lunedì 3 maggio 2010

Consiglio ad Alberto: come avvicinarsi a Nabokov


Io ho letto "Lolita" e ne ho un buon ricordo. Si ride anche parecchio.
Adesso che mi ci fai pensare in effetti la prima pagina era piuttosto incomprensibile.
Una specie di analisi anatomica delle parti su cui batte la lingua quando si pronuncia il nome della ninfetta.
Se mi fermassi qui il consiglio sarebbe quello di insistere.
Però ho letto anche "Cose trasparenti" e lì le pagine oscure si infittivano. Anche se poi ti imbattevi a sorpresa in capitoletti memorabili. Alla fine non posso dirmi pentito.
Mi sa che Nabokov è un "costruttore di mondi" e va costantemente seguito nel corso dei lavori, a partire da quando scava le fondamenta. Se arrivi quando getta la soletta del tetto non ci capisci più niente.
Un po' come Paolo Conte, mi piace e lo consiglio agli amici. Ma poi loro ascoltano "La Frase" e me lo liquidano come astruso (e un po' c' hanno pure ragione).
Lo credo bene, per godertela devi presenziare dall' inizio alla costruzione del "suo mondo", ovvero, ascoltare ed amare "Azzurro".
Forse per apprezzare un libro del Nabokov maturo bisogna essere dei Nabokoviani. Ma per iscriversi al club bisogna leggere Lolita due volte.
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Ricordo con dolore la scottata di quando mi accostai a Joyce partendo dai Finnegans Wake. Non ne volli più sentir parlare per almeno 10 anni.

Genealogie libresche

Dei fenomeni incongrui opprimono con il loro mistero la mia vita parallela di lettore.
Un certo istinto edipico informa alcuni miei comportamenti inconsulti. Non riesco sinceramente a spiegarmeli pur non potendo rinnegarli.
Con calma cerco di fare mente locale. I libri stanno di fronte a me tutti allineati e parificati sullo scaffale.
Ma quando poi ci guardiamo in faccia, sappiamo benissimo, sia io che loro, che non è certo una relazione egalitaria a collegarli/ci.
Intricate parentele finiscono per disegnare un imponente albero genealogico tra le cui fronde è bello giocare e perdersi. E' il gioco delle ascendenze.
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Alcuni libri sono ricavati dalla costola di un parente/libro ben identificato, altri fuoriescono dal combinato disposto di una pluralità ristretta, altri ancora hanno progenitori vaghi che comunque potrebbero essere vagamente designati. Poi ci sono quelli usciti dal nulla che hanno partorito una ristretta ma solida discendenza. Poi ci sono quelli che dal nulla sono usciti e nel nulla sono sterilmente rientrati. Non dimentichiamoci degli orfanelli.
Potrei andare avanti.
Alcuni Patriarchi sono stati particolarmente prolifici creando delle vere e proprie colonie che s' impolverano al loro fianco ben allineate sulle monocrome mensole dell' Ikea.
Veramente adorabili questi nipotini. Quindi, si direbbe, venerabile il capostipite? Calma.
Per essere più esplicito faccio un caso che deve intendersi come uno tra i tanti.
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Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare ad espormi regolarmente alla sfiammata sulfurea di un certo Antonin Artaud, come potrei esimermi dall' auscultare il suo formidabile rantolo gutturale?
Chi puo' sottrarmi al raccoglimento indotto dalla sua farneticante profezia?
Che gioia soccombere ad un simile plagiatore. Che spasso vederlo sfidare i dieci Comandamenti tutti in una volta!
Che emozione seguirlo mentre si aggira come un animale colpito al ventre e ascoltarlo che spiega a tutti, con gli occhi fuori dalle orbite, quanto bruci la ferita!
Questa felice dipendenza mi è stata regalata a monte dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. E' lì che scoprii la vena di Artaud.
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Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare a perdermi con regolarità nel labirinto interrogante di Edmond Jabès.
Non riesco a trattenermi, ogni tot. devo raccogliere i miei quattro stracci e farmi nomade con lui.
E' un imperativo ineludibile: devo unirmi a lui nel suo sforzo continuo di spostare il confine, di svellere il cippo.
Ammetto con ritrosia che anche questa felice dipendenza mi è stata regalata in principio dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. Già sentito?

 


Se poi la buttiamo in filosofia devo rivelare la fascinazione che ho sempre subito per lo specchio abissale degli sguardi reciproci così come lo descrive un "filosofo poetante" come Levinas.
La sua tesa e convincente narrazione del Volto Altrui mi torna in mente come chiave di volta nelle situazioni più disparate.
Con un simile strumento nelle mani riesco a sbrogliare nella mia testa le matasse più intricate.
Ammetto a denti stretti che anche questa persona valorosa mi sia stata presentata da Jacques Derrida per tramite di un suo classico: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. E' lo stesso tomo a cui accennavo più sopra.
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Finisco anche se non è finita.
Molti amori letterari sinceri e duraturi gli ho ereditati dalla provvidenziale giovanile lettura di un classico di Jacques Derrida. Il titolo è noto, trattasi de "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore.
Oggi, gran parte del mio tempo, quando sono impegnato a scambiare idee sui libri letti, lo passo ad esaltare la potenza di fuoco di Antonin Artaud, lodo lo sbrego del suo artiglio, incito il mio interlocutore a lasciarsene uncinare le carni.
A seguire non manco mai di portare alle stelle la Metafisica itinerante di Edmond Jabes, raccomando a chiunque di confrontarsi con l' irrequita insaziabilità di questo ispirato questionatore.
Chiudo sempre con l' elevazione di un peana per Levinas, disvelatore sommo della nostra condizione terrena che si specchia al meglio solo nell' occhio vigile del prossimo.
Se poi avanza tempo non ho dubbi su come impiegarlo.
Già mi vedo concitato e convinto redigere l' Indice dei libri dannosi che inquinano, intossicano e sviano un sano approccio alla lettura.
E' con gioia che estirpo e scaravento nella polvere calpestandola con frenetica eccitazione una simile gramigna.
La graduatoria di questi testi corruttori delle tenere intelligenze è inaugurata da una iattura senza pari.
Non so nemmeno se vale la pena dirlo a questo punto. Ma che lo dico a fà?
Ovviamente trattasi di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. Una vera mina vagante. Uno schifo. Bleah.

