Soprattutto uno scoppiettante botta e risposta.
Gramellini si pronuncia all' alba: occorre subito una “scuola dei sentimenti” a partire dalle elementari.
Risposta delle femministe indignate/depresse (di default): caro Gramellini, sbagli. La via giusta è la “lotta agli stereotipi”.
“Scuola dei sentimenti”, “lotta agli stereotipi”… devo ammettere il mio scetticismo di fronte a queste alate speculazioni sempre in fuga da una seria verifica.
IMHO: per l’ altruista razionale non sarebbe meglio trascurare completamente il fenomeno e dirigere altrove la sua attenzione?
Diciamo una preghiera per le vittime e lasciamo che il femminicidio si risolva da sé in qualche modo (che non riesco a prevedere), nel frattempo ci sono molte cause degne di nota, magari meno glamour, ma per lo meno con soluzioni efficienti garantite e a portata di mano.
Se rinuncio a cambiare il mio smartphone posso salvare decine di vite umane nel terzo mondo. E’ certo! Non sono speculazioni fondate su un esperimentino californiano messo su alla bell’ e meglio.
Se spingo per la posa di tutor e asfalto drenante in autostrada salvo la vita a diversi automobilisti. E’ certo! Non è una congettura filosofica importata da qualche pseudo-scienziato sociale dedito alla scannerizzazione compulsiva dei nostri cervelli.
Ho fatto solo due esempi a caso, ne potrei fare una sfilza.
Certo, magari per qualcuno la vita di un africano o di un automobilista vale meno di altre vite. Non penso però che la filosofia morale di questo “qualcuno” sia molto solida.
E se proprio vogliamo insegnare qualcosa alle elementari, caro Gramellini, insegniamo il giochetto delle priorità, ovvero che non si puo’ fare una cosa e l’ altra (sento già risuonare la vuota obiezione) visto che viviamo in un mondo di risorse limitate.
In caso contrario facciamo TUTTO (compreso il contrario di TUTTO) e non se ne parli più.
P.S. Naturalmente il mio suggerimento non è serio, visto che chi lotta contro il femminicidio – secondo me - conduce essenzialmente una “battaglia esistenziale”, una specie di crociata che ha come scopo primario quello di riempire la vita di chi la conduce. Lo psicologo parlerebbe di “impegno vitale”. Insomma, qualcosa lontano anni luce dall’ altruismo razionale.