giovedì 15 aprile 2010

Nella testa


I mostri nella testa del bambino non sono così terribili, ma che ne sapete come lui li vede veramente? Dave Devries, maestro dell' acquarello, forse sa qualcosa, tanto è vero che ne tenta una riproduzione.

Pasticciando con nastri e chitarra nella sua cameretta, Bronko produceva solo una cacofonia insulsa che faceva bussare i vicini. Ma che ne sapevano loro di cosa aveva veramente nella testa? Bè, forse solo Moore-McLean sarebbero riusciti ad intuirlo...

mercoledì 14 aprile 2010

Famiglia e Quozienti

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Come la penso?

Quoziente, ma solo per i coniugi. Serve a non discriminare talune forme di organizzazione familiare*.

Detrazione per i figli. Serve a garantire un reddito di cittadinanza uguale per tutti.

Detrazione per il coniuge. Solo per la differenza tra reddito attribuito e reddito minimo di cittadinanza.

Incapienza. Serve per non discriminare i più deboli.

* Se io rinuncio a lavorare affinchè tu possa fare gli straordinari, una parte di quel reddito mi compete, è un po' come se fossimo una società. Ne consegue che nei sistemi a tassazione progressiva si produce una discriminazione.

martedì 13 aprile 2010

Bach rimbalza sulla scogliera

... hop... hop...

Tutti d' amore e d' accordo?

Quando cuciniamo gli spaghetti facciamo un lavoro il cui valore non viene incluso nel PIL.

A quanto pare gli italiani cucinano quintali di "spaghetti". Molti di più dei loro cugini europei. Alesina & Ichino accumulano una montagna di numeretti che non lasciano scampo.

Il nostro PIL andrebbe dunque alzato, e non di poco. Evviva! O no?

Sembra di no visto che da considerazioni simili Alesina e Ichino sono partiti per scrivere un libro che ha molto diviso (e che io ho appena letto); alcuni hanno visto nella loro fatica un attacco ai valori famifgliari (ripassatevi gli articoli del sussidiario e ne avrete una pallida idea).

Quanto c' è di vero e quanto c' è di equivocato? Gongolarsi stando in famiglia è davvero un inconveniente? Farsi gli spaghetti anzichè andare al ristorante depotenzia l' economia? La libertà è un veleno per i valori famigliari?

Ma facciamo dei casi concreti: le gabbie salariali.

Con le gabbie salariali il differenziale tra gli stipendi pubblici del Nord e quelli del Sud aumenterebbe (in Lombardia la vita è più cara che in Calabria) incentivando flussi migratori: i figli cercherebbero lavoro lontano da casa.

Le gabbie salariali sono dunque una minaccia per l' unità famigliare? A me pera proprio di no. La famiglia è solo chiamata a scelte di responsabilità.

Altro esempio: la privatizzazione dell' educazione superiore.

Privatizzare diminuirebbe le tasse ma costringerebbe ad una gestione efficiente le Università. Cio' significa che probabilmente sparirebbero le Università a Varese, a Novara e a Trapani, sedi secondarie ed altamente inefficienti. Ci sarebbero senz' altro più fuori sede.

Una misura del genere puo' essere considerata contro i valori della famiglia perchè costringe il pargolo a lasciare la casa natale? E, di converso, la politica precedente puo' essere considerata una "politica famigliare" virtuosa? La mia risposta è ancora "no". La politica liberale pone semplicemente la famiglia di fronte ad una scelta, l' altra la compie in sua vece.

Nei casi precedenti la famiglia era tenuta assieme non da "valori" ma da una comodità "artefatta" che avrei quasi voglia di definire "furba". Il "mercato" è il test ideale per saggiare se ci troviamo di fronte a "valori" non di facciata.

Potrei fare altri esempi come i precedenti e alla fine la risposta sarebbe sempre "no". Chiuderei poi con l' unica conclusione possibile: poichè la libertà non fa male alla Famiglia, il libro di A&I non minaccia i valori famigliari.

Purtroppo, in alcune parti del libro, sono "A&I" stessi ad alimentare l' equivoco richiamandosi al "familismo amorale" (fenomeno per cui ci si fida solo dei famigliari) e al modo in cui interferirebbe nella formazione di capitale sociale. Ma esistono dei veri motivi per temerlo?

Di sicuro non esistono motivi logici: la fiducia non è un bene finito; se confido nei miei famigliari cio' non m' impedisce, se mi conviene, di dare fiducia anche al "foresto". Se dunque abbiamo a che fare con popolazioni ragionevoli siamo rassicurati.

E forse abbiamo proprio a che fare proprio con popolazioni ragionevoli visto che il "familismo amorale" è storicamente giustificato dalla presenza costante di "foresti" ostili. Sono A&I stessi a dircelo e a produrre esempi circostanziati.

A&I ci fanno poi odiare il "familismo amorale" facendoci notare come sia caratteristico delle Mafie. Ma per le Mafie quel codice di condotta è altamente razionale: chi più di loro è immerso in un ambiente esterno ostile (quello della legalità statuale). Anche in quel caso siamo dunque di fronte ad un' intelligenza che funziona.

La presenza di soggetti razionali, quindi, ci impedisce di temere oltremisura il "familismo amorale".

E poi, non è forse vero che in america i conservatori tradizionalisti sono di gran lunga i più generosi verso il prossimo? più coesone famigliare, più generosità verso l' esterno.

Sull' argomento mi sembra inutile proseguire, almeno in questa sede.

Un' altra questione equivoca è quella per cui A&I al quoziente famigliare preferirebbero la detassazione del lavoro femminile.

Si tratta di una posizione "contro" i valori della famiglia? E' una misura che trasformerebbe tutte le nostre donne in Chelsea Girl?

Calma, leggiamo piuttosto come si chiude il libro per capire come è inquadrata la faccenda:

"... ma forse gli italiani non vogliono che le donne lavorino in massa sul mercato, e allora non si lamentino se il PIL ufficiale è più basso... è il prezzo da pagare per avere tante "regine della casa"..."

Ei, ma se le cose stanno così c' è una risposta che mette tutti d' amore e d' accordo (A&I + i difensori ad oltranza della famiglia): "e chi si lamenta?"!

Volendo poi propinarci a tutti i costi la loro soluzione fiscale, decisamente la parte più indigesta del libro, A&I sarebbero costretti ad insistere sul concetto ventilato a p. 69, quello della "libera scelta non corrispondente alle preferenze": le donne farebbero e continuerebbero per senmpre a fare spontaneamente cose che in realtà non vorrebbero fare. Con una zavorra del genere non si fa molta strada.

lunedì 12 aprile 2010

Lo scheletro di Steve Wonder

Più che un disco di cover, è una conchiglia a cui applicare l' orecchio per sentire un' eco lontana. Il fantasma di una pulsione conosciuta, il dejà-vu di una modulazione arcinota.

Con perizia d' archeologi, di quelle canzoni viene dissepolto lo scheletro e solo quello. Anzi, ci si limita a far biancheggiare qua e là alcune ossa isolate. L' immaginazione unisce i puntini e riscopre sagome familiari.

Adoratori di plaid

Alister McGrath cerca di spiegare a se stesso la virulenta proliferazione di una pubblicistica anti-religiosa che cerca di attrarre attenzione compensando la povertà dei contenuti con l' esibizione di un' acrimonia sconosciuta anche nei tempi d' oro dell' ateismo più sbruffone e fondamentalista.

La conclusione a cui giunge lo studioso è questa: una caterva di intellettuali si aspettava e auspicava un drastico ridimensionamento del fenemeno religioso intorno agli anni 50/60; la persistenza e il rafforzamento di molti culti è fomite quindi di frustrazioni malcelate.

Ci sono poi alcuni casi in cui la "conversione" rimpiazza la "frustrazione". Ma sono pochi, uno è quello di McGrath visto che l' irlandese stesso era nella "caterva" di cui sopra tra i più entusiasti ed attivi.

Non so valutare la risposta, mi sembra che in merito si possa dire di tutto.

Nel frattempo m' imbatto nel caso del mitico Matteo Bordone, stamattina è la Sacra Sindone a consentirgli di incanalare in un elegante sarcasmo la sua irascibilità; non si tiene, sembra infatti essersi accorto che il lenzuolo abbia origini medioevali e la cosa non debba e non possa essere taciuta oltre.

[... i "quasi-intellettuali" prediligono il registro sarcastico, è a buon mercato: fa figo e non impegna...]

"... un’organizzazione religiosa con miliardi di seguaci, che spaccia un plaid medievale per la tela che ha avvolto il dio incarnato mentre era morto..."

??

Dopo pochi minuti il primo commento è di un ateo - non saprei se meno arguto o meno ignorante - che intuisce il cattivo servizio alla causa:

mi tocca specificare che la chiesa non spaccia il plaid medievale come il lenzuolo che ha avvolto il corpo del dio incarnato. Ne autorizza il culto come icona (non come reliquia)... facendoci un sacco di soldi.

