Andrea Cortis ha detto...
... agite come macchine razionali e l’economia funzionerà come un sistema equilibrato e perfettamente prevedibile. Ed in effetti e' questo e' il comportamento razionale che ci si sente ripetere qui negli USA da quando e' iniziata questa crisi ... comprate gente, spendete e spandete o voi che potete, ...
Neanche a dirlo la gente continua indefessa a comportarsi in modo "irrazionale", e comincia finalmente ad utilizzare l'irrazionalissimo porcellino!
4/15/2009 01:58:00 AM
Gianfranco Massi ha detto...
Dal 1945 siamo entrati nell' era atomica. La scienza ha fatto ulteriori progressi in ogni campo.
Eppure nessuno sa che cosa sta succedendo, ora, sopra e sotto di noi. Ancor meno in campo economico. Lo dimostrano i maremoti e i terremoti che restano imprevedibili,( anche se potremmo ridurne gli effetti). Lo dimostra questa crisi economica.
Per non parlare dei conflitti tra popoli che rendono sempre più precaria la pace.
A noi "olivastri", - come ci chiama l' apostolo Paolo [Rom 11] - innestati nell' "olivo buono", non resta che attendere "i tempi escatologici".
L' escatologia, come la vulcanologia, non sa prevedere dove e quando accadrà, ma di sicuro il Terremoto accadrà.
4/15/2009 05:24:00 PM
Luigi Sammartino ha detto...
Paul Volcker, ex governatore della Fed, ha dichiarato che le teorie economiche prevalenti, fondate sul principio di razionalità dei mercati, hanno fallito la prova del mercato reale.
Queste teorie economiche sono state applicate dal MIT, dalla Business School dell'università di Harward a dall'Università di Chicago alla gestione dello stesso loro patrimonio, e le perdite sono state enormi.
Eppure un forte scetticismo nei confronti dell'Economia Matematica era già stato espresso da Ludwig von Bertalanffy, uno dei padri fondatori della moderna teoria dei sistemi.
4/16/2009 12:34:00 PM
broncobilly ha detto...
"...un conto è dire che... da quando esiste il sistema capitalistico, nessuno è stato capace di proporre un sistema migliore. Ben altro discorso è scendere sul terreno della teoria economica e asserire l’intrinseca perfezione del sistema capitalistico..."
Le critiche mi sembrano un po' severe, anche perchè non penso che qualcuno pronunci mai l' ultima asserzione.
Detto questo le convenzioni di "razionalità" ed "efficienza" me li terrei ancora stretti. La loro semplicità ripaga con gli interessi i mille fallimenti e le molte cofutazioni a cui vengono quotidianamente sottoposti. Una teoria non persuade solo per il fatto di essere vera.
Mi chiedo piuttosto come mai chi appronta i rimedi alla crisi lo fa volente o nolente ancora sulla base di quelle teorie.
E mi chiedo anche perchè nelle Università questi concetti non cedono spazio. E' forse al lavoro una lobby accademica? Non penso proprio, la cosa dura da troppo tempo.
Il fatto è un altro: è da ingenui aspettarsi che basti confutare un' ipotesi per spazzarla via. Un pragmatista direbbe che una critica senza conseguenze pratiche non ha nemmeno conseguenze teoriche. Molte critiche che si sentono sono proprio di questo tipo.
Forse una buona teoria non la si giudica solo in base alle confutazioni che riceve ma piuttosto in base al costo indotto dalla sua approssimazione e in relazione alle alternative disponibili.
4/18/2009 09:56:00 AM
Luigi Sammartino ha detto...
C'è un punto nell'argomentazione di broncobilly che trovo molto interessante. Mi riferisco al passaggio finale del post che lui ha allegato assieme al suo commento.
My methodological pluralism does have one limit, however, any argument should be honest. Unfortunately the ethics of my profession are shameful—many economists keep searching for more “predictive power,” defined in terms of misleading indicators such as t-statistics, with little regard for whether the results actually mean anything. For too many economists, getting published is the only thing that matters.
In effetti, siamo proprio sicuri che qui si tratti soltanto di una questione epistemologica?
Mi spiego meglio: in che modo una teoria economica si dimostra migliore di un'altra? Sulla base di una valutazione di tipo empirico, o forse c'è di mezzo anche molta disonestà intellettuale?
4/18/2009 02:53:00 PM
Caroli ha detto...
