venerdì 15 maggio 2009

Venti che non soffiano

... ti ho vista stanotte marmorizzata... senza più nervatura o fili di tendine o vene... soltanto malta aerea, nubilosa, calce spenta... con il panneggio della tunica smosso da un vento che non soffiava...

Niente cambia. Libertarian dogmatism? No, good Bayesianism

"When the facts change, I change my mind". Sì, certo.

Ma:

"... Nothing that happened in the last two years should have significantly revised the general macroeconomic views of anyone who is (a) familiar with the last two centuries of global economic history, and (b) reasonable..."


Libertarian dogmatism? No, good Bayesianism. Great depression? Not even close...

Quello che poteva diventare Michele Serra...

... un vinello fresco e leggero. Ma, sorte esemplare, andò tutto in acido.

Sghembo


... nei disegni dei bambini colpisce la violenza delle linee... la mente sembra crescere di sghembo portandosi via la matita... tutto è storto e perenne... o forse solo piegato come quando scendendo nell' acqua pare spezzarsi il remo...

Perchè Chiara Saraceno non scende in Piazza a Ballare?

Non se ne puo' più: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.



Il tema della diseguaglianza nella distribuzione delle ricchezze è spesso agitato come mero strumento per incendiare il dibattito politico facendo leva sui sentimenti più infiammabili, che sono poi anche i meno nobili: invidia, gelosia, ecc.



Già, invidia e gelosia. Mica giustizia.



Ma come facciamo ad esserne certi? Gli interessati negheranno sempre turbati, a cominciare dall' ineffabile Chiara Saraceno, una delle ospiti più fisse tra gli ospiti fissi dell' amata/odiata Fahre...



Eppure una piccola controprova esiste.



Uno degli effetti della crisi finanziaria è già stato e sarà quello di ridurre la disuguaglianza.



Chi ha perso proporzionalmente di più è chi aveva molta ricchezza investita nei mercati finanziari. Chi inizia ora ad accumulare risparmi ha invece di fronte a sé prezzi molto vantaggiosi. Larry Summers, l'economista di punta di Obama, l'ha definita "la svendita del secolo".



Non mi sembra però che le "chiaresaraceno" di turno, sapendo tutto cio', invitino il popolo a scendere per le strade per ballare e far festa.



Forse sanno fin troppo bene che l' istinto coccolato nei loro vibranti articoli colmi di scandalo non è quello della "giustizia distributiva" ma quello molto meno presentabile che spinge a spennare il primo pollo che passa. Ora che quei polli presi di mira hanno perso parecchie penne, possono scivolare tranquillamente nel dimenticatoio e lasciare spazio a nuove forme di sdegno catastrofista più promettenti allorchè si tratterà di passare alla cassa per riscuotere.

giovedì 14 maggio 2009

Privatizzazione della matematica

Parlare dell' uomo tramite i numeri. Ovvero, la matematizzazione delle scienze sociali.



Molti vedono tutto cio' come fumo negli occhi e sono contenti come bambini non appena i conti non tornano o la previsione fa cilecca, credono forse di avere a che fare con il Teorema di Pitagora.



Inoltre la pratica è stata criticata da personaggi autorevoli e cio' rende la lagnanza a priori accettabile.



Il mio sospetto è che la volgarizzazione di queste geniali critiche le deteriori alquanto fino a cambiarne la natura, al punto che nei due fronti (pro e contro) si arruolano una schiera d' infiltrati abusivi.



Manco a dirlo sono i più rissosi.



Anzichè delle "scienze umane" dirò due parole sull' economia perchè 1) conosco la situazione un cicinino meglio 2) è sempre sotto tiro e oggi più che mai 3) costituisce una zona franca dove tutti hanno diritto di parola.



E poi, in economia, esiste una scuola specifica che ha sacrificato tempo e genio per condurre la sua critica contro la matematizzazione tanto in voga presso gli O(rtodossi). Sto parlando del cosiddetti economisti "A(ustriaci)". Il conflitto tra A e O racchiude secondo me il succo della questione.



La prima osservazione sembrerà scontata: chiunque osservando la realtà dell' uomo se ne faccia un' idea (teoria) sufficientemente complessa e coerente, puo' formalizzare la sua idea con lo strumento matematico. Anche le idee di A sono dunque suscettibili al trattamento. Ma A, avendo i suoi bravi motivi, si oppone. Vediamo perchè.



La costruzione dei Modelli matematici implica l' ideazione di funzioni e ciascuna funzione contiene dei PARAMETRI (costanti). Prendiamo la funzione più importante per un economista: le "preferenze". Anche queste funzioni possiedono dei parametri. Pur essendo goloso di ravioli non apprezzo mai molto il quarto piatto che mi viene servito. Ma di quanto è calato il mio apprezzamento rispetto al primo piatto? Dipende da un parametro.



Siamo già alla prima conclusione: il modello matematico non viene costruito per formalizzare un' idea, altrimenti anche A si farebbe il suo. Il modello serve a coordinare una serie di parametri (o costanti) che saranno suscettibili di stime statistiche. Dopo la stima statistica avremo un quadro più completo della realtà specifica.



"Realtà specifica", capito bene? La matematizzazione ha senso solo in quanto necessario preludio a statistiche e intervento in una realtà specifica.



Ma "A" non ha questa concezione dell' economia. Per "A" l' economia serve solo a capire la realtà umana, "intervenire" è insensato e fuorviante, cosicchè diviene insensata e fuorviante la matematizzazione della disciplina.