Forse un giorno Matteo Bordone grazie a sottigliezze impalpabili riuscirà a sminuire i Rosari sgranati davanti alla Madonna di Raffaello accampando una scarsa somiglianza tra il rappresentato e il rappresentante. Forse anche i pellegrinaggi a Loreto saranno messi a repentaglio: Maria, anche al culmine dell' abbronzatura, non era certo tanto Nera! Nel frattempo lasciateci credere che la vita spirituale possa attecchire anche grazie ad un' oggettistica costruita culturalmente.

Il mio concittadino, a questo punto, si sente però in dovere di replicare e le cose, se possibile, peggiorano:

capisci che la posizione ufficiale della Chiesa è in secondo piano... il punto a mio parere non è quello. Sono le azioni della chiesa che contano. Almeno per me, che non (ci) credo.

Avete capito? Bè, concluderei dicendo che la diagnosi di McGrath forse non convince in generale ma sembra andare a pennello per il "caso Matteo": frustrazione. Frustrazione nel semplice prendere atto di una simbologia che ancora funziona.

Frustrazione che richiede urgentemente una valvola di sfogo alternativa alla bestemmia, dopodichè "come stanno le cose in realtà" puo' tranquillamente passare nel sempre più evanescente "secondo piano", un "piano" imprescindibile per gli "opinionisti brillanti".



N.B. Ricordo che per blogger tanto "svegli" che si autofustigano con il dovere di "un post al giorno", l' "interpretazione McGrath" presta il fianco ad un' alternativa altrettanto plausibile, ed è questa: cosa conta sparare cazzate quando lo si puo' fare inanellando smaglianti battute? Insomma, quando per un buon motto di spirito ti venderesti anche la mamma... non stiamo lì a sottilizzare.

venerdì 9 aprile 2010

Compagni di viaggio

In epoca post basagliana, pendolare su e giù riserva sempre incontri interessanti...



ht: matteo bordone

giovedì 8 aprile 2010

Il Dio dell' Ignoranza e il Dio della Conoscenza

Kenneth Miller è uno dei massimi biologi viventi, la sua difesa dell' evoluzionismo dagli attacchi promossi dai sostenitori dell' intelligent design viene di solito considerata come una delle più brillanti, tanto è vero che viene continuamente strattonato per testimoniare in vari processi.

Kenneth Miller è però anche un cattolico fervente e le sue intenzioni non hanno mai mostrato cedimenti: vuole a tutti i costi prendere la religione sul serio.

Anche per questo giudica "insipida" la posizione tenuta da Stephen Jay Gould nell' ormai famoso non-overlapping magisteria. L' anodino documento non convince del tutto e lo stesso Gould, del resto, non sembra credere affatto ad una pari dignità dei due saperi allorchè definisce la religione come una congerie di "storie che ci raccontiamo per trarne conforto" (sic). Qui sembra proprio saltar fuori la sua vecchia tempra marxista e l' oppio dei popoli è davvero dietro l' angolo, la religione più che un "sapere" diventa un narcotico per la felicità a poco prezzo degli animali più ingenui. E' possibile seguirlo oltre su quella via? Kenneth ci rinuncia e gliene siamo grati.



D' altro canto non offre garanzie nemmeno l' armata Brancaleone creazionista sempre in cerca di un Dio tappa-buchi da opporre ad una scienza-gruviera. Sarebbe quello il Dio degli ignoranti. Non perchè chi lo professa sia ignorante (esistono personalità di vaglia), piuttosto perchè è un Dio che ha tanto più senso di esistere quanto più restiamo ignoranti. Sarà per questo che l' ignoranza esercita un gran fascino su questi paladini tremebondi di fronte ad ogni "scoperta" scientifica.

Contro il dio dell' ignoranza, Miller è fautore di un dio della conoscenza, un dio che si dispieghi tanto più nitidamente, quanto più sperimentiamo il miracolo della conoscenza, quanto più andiamo scoprendo l' inspiegabile intelleggibilità della natura.

Miller si premura di proporre la fede come cornice ideale a quella conoscenza, la fede come completamento di significato della visione scientifica. Qualcosa che trasformi una presenza enigmatica in una presenza amichevole.



In fondo sa, come sanno Dawkins, Dennett, Lewotin e compagnia che l' unica controproposta credibile è la radicalizzazione atea, l' agnosticismo, dopo Swinburne, resta stritolato e non ha più granchè da offrire: una volta ammessa anche solo la compatibilità del pensiero religioso con quello scientifico, la fede diventa automaticamente l' opzione più rigorosa sul tavolo per chi è desideroso d' impegnare la ragione in queste faccende.

Lungi dal sentirsi rassicurato dal concetto di "non-overlapping magisteria", Miller sa bene quanta cura invece richieda la lavorazione al delicato incastro che salda "scienza e fede", lui stesso vi pone mano con cura nel libro che ho appena letto: Finding Darwin' s God. Peccato che la "cura" non si estenda anche alla parte teologica del libro, d' altronde c' è una scusanete: non è il suo campo.

Le premesse sono ottime ma mi chiedo se l' entusiasmo dimostrato verso il cosiddetto "principio antropico" non sia ancora un cedimento al "Dio degli ignoranti", alias Dio-tappabuchi, alias Dio dei gap. Certo, una versione sofisticata e aggiornata con le ultime conoscenze scientifiche, ma pur sempre quel genere di divinità.

***

Il credente fa scienza stupendosi delle meravigliose coincidenze. Sa che dove c' è "coincidenza" Dio fa capolino poichè per Dio è particolarmente congeniale passeggiare tra noi sotto le mentite spoglie del "caso".

Nel panorama della scienza moderna il "principio antropico" serve la causa alla perfezione, ne fanno fede le strampalate teorie messe su in fretta e furia da taluni ideologi dell' ateismo militante per neutralizzare quella che evidentemente sentono come una minaccia (nel libro è descritta la "disperata speculazione" di Daniel Dennett, forse si potevano affrontare controargomenti più efficaci).

Eppure, per quanto appena detto, il "pp" non convince del tutto. Non conviene essere più radicali nell' osservare le avvertenze ben chiarite dallo stesso Miller?

Io considererei più da vicino la nostra possibilità di "conoscere" l' universo stesso in cui abitiamo. Non è "meraviglioso" già solo questo semplice fatto? Non basta riscontrare le curiose regolarità catturate dalla matematica per "stupire" e pensare ad un Dio?

Innanzitutto si tratta di coincidenze sorprendenti: gli universi incomprensibili sono molto più numerosi degli universi "ordinati". E' davvero solo un caso fortuito essere capitati in un mondo "matematico"? E si badi bene che la sopravvivenza non è legata alla "comprensione", tanto è vero che i più efficienti in questo campo sono talune colonie batteriche che esistono da sempre.

E' ipotesi che conforta alcune certezze: il numero dei "mondi ordinati" a disposizione è comunque tale da garantire la comparsa della "coscienza". Dio assicura così la presenza di un pubblico all' infiorescente spettacolo di una creazione realizzata mediante lo strumento evolutivo.

E' ipotesi che elude l' alternativa di Leslie: "il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti". Anche i "mondi differenti" - purchè ordinati - restano a questo punto nell' orbita dell' ipotesi teista.

E' persino un' ipotesi falsificabile: verrebbe smentita allorchè si scoprisse un' irriducibile caoticità dell' universo che comporti l' insensatezza dell' impresa scientifica e, di conseguenza, la sua razionale dismissione.

Esiste forse un vincolo più saldo che leghi Dio alla Scienza?: "niente Scienza, niente Dio"; cosa si vuole di più? Inoltre, per questa via non si "tappa" nessun buco, così come non si postulano inverosimili contingenze. Si dà solo un "significato" pieno alla nostra conoscenza.

"Niente scienza, niente fede", dunque. Ripetiamo bene insieme il nostro nuovo motto per fissarlo meglio in testa.

Curiosità! Forse è per questo che talune presentazioni "orientate" dell' evoluzionismo sembrano minacciare la fede: l' evoluzionismo è, chi puo' negarlo?, un paradigma scientifico decisamente rozzo se paragonato alla raffinatezza delle teorie della fisica; persino le "scienze umane" appaiono talvolta con capacità predittiva più "calibrata". Ma allora, se vale il "niente scienza, niente fede", forse vale anche il "poca scienza, molto caos, poca fede".

Eppure, vale la pena ricordarlo ai distratti, per la biologia è ancora quello darwiniano il paradigma di gran lunga migliore in circolazione, per quanto vaga è pur sempre "conoscenza" anche quella, e il libro di Miller ha la virtù di mostrarlo persino ad un principiante come me.

Ultimissima cosa. Il trattamento a cui ho sottoposto "pp" potrei ripeterlo quando Miller passa ad occuparsi del "free will" facendolo dipendere dall' indeterminatezza introdotta nel mondo fisico grazie ad alcune interpretazioni della teoria quantistica. Non è anche questa una soluzione tappa-buchi? E quando la teoria dei quanti sarà rivista o l' interpretazione cambiata? Rischiamo davvero di trovarci tra le palle neo-teologi petulanti alla Dawkins, vi avviso. Forse, anche su questo punto, si puo' fare meglio.

giovedì 1 aprile 2010

Concerto

E' il titolo del film che ho visto ieri sera al cineforum di Rho. Tra le altre cose, il film è un commosso omaggio all' anima slava.

