Giovanni è persona morale, Giuseppe è un moralista.
Qual è la differenza tra "morale"? e "moralismo"?
Giovanni vede nel comportamento morale una virtù. Il comportamento morale ha in sé qualcosa di spontaneo, non lo si inculca. E al limite, se lo si inculca, lo si inculca da subito, da bambini, deve crescere con noi. Se non è innato, è per lo meno un' abitudine radicata.
Giuseppe, invece, vede nel comportamento morale l' osservazione di una regola (deontologica). La regola sta lì davanti a noi, ci viene calata dall' alto e noi siamo chiamati ad osservarla. Decidiamo liberamente se farlo o meno.
Giovanni è un "evoluzionista": la regola morale "emerge" in noi e fa parte di noi, della nostra "natura".
Giuseppe è un "riformatore": per lui l' autorità morale stabilisce la regola ottima e la fissa. Gli altri ne prendono atto e scelgono se ubbidire. Quando l' autorità muta, cambierà i calcoli e riformerà la regola ottima e gli altri si adegueranno obbedendo.
Per Giovanni i precetti etici sono assimilabili ad una legge naturale, per Giuseppe il concetto di etica converge con quello di legalità.
Per Giovanni le prediche e le crociate hanno poco senso. Le regole morali sono in buona parte innate nella nostra persona, e se anche non lo fossero, vengono comunque interiorizzate dal soggetto solo grazie ad abitudini che si radicano in una vita intera. Non ha senso "esportare" la morale a terzi, a meno che si ritenga che un certo comando morale appartenga già alla natura del "terzo". Gli uomini, o perlomeno gli uomini adulti, sono "irriformabili", non ha senso convincerli con una predica o una crociata. Cio' non significa che siano immorali ma che possiedono una loro sostanza morale che magari è differente dalla nostra.
Per Giuseppe le prediche e le crociate hanno invece senso. Se c' è un comando che Tizio non rispetta, noi possiamo convincerlo o costringerlo a rispettarlo. L' uomo immorale puo' essere "riformato" perché la sua scelta è un' opinione e tutte le opinioni possono essere cambiate. L' uomo immorale puo' essere convertito poiché la regola morale deriva da un "calcolo" e i "calcoli" possono essere corretti.