"A" si rifiuta di formalizzare, non perchè la sua idea sia incoerente ma perchè assume che l' oggetto d' analisi non possa essere sottoposto a stima statistica.



Facciamo il caso delle preferenze soggettive. Per A non ha senso stimarle ed immaginarle più o meno costanti nel tempo: sono soggettive in modo radicale. Per A la soggettività è un dogma. Non dovendo ordinare dei parametri in vista di statistiche future, A respinge la matematizzazione dell' economia.



Faccio solo notare che nella realtà noi non osserviamo il dogma di A. Se devo fare un regalo di compleanno non tiro i dadi, cerco di valutare (stimare) le preferenze del festeggiato e mi comporto di conseguenza. Di solito noi postuliamo la presenza di costanti: se il festeggiato è un filatelico da anni, probabilmente gradirà ricevere un raro francobollo. Per A questo regalo non ha senso: il festeggiato è un uomo e le sue preferenze sono radicalmente soggettive. Per noi no, concepiamo la soggettività radicale solo in quel soggetto schizofrenico che cambia personalità ad ogni momento. Un tipo raro da incontrare e con cui è difficilissimo fare amicizia.



I postulati di A sono irrealistici ma la sua critica non per questo viene sminuta. Inoltre mi sembra l' unica critica possibile in materia. Le altre hanno poco senso e secondo me catturano solo granchi.



Mi sia consentita una breve rassegna per individuare le brecce attraverso cui molti infiltrati entrano abusivamente nel dibattito dando fuoco alle polveri senza capire di cosa si parla.



1. "La matematizzazione serve per ricoprire con vesti preziose una conoscenza fragile quando non sterile". Fino ad adesso ho tentato di dimostrare che questo non puo' essere vero. A ha un' idea della realtà forse più complessa di O, eppure rifiuta lo strumento matematico. La "matematizzazione" non illustra una logica ma ordina i parametri in vista delle statistiche per agire nel caso specifico.



2. "Non è possibile rendere oggettiva una disciplina come l' economia". E chi ha di queste pretese?: ogni statistica ha margini di errore anche ampi, ogni rischio rappresenta un costo e la valutazione dei costi resta radicalmente soggettiva.



3. "Buttiamola in politica: lasciarsi governare da un algoritmo è a dir poco disumano". Ma questa implicazione rimane estranea al conflitto. Un conto è valutare la sensatezza di un algoritmo, un altro è stabilire se debba essere messo in mano al governo. Non mescoliamo i diritti con la convenienza.



4. "L' alternativa non si pone tra "matematizzazione" e "lancio dei dadi"; per scegliere ci si puo' sempre affidare al buon senso e al pragmatismo". Non mi sembra proprio: l' matematizzazione, e la statistica che segue necessariamente, non sono altro che una forma curata di buon senso e pragmatismo.



P.S. le più recenti evoluzioni di A hanno contribuito a mutare la sua critica: la sua opposizione non avverrebbe più in nome del "soggettivismo radicale" non sottoponibile ad alcuna statistica. Si perde qualcosa in "filosofia" per riguadagnarlo in "politica": sarebbe il Governo - ovvero colui che decide per tutti - a dover dismettere lo strumento statistico al fine di sospingere tutti sulla medesima strada, la migliore presunta. Il fatto è che moltiplicare le strade percorribili significa moltiplicare le esperienze, e moltiplicare le esperienze osservabili significa moltiplicare i dati statistici che ciascuno ha a disposizione per le sue scelte future: blindare lo strumento matematico-governativo rende più riglogliosa la conoscenza. Nessun algoritmo governativo, dunque, senza negare la sensatezza di algoritmi privati. E' la privatizzazione della matematica?

Senza trucchetti il nostro Pianeta basta e avanza

L' amata/odiata fahre è sempre "sul pezzo" in modo eccitato, non manca un colpo.

E' ha le sue buone ragioni, il concetto di "impronta ecologica" è l' ultimo manganello che l' ecologismo irresponsabile si è messo a maneggiare, pensa già di inserirlo nei programmi scolastici di qualche scuola elementare: esiste un'opinione diffusa secondo cui stiamo sfruttando voracemente le risorse del pianeta e viviamo molto al di sopra dei mezzi che la Terra ci consentirebbe. Tra poco all' uomo serviranno 5 pianeti per mantenere il suo tenore di vita. Calcoli complicati lo confermano.



Ma altri calcoli molto più semplici lo smentiscono. Li fa per noi Bjorn Lomborg. Diversamente dagli eco-catastrofisti, il Nostro considera il fatto che esiste una "tecnologia", qualcosa che l' eco-indottrinato riesce a dimenticare con grande disinvoltura.



Il vero elemento di cui ci dobbiamo preoccupare sono le emissioni di anidride carbonica (che effettivamente sono in continua crescita). Andrebbero ridotte del 50% nel medio periodo. Come?



L' ecologista vede come unico rimedio il piantar foreste "assorbenti". E foresta dopo foresta lo credo bene che arrivi a misurare 5 pianeti. Basterebbe invece dedicare alla produzione di energie rinnovabili l'1% dello spazio che gli ambientalisti vorrebbero utilizzare per piantare nuove foreste; il trucchetto si sgonfia e con lui i titoloni dei giornali. Il nostro pianeta basta e avanza.

Premier operaio e Struzzi Illuminati

Il Popolo della Libertà, nato dalla fusione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, spopola tra gli operai. Ha strappato questo primato al maggior partito della sinistra. Infatti, oltre il 43% dei lavoratori di basso profilo (operai-esecutivi) ha dichiarato voler votare Pdl, il 15% ha espresso la propria preferenza per la Lega, e solo il 22% ha scelto il Pd.