E l' anima slava si salva solo facendo l' apologia del disordine.

Qualcuno entra in un campo Rom e ci vede caos, trascuratezza, approssimazione, degrado, precarietà, insidie, disorganizzazione... per altri traspare in controluce un disordine creativo, una rilassata levità mozartiana quintessenza della vitalità.

Radu Mihaileanu in fondo è un cantore del caos, i suoi eroi improvvisano inverosimili soluzioni all' ultimo momento disponibile. L' "ultimo momento", una landa dove solo il genio delle soluzioni precarie ha cittadinanza.

Alla fanfara roboante di Kusturicza, un regista dalla tempra affine, il rumeno sostituisce sonorità più morbide ma altrettanto mosse.



Per cantare il disordine bisogna sentirlo intimamente come una polifonia, e allora ecco che viene buona la lezione del sommo Fellini: nella pista del suo circo s' intrecciavano quattro dialoghi nella medesima sequenza; alla fine non si capiva granchè, ma cosa conta? Anche in una musica strumentale non capiremo mai le "parole" esatte, eppure cio' non scalfisce in alcun modo una bellezza fatta anche da questa ambiguità.

La polifonia cinematografica di Radu non necessita di trame molteplici che si incrociano, quella è roba per occidentali come Altman o Inarritu. La musica di Radu è di corto respiro, conta saper valorizzare la ricchezza contenuta nei brusii. Gould chiudeva gli occhi e riusciva a riascoltare l' amato Bach concentrandosi sul chiacchericcio del bar in cui sorbiva il caffè mattutino.



Ma il ghirigoro di Radu non è neanche "ricamo sul nulla", siamo pur sempre slavi, mica francesi. Il "morboso" allora deve essere il sale da cospargere un po' ovunque nel minestrone che bolle in pentola.

Se esiste un ordine solo, esistono mille disordini: il Maestro ci insegna a scegliere quello giusto. Come riconoscerlo?

Forse il caos benefico è fatto da persone sparse in cui ognuno persegue il suo obiettivo nel disinteresse di quello altrui, salvo il rispetto dovuto alla persona che s' incrocia continuamente andando su e giù per le scale di questo pazzo mondo. Chissà mai che proprio il nostro vicino, cos' alacre nel curare i propri affari, saprà più o meno volontariamente spianarci la strada per realizzare meglio i nostri.

Nel film il gran formicaio occidentale scoperchia cio' che nell' imbalsamata Russia già formicolava in modo latente nelle abusive catacombe.

Ma perchè la trama inverosimile vada in porto, perchè il genio risolva all' ultimo istante, perchè gli egoismi dei dispersi diano luogo ad una coesa cooperazione, perchè la farsa si sposi bene al patetismo, perchè dal caos emerga un ordine occorre un evento sublime che chiami a raccolta i cuori, e questo evento qui è la musica, una musica sentita, capita e vissuta tutta la vita in tutte le vite.

Lo spettatore lo sa ed è disposto a perdonare tutto mentre segue la bislacca storia ma non potrebbe mai perdonare, nel corso del ciajkowskiano finale, un' eventuale incuria nella ditteggiatura del violino solista. Anche Radu lo sa e spedisce la bionda attrice protagonista a frequentare corsi di violino per interi mesi. Anche il ferro battuto dai vecchi zingari brennesi doveva avere curvature a prova di goniometro e il salto mortale del clown di provincia deve valere quello della finale olimpica.

Mondi meravigliosi

Chiaretta: Che lingua orribile ha quella rana. Come mai?

Sara: Aspetta un momento e lo capirai... ecco!

Chiara: Ehi, ha acchiappato la mosca che passava e se l' è pappata.

Sara: E' una lingua prensile e le serve a prendere le mosche di cui è ghiotta. Tra poco comincerai a studiare Darwin e scoprirai molti "perchè" di questo mondo meraviglioso.

Chiara: Anche il "perchè" di una lingua tanto rivoltante?

Sara: Certo, Darwin poi piace perchè risulta particolarmente semplice, ti basterà conoscere due concetti: "ereditarietà" e "selezione naturale".

Chiara: E cosa avrà mai da dirmi la "selezione naturale" sulla lingua delle rane?

Sara: Ti dirà che una lingua del genere esiste (è stata selezionata dall' ambiente) per catturare meglio le mosche. Non solo, ti spiegherà anche perchè la rana va a caccia di mosche: anche il cervello della rana è stato sottoposto a "selezione naturale"!

Riccardo: Dunque Darwin con la sua "selezione naturale" ci spiega perchè la rana va a caccia di mosche?

Sara: Certo, lo spiega utilizzando proprio quel semplicissimo processo. L' ho capito persino io!

Riccardo: Io conosco un processo simile, solo che spiega perchè le rane vanno a caccia di pallini neri volanti. Mi sembra una spiegazione altrettanto valida che quella darwiniana per capire cosa succede nello stagno.

Sara: Ma cosa dici! Se fosse così, poichè esistono mille "sinonimi" della parola "mosche", esisterebbero mille spiegazioni alternative alla selezione naturale darwiniana.

Riccardo: Forse ho esagerato, non le considererei "spiegazioni alternative". E' sempre la stessa spiegazione che giunge a mille conclusioni differenti: A, B, C... La cosa non è meno imbarazzante.

Sara: Sei sicuro che Darwin non spieghi perchè "mosche" piuttosto che "pallini neri volanti"?

Riccardo: Per spiegare la differenza dovremmo poter vedere negli agenti descritti un "fine", un "obiettivo". Dovremmo poter dire che le rane vogliono le "mosche", non i "pallini neri", dovremmo poter dire che anche qualora le rane cacciassero i "pallini neri" senza minimamente sapere cosa sia una mosca, in realtà il loro obiettivo sono le "mosche". Peccato che simili pensieri sono blasfemi se pronunciati in un consesso di rigorosi darwiniani: il caso non è compatibile con la presenza di alcun obiettivo.

Sara: Non voglio certo introdurre un "fine" grazie a Dio o a Madre Natura, ma un tempo non si era parlato di "gene egoista"? L' "egoista" di sicuro un fine ce l' ha anche se è un fine "solo" riproduttivo.

Riccardo: Se riduciamo l' evoluzionismo ad un "efficientismo" riproduttivo perdiamo per strada gran parte dei suoi sostenitori se non la maggior parte. No, l' evoluzionismo darwiniano non è semplice efficienza.

Sara: Eppure neanche in fisica i "corpi" descritti hanno un "fine".

Riccardo: In realtà il problema non è se questo "fine" esista ma se la teoria possa essere descrita compatibilmente con l' esistenza di un fine.

Sara: Che casino, non è meglio passare agli esempi.

Riccardo: La legge gravitazionale puo' essere descritta "come se" due corpi in certe condizioni avessero l' obiettivo di avvicinarsi in un certo modo. Prova a fare una riduzione del genere con la "selezione naturale" darwiniana, non ci riuscirai senza ricorrere ad un fantomatico fine come quello della "massimizzazione delle opportunità riproduttive". Peccato che finchè l' evoluzionismo si riduce a "ereditarietà" e "selezione naturale", il consenso è massiccio ma se introduciamo le "opportunità riproduttive" qualcosa scricchiola. L' ho letto in questo libro.

Sara: Ma tutto questo significa che Darwin è da mettere in soffitta.

Riccardo: Forse per il signor Fodor sì, visto che muove queste critiche da materialista rigoroso.

Sara: E per te?

Riccardo: Per me assolutamente no. Fodor e Piattelli-Palmarini mi ricordano soltanto che come paradigma scientifico l' evoluzionismo darwiniano è pieno di buchi. Rispondo: grazie, lo so, ma il convento non passa niente di meglio a quanto pare. Poi mi fà capire che il darwinismo non tappa le mille falle della barca filosofica materialista. Rispondo: grazie e buon viaggio, io già da tempo ho deciso d' imbarcarmi su natanti che fanno meno acqua.

Sara: Insomma, l' idea darwiniana come teoria scientifica fa piuttosto schifo ma non c' è niente di meglio; come filosofia materialista fa decisamente schifo e c' è di meglio. In più non avevamo granchè bisogno che ce lo venisse a dire Fodor.

Riccardo: Pressappoco. Purtroppo il darwinismo (come l' anti-darwinismo) spesso si atteggia a Chiesa e il dibattito è tutt' altro che sereno. Guarda, a volte ho come l' impressione che se la scienza dovesse scoprire le regole della mutazione genetica (sarebbe la scoperta del millennio) parecchi intimamente remerebbero contro poichè il "caso" perderebbe il ruolo centrale che oggi ha nella teoria, un ruolo che indebolisce la scienza fatta partendo da Darwin ma rafforza la "religione" materialista che al gigante Inglese s' ispira.

Chiara: Fermi tutti... ho come l' impressione che la mia lingua, Darwin permettendo, esista per papparsi le torte, non sarà prensile ma madre natura mi ha dotato di manine agili e svelte. Perchè non andiamo a prendercene una fetta?