domenica 2 maggio 2010

Mezzanotte nel giardino del bene e del male

Il cineclub puo' dirsi aperto con questo film.

Per la scheda ci vorrebbe la perizia chirurgica di diana, in mancanza di meglio ci facciamo bastare questo annuncio, da ora chi ha visto il film puo' commentare. A proposito, chi non l' ha visto si astenga dal leggere i commenti, almeno il mio, visto che mi ritengo autorizzato a fare esplicito riferimento alla storia, finale compreso.

Siamo a Savannah, la negritudine, il voodoo, il razzismo sempre latente... speriamo che il film si tenga alla larga dalla marea di cliché che lo minacciano in questi casi.



allora parto con le mie personali impressioni.

Devo dirlo? Mi è sembrato un film dilettantesco, e anche un po' al di sotto dell' onesto dilettantismo.

Alcune rettifiche alla sconclusionata sceneggiatura s' impongono, pena l' incongruenza grave di un racconto già compromesso dallo stile scialbo.

Siamo alla scena clou, nel dare la sua seconda versione dei fatti Jim si frega le mani poichè eludendo le obiezioni del PM vedrà declassata l' accusa da omicidio a falsa testimonianza.

In realtà la scena a cui assistiamo nel flash back è un omicidio vero e proprio, altro che "declassamento" salvifico.

Chi è lo stupido allora, il regista che rende male il racconto di Jim o Jim che crede di farla franca mirando al "declassamento" con un racconto del genere?

Oltretutto, dopo la nuova versione dei fatti che Jim illustra a Kelso, quest' ultimo mette su un muso che terrà fino alla fine del film: colui che credeva innocente e per cui si era battuto, in realtà era un villano rifatto.

Che senso avrebbe questa delusione se il racconto di Jim fosse veramente quello che Jim pretende che sia: il racconto di un innocente che si protesta tale in virtù della legittima difesa.

Solo una variante è in grado di rimettere insieme i pezzi. Jim avrebbe dovuto dire a Kelso che le cose sono andate come le fa vedere il regista ma che lui davanti alla Corte affermerà di aver sparato tutti i colpi da dietro la scrivania e consecutivamente. Solo in questo modo eviterà (forse) l' accusa di omicidio sobbarcandosi (volentieri) quella di semplice calunnia. Solo in questo modo si spiega la cocente "delusione umana" che si abbatte su Kelso.

Assurdo credere invece di ottenere l' effetto scagionante raccontando in tribunale il flash back come ci viene propinato: con Jim ormai fuori pericolo che infligge il colpo mortale ad un Billy solo ferito e inerme al suolo. Ripeto: siamo scemi noi che abbiamo visto il flash back come lo documenta il regista o è ompletamente suonato Jim?

La versione più credibile avrebbe inoltre il merito di riportare il fuoco sull' unico messaggio di spessore: nella società del pregiudizio, l' omosessualità è una vera vergogna solo se accompagnata dal sentimento e non invece quando è solo affare di mero sesso. Sì perchè a quel punto Jim avrebbe ucciso come amante deluso visto che aveva appena ricevuto la conferma che Billy, disposto ad ucciderlo, era per lui un amore perduto.

Per concludere, a me sembra che solo la versione che ho dato riconcili i disparati elementi. Ma nel film una versione del genere è ben lungi dall' essere anche solo minimamente adombrata.

Lasciamo perdere poi i personaggi sbiaditi di Luther e della maga barbona; si capisce che vengono inseriti a forza solo perchè erano nel libro,spero che almeno lì avssero un qualche significato, perchè nel film appesantiscono il tutto e basta.

La storia d' amore, poi, mi fa cagare: non sopporto l' amante brillante che corteggia a suon di motti.

Forse salvo solo l' avvocato difensore. Un po' poco, direi.

Concludendo, stile scialbo, personaggi inesistenti, storia pasticciona: non escludo che come film-tv (quelli che guarda mia mamma) possa funzionare.

sabato 1 maggio 2010

Viaggiando con la macchina del tempo, quale personaggio storico fareste fuori?

Hitler?

Noooo. Molto meglio Lenin

L' abbiamo voluto noi

Una recente inchiesta giornalistica sull’economia di Brescia e sulla sua “reinvenzione” dopo la crisi della centralità siderurgica... ha messo in evidenza come uno dei fattori di forza di questa provincia lombarda sia la massiccia presenza di supