Perché in alcune professioni le donne sono meno rappresentate?
Ci sono molte ipotesi ma qui me ne interessa una una che vedo trattata: assumendo una donna l' imprenditore incorre nel rischio maternità.
Non stereotipi, non pregiudizi ma uno svantaggio oggettivo che penalizzerebbe le donne sul mercato del lavoro.
E chi puo' negare che non sia così?
Faccio solo notare che in un caso del genere tutti gli attori coinvolti si comportano razionalmente, e a farne le spese sono le donne.
Personalmente sono restio a correggere dei comportamenti razionali, eppure, sempre qui sopra, sono state avanzate delle proposte degne di considerazione.
Una spicca tra tutte: rendiamo la paternità obbligatoria, oppure paghiamola di più della maternità in modo che sia più conveniente. I piatti della bilancia si riequilibreranno.
Detta così è un po' contorta. Cerco di ridurla senza intaccare in alcun modo la sostanza: sussidiamo l' assunzione di donne.
In altri termini: le donne sul mercato del lavoro hanno uno svantaggio oggettivo (rischiano di stare a casa in maternità), facciamo gravare questo svantaggio su terzi (il sussidiante) e il problema si attenua.
Certo, l' allocazione lavorativa si sposta in favore delle donne, ma produce anche delle inefficienze non trascurabili. La logica di fondo infatti è piuttosto opinabile: se un soggetto è svantaggiato per compiere un verto lavoro, allora sussidiamone l' assunzione.
La soluzione forse ha una sua correttezza politica ma non è priva di costi. Lo illustro meglio avvalendomi di due analogie.
Immaginiamo che in un lontano futuro il pianeta terra ospiti, oltre ai terrestri, anche una certa popolazione marziana con abilità in tutto simili a quelle dell' uomo, se non che il nostro marziano deve dedicare tre giorni a settimana ad un irrinunciabile riposo. Sul mercato del lavoro i nostri amici marziani riscontrano qualche problema, cosicché si viene loro incontro sussidiando pesantemente le assunzioni. Siccome "ogni umo ha il suo prezzo" si trova una cifra per far lavorare i "dormiglioni".
Bene, e se i giorni di assoluto riposo diventassero 4? Che si fa, si adegua il sussidio o si discrimina?
No! Una volta accettata una certa logica, coerenza vuole che si prosegua su quella strada.
E se diventassero 5? Idem come sopra. E se diventassero 6?
Vabbé, non vado avanti.
Il fatto è che fingere di essere tutti degli svantaggiati per non discriminare lo svantaggiato presenta qualche problema, in effetti.
Ma si potrebbe andare oltre e sfiorare il paradosso.
Ammettiamo che Giovanni, per quanto ce l' abbia messa tutta, abbia conseguito una laurea con voti scadenti mentre Giuseppe, un autentico talento, si sia laureato nella stessa facoltà a pieni voti e a mani basse.
Se un datore di lavoro si mostrasse più interessato ad assumere Giuseppe, Giovanni potrebbe opinare: non è giusto, io sono meno dotato di Giuseppe e quindi parto da una condizione di oggettivo svantaggio.
Qualcuno potrebbe dire: ma qui si tratta di condizioni inerenti alle mere capacità.
Ma c' è davvero differenza tra gli "svantaggi" considerati?
Una cosa è certa: non c' è differenza in termini di produttività, e questi sono gli unici termini che interessano un datore di lavoro razionale.
Con la stessa logica applicata precedentemente noi, per aiutare chi all' università si è sempre impegnato pur conseguendo scarsi risultati, dovremmo procedere a sussidiare la loro assunzione.
Perché discriminare chi nella lotteria dei talenti è stato sfortunato?
Le analogie che ho proposto sono paradossali ma servono forse a capire che la logica di correggere dei comportamenti razionali ha derive perverse.