P.S. l' immagine della lingua prensile l' ho presa da questo intervento che raccomando di leggere fino in fondo (così magari mi spiegate meglio il finale). Qui c' è una replica di un Dennett inacidito (fa male perchè, anche senza andare a fondo, chi non diffiderebbe di una simile mancanza di classe? - lo scadimento di Krugman non insegna proprio niente?) e qui l' annuncio inutilmente trionfale della traduzione italiana.

mercoledì 31 marzo 2010

79!

Malizia

Ateo ingenuo: "Dio non esiste".

Ha ragione?

Se "Dio" non esistesse non avrebbe senso riferirsi a qualcosa che chiamiamo "Dio" e anche l' enunciato "Dio non esiste" risulterebbe insensato.

Poichè l' affermazione dell' ateo ingenuo non appare insensata nè all' ateo stesso nè al credente, l' unico modo per non cadere in contraddizione consiste nel considerarla falsa.

Sarà vera, dunque, l' affermazione contraria: "Dio esiste".

Contenti? No, poichè potremmo ripetere lo stesso ragionamento sostituendo "Dio" con cio' che più ci aggrada. Volete che esista il Signore degli Anelli? Et voilà; volete che esista Montalbano? Nulla di più facile. Persino l' Unicorno Rosa esiste.

Un' inflazione del genere disintegrerebbe all' istante qualsiasi moneta, nemmeno la moneta più preziosa, quella dell' "esistenza", sarebbe più spendibile.

Ed ecco allora che entra in scena l' ateo malizioso.

Ateo malizioso: "Tutto esiste".

Da Russell a Frege a Ryle, gli "atei maliziosi" sono tanti, e i seguaci acritici sedotti da tanta malizia ancora di più. Roba da chiodi!

Per costoro tutto cio' di cui si puo' parlare coerentemente "esiste" a prescindere per il semplice fatto che l' "esistenza" non è un predicato della logica. Poichè la logica la dà per scontata, non ha senso dimostrare l' "esistenza" di qualcosa in termini logici: la si assume sempre e comunque.

Ma l' intuito, quello per cui possiamo parlare anche di cose che "non esistono", puo' essere ripristinato dopo Parmenide, Ryle, Frege, Russell e Quine?

Eccome! Solo che occorre un "seguage acritico" che sia poco seguace e molto critico. Che sia incline a sostenere posizioni messe alla berlina con scherno di recente, solo mezzo secolo fa tanto per intendersi. Che osi dire:

"... l' "esistenza", con buona pace di Frege, Russell e Quine, è espressa da un normalissimo predicato della logica..."

Oppure che concluda così:

"... Ryle disse che ormai certa ontologia era morta per sempre e non più destinata a tornare. Come spesso accade ai confidenti filosofi analitici spesso presi a celebrare i funerali alle posizioni filosofiche sostanziali, Ryle si sbagliava: era destinato ad essere smentito dagli sviluppi successivi...".

Forse, senza andare molto lontano, uno così ce l' abbiamo qui in Italia. Si chiama Francesco Berto, sa usare le parole giuste al momento giusto, e forse ha pure scritto il libro giusto. Pur essendo un precario sembra lanciato verso una carriera luminosa, stiamo sintonizzati ed attendiamo sviluppi.

martedì 30 marzo 2010

La nostra piccola rivoluzione

Sono contrario alla mentalità rivoluzionaria e alla rivoluzione, benchè l' unica sperimentata sulla pelle, quella neo-liberista, mi abbia segnato ed esaltato al contemo.

Ma come descriverla?

La parola a Scott Sumner:

The Economist magazine, which I’ve read for 35 years, was my guide to the neoliberal revolution. By the end of the 1980s I understood that it was a global phenomenon and that it was bi-partisan. This inoculated me against Krugman’s conspiracy theories that the Reagan revolution was all a right-wing Republican plot to grab Southern whites by playing the race card. Even if true of the US, it doesn’t explain why the same policy trends occurred in 200 out of 204 countries. And then there is Krugman’s argument that economies often did not do better after the free market reforms. From The Economist I learned that you have to look at things cross-sectionally. Almost everywhere in the world economic growth slowed after 1973. The important point is that growth slowed much more in countries that did little reform, and much less in the more free market economies. It doesn’t matter whether Chile grew faster or slower after 1973, what matters is that after 1973 Chile became the most successful economy in Latin America.

L' immigrazione come arma

Molti temono che un' immigrazione crescente possa sbancare il welfare e concludono sottolineando l' esigenza di un contenimento.

La logica di Jeffrey Miron, a cui mi sento simpatetico, è ben diversa: incentivare l' immigrazione stimolerà il contenimento del welfare.

Ricordiamoci che la multietnia limita la generosità: dove abbonda la diversità, si dà meno volentieri.

Vogliamo davvero trascurare questo fatto o vogliamo invece metterlo a frutto per una strategia coerente?

lunedì 29 marzo 2010

Storia di un quasi-orco

Contrariamente alle mie abitudini, vorrei ora riferire un piccolo esempio concreto di come si forma una probabilità soggettiva a priori.

Sento parlare di preti pedofili e ho come la sensazione che certe cose, per quanto vere, accadano a mille miglia da me. Eppure, chi lo sa?, magari stanno succedendo adesso proprio sotto il mio naso ormai privo di olfatto.

Una cosa però è capitata veramente sotto il mio naso e l' odore (nauseabondo) l' ho percepito forte. Così come un certo sottile lezzo esalato dagli articoli di giornale che riferivano la vicenda.(Varesenews, Repubblica online, Ticino online).

Potete leggere tutto qui.

Tento ugualmente una precaria sintesi: Samuele, ragazzo in passato attivo in parrocchia, manda una raccomandata a Don Giuseppe per iniziare le pratiche dello sbattezzo, a lui non basta aver perso la fede, vuole annunciarlo al mondo. Ormai è vicino all' Oratorio dell' UAAR e verso quello della Chiesa, come di costume in questi casi, usa spesso toni sarcastici. Però, per molti particolarmente insignificante, continua a frequentare quest' ultimo poichè l' UAAR non vale certo una partita di calcio con gli amici (gonzi). Un bel giorno, mentre sta battendo un calcio d' angolo, il Don gli chiede se trova la cosa coerente (domanda opportuna visto chè è rivolta ad un neo-Razionalista). Urtato dall' interrogativo, il Nostro se ne va poichè ritiene che ci siano sufficienti elementi per considerarsi "cacciato" e poter scrivere a tutti i giornali facendo della sua vicenda un "caso".

Si badi bene, non stiamo parlando di un Prete integralista che lancia strali annunciando la dannazione eterna verso chi non osserva il digiuno pre-comunione. Non si tratta di un mostro pronto a divorare i nostri bambini. E se si sta camuffando, lo fa proprio bene.



Non si tratta nemmeno di un sanguigno Don Camillo pronto a rincorrerti con il bastone per tutta la Piazza facendoti entrare di diritto nella cronaca paesana.

Esemplifico: recentemente io e la Sara, richiesti di produrre un certificato con l' autorizzazione per sposarci fuori dalla nostra parrocchia di origine, poichè per altre pratiche c' eravamo già imbattuti in parroci "tignosi", abbiamo deciso di rivolgerci a colui che sicuramente non avrebbe sollevato questioni o messo bastoni tra le ruote: naturalmente il pensiero è corso a Don Giuseppe, che ci ha subito fatto trovare una strada in discesa.

D' accordo dunque l' accoglienza della pecorella smarrita, d' accordo la predisposizione all' ascolto, ma la comunità dei fedeli non puo' nemmeno essere un party continuo in cui è lecito recriminare se per un minuto al giorno si abbassa il volume della musica per dire un' Ave Maria. O no? [chiedo, visto che molti scuotono la testa].



Bene, riassumento, io conosco abbastanza bene il Don, conosco bene chi conosce il Don e me ne parla, conosco l' ambiente (che io stesso ho frequentato), conosco chi mi ha riferito i fatti, leggo come i giornali riportano la cosa, vedo come reagisce una persona di media intelligenza informata solo dai giornali, conosco bene o male il soggetto in questione (sintesi: voglia di lavorare saltami addosso)...

... bene, con tutto questo bagaglio di conoscenze meramente intuitive, spiegatemi come cavolo faccio a non avere per lo meno un apriori del 98% quando si parla di preti pedofili!!!!!

Penso che anche chi combatte la meritoria battaglia contro i preti pedofili (lamentando una certa "diffidenza ambientale"), debba rivolgere un pensiero non proprio riconoscente all' attivissima opera guastatrice dei tanti "Samuele" che sembrano delibare incantanti i piatti ricolmi del liquame che hanno appena desalivato all' interno loro stessi.

I Media contano

Anche per la politica?

I "se" e i "ma" del buon Battista.

Uomini annodati

L' altruismo autentico è merce rara, difficile rintracciarlo ai giorni nostri. Difficile anche solo escogitare una procedura per individuarlo quando c' è. Eppure qualche esperimento si puo' fare.