Richiamo il fatto che l'argomento del post è la scienza, non le penose arrampicate sugli specchi per tentare di attribuire dignità scientifica alle teorie economiche, o, peggio, al comportamento umano.
4/19/2009 05:24:00 PM
broncobilly ha detto...
Mi siano consentite ancora due considerazioni a difesa dell' ortodossia neoclassica.
Il modello neoclassico puo' essere visto come la rappresentazione di un mondo ideale: una lista di condizioni necessarie per avere certi effetti auspicabili. Spesso la sua utilità consiste nel verificare quali lacune si siano prodotte nel caso concreto.
Esempio, se davvero la descrizione delle "aspettative razionali" si esaurisse in quanto detto, molto semplicemente i "cicli economici" non esisterebbero. Ma come è possibile tutto cio' visto che Lucas le introdice proprio per spiegare i cicli economici?
Il fatto è che Lucas le introduce anche e soprattutto per dirci dove esse hanno fallito nella storia (lui individua un' incapacità degli imprenditori nel discriminare tra l' oscillazione dei prezzi nell' industria e la variazione nel livello generale dei prezzi). C' è una regolarità anche negli "errori" e per descriverla occorre un puno di riferimento. Persino tutte le teorie Keynesiane possono essere ridotte ad un "errore" cognitivo ben specifico rispetto all' ortodossia neoclassica: la cosiddetta "illusione monetaria".
Oggi si agisce nella stessa maniera per tamponare la crisi: si guarda il modello, si rivelano le condizioni mancanti e si operano le compensazioni.
Non mi sembra poi che la filosofia del Long Term Capital Management sia riconducibile all' ortodossia neo-classica dei mercati finanziari visto che quest' ultima afferma chiaramente l' inesistenza di strategie razionali per "battere il mercato", ovvero riportare risultati sopra la media. Al limite la teoria ortodossa sconsglia il salvataggio a cura della politica.
. Cosa puntualmente fatta e che mina la validità della teoria stessa per il futuro.
4/27/2009 07:06:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Mi sia consentito di dissentire da ogni parola ma anche di non rispondere perché preferisco discutere con libri e articoli specializzati anziché con Wikipedia.
4/27/2009 09:34:00 PM
broncobilly ha detto...
Ecco un buon libro di riferimento che riassume la visione standard dei mercati finanziari (... asset prices typically exhibit signs of random walk and... one can not consistently outperform market averages...) con relativa bibliografia specialistica. Ne approfitto per indicare il link più corretto in merito.
Sul corretto ruolo che hanno le aspettative nell' impianto del Nobel Lucas ho attinto da un suo feroce critico, il Nobel Herbert Simon: Scienza economica e comportamento umano. Edizioni Comunità p.30.
4/28/2009 04:52:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Il link "più corretto" è sempre Wikipedia... La sua idea di cosa sia il modello neoclassico è ingenua e quindi, mi scuserà, ma non trovo materia di discussione.
4/28/2009 05:11:00 PM
Broncobilly
asciamo cadere i giudizi tagliati con l' accetta, solo una precisazione.
Nessuno nega che nel modello neoclassico siano sempre all' opera forze riequilibranti.
Si nega che il modello sia da buttare qualora l' equilibrio non si realizzi. Resta comunque lo strumento di cura migliore CHE ABBIAMO per decidere che fare.
Guardiamo solo alla crisi di oggi. Come si studiano le contromisure?
C' è chi si affida alle cosiddette politiche keynesiane. Ma il "modello keynesiano" corrisponde esattamente al modello neo-classico a cui è stato semplicemente aggiunto il bias SPECIFICO dell' illusione monetaria (Herbert Simon). Non è certo un cambio di paradigma scientifico!
C' è chi invece punta sui tassi negativi, ma cio' è concepito stando saldamente all' interno del modello neoclassico e le politiche monetariste.
La disciplina economica inoltre non è poi così monolitica, paradigmi alternativi esistono eccome. Faccio un paio di casi.
L' economia austriaca presenta un' alternativa soggettivista alla razionalità. La loro soluzione? Lasciar "lavorare" fallimenti e deflazione. Mi sembra decisdamente impraticabile, almeno in democrazia.
C' è poi l' economia comportamentista che combatte proprio il cosiddetto homo rationalis (le vie alternative sono state battute eccome). Per quanto, a posteriori, siano maestri nello spiegare dove sono stati gli "errori", soluzioni da proporre? Zero, un modello generale non si è mai riusciti a formularlo.
