Il "relativismo etico" è spesso chiamato sul banco degli imputati, gli ultimi Papi ne hanno fatto una sentina di tutti i mali della modernità.
Personalmente, non ho mai capito fino in fondo il significato dell' espressione.
Forse perché tra i "relativisti" fanno bella mostra alcuni tra i "moralisti" più petulanti che sia dato ascoltare oggigiorno.
Ma come è possibile essere "relativisti" e al contempo mostrarsi infervorati come dei Savonarola?
Ecco allora un' ipotesi in grado di dissipare un possibile equivoco.
Assolutisti e Relativisti si scambiano accuse reciproche in un dialogo tra sordi: i primi lo fanno pensando all' etica come virtù, i secondi pensando all' etica come deontologia.
Vediamo di chiarire meglio i termini di questa distinzione.
Se l' etica è deontologica, allora tenere un comportamento etico equivale ad ubbidire ad una regola.
Se invece l' etica è una virtù, allora tenere il retto comportamento è la conseguenza naturale di chi coltiva sane abitudini.
Per la deontologia il problema etico si consuma qui ed ora: che fare? Quale regola applicare? Come "calcolarla"?
Per il virtuista, invece, il problema etico coinvolge una vita: l' educazione ci instilla delle attitudini che poi, nella vita, ci faranno propendere verso il comportamento più etico.
Prendiamo adesso una virtù specifica: il coraggio. Anche nel linguaggio comune è del tutto normale definire il "coraggio" come un valore assoluto.
Avere poco coraggio non è mai degno di lode, così come è impossibile avere "troppo" coraggio. Infatti, non appena si esagera, non parleremo più di coraggio ma di temerarietà, che è ben altra cosa.
Tuttavia, fateci caso, se pensassimo in termini di "regola" non vale niente del genere. Non esistono regole "assolute", nemmeno per l' assolutista.
Anche se pensassimo alla regola più ovvia: "non uccidere l' innocente", possiamo raffigurarci delle valide obiezioni.
Per esempio, se il sacrificio dell' innocente, magari un vecchio prossimo alla morte, ci consentisse di salvare 10 innocenti, magari bambini, potremmo anche ritenere sensata una trasgressione. Nessuno griderebbe al relativismo. (E se 10 vi sembrano pochi potete provare con 100 o 1000 finché raggiungerete di sicuro un numero a voi consono).
Insomma, la virtù è assoluta, la regola mai. Ecco allora dove si ingenerano equivoci. Il discrimine non passa tra assolutismo e relativismo ma tra deontologia e virtuismo.
Assolutisti e Relativisti se ne dicono di tutti i colori ma forse solo perché i primi hanno in mente un' etica fatta di virtù, i secondi di regole.