Alice sa di poter donare ai poveri "attraverso lo specchio".

Lo specchio ha virtù strabilianti: chi dà, dà un euro; chi riceve, ne riceve mille.

Unico vincolo: con lo specchio si dona solo a persone lontane.

Spesso Alice è preda dello sconforto e del pessimismo, vede il suo dono manipolato e sviato da intermediari malvagi. Quando pensieri tanto foschi l' assillano, preferisce astenersi da ogni beneficienza.

Altre volte però si sente magnanima, benchè si rifiuti fermamente di donare attraverso lo specchio; in questi casi le logiche che segue la sua generosità mutano di volta in volta. Eccone un campionario limitato.

1. "lavoro sodo e contribuisco all' economia mondiale dando tutta me stessa: questo è il mio apporto".

2. "dono all' Ospedale locale, conosco chi ci lavora e in fondo una donazione vale l' altra, l' importante è farla".

3. "prediligo il consumo critico e quando compro il caffè ho in mente la foresta pluviale".

4. "perchè donare a chi è distante? Molto meglio beneficiare il mio vicino".

...



Qualsiasi sia la logica seguita da Alice, difficile pensare a lei come ad una persona altruista: come potrebbe esserlo veramente chi preferisce dare "uno" anzichè "mille"?

Ma forse al mondo il vero altruismo non esiste, infatti tutti noi abbiamo a disposizione uno specchio e anzichè 1 potremmo dare 1.000.

Il nome di questo specchio si chiama Interesse Composto e ci chiede solo di donare a persone bisognose che esisteranno in un lontano futuro. Ma chi è veramente altruista non pensa al "dove" e al "quando", pensa semmai al "quanto", pensa a "dare di più" secondo le proprie possibilità: lo specchio e l' Interesse consentono di dare molto di più.

Ben Franklin donò l' irrisoria cifra di 1.000 sterline alla città di Boston. Solo che lo fece nel 1790 e non donò semplicemente a "Boston" ma alla Boston del 1990. Il beneficiario passò all' incasso di... oltre duemilioni di dollari!

Chiudo con la domanda più scottante: visto che la nostra testa è quella di Alice e non certo quella di Ben Franklin, visto cioè che non ci annodiamo al prossimo per altruismo, perchè mai lo facciamo?

sabato 27 marzo 2010

SS: lo Smoccolatore Supremo

Per fortuna viviamo in società che ha ancora un' idea del Male e che non consente di smoccolare impuniti la candela della vita umana.

Ma sfortunatamente l' idea predominante del Male che ci attraversa potrebbe presentare qualche deformità.

Per chi vive guardando la televisione che guardo io il culmine del crimine si chiama "genocidio". La parola va pronunciata lentamente e guardando in camera.

La Storia del Novecento pesa e il genocidio rappresenta nel nostro immaginario il Male supremo.

Ma, mi chiedo, perchè non far interagire il nostro immaginario con la nostra ragione? D' altronde il genocidio non monopolizza certo quell' incontestabile levatrice che è la Storia, anzi.

Non nego che far fuori un milione di persone a causa dell' etnia a cui appartengono sia probabilmente più crudele che ammazzarle per l' idea che professano. L' idea in fondo si puo' cambiare.

Ma questo è vero a priori. A posteriori, appena prima di compiere l' assassinio ideologico, sai ormai con certezza che la vittima non tradità mai la sua fede.

In genere si rende il concetto dicendo che, a posteriori, "i morti sono morti".

I morti sì, ma il dolore che si è creato e sparso nel mondo? Anche quello è uguale?

Forse per un utilitarista no, per lui uccidere 1 persona e ucciderne 1.000.000 non è esattamente la medesima cosa e seguendo la stessa logica arriva a dire che il dolore complessivo per le stragi non puo' essere sempre lo stesso.

Sono uscito a prendere il pane e rientrando mi sono imbattuto in un funerale con parenti affranti intorno alla bara. Se mi ricordo dell' evento anche dopo dieci minuti è solo perchè sto scrivendo ora sul "dolore", in caso contrario mi sarei dimenticato di questo insignificante - per me - episodio. Purtroppo a quella persona posso dedicare solo un pensiero fuggitivo.

Le connessioni affettive che crea l' etnia fanno preferire il "genocidio" all' "omicidio di massa": 5.000.000 di vittime scelte a caso portano al mondo più dolore rispetto ad un genocidio che spazzi via 5.000.000 di uomini: nel secondo caso periscono anche parecchie persone che sarebbero destinate a soffrire per tutta la vita.

Eppure nella nostra società questa considerazione sembra negata. Perchè?

Non tutti saranno d' accordo, eppure, chi vede nel genocidio il più alto dei crimini è spesso la persona con le carte in regola per accettare il ragionamento di cui sopra, è la persona più disponibile ad accettare che sparisca chi è destinato a soffrire tutta la vita.

Ma è una questione di "culture" che si estinguono, qualcuno opina.

Se l' omicida di massa selezionasse in base alle idee o alla classe sociale (Stalin), anche lì assisteremmo ad un' estinzione culturale.

Ma oggi - 2010 - una "cultura" particolare, vale al punto da compensare il dolore in eccedenza della selezione random?

I "finnici", come etnia, sono spariti da poco e nessuno se n' è accorto.

Un mondo libero è un mondo aperto, alcuni sostengono che in un mondo del genere le "culture" proliferano (e allora la singola cultura ha poco peso), altri che convergono (e allora si tratta di uccidere un cadavere).

Resta dunque inevaso l' interrogativo: perchè il male supremo resta per noi il Genocidio?

Bisogna rispondere alla svelta e in modo puntuale, prima che si presentino alternative impresentabili come l' Irrazionalità generalizzata o la Propaganda.



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venerdì 26 marzo 2010

Un goccio di troppo per la consorte

Sono un fan del sito dell' UAAR!

E' semplice, chiaro e ben fatto. Lo consulto spesso per temprarmi, e dove altrove annaspo nella nebbia dei gerghi e del detto/non-detto, qui spesso trovo il sollievo della chiarezza.

Unica riserva: si ha sempre l' impressione che pretendano la botte piena e la moglie ubriaca.

Prendiamo ancora l' argomento pascaliano, altrove avevo espresso perplessità, forse dovute ai paradossi impliciti nel calcolo probabilistico.

L' UAAR non tocca questi temi, rischierebbero di gettare ombre sulla validità di un caposaldo del ragionamento logico-deduttivo.

Come si oppone, dunque?

Non c' è che l' imbarazzo della scelta, e risuona il beffardo ammonimento di Dawkins:

"...Pascal might have been joking when he put forward this argument. As a leading philosopher and mathematician it is not worthy of his more serious thoughts. There are many arguments against it, if you feel it is worth arguing against..."

Ma vediamoli questi "innumerevoli" argomenti.

... Una prima risposta è che le percentuali non sono 50-50...

Ma non è affatto necessario che lo siano affinchè l' argomento pascaliano regga.

Inoltre, questo argomento non indica in quale religione credere

Sarà una bega tra credenti. L' irrazionalità dell' ateismo non si salva certo con questa osservazione.

Peraltro, se Dio ci ha dato la sua intelligenza per credere in lui, e noi non gli crediamo, vuol dire che Dio non ci avrebbe donato abbastanza intelligenza per riuscirci

Magari non l' hai esercitata. Devi prima dimostrare di non essere libero, e la vedo mooolto dura.

... anche accettando il ragionamento di Pascal, non è assodato che Dio gradisca che gli si creda solo per un semplice calcolo di convenienza

Ma nelle scommesse non c' è mai nulla di "assodato"! Perchè mai dovrebbe essere assodato che...? Ma soprattutto, cosa potrebbe mai cambiare dopo questa osservazione che ha tutta l' aria di essere irrilevante?

... potrebbe sempre esistere una divinità che subordina la felicità eterna all’assenza di qualsiasi forma di credenza: si salverebbero solo gli atei e gli agnostici…

Ma per fare dell' ateismo/agnosticismo una scelta razionale, nell' esistenza di una divinità del genere bisogna poi crederci! In caso contrario si deve correre verso una divinità concorrente!

In ogni caso la fede nel dio-degli-atei sarebbe incongrua in sè, poichè si DEVE credere in un dio che ci chiede di "non credere".

Non pensi di salvarsi l' ateo che fa il pesce in barile su simili questioni evitando di considerarle. Dimostrerebbe solo l' irrazionalità del suo sistema decisionale.

Ultima cosa: questa eventuale fede dell' ateo nel Dio dei non-credenti, oltre ad essere incongrua (ma passiamoci sopra) farebbe di lui un dogmatico, crederebbe infatti in qualcosa che non puo' assolutamente dimostrare vera.

Gli innumerevoli argomenti che ci venivano ventilati per difendere ateismo e agnosticismo sembrano ridursi sul sito dell' UAAR sempre allo stesso, con varianti dovute a giochi di parole.

Uno modo per "sconfiggere" Pascal in realtà ci sarebbe e chiunque lo scorge: consiste nel dimostrare con rigore l' inesistenza di un "dio portatore di felicità eterna".