P.S. Ironia della sorte, proprio quelle teorie comportamentistiche che si allontanano daI postulati della razionalità umana, sono state, loro sì, le più prolifiche nello sfornare programmini per arricchirsi in borsa sfruttando gli errori cognitivi altrui!
Giorgio Israel ha detto...
Memento: questa è la season 2. Cfr. post del 22 gennaio al punto 2.
4/29/2009 12:26:00 PM
Ottimo il messaggio del 22.1. Il punto 2 poi è il mio preferito, contiene molte verità e lo sottoscrivo, specie questa: certo che in rete viene spontaneo di fare quello che si vergognerebbero come ladri di fare altrove: sparare sentenze apodittiche.
Facciamo un esempio per non rimanere sul vago.
"... esistono atti di fede come la cieca credenza secondo cui il mercato possiede la virtù salvifica di autoregolarsi, da cui la prescrizione assoluta di liberarlo da ogni intralcio e intervento esterno. È un’antica convinzione che risale almeno alla celebre metafora della “mano invisibile” di Adam Smith e che, da Walras e Pareto alla scuola dei Chicago boys di Milton Friedman..."
Quindi Milton Friedman e i Chicago boys chederebbero che il mercato "venisse lasciato libero da ogni intralcio in modo di autoregolarsi"!?
Ma se i suddetti "richiedono" addiritura che la nel mercato della moneta venga istituito un MONOPOLIO di legge con la creazione di una banca centrale proprio perchè ritenevano che il mercato non fosse in grado di autoregolarsi!!! MONOPOLIO COERCITIVO, altro che "lasciato libero di autoregolarsi".
Il conflitto che ha ingaggiato Friedman con il free-banking ispiratosi all' Hayek di 'Denationalisation of Money' dov' è finito?
E il bello è che la perla di cui sopra è stata probabilmente confezionata da chi aveva in mente proprioi mercati finanziari, visto che prendeva spunto dalla crisi finanziaria in atto per svolgere alcune considerazioni. Come capita spesso con i suoi critici, Friedman non è stato nè letto, nè sfogliato.
D' altronde saltabeccare con troppa disinvoltura tra fisica, economia, pedagogia e politica estera riserva anche di questi inciampi.
Mi scusi per questa focaccia, ma non avevo gradito molto il suo pane.
Giorgio Israel ha detto...
Aggiungo un piccolo compendio elementare ma corretto di nozioni di base:
«Nella teoria microeconomica la crisi degli anni settanta è drammatica: nel 1974 è dimostrato che non esiste una base scientifica per ritenere che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente. Ciò avrebbe dovuto essere sufficiente per dichiarare chiuso il programma di investigazione teorica basato sulla fede nella bontà del libero mercato. Ma nel mondo accademico gli economisti preferirono ignorare i problemi. Da allora, vediamo uscire dalle università legioni di economisti che credono (senza fondamento) che da qualche parte esiste una teoria rigorosa che dimostra che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente.
Milton Friedman, l'esponente più rappresentativo della cosiddetta corrente monetarista, riabilita alcuni principi della tradizione classica e individua come causa prevalente dell'inflazione la pretesa dello Stato di forzare i meccanismi del mercato. Friedman ha approfondito il ruolo svolto dalla moneta nei processi economici rimettendo in discussione l'interpretazione keynesiana del comportamento monetario degli individui, così come le loro scelte di consumo e risparmio. Sotto la sua guida sorse una visione dell'economia secondo la quale "l'inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario". In base a questo principio, la variabile chiave per stabilizzare i prezzi sarebbe l'offerta monetaria. La base di tutto questo ragionamento è la fede assoluta nella stabilità dei mercati in un'economia capitalista (esattamente il contrario di ciò che la teoria microeconomica aveva scoperto, e nascosto, nel 1974). Quindi, la "ricetta" di Friedman per controllare l'inflazione consiste in primo luogo nell'adottare misure dirette a frenare il credito e la creazione di moneta. Queste misure sono dirette a mantenere un ritmo uguale dell'aumento di massa monetaria (e della domanda che ne deriva) e l'aumento dell'offerta di beni e servizi. Friedman sostiene che questo equilibrio tra domanda e offerta non può avvenire se non attorno a un tasso naturale di disoccupazione, che deve essere accettato in quanto fenomeno strutturale del processo economico.
