettando tutti nello sconforto e nella meraviglia. In realtà chi ha fato il liceo ci assicura che ha illustri predecessori. Il problema, semmai, è trovarne uno che l'abbia fatto in modo chiaro, ovvero analitico.
Forse l'ho trovato: J.M.E. McTaggart.
Vediamo come vede le cose il McTaggart. Gli eventi nel tempo possono essere passati, presenti o futuri, dove queste proprietà si intendono reciprocamente esclusive. Ora considera un evento "e". Prima che si verifichi "e" è nel futuro. Mentre sta accadendo è nel presente. Dopo che si verifica è nel passato. Pertanto, "e" è sia nel futuro che nel presente che nel passato. Ma questo è contraddittorio, poiché, come abbiamo detto, gli attributi di passato, presente e futuro si escludono a vicenda. Ergo: il tempo non esiste.
Come se ne esce? Per esempio così: supponiamo che l'evento sia la scrittura di questo post: ora è nel presente, ieri era nel futuro e domani sarà nel passato. Nulla può avere proprietà incompatibili contemporaneamente; tuttavia, non c'è contraddizione nel fatto che una cosa abbia proprietà incompatibili in momenti diversi.
McTaggart risponde che l'obiezione implica l'introduzione di una seconda serie temporale. La serie temporale originale prevedeva "eventi ordinari" che possono verificarsi nel passato, nel presente e nel futuro. La seconda serie temporale, invece, coinvolge "eventi passati" che si verificano nel passato, "eventi presenti" che si verificano nel presente ed "eventi futuri" che si verificano nel futuro. Ma l'impertinente considerazione di McTaggart può essere sollevata nuovamente per questa seconda serie: la presenza stessa di "e", tanto per dire, ha la proprietà di poter essere passata, presente e futura. Ancora una volta, queste sono proprietà incompatibili, quindi torna la contraddizione. Inutile dire che la replica a questa risposta di McTaggart sarebbe simile alla precedente e la discussione si inabisserebbe in un regresso infinito.
Ma la presenza del regresso infinito a chi dà rgione? A chi afferma o a chi nega l'esistenza del tempo?
Il regresso infinito, non spiegando nulla, dà ragione a chi non deve spiegare nulla. E' McTaggart (con Severino) che deve spiegarci la bizzarra affermazione per cui il tempo non esisterebbe!
Mc Taggart potrebbe rispondere che siamo noi a dover spiegare le contraddizioni che si creano postulando l'esistenza del tempo. Qui occorre chiarire un punto che abbiamo dato per scontato: il principio di non contraddizione.
Ammettiamo che il principio di non contraddizione sia questo: nulla al mondo può avere due o più proprietà incompatibili contemporaneamente. In questo caso utilizzare il regresso è legittimo per gli oppositori di Mc Taggart poiché non c'è nessuna contraddizione che devono spiegare.
Ma ammettiamo che il principio di non contraddizione fosse: nulla al mondo può avere due o più proprietà incompatibili, indipendentemente dal fatto che siano possedute contemporaneamente o in momenti diversi. In questo caso il ricorso al regresso è vano, ma per fortuna non ce n'è bisogno visto che basta rigettare questa strana versione del principio di contraddizione per mettersi al sicuro dalle bizzarrie filosofiche.

COME FARE SOLDI IN RETE (mai pubblicato)

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Quando andavo all'università studiavo un economia che ha perso quasi completamente di senso. Perché? Non perché è cambiata l'economia ma perché sono cambiati i prodotti. La tecnologia digitale è piena di beni "non escludibili" a costo marginale pari a zero. Ma che significa?

1) Bene "non escludibile": sono quei beni che, una volta prodotti, possono essere goduti da tutti. Esempio: una strada. Ma anche un saggio in rete: per impedire a qualcuno di leggerlo, dovrei creare una barriera artificiale, come un paywall. Ma i paywalls generano il problema dell'uovo e della gallina: prima di pagare uno vuole sapere a cosa accede e se viene a saperlo non pagherà per accedervi.

2) Costo marginale pari a zero: quando chiedi una pagnotta al panettiere lui sopporta un costo per fabbricarla. Ma quando chiedi un e-book ad Amazon, quell'e-book non costa nulla, solo la prima copia ha un costo.

I vecchi beni (tipo la pagnotta) vengono commercializzati mettendoli metaforicamente all'asta, ma questa strategia non funziona con i prodotti digitali. Che fare allora? Ecco le strategie più seguite: discriminazione dei prezzi, campioni gratuiti, versioni alternative, pacchetto, pubblicità, effetti di blocco.

Discriminazione di prezzo: perché i venditori offrono buoni sconto? Per mantenere prezzi elevati solo per le persone che sono meno sensibili ai prezzi e prezzi più bassi per gli altri. Perché, per esempio, le compagnie aeree variano i prezzi dei loro biglietti? I prezzi bassi aiutano a riempire gli aerei con clienti sensibili al prezzo, mentre i prezzi elevati sono destinati ai clienti le cui esigenze di viaggio sono relativamente rigide, rendendoli meno sensibili al prezzo. Con i suoi e-book Kindle, Amazon ha l'opportunità di discriminare i prezzi. Possono applicare prezzi diversi in punti diversi nel tempo per lo stesso libro. Ci sono prezzi diversi anche grazie all'opzione unlimited. In un mercato senza aste la discriminazione compensa le difficoltà di trovare un prezzo di equilibrio.

Campioni gratuiti e estratti: è la soluzione al problema dell'uovo e della gallina. Puoi leggere alcuni articoli gratuitamente, ma se vai oltre devi pagare. Anche Amazon ti regala gli estratti dei suoi e-book.

Versioni differenti: ad esempio, Spotify offre una versione gratuita del suo servizio e una versione in abbonamento a pagamento. La versione gratuita include pubblicità e manca di alcune funzionalità della versione a pagamento.

Pacchetto: consiste nel combinare merci diverse e venderle insieme. Alcune aziende raggrupperanno un bene digitale con un bene fisico. Ad esempio, quando ti abboni alla versione stampata di un giornale, ottieni un accesso illimitato alla versione web. Amazon Prime è un pacchetto che include qualcosa di fisico (servizi di consegna) e accesso a contenuti digitali. Microsoft era famosa per il pacchetto app + s.o.

Pubblicità: consente ai fornitori info, come Google e Facebook, di finanziarsi con la pubblicità senza addebitare nulla agli utenti.

Effetti di rete: la strategia aziendale è quella di pagare per attirare gli utenti a breve termine, al fine di poter trarre profitto dai consumatori a lungo termine. Ad esempio, Uber ha bruciato il capitale di investimento per offrire prezzi bassi, il che è necessario per costruire una solida rete di piloti e clienti dotati di app. Ovviamente, non serve a niente questa politica se i clienti ti abbandoneranno una volta che inizi a caricare i prezzi e realizzare profitti. Ciò significa che sono necessari effetti di blocco per sfruttare gli effetti di rete. Facebook deve trovare il modo di tenerti bloccato nel suo servizio piuttosto che lasciarti andare altrove, in questo aiuta il fatto, per esempio, che i tuoi amici sono lì ed è difficile coordinarsi per sostarsi altrove.