Auguri.

La scommessa di Pascal non aiuta granchè la fede del cristiano, eppure conserva la sua lezione principale: si puo' essere atei, si puo' essere razionali, si puo' essere pure anti-dogmatici... ma non si puo' essere atei/razionali/anti-dogmatici. A meno di costruirsi l' Universo in casa su misura.

Purtroppo è proprio la pretesa dell' UAAR: atei/razionalisti/anti-dogmatici.

E qui mi tocca rinviare alla splendida mogliettina ubriaca di cui sopra.

Pentiti!

Pentiti! - e prega - Il giorno del giudizio è vicino.

Aperta parentesi.

Ogni cabina numerata da 1 a 100 è predisposta per ospitare una persona ignara del suo numero.

Dio lancia la moneta: se esce Testa in ogni cabina metterà una persona, se esce Croce riempirà solo le prime 10 cabine.

Chiuso nella mia cabina, mi è dato di uscire. Corro subito a leggere il mio numero: 7!

Croce? Sì, almeno con una propabilità del 91%.

Chiusa parentesi.

Passeggiando per la città ne incontro di tutti i tipi, ma due categorie m' incuriosiscono: alcuni pregano e postulano la Grazia, la fine è vicina e non rimane che pregare devotamente e pascalianamente sperando in un' inspiegabile salvezza. Altri gozzovigliano e si mostrano sprezzanti: se è andata bene fin ora, perchè darsi pena? E poi noi che ne sappiamo di queste cose...

Millenaristi e Ottimisti. Chi ha ragione secondo la ragione?

Per il mio amico Millenarista non più di 200 bilioni di uomini hanno visto/vedono/vedranno la luce. Per lui il verdetto della Moneta divina è chiaro: Croce, Croce. Dio ha scelto di creare pochi uomini, è la logica a dircelo.

Per il mio amico Ottimista non c' è da preoccuparsi, almeno 200 trilioni di uomini, tra morti, in salute e nascituri, mi terranno compagnia nel club dell' Umanità. E forse anche di più! Su con la vita, è uscita Testa e l' energia creativa del nostro Dio non ha limiti.

Ho fatto quattro conti anch' io, mi sono cioè liberato dall' involucro che m' impediva di vedere il numero della cabina che mi racchiudeva. Ora lo vedo con terrore: 70b. Sono il 70 bilionesimo uomo che calca il palcoscenico terrestre.

Cristo, aiuto! la fine del mondo è qui, pietà... è uscito Croce... Croce!

Al 91%.



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giovedì 25 marzo 2010

Perchè sono Cristiano?

Non è solo per il disagio di restare appeso ad un filo nel vuoto...



... non è solo per la sete di libertà...



è soprattutto perchè...

... perchè per saperne di più sulla struttura dell' atomo chiedo all' insigne professore di Fisica. E' nella miglior posizione per "conoscere".

Così, per saperne di più su Dio, chiedo e ascolto chi compie miracoli. E' nella posizione migliore per conoscere.

Tra gli annunciatori della fede - ce ne sono tanti - è Cristo a fondare tutto, ma veramente tutto il suo messaggio su un miracolo concreto e specifico avvenuto nella storia: la Resurrezione.

Troppo carini per essere masticati

Sai cucinare?

Giusto l' ovetto...

... ricetta...

Povero Alain

ALAIN CONNES: nella mia esperienza gli oggetti matematici hanno una purezza tale che li rende liberi da ogni involucro culturale. La lista dei numeri primi, tanto per fare un esempio, ha una realtà più stabile e permanente di ogni realtà che ci circonda: è un fatto bruto se mai ne esistano al mondo.

JEAN-PIERRE CHANGEUX: non siamo piuttosto di fronte a strumenti che l' uomo si è costruito nella sua testa, chiedo allo specialista?

AC: non bisogna confondere la realtà con gli strumenti. Attingendo alla matematica ci costruiamo degli strumenti (sistema metrico decimale, datazione...), ma la matematica è una realtà. Ci sono "continenti" matematici, penso ai corpi "piadici", che non sono mai serviti a nulla ma sono stati "scoperti" da tempo e indagati nel dettaglio.

JPG: eppure la matematica ha una storia...

AC: il sapere matematico ha una storia, ma la matematica non sembra averne: quando una conoscenza si stabilizza la sua architettura resta poi immutabile, questo è cio' che osserviamo. Una realtà stabile e permanente, dunque. Neanche le geometrie iperboliche hanno mai sconvolto la coerenza della geometria euclidea. La sua idealità sembra proprio preesistere all' uomo.

JPG: non mi spingo ad accostare il tuo atteggiamento a quello di Teilhard de Chardin ma quando dici che il matematico "scopre" una realtà senza sotria (evolutiva) intravedo una sorta di "finalismo". Anche noi biologi in laboratorio utilizziamo metafore finalistiche per semplificare la comunicazione, ma ci guardiamo bene dal prenderle alla lettera. La tua mentalità mi sembra invece "creazionista".

AC: intendiamoci sul concetto di evoluzione: in matematica le conoscenze evolvono ma la realtà sottostante non cambia. Che cosa c' entra il finalismo con tutto cio'?

Povero ingenuo Alain, sarai anche il più grande matematico vivente, ma ancora non hai capito che in molti cervelli l' idea darwiniana si è trasformato da paradigma scientifico in teologia? E a quanto pare il biologo con cui dialoghi si è trasformato in teologo e ti sta dando a ragione del miscredente: credi fermamente che esista un grosso pezzo di realtà che non "evolve" affatto. Ahi, Ahi.

Povero ingenuo Alain, sarai anche il più grande matematico su cui oggi puo' contare l' umanità, ma ti sfugge che quando i neo-bio-teologi evoluzionisti ti danno del "finalista" è come se il capo-cupola ti desse dell' infame. L' infame ha fatto la "soffiata", il che è male per le sorti della cosca, il "finalista" crede nell' esistenza di "strane coincidenze", il che è male per le sorti dell' umanità tutta.

Ed è inutile - povero e caro Alain - che ingenuamente all' oscuro del gergo mafioso, vieni a dirci: "... cosa c' entra il Finalismo?...".

"Finalista" è colui che rivela l' esistenza di "strane coincidenze" e tu, nel corso del colloquio, non fai altro che stupirti per la "sorprendente efficacia della matematica", non fai che raccontare aneddoti su matematici che trovano soluzioni a problemi che ancora non esistono.

Il tuo inascoltabile racconto del reale così come lo avvisti dalla tua postazione di genietto è una sequela di "coincidenze", di "permanenze", di "stabilità", di "coerenze" del tutto indipendenti dall' uomo e dal suo pensiero; una pappa decisamente indigeribile dallo struzzo evoluzionistoide! Ma con tutto cio' cosa pretendi? Per carità, nessun problema con l' evoluzionismo, ma non puoi pretendere di evitare grane con quella strana e imbarazzante appendice che è la casta sacerdotale del darwinismo. Come minimo la scomunica di Caifa dovevi aspettartela!

Povero, ingenuo Alain...

mercoledì 24 marzo 2010

Una roba violacea

L' abortista ritiene di poter sopprimere la vita umana nel suo stadio iniziale: "quella roba violacea", ognuno la chiami come vuole, non ha nessun diritto, nemmeno quello fondamentale di sopravvivere.

D' altro canto l' abortista ritiene ripugnante sopprimere "quella roba violacea" per il fatto che da essa nascerà una femmina (aborto selettivo).

Come conciliare queste due posizioni? O il "purple haze" ha dei diritti o non li ha.

A quanto pare non si scappa, l' abortista è anche sessista: "quella roba lì" ha qualche diritto giusto se catalogabile come "femmina".

Che fatica raddrizzar banane!

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Trappoloni

I tre trappoloni più ricorrenti in cui cade il lettore di statistiche.

1. La "significatività" statistica indica che esiste una probabilità del 5% che la Relazione supposta non esista in presenza dei Dati sperimentali. Il che non significa una probabilità del 95% dell' esistenza di R in presenza di D. Infatti se sposando un non-biondo ho il 5% di possibilità di sposare un uomo intelligente, non significa che sposando un biondo le probabilità di accasarmi con un tipo brillante siano del 95%!**

2. La singola relazione deve essere testata in un modello. Specie nelle scienze sociali i Dati sperimentali sono ballerini e contengono essi stessi numerosi bias. In questo senso la conoscenza è olistica.

3. La lettura dei dati deve essere bayesiana, quasi sempre questo sfugge.

**Consider this simplified example. Suppose a certain dog is known to bark constantly when hungry. But when well-fed, the dog barks less than 5 percent of the time. So if you assume for the null hypothesis that the dog is not hungry, the probability of observing the dog barking (given that hypothesis) is less than 5 percent. If you then actually do observe the dog barking, what is the likelihood that the null hypothesis is incorrect and the dog is in fact hungry?