Ma cosa sta succedendo? Qualcuno ha spiegazioni?



I "ferventi democratici" di Fahre ce l' hanno di sicuro: "trattasi fondamentalmente di ignoranti che prendono lucciole per lanterne".



Poi qualcuno si ricorda di essere per l' appunto un "fervente democratico" e ripiega su un meno impegnativo: "trattasi di rimbambiti resi tali dall' assalto mediatico delle reti mediaset e di mariadefilippi". Sottotesto: "io che ai raggi catodici non mi espongo da anni, m' illumino d' immenso sfogliando Repubblica".



E poi ci chiediamo perchè la forbice si allarga.

Strani uccelli

... nell' ora del rosolio i micro fatti del giorno trascorso mi visitano come depositati ai miei piedi dal sospiro di maree servizievoli... è un' acqua nella quale si macera e si gonfia il legno della mia barca... che ora vuole salpare alla tua ricerca... intanto un uccello sfreccia dove non c' era nulla... assieme ad una parola che solca il cielo del cervello... è tempo che cominci il pellegrinaggio serale del pensiero...

mercoledì 13 maggio 2009

13 maggio

(ciao ric, è un po' che non ci si sente, ma vedo che Harry G. Frankfurt continua a essere fonte di grande ispirazione!)


Finalmente ho scoperto perché i detenuti di Abu Ghraib sopportavano con una cupa e sana risata di essere bombardati giorno e notte dai Metallica o dall'hip-hop - e ci dormivano su senza problemi - ma non reggevano la musica country, che provocava urla e disperazione - "Basta! Basta!" Dopo un'ora di Lyle Lovett erano pronti a confessare qualsiasi cosa.
(Standard Operating Procedure, di Errol Morris. Da vedere. Ma
questo è ancora più bello.)

Nel 2004, STEVEN STACK (Wayne State University) e JIM GUNDLACH (Auburn University) hanno vinto l'IgNobel per la Medicina dimostrando l'esistenza di un legame tra la musica country e i tassi di suicidio. Qui c'è l'
abstract.

Tra l'altro, quello stesso anno l'IgNobel per l'Economia è stato assegnato al Vaticano, per una
iniziativa che Caplan avrebbe senz'altro apprezzato.

(E' possibile che nessuno dei link funzioni. Mettiamolo in conto.)

Il vizietto di non cominciare mai dall' inizio.

PRIMO. La criminalità è aumentata molto subito dopo l`indulto: +15,1% in un anno, fra il primo semestre 2006 e il primo semestre 2007. Nel primo semestre del 2008 è diminuita rispetto al 2007, presumibilmente a causa dell`elevato numero di «indultati» recidivi, liberati e poi riacciuffati dalle forze dell`ordine. Ma la diminuzione non è stata sufficiente a compensare l`impennata del 2007, cosicché due anni dopo l`indulto il numero di delitti era un po` maggiore di quello pre-indulto.



SECONDO.Il tasso di criminalità degli stranieri regolari è 3-4 volte quello degli italiani, il tasso di criminalità degli stranieri irregolari è circa 28 volte quello degli italiani (dati 2005-6). Basandosi esclusivamente sulle denunce, quel che si può dire è che la propensione allo stupro degli stranieri è 13-14 volte più alta di quella degli italiani (dato 2007), e che - anche qui - il divario si sta allargando.



Due punti elementari, semplici, oggettivi, chiari. Che domandano solo di essere tenuti per fermi nella testa di chiunque COMINCI ad affrontare l' argomento.



Mi secondo voi, le teste che l' amata/odiata Fahrenheit cucina ogni giorno dedicando decine di ore all' argomento, hanno una minima "percezione" di come comincia la storia?

Respiri trattenuti

... c' è un momento in cui il corpo si raccoglie nel respiro... e il pensiero si sospende ed esita...

... poi esplode la tentacolare stronzata... riempie l' aria per atterrare nel canonico silenzio ostile di cui non si avvede...

martedì 12 maggio 2009

AKO

D' istinto, associare gli austriaci ai keynesiani desta una certa sorpresa. In effetti uno dei più appassionanti conflitti accademici del secolo scorso vedeva Cambridge (feudo keynesiano) opporsi con foga proprio alla scuola austrica (allora Hayek era alla LSE).

Affidandomi a lontane reminiscenze scolastiche immagino ora di avere tre amici: K(eynesiano), A(ustriaco) e O(rtodosso). Ciascuna coppia avrebbe dei buoni motivi per far fuori il terzo, almeno finchè discutono di ciclo economico.

K/A: entrambi indeboliscono il ruolo delle aspettative attribuendo agli operatori economici degli errori sistematici di valutazione: "K" vede una rigidità dei prezzi nominali, in particolare dei salari (illusione monetaria). "A" vede l' imprenditore toppare i suoi investimenti in certe condizioni (malinvestment).

K/O: entrambi vedono la moneta come neutrale sul lungo periodo.

O/A: entrambi vedono come distorcente un' allocazione di risorse a cura dei burocrati anzichè affidata alle forze di mercato.

Io sinceramente penso che la coppia più salda sia la terza. Lo penso perchè so quanto A stimi le facoltà speculative dell' imprenditore (ho letto Kirtzner). Puo' davvero pensare che che una figura tanto lungimirante cada sistematicamente nello stesso errore? E' pur vero che un "corpo estraneo" al mercato (Banca centrale) dà una bottarella ad una variabile mandandola forse fuori asse. Ma ogni giorno eventi esogeni perturbano il normale funzionamento del mercato senza che gli imprenditori perdano la trebisonda.

P.S. un solo chiarimento: A crede nell' esistenza di "trappole della liquidità"? Il capitoletto sull' efficacia delle politiche monetarie mi ha lasciato qualche dubbio. Sì, lo so, per A una politica monetaria espansiva distorce l' apparato produttivo. Mi chiedo però quali siano per lui gli effetti occupazionali nel caso in cui si sia in recessione. Mi preoccupa un mondo (modello) dove le "aspettative" siano così trascurate. In un mondo senza "aspettative" non ci sarebbero neanche aspettative inflazionistiche e quindi la possibilità di "tassi negativi" d' interesse. Senza tassi negativi la possibilità di trappole diventa plausibile. Sì perchè, se A crede nelle "trappole" penso proprio che il divorzio con O sia inevitabile.

Sai, mi era venuta in mente la "trappola". In termini di politiche per tamponare la crisi è una questione dirimente tra K e O. E le "politiche" sono tutto una volta che hai praticamente rinunciato ad identificare le cause.

Mi chiedevo come si ponesse "A" sul punto.

Con un Krugman che sbraita: "la trappola esiste ed è reale", un Mankiw che sorteggia i numeri di serie delle banconote da invalidare alla riscerca di interessi negativi e un Sumner che tassa le riserve (i soldi si tengono lì più che "in tasca"), mi piaceva capire la posizione degli austriaci al di là dei cattivi investimenti che un simile stimolo sollecita.

Mi sembra di aver capito che un meccanismo di "trappola" potrebbe esistere, anche se non afferro del tutto la dinamica "austriaca".

Certo, se un business che prima non era conveniente lo diventa ora grazie ad un ribasso del tasso, probabilmente nella filiera di quel settore aumenterà la domanda e il costo del "trattore", ovvero dei fattori produttivi, aumenterà.

Ma perchè dovrebbe aumentare al punto da neutralizzare lo stimolo visto che, come precisavo, il caso considerato è quello di un sistema economico in recessione che presenta risorse inutilizzate?

Se il sistema fosse in equilibrio e marciasse a pieno regime, "O" sarebbe il primo a sconsigliare politiche monetarie espansive. In questo senso possiamo parlare di trappola solo quando l' economia è a terra e non riesce a risollevarsi.

Personalmente, quando penso alla "trappola" penso ad operatori in preda al panico e all' incertezza che non spendono anche se li multi per il loro immobilismo. Chissà se "multandoli" un po' di più si scongelano. Se sì, "K" è fritto. Ma "A"? A prima vista non mi sembra che lui abbia bisogno di sostenere l' esistenza di "trappole" per giungere alle sue conclusioni. A lui basta postulare la presenza di imprenditori scombussolati dalla banca centrale.

lunedì 11 maggio 2009

Ogni materasso ha il suo pisello

Impegno civico, sensibilità sociale, attenzione per l' altro, implementazione del capitale sociale, cura dei doveri civici e amore per la democrazia e per le forme in cui si esprime... scommetto che molti di questi valori vi saranno cari.



Ma come fare a coltivarli?



Semplice, basta combattere la società multietnica.



L' articolo è interessante, spiega tra l' altro cosa succede quando l' intellettuale impegnato fa scoperte eticamente scomode. Argomento affrontato anche qui parlando di "tortura".

Compagnie per il buon sonno


Prima dell' ultima curva del giorno, fammi radunare le parole con cui dormire... mi bastano un paio di labbra per spingere questi piccoli mattoni nella bianca calce della pagina...

venerdì 8 maggio 2009

Trappole

Una buona definizione della trappola liquida:

"If the Fed increases the monetary base, it has no effect, because it just substitutes one zero-interest asset for another."

"Zero-interest", è vero.

Per la ricerca di un interesse negativo non restano che aspettative inflazionistiche o penalizzazione delle riserve. Poi ci sono anche le banconote a scadenza.

giovedì 7 maggio 2009

Panico e solo panico, altro che sub-prime

L' unica credibile causa della crisi finanziaria per Scott Sumner:

In contrast, I believe that the depression was caused by events that took place in September and October, when the markets actually crashed. Which depression? All of them—1929, 1937, 2008, etc. And as far as I know I am the only economist who believes that all of these depressions were caused by events that occurred in those two fateful months... have strongly argued that only the first, very mild part of the crisis was attributable to the sub-prime fiasco.

A seguire un fulmine su chi professoreggia contro l' efficienza dei mercati finanziari:

"... At some point the economist will make an assertion that seems to me to be in conflict with the EMH. And after that point I have trouble taking anything they say seriously. I keep thinking “If you’re so smart . . . . The Fed set interest rates too low... Regulators let banks make excessively risky loans (or if you’re a right winger–encouraged them to make risky loans.)... Americans didn’t save enough...Why couldn’t anyone using your model have gotten rich? ..."

martedì 5 maggio 2009

Perorazione del Paradiso

La lotta contro i paradisi fiscali si fa sempre più dura e molte storiche enclave dal fisco più umano stanno per cedere.



Lo confesso, ho sempre simpatizzato per i paradisi fiscali, forse per l' insofferenza istintiva che si prova di fronte agli altisonanti toni moralistici con cui viene condotta la crociata.



Ma poi c' è anche un motivo più semplice: essendo un cliente dei vari "stati", auspico che tra loro si instauri una crescente concorrenza fiscale. E' lo stesso ragionamento che riservo ai negozi di dischi, anche lì spendo molto e vorrei spendere sempre meno.



Sento già alzarsi le prime veementi obiezioni. Mi sia concesso di prevenirle: è perfettamente vero, ciascuno capisce quanto sia odiosa l' opera di ripulitura dei capitali sporchi accumulati dalla criminalità organizzata, ma lasciatemi dire una cosa, la segretezza non è affatto il portato di un fisco leggero. Le due cose non devono andare per forza di pari passo. L' origine della segretezza sta altrove, facciamo dunque un po' d' ordine.



Chiediamoci perchè i "paradisi" coniugano la bassa fiscalità con la segretezza. La risposta è semplice, in genere perchè i redditi tratti in salvo nel paradiso fiscale, una volta rivelati, subirebbero la falcidia del paese d' origine del titolare.



Piccolo inciso. Poniamo adesso che esistano due imposte, una sul consumo e una sul reddito. La prima è pagata dove si abita, la seconda dove si produce il reddito. Si suppone infatti che lo stato contribuisca a creare un ambiente più adeguato sia per il consumatore che per il produttore. Entrambi pagano un prezzo per questo servizio: l' imposta sul consumo e l' imposta sul reddito.



Se abito in Italia, è giusto che paghi le imposte sul consumo in Italia, è lì che vivo e che mi godo la vita, ovvero, è lì che "consumo". Che pretese potrebbe accampare la Svizzera? E fin qui tutto bene, non si possono certo eludere le imposte sul consumo (accise, iva...) avvalendosi di quel paradiso fiscale che è la Svizzera.



Ma se io, italiano, produco i miei redditi in Svizzera cio' significa che lì e solo lì mi si offre un sicuro ambiente giuridico-ecc. dove far fruttare al meglio i miei sforzi; che pretese potrebbe accampare l' Italia in materia di imposte sul reddito?



Eppure le "accampa", caspita se le accampa. Sì perchè, quando parliamo di Paradisi fiscali non dobbiamo dimenticarci che parliamo di imposte sui redditi. E qui la pretesa degli inferni fiscali è molto semplice quanto barbara: qualora l' aliquota svizzera fosse troppo bassa (ovvero più bassa della loro... come se in paradiso potesse far più caldo che all' inferno), il Bel Paese s' incarica di riscuotere e trattenere la "giusta" differenza per sè. E, ricordiamolo sempre, parliamo di un reddito che non ha contribuito a formare.



Le cose poi si complicano perchè nella società contemporanea gran parte dei redditi sono di natura finanziaria, ovvero sono redditi che per essere prodotti abbisognano di adeguato ambiente giuridico ma non certo di un cospicuo capitale fisico, a volte basta un server con le giuste connessioni sull' isoletta. Nè tantomeno abbisognano di beni pubblici.

Questo frutto della modernità, diciamolo, è una grande rottura di coglioni per l' Inferno fiscale, il quale non manca appena puo' di diffondere tra il pubblico una diffidenza istintiva, oltre che per i paradisi, anche per i redditi finanziari. Roba infatti che non ha molto bisogno della sua esistenza.


Ma tutto cio' non muta in nulla la logica che prima esponevamo: lo Stato, se lo ha, ha un dirito naturale solo alla fetta di reddito che contribuisce a produrre.



E adesso la domanda cruciale: ma se l' Italia rinunciasse alla livella che grava sui redditi prodotti all' estero, siamo sicuri che i paradisi fiscali avrebbero ancora convenienza a mantenere i loro segreti? Con la garanzia appenna menzionata, le pressioni che già sentono farebbero invertire loro la rotta aprendo le porte alla soluzione più naturale per il riciclagio e l' evasione. Sono convinto infatti che in assenza di questa tosatura ingiustificata le tanto vituperate opacità dei paradisi verrebbero meno.



Spero adesso si sia capita l' irritazione che mi procura il tono moraleggiante delle crociate "anti-paradiso", per me è come sentir parlare di stuzzicadenti un ciclope con l' occhio otturato da una trave.



P.S. nel post ho parlato d' Italia. Ma non commiseriamoci troppo, le pratiche a cui accenno sono comuni a tutti i paesi. E un vampiresco Obama assetato di quattrini minaccia la lodevole eccezione degli USA. Ho parlato di moralizzatori da moraleggiare e di "vampiresco" Obama. Altri, qui però non parliamo più di redditi finanziari, nella tassazione dei redditi prodotti all' estero vedono solo stupidità e miopia.

lunedì 4 maggio 2009

Israel economista

Andrea Cortis ha detto...
... agite come macchine razionali e l’economia funzionerà come un sistema equilibrato e perfettamente prevedibile. Ed in effetti e' questo e' il comportamento razionale che ci si sente ripetere qui negli USA da quando e' iniziata questa crisi ... comprate gente, spendete e spandete o voi che potete, ...

Neanche a dirlo la gente continua indefessa a comportarsi in modo "irrazionale", e comincia finalmente ad utilizzare l'irrazionalissimo porcellino!

4/15/2009 01:58:00 AM


Gianfranco Massi ha detto...
Dal 1945 siamo entrati nell' era atomica. La scienza ha fatto ulteriori progressi in ogni campo.
Eppure nessuno sa che cosa sta succedendo, ora, sopra e sotto di noi. Ancor meno in campo economico. Lo dimostrano i maremoti e i terremoti che restano imprevedibili,( anche se potremmo ridurne gli effetti). Lo dimostra questa crisi economica.
Per non parlare dei conflitti tra popoli che rendono sempre più precaria la pace.
A noi "olivastri", - come ci chiama l' apostolo Paolo [Rom 11] - innestati nell' "olivo buono", non resta che attendere "i tempi escatologici".
L' escatologia, come la vulcanologia, non sa prevedere dove e quando accadrà, ma di sicuro il Terremoto accadrà.