Altri autori della corrente monetarista, più radicali di Friedman, sostengono il principio delle aspettative razionali nel cui ambito gli operatori economici sono dotati di un grado di informazione non inferiore a quello dello Stato (cfr. R. Lucas, T. Sargent, R. Hall, R. Dornbhsch). Ne segue che se tutti hanno le stesse informazioni, si crea una situazione nella quale nessuno possiede le informazioni in grado di influenzare i comportamenti altrui. Questa situazione riporterebbe in auge lo schema della concorrenza perfetta e toglierebbe allo Stato ogni diritto di intervenire nel settore dell'economia, in quanto potenzialmente perturbatore di un sistema di per sé autoregolato».
4/29/2009 05:00:00 PM
Sembra quasi di leggere la ricostruzione di un qualche economista sudamericano no global con frustrazioni accademiche pronto per fare il ghost writer di Chavez. Magari il Nadal qui tradotto.
Delle critiche serie si possono anche fare , e guardacaso restiamo all' interno del cosiddetto mainstream.
Ma per favore, non facciamo impennare le quotazioni di wikipedia.
Caroli ha detto...
E allora, come spiega, il ragionamento di Friedman, il riferirsi ad un "rischio deflattivo" a cui si è fatta menzione nel tentare una risposta coerente alla corrente crisi economica? C'è qualcosa che non mi torna. Il "sistema autoregolato" a me pare una chimera. Sbaglio? Grazie.
5/02/2009 08:54:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Che il sistema autoregolato sia una chimera non c'entra niente col fatto che il paradigma centrale dell'economia neoclassica in tutte le sue versioni è l'idea di rimuovere qualsiasi intralcio che impedisca al mercato di mettere in opera la sua capacità omeostatica di raggiungere l'equilibrio. Che questo implichi degli interventi è ovvio. Perciò chi vede nel fatto che si predichi la necessità di un qualche intervento una contraddizione con la credenza in quella capacità (lasciar libera la mano invisibile di operare) non ha compreso l'essenza della questione. Walras era socialista e credeva nella necessità di operare interventi al fine di realizzare le condizioni di comportamento razionale (illimitata preveggenza e illimitato egoismo) capaci di liberare questa capacità del mercato di autoregolarsi. La ricetta di Friedman mira a creare le condizioni per realizzare l'equilibrio tra domanda e offerta e implica ovviamente la necessità di interventi. Non viviamo in un mondo ideale, lo stato esiste, le regole esistono, e chi crede in quella capacità del mercato cerca le soluzioni affinché essa si sviluppi pienamente, liberandolo dai vincoli.
Comunque, ripeto, tutta la storia del paradigma neoclassico ruota attorno all'idea della virtù autoregolatrice del mercato, purché libero di muoversi secondo condizioni di perfetta "razionalità"; ovviamente variamente declinata nelle diverse interpretazioni. Perciò, insisto, credere che esista una contraddizione tra la proposizione di misure e interventi e il nutrire quella credenza, è una pura e semplice cantonata.
Francamente non volevo più intervenire su questa faccenda, perché non mi pare opportuno copiare sul blog un libro intero scritto sul tema per i principi adottati da gennaio. Lo faccio per una volta e qui chiudo.
Dunque, secondo la teoria neo-classica il mercato si autoregola ma ha bisogno di un continuo intervento esterno (mano visibile) affinchè si autoregoli.
Mi sembra un passo avanti rispetto alla "... prescrizione assoluta di liberarlo [il mercato] da ogni intralcio e intervento esterno...". Una formula che non lascia certo presagire sbocchi socialisteggianti.
La precisazione inoltre fa capire un po' meglio la funzione che di fatto svolgono oggi i modelli neoclassici: indicano dove intervenire.
Anche perchè concetti come "bene pubblico", "dilemma del prigioniero", "asimmetria informativa", "esternalità negativa" (concetti in nome dei quali opera la mano visibile), da dove arrivano se non dal paradigma neoclassico dello studio dell' economia?
Sarebbe bene ora proseguire sciogliendo il connubio tra Homo economicus e liberismo ("... prescrizione assoluta di liberare il mercato da ogni intervento esterno...").
Tanto per (ri)fare un esempio, nel paradigma austriaco in salsa hayekiana (concorrente di quello neoclassico), l' operatore economico non è certo un Homo economicus, eppure si critica proprio quella robusta mano visibile che la teoria neoclassica tende invece a giustificare (il monopolio statale sulla moneta è un caso lampante).