Answer: That probability cannot be computed with the information given. The dog barks 100 percent of the time when hungry, and less than 5 percent of the time when not hungry. To compute the likelihood of hunger, you need to know how often the dog is fed, information not provided by the mere observation of barking

Disegnando nuovi incastri famigliari

1. Ogni donna nasce con 300.000 ovuli. Dopo i 30 anni gliene resta il 12%, dopo i 40 il 3%.

2. I rischi di diabete gestazionale, ipertensione, anomalie cormosomiche, autismo crescono con l' età della mamma.

3. I figli di mamme anziane riscuotono un maggiore successo socio-economico. Ma se introduciamo variabili quali reddito ed istruzione familiare, il legame con l' età svanisce.

4. La maternità tardiva stronca anche la carriera meglio avviata.

5. Le maternità non volute si concentrano in giovane età. Un figlio indesiderato spesso è causa di povertà.

Se questo è il quadro, come disegnare un piano razionale?

Forse, per avere una nuova ed efficace riforma familiare, qualche tradizione andrebbe rispolverata e qualche innovazione introdotta.

SCHIZZO IPOTETICO: sposarsi e filiare tra i 16-22 anni. Riprendere gli studi successivamente e intraprendere la propria carriera in modo lineare.

Per rendere la proposta concreta basta poco.

STRUMENTO 1: trasferimenti di reddito nella famiglia verticalmente allargata.
STRUMENTO 2: scuole e università in grado di gestire e valorizzare la sospensione degli studi.

Veniamo alle conseguenze dell' incastro parentale proposto.

EFFETTO 1. Figli più sani.

EFFETTO 2. Figli più numerosi.

EFFETTO 3. Figli inattesi meno numerosi: l' età critica coincide con quella in cui i figli si cercano.

EFFETTO 4. Meno bamboccioni: ci si sposa e si esce di casa presto.

EFFETTO 5. Meno asili: genitori, nonni e bisnonni più numerosi ed energici.

EFFETTO 6. Meno pensioni: i vecchi hanno un nugolo di giovani in forze che pensano a loro.

EFFETTO 7. Famiglie più estese, compatte e solidali: nonni e bisnonni sono cruciali nel dare aiuto alimentando l' obbligazione morale di figli e nipoti.

EFFETTO 8. meno ghetti nel ciclo di vita: oggi si "studia" nella giovinezza e poi non si prende più in mano un libro per l' intera vita.

EFFETTO 9. Carriere più lineari e (quindi) reddito famigliare maggiore.

EFFETTO 10. Meno discriminazioni sul lavoro: si assume e si responsabilizza con la certezza che la donna non avrà figli, oggi c' è la certezza contraria.

EFFETTO 11: Meno divorzi? Non saprei dire, non ho dati in merito... ma forse "crescendo insieme"...

lunedì 22 marzo 2010

Insider Trading? Don't worry.

Tre argomenti pro:

1. non crea danno per gli investitori di lungo periodo;

2. internalizza l' innovazione e la funzione imprenditoriale;

3. rende disponibili a tutti le informazioni.

Fonte: Henry Manne - The collected works of HM - Liberty Fund

Diritto fantasma

Tempo fa un sacerdote mi accennò al fatto che non avere bambini è riprovevole. Lo fece in amicizia, lo ritenevo un invito alla riflessione e lo accettai per tale.

Devo dire che, una volta ponderate, queste velate accuse mi convincevano ben poco: certo, in alcuni casi dietro un comportamento rinunciatario puo nascondersi dell' egoismo, lo ammetto, ma dell' egoismo che non danneggia nessuno è veramente malvagio? No, la storia del "soffrire per soffrire" non passa il vaglio del mio setaccio razionale.

Il bambino che non esiste non esiste. Una cosa che non esiste non puo' essere nè bianca, nè rossa, nè larga, nè lunga.

E' il motivo per cui chi maltratta i bambini è un criminale mentre chi non ha bambini pur potendoli avere è in una condizione ben diversa, per quanto il bambino maltrattato preferisca "esserci" che "non esserci".

O no?

Purtroppo mi accorgo ora che ci sono alcuni controesempi inquietanti a questa conclusione che ritenevo pacifica. Mi limito ad enunciarne uno e a lasciarvi con l' inquietudine, visto che non ho soluzioni da proporre.

Giovanni ha un bambino ma questo bambino avrebbe preferito non nascere, la sua vita è grama, tant' è che ora vorrebbe morire. Il bambino cresce nella sofferneza e conferma anche da adulto la sua funesta "preferenza". La conferma finchè riesce a farla finita e a morire, solo sapendo che sta per morire ha un piccolo moto di sollievo.

Per motivi che non c' interessano supponiamo adesso che Giovanni sapeva con precisione come sarebbero andate le cose ben prima che il bambino nascesse.

Il buon senso ci dice che Giovanni, con la conoscenza posseduta, avrebbe dovuto rinunciare a procreare. Oso dire che quello era un "dovere" a tutti gli effetti, un "dovere" morale.

Fila? Mi sembra di sì.

Spiacevole sorpresa: questa conclusione è in clamoroso contrasto con quella che ci impedisce di equiparare chi maltratta i bambini con chi non ne ha. Se davvero le preferenze di chi non esiste sono irrilevanti, allora nulla di nulla si puo' rimproverare al Giovanni che decide consapevolmente di diffondere sofferenza!

Ach! Come uscirne?

Precisazione. Le questioni dell' aborto sono in questo caso irrilevanti: che una persona venuta ad esistenza abbia dei diritti è pacifico, ma qui trattiamo invece di fantasmi puri e dei loro diritti. A quanto pare potrebbero averne e potrebbero pesare più del cemento! Ma allora, come considerarli?

Non ho cambiato opinione rispetto a prima, certo che ora le rotelle del ragionamento non sono più lubrificate come una volta.

Landsburg ha un bel po' di pelo sullo stomaco, se vogliamo l' enunciazione chiara di una verità scomoda è la persona adatta. Eppure nemmeno lui cava un ragno dal buco e resta con il dubbio.

Così fan tutti

I primati italiani in tema di evasione vacillano.

venerdì 19 marzo 2010

Rosario miracoloso

In vista di esami delicati vengo invitato a dire un Rosario per la bambina in arrivo affinchè tutto vada per il meglio, si tratterà di una preghiera per "chiedere".

Secondo mio costume lo farò solo se trovo la cosa razionale, e devo dire che di primo acchito le ingiunzioni specifiche alla divinità mi mettono un po' a disagio.

La piccola è lì e si sviluppa secondo le leggi naturali, se qualcosa non va per il giusto verso, solo un miracolo puo' intervenire per correggere il decorso.

Vediamo allora di approfondire un po'.

Per chi trova ragionevole credere in Dio, è ragionevole anche credere nei miracoli, sarebbe incoerente il contrario. Di fronte a certe evidenze storiche, il miracolo è la spiegazione che da persona razionale mi sento di privilegiare.

Ma la ragione mi dice anche un' altra cosa: i miracoli sono rarissimi, altrimenti il male non potrebbe generare il bene: come potrebbe l' uomo "conoscere" se l' ordine venisse turbato di frequente? Se il malato di cancro venisse graziato non avremmo mai una ricerca, e magari neanche una cura.

Noi non viviamo semplicemente in un mondo "buono", noi viviamo nel migliore dei mondi possibili. D' altronde il cristiano sa bene di essere salvo grazie ad una preghiere non esaudita: quella del Cristo nell' Orto degli Ulivi.

Ci sono due motivi, dunque, per cui stasera dirò il Rosario: primo, trovo sensato chiedere un miracolo; secondo, trovo ragionevole che Dio non lo esaudisca.

Il primo motivo mi protegge dall' irrazionalità, il secondo dall' eventuale delusione.



P.S. lettura consigliata sul tema: Response to a Statistical Study of the Effect of Petitionary Prayer.

Grazie di esistere

Il giorno che troveremo una cura per il cancro dovremo formulare molti ringraziamenti. Innanzitutto ringrazieremo il cancro stesso per "esserci stato".

Ma come? Se il cancro non fosse esistito, nemmeno avremmo dovuto combatterlo?

Già, ma cosa valuti di più, il bene della conoscenza aquisita e della libertà esercitata in questa lotta, o il male che il cancro ha portato tra noi?

Se per te pesa di più il bene, hai in tasca una magnifica teodicea, ovvero una giustificazione del male. Non sono cose che servono molto quando si soffre ma in altre occasioni possono venir comode.

Il cancro insegna a sintetizzare nuove medicine come a soffrire. Il suo magistero è vasto.

Senza storture, niente raddrizzamenti.

Il male potrebbe dunque non essere insensato, serve per conoscere e per arricchire l' esercizio della nostra libertà. Esistono beni più preziosi? Fatemelo sapere.

Fuori dalle grinfie

Che peso dare alle statistiche descrittive del comportamento umano? Parlare dell' uomo usando i numeri divide.

Alcuni rifiutano ogni forma di "matematizzazione" dell' umano (gruppo 1 - G1), per altri è l' unico strumento per "sapere": se non "i dati", cosa? (gruppo 2 - G2).

La matematica è una fastidiosa ragnatela da spazzare con la scopa (G1) o, pur piena di buchi, cattura l' insetto e ci fa mangiare?

Pensando a cosa sia la scienza mi dissocio da entrambi i gruppi per privilegiarne un terzo (gruppo bayesiano); e mi spiego con l' esempio di Pierino.

scrittura disegnata (cat+mouse)



Pierino diffida dello "scandalo" sui preti pedofili, ci vede un attacco alla Chiesa. Certo, ci sono dei "casi", ma di "casi" ce ne sono ovunque. Per lui i Preti sono pur sempre persone moralmente superiori alla media e cio' deve valere anche per la pedofilia.

Dogma? No, Pierino non è il tipo; lui è "quasi" sicuro e pensa che la sua ipotesi sia vera... al 98%.

Poi Pierino s' imbatte in un autorevole studio statistico di Princeton che evidenzia una particolare propensione alla pedofilia dei Preti Cattolici.

Se Pierino appartenesse al G1 riterrebbe lo studio irrilevante e lo userebbe per lanciarsi nel suo cavallo di battaglia: la ciarlataneria di chi spara numeri quando si occupa dell' Uomo.

Se Pierino appartenesse al G2 direbbe che prima non aveva in mano nulla e ora ha "qualcosa", per quanto "qualcosa" d' incerto. A questo "qualcosa" è razionale uniformare la propria credenza.

Poniamo invece che Pierino abbia una mentalità bayesiana.

Di fronte allo studio non puo' sminuirlo, non puo' intrupparsi nel G1.

Certo, la materia è complessa, le variabili in campo sono molte, individuare un gruppo di controllo da paragonare ai Preti è difficile. D' altro canto si tratta di professori prestigiosi e dalla tecnica impeccabile, anche il campione è nutrito e scelto con oculatezza, in più le serie storiche si presentano complete.

Che probabilità ci sono che in presenza di uno studio simile i Preti abbiano veramente una propensione alla pedofilia maggiore rispetto a gruppi sociali simili? Pierino risponde: 70%.

D' altra parte Pierino non puo' nemmeno farsi arruolare in G2: non è vero che prima non aveva in mano niente! Aveva in mano quel 98%.

A Pierino non resta che applicare il teorema di Bayes: lo studio impatta sulle credenze e quel 98% passa a 95%. Avete notato che piccola variazione?

Bravo Pierino! Grazie ad alla tua mentalità scientifica sei sfuggito dalle grinfie dei dogmatici evitando di ricadere in quelle dei creduloni. Mi piacerebbe proprio essere un topolino guizzante come te.



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giovedì 18 marzo 2010

Storia della Musica in Soldoni

La Musica è quella Occidentale e i Soldoni sono quelli sonanti, non abbiamo tempo per le metafore.

Iniziamo saltando l' inizio, chi vuole se lo puo' ascoltare.



Dopo la falsa partenza, partiamo sul serio.

La Musica nasce con il Capitalismo. Anche il luogo è il medesimo: Francia del Nord, Paesi Bassi.

C' è bisogno di carta e di stampa per buttar giù le note, solo una società ricca e innovativa se la puo' permettere.

Purtroppo la Musica, diversamente dalla Pittura, non fu da subito un bene privatizzabile. Cio' fece del musicista uno straccione. Monteverdi, dopo 20 anni di onorato servizio a Mantova, se ne andò che aveva ancora le pezze al culo. Intanto i suoi amici con il pennello in mano se la tiravano.

La grande risorsa del musicista erano i piedi. Dove le distanze tra una corte e l' altra si accorciavano, il musico prosperava.

Nei Paesi frammentati le distanze erano brevi, in Germania massimamente brevi, in più nel frattempo era arrivato il capitalismo. Bach cambiò non so più quanti padroni, c' era sempre qualcosa che non andava e poteva farlo.

A Lubecca i bottegai già organizzavano i primi concerti pubblici, gli organi e la musica venivano trascinati fuori dalle Chiese. Il musico benedice l' iniziativa e passa all' incasso salutando benevolo questa nuova fonte d' introito.

Principi, concerti e commissioni private: comincia la bella vita.

Le nazioni che non producono talenti se li comprano: l' Inghilterra si compra Haydn e Handel. Ad Haydn viene chesto come mai non avesse composto quintetti, rispose il milionario: "nessuno me l' ha chiesto".

Il cattolicesimo porta gaiezza nei costumi e il capitalismo ricchezza negli averi. Dove la concentrazione di cattolicesimo e capitalismo è massima fiorisce anche la musica. Nasce l' opera italiana.

In Francia la musica è cosa per burocrati di stato. I burocrati sono prevedibili, si organizzano sempre alla stessa maniera, una bella piramide e via. Sul vertice della piramide ci piazzarono Lully, si suonava solo roba sua o dei suoi favoriti. Conseguenze: Venezia metteva in scena una dozzina di opere all' anno, la Francia una, del solito di Lully.

Ma cattolicesimo e capitalismo c' erano anche a Vienna, ecco spiegato Mozart, un compositore benestante che ebbe qualche problema economico solo quando scoppiò la guerra con i turchi e si ammalò tutta la famiglia di botto (che sfiga). Morì comunque vagliando offerte che gli venivano un po' dappertutto (Londra, Russia, Amsterdam, Ungheria).

Bach al suo Principe: "alla Vostra esaltante, magnanima e sublime Altezza dal vostro umile schiavo...". Beethoven al suo "... senta se le va bene è così, ci sono 100 principi e un solo Beethoven".

Affianco di commissioni e concerti, arriva il copyright. Si era capito?

L' Ottocento è per l' artista un secolo all' insegna della libertà creativa. Beethoven, con gli ultimi quartetti, tenta di liberarsi anche degli ascoltatori inaugurando la separazione tra musica alta e musica bassa. Sarà Brahms a perfezionarla scrivendo roba talmente astrusa che - scandalo! - non poteva essere eseguita in casa. Schoenberg e Stranvisky, seguendo il solco, evacuano diverse sale da concerto e Cage siglerà il tutto dicendo: "se qualcuno accetta la mia musica, è segno che devo spingermi oltre".

Ma ci sono anche i revival bachiani di Mendelssohn, mai nessuna epoca aveva suonato la musica del passato.

Rivoluzione: il novecento porta radio e dischi. Rivoluzione: la musica si trasforma. Prima era fatta di suoni, ora diventa una performance. Non sarà più quella di prima.



Mi piace quella canzone di Iggy Pop, ma deve essere lui ad inscenarla/cantarla. Non ha senso che io la riproduca strimpellando la mia chitarra, non ha senso avere la partitura, non ha senso ascoltare una cover band. Voglio lui! Non si celebrano messe senza sacerdoti.

Solo radio e dischi mi danno "lui".

Il 90% della musica classica diffusa oggi da Radio e Dischi è stata scritta nel passato. Ma non ingannatevi, spesso è musica contemporanea. Gould che suona Gibbons non è barocco, è musica contemporanea.

La "scelta artistica" per eccellenza non è più la scelta compositiva. Diventa centrale invece la "scelta interpretativa", "la scelta strumentale" (Gardiner, Harnoncourt)... Il capitalismo è performance, l' avete capito o no?

Rivoluzione: la musica non è più suono, è performance. Coltrane o Parker, pescano dal bussolotto cosa suonare stasera, e a noi va benone, cio' che non conta puo' ben essere casuale, non siamo interessati a quello, siamo interessati a Coltrane e Parker che si "esibiscono" evocando lo spirito della loro grande arte.

Intanto tutto è accessibile schioccando le dita, e al negozio di Cocquio Trevisago ritrovo oscuri compositori come Pousser, Aho, Scelsi....

Rivoluzione: nel novecento uno strumento s' impone su tutti: lo studio di registrazione.

Come potrà mai giudicare chi ascolta senza avere un' idea di come suona questo strumento? I Beatles compongono in fretta e furia le canzoni di Sgt. Pepper's, poi spendono 40.000 sterline per registrarlo fondendo 700 ore di nastro. Il 20% dell' arte sta nella prima operazione, l' 80% nella seconda. Nel doppio bianco si passa al rapporto 10/90.

Milton Babbit scrive il manifesto: "Composer as specialist". Intanto Ligeti scrive canoni per 56 voci con "virtuosismi compositivi" inauditi e inudibili. Microtoni e cluster sono il pane quotidiano. Con l' elettronica si andrà oltre. Con il rumore ancora oltre.

Conosciamo bene la legge che domina la società capitalista: divisione del lavoro. Il compositore ha una perizia con cui domina partiture che fanno sembrare rudimentali i grandi capolavori del passato.

L' esito è elitario? Poco male: se la diffusione è a costo zero e il mercato vasto, c' è una nicchia per tutti.

Allam Bloom si lamenta: la musica di oggi è nichilista.

La musica del capitalismo parla di libertà, anticonformismo e scetticismo verso l' autorità. Nazisti e Sovietici spingevano a manetta Bach, Mozart e Beethoven, ma si guardavano bene dal rock e dal jazz, la colonna sonora del capitale. Come il Savonarola, che osteggiava la grande pittura del suo tempo, in fondo avevano fiuto.