4/15/2009 05:24:00 PM


Luigi Sammartino ha detto...
Paul Volcker, ex governatore della Fed, ha dichiarato che le teorie economiche prevalenti, fondate sul principio di razionalità dei mercati, hanno fallito la prova del mercato reale.

Queste teorie economiche sono state applicate dal MIT, dalla Business School dell'università di Harward a dall'Università di Chicago alla gestione dello stesso loro patrimonio, e le perdite sono state enormi.

Eppure un forte scetticismo nei confronti dell'Economia Matematica era già stato espresso da Ludwig von Bertalanffy, uno dei padri fondatori della moderna teoria dei sistemi.

4/16/2009 12:34:00 PM


broncobilly ha detto...
"...un conto è dire che... da quando esiste il sistema capitalistico, nessuno è stato capace di proporre un sistema migliore. Ben altro discorso è scendere sul terreno della teoria economica e asserire l’intrinseca perfezione del sistema capitalistico..."

Le critiche mi sembrano un po' severe, anche perchè non penso che qualcuno pronunci mai l' ultima asserzione.

Detto questo le convenzioni di "razionalità" ed "efficienza" me li terrei ancora stretti. La loro semplicità ripaga con gli interessi i mille fallimenti e le molte cofutazioni a cui vengono quotidianamente sottoposti. Una teoria non persuade solo per il fatto di essere vera.

Mi chiedo piuttosto come mai chi appronta i rimedi alla crisi lo fa volente o nolente ancora sulla base di quelle teorie.

E mi chiedo anche perchè nelle Università questi concetti non cedono spazio. E' forse al lavoro una lobby accademica? Non penso proprio, la cosa dura da troppo tempo.

Il fatto è un altro: è da ingenui aspettarsi che basti confutare un' ipotesi per spazzarla via. Un pragmatista direbbe che una critica senza conseguenze pratiche non ha nemmeno conseguenze teoriche. Molte critiche che si sentono sono proprio di questo tipo.

Forse una buona teoria non la si giudica solo in base alle confutazioni che riceve ma piuttosto in base al costo indotto dalla sua approssimazione e in relazione alle alternative disponibili.

4/18/2009 09:56:00 AM


Luigi Sammartino ha detto...
C'è un punto nell'argomentazione di broncobilly che trovo molto interessante. Mi riferisco al passaggio finale del post che lui ha allegato assieme al suo commento.

My methodological pluralism does have one limit, however, any argument should be honest. Unfortunately the ethics of my profession are shameful—many economists keep searching for more “predictive power,” defined in terms of misleading indicators such as t-statistics, with little regard for whether the results actually mean anything. For too many economists, getting published is the only thing that matters.
In effetti, siamo proprio sicuri che qui si tratti soltanto di una questione epistemologica?

Mi spiego meglio: in che modo una teoria economica si dimostra migliore di un'altra? Sulla base di una valutazione di tipo empirico, o forse c'è di mezzo anche molta disonestà intellettuale?

4/18/2009 02:53:00 PM


Caroli ha detto...
Richiamo il fatto che l'argomento del post è la scienza, non le penose arrampicate sugli specchi per tentare di attribuire dignità scientifica alle teorie economiche, o, peggio, al comportamento umano.

4/19/2009 05:24:00 PM


broncobilly ha detto...
Mi siano consentite ancora due considerazioni a difesa dell' ortodossia neoclassica.

Il modello neoclassico puo' essere visto come la rappresentazione di un mondo ideale: una lista di condizioni necessarie per avere certi effetti auspicabili. Spesso la sua utilità consiste nel verificare quali lacune si siano prodotte nel caso concreto.

Esempio, se davvero la descrizione delle "aspettative razionali" si esaurisse in quanto detto, molto semplicemente i "cicli economici" non esisterebbero. Ma come è possibile tutto cio' visto che Lucas le introdice proprio per spiegare i cicli economici?

Il fatto è che Lucas le introduce anche e soprattutto per dirci dove esse hanno fallito nella storia (lui individua un' incapacità degli imprenditori nel discriminare tra l' oscillazione dei prezzi nell' industria e la variazione nel livello generale dei prezzi). C' è una regolarità anche negli "errori" e per descriverla occorre un puno di riferimento. Persino tutte le teorie Keynesiane possono essere ridotte ad un "errore" cognitivo ben specifico rispetto all' ortodossia neoclassica: la cosiddetta "illusione monetaria".

Oggi si agisce nella stessa maniera per tamponare la crisi: si guarda il modello, si rivelano le condizioni mancanti e si operano le compensazioni.

Non mi sembra poi che la filosofia del Long Term Capital Management sia riconducibile all' ortodossia neo-classica dei mercati finanziari visto che quest' ultima afferma chiaramente l' inesistenza di strategie razionali per "battere il mercato", ovvero riportare risultati sopra la media. Al limite la teoria ortodossa sconsglia il salvataggio a cura della politica.
. Cosa puntualmente fatta e che mina la validità della teoria stessa per il futuro.

4/27/2009 07:06:00 PM


Giorgio Israel ha detto...
Mi sia consentito di dissentire da ogni parola ma anche di non rispondere perché preferisco discutere con libri e articoli specializzati anziché con Wikipedia.

4/27/2009 09:34:00 PM


broncobilly ha detto...
Ecco un buon libro di riferimento che riassume la visione standard dei mercati finanziari (... asset prices typically exhibit signs of random walk and... one can not consistently outperform market averages...) con relativa bibliografia specialistica. Ne approfitto per indicare il link più corretto in merito.

Sul corretto ruolo che hanno le aspettative nell' impianto del Nobel Lucas ho attinto da un suo feroce critico, il Nobel Herbert Simon: Scienza economica e comportamento umano. Edizioni Comunità p.30.

4/28/2009 04:52:00 PM


Giorgio Israel ha detto...
Il link "più corretto" è sempre Wikipedia... La sua idea di cosa sia il modello neoclassico è ingenua e quindi, mi scuserà, ma non trovo materia di discussione.

4/28/2009 05:11:00 PM

Broncobilly

asciamo cadere i giudizi tagliati con l' accetta, solo una precisazione.

Nessuno nega che nel modello neoclassico siano sempre all' opera forze riequilibranti.

Si nega che il modello sia da buttare qualora l' equilibrio non si realizzi. Resta comunque lo strumento di cura migliore CHE ABBIAMO per decidere che fare.

Guardiamo solo alla crisi di oggi. Come si studiano le contromisure?

C' è chi si affida alle cosiddette politiche keynesiane. Ma il "modello keynesiano" corrisponde esattamente al modello neo-classico a cui è stato semplicemente aggiunto il bias SPECIFICO dell' illusione monetaria (Herbert Simon). Non è certo un cambio di paradigma scientifico!

C' è chi invece punta sui tassi negativi, ma cio' è concepito stando saldamente all' interno del modello neoclassico e le politiche monetariste.

La disciplina economica inoltre non è poi così monolitica, paradigmi alternativi esistono eccome. Faccio un paio di casi.

L' economia austriaca presenta un' alternativa soggettivista alla razionalità. La loro soluzione? Lasciar "lavorare" fallimenti e deflazione. Mi sembra decisdamente impraticabile, almeno in democrazia.

C' è poi l' economia comportamentista che combatte proprio il cosiddetto homo rationalis (le vie alternative sono state battute eccome). Per quanto, a posteriori, siano maestri nello spiegare dove sono stati gli "errori", soluzioni da proporre? Zero, un modello generale non si è mai riusciti a formularlo.

P.S. Ironia della sorte, proprio quelle teorie comportamentistiche che si allontanano daI postulati della razionalità umana, sono state, loro sì, le più prolifiche nello sfornare programmini per arricchirsi in borsa sfruttando gli errori cognitivi altrui!


Giorgio Israel ha detto...
Memento: questa è la season 2. Cfr. post del 22 gennaio al punto 2.

4/29/2009 12:26:00 PM

Ottimo il messaggio del 22.1. Il punto 2 poi è il mio preferito, contiene molte verità e lo sottoscrivo, specie questa: certo che in rete viene spontaneo di fare quello che si vergognerebbero come ladri di fare altrove: sparare sentenze apodittiche.

Facciamo un esempio per non rimanere sul vago.

"... esistono atti di fede come la cieca credenza secondo cui il mercato possiede la virtù salvifica di autoregolarsi, da cui la prescrizione assoluta di liberarlo da ogni intralcio e intervento esterno. È un’antica convinzione che risale almeno alla celebre metafora della “mano invisibile” di Adam Smith e che, da Walras e Pareto alla scuola dei Chicago boys di Milton Friedman..."

Quindi Milton Friedman e i Chicago boys chederebbero che il mercato "venisse lasciato libero da ogni intralcio in modo di autoregolarsi"!?

Ma se i suddetti "richiedono" addiritura che la nel mercato della moneta venga istituito un MONOPOLIO di legge con la creazione di una banca centrale proprio perchè ritenevano che il mercato non fosse in grado di autoregolarsi!!! MONOPOLIO COERCITIVO, altro che "lasciato libero di autoregolarsi".

Il conflitto che ha ingaggiato Friedman con il free-banking ispiratosi all' Hayek di 'Denationalisation of Money' dov' è finito?

E il bello è che la perla di cui sopra è stata probabilmente confezionata da chi aveva in mente proprioi mercati finanziari, visto che prendeva spunto dalla crisi finanziaria in atto per svolgere alcune considerazioni. Come capita spesso con i suoi critici, Friedman non è stato nè letto, nè sfogliato.

D' altronde saltabeccare con troppa disinvoltura tra fisica, economia, pedagogia e politica estera riserva anche di questi inciampi.

Mi scusi per questa focaccia, ma non avevo gradito molto il suo pane.


Giorgio Israel ha detto...
Aggiungo un piccolo compendio elementare ma corretto di nozioni di base:

«Nella teoria microeconomica la crisi degli anni settanta è drammatica: nel 1974 è dimostrato che non esiste una base scientifica per ritenere che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente. Ciò avrebbe dovuto essere sufficiente per dichiarare chiuso il programma di investigazione teorica basato sulla fede nella bontà del libero mercato. Ma nel mondo accademico gli economisti preferirono ignorare i problemi. Da allora, vediamo uscire dalle università legioni di economisti che credono (senza fondamento) che da qualche parte esiste una teoria rigorosa che dimostra che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente.
Milton Friedman, l'esponente più rappresentativo della cosiddetta corrente monetarista, riabilita alcuni principi della tradizione classica e individua come causa prevalente dell'inflazione la pretesa dello Stato di forzare i meccanismi del mercato. Friedman ha approfondito il ruolo svolto dalla moneta nei processi economici rimettendo in discussione l'interpretazione keynesiana del comportamento monetario degli individui, così come le loro scelte di consumo e risparmio. Sotto la sua guida sorse una visione dell'economia secondo la quale "l'inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario". In base a questo principio, la variabile chiave per stabilizzare i prezzi sarebbe l'offerta monetaria. La base di tutto questo ragionamento è la fede assoluta nella stabilità dei mercati in un'economia capitalista (esattamente il contrario di ciò che la teoria microeconomica aveva scoperto, e nascosto, nel 1974). Quindi, la "ricetta" di Friedman per controllare l'inflazione consiste in primo luogo nell'adottare misure dirette a frenare il credito e la creazione di moneta. Queste misure sono dirette a mantenere un ritmo uguale dell'aumento di massa monetaria (e della domanda che ne deriva) e l'aumento dell'offerta di beni e servizi. Friedman sostiene che questo equilibrio tra domanda e offerta non può avvenire se non attorno a un tasso naturale di disoccupazione, che deve essere accettato in quanto fenomeno strutturale del processo economico. 
Altri autori della corrente monetarista, più radicali di Friedman, sostengono il principio delle aspettative razionali nel cui ambito gli operatori economici sono dotati di un grado di informazione non inferiore a quello dello Stato (cfr. R. Lucas, T. Sargent, R. Hall, R. Dornbhsch). Ne segue che se tutti hanno le stesse informazioni, si crea una situazione nella quale nessuno possiede le informazioni in grado di influenzare i comportamenti altrui. Questa situazione riporterebbe in auge lo schema della concorrenza perfetta e toglierebbe allo Stato ogni diritto di intervenire nel settore dell'economia, in quanto potenzialmente perturbatore di un sistema di per sé autoregolato».

4/29/2009 05:00:00 PM

Sembra quasi di leggere la ricostruzione di un qualche economista sudamericano no global con frustrazioni accademiche pronto per fare il ghost writer di Chavez. Magari il Nadal qui tradotto.

Delle critiche serie si possono anche fare , e guardacaso restiamo all' interno del cosiddetto mainstream.

Ma per favore, non facciamo impennare le quotazioni di wikipedia.


Caroli ha detto...
E allora, come spiega, il ragionamento di Friedman, il riferirsi ad un "rischio deflattivo" a cui si è fatta menzione nel tentare una risposta coerente alla corrente crisi economica? C'è qualcosa che non mi torna. Il "sistema autoregolato" a me pare una chimera. Sbaglio? Grazie.

5/02/2009 08:54:00 PM


Giorgio Israel ha detto...
Che il sistema autoregolato sia una chimera non c'entra niente col fatto che il paradigma centrale dell'economia neoclassica in tutte le sue versioni è l'idea di rimuovere qualsiasi intralcio che impedisca al mercato di mettere in opera la sua capacità omeostatica di raggiungere l'equilibrio. Che questo implichi degli interventi è ovvio. Perciò chi vede nel fatto che si predichi la necessità di un qualche intervento una contraddizione con la credenza in quella capacità (lasciar libera la mano invisibile di operare) non ha compreso l'essenza della questione. Walras era socialista e credeva nella necessità di operare interventi al fine di realizzare le condizioni di comportamento razionale (illimitata preveggenza e illimitato egoismo) capaci di liberare questa capacità del mercato di autoregolarsi. La ricetta di Friedman mira a creare le condizioni per realizzare l'equilibrio tra domanda e offerta e implica ovviamente la necessità di interventi. Non viviamo in un mondo ideale, lo stato esiste, le regole esistono, e chi crede in quella capacità del mercato cerca le soluzioni affinché essa si sviluppi pienamente, liberandolo dai vincoli.
Comunque, ripeto, tutta la storia del paradigma neoclassico ruota attorno all'idea della virtù autoregolatrice del mercato, purché libero di muoversi secondo condizioni di perfetta "razionalità"; ovviamente variamente declinata nelle diverse interpretazioni. Perciò, insisto, credere che esista una contraddizione tra la proposizione di misure e interventi e il nutrire quella credenza, è una pura e semplice cantonata.
Francamente non volevo più intervenire su questa faccenda, perché non mi pare opportuno copiare sul blog un libro intero scritto sul tema per i principi adottati da gennaio. Lo faccio per una volta e qui chiudo.

Dunque, secondo la teoria neo-classica il mercato si autoregola ma ha bisogno di un continuo intervento esterno (mano visibile) affinchè si autoregoli.



Mi sembra un passo avanti rispetto alla "... prescrizione assoluta di liberarlo [il mercato] da ogni intralcio e intervento esterno...". Una formula che non lascia certo presagire sbocchi socialisteggianti.



La precisazione inoltre fa capire un po' meglio la funzione che di fatto svolgono oggi i modelli neoclassici: indicano dove intervenire.



Anche perchè concetti come "bene pubblico", "dilemma del prigioniero", "asimmetria informativa", "esternalità negativa" (concetti in nome dei quali opera la mano visibile), da dove arrivano se non dal paradigma neoclassico dello studio dell' economia?



Sarebbe bene ora proseguire sciogliendo il connubio tra Homo economicus e liberismo ("... prescrizione assoluta di liberare il mercato da ogni intervento esterno...").



Tanto per (ri)fare un esempio, nel paradigma austriaco in salsa hayekiana (concorrente di quello neoclassico), l' operatore economico non è certo un Homo economicus, eppure si critica proprio quella robusta mano visibile che la teoria neoclassica tende invece a giustificare (il monopolio statale sulla moneta è un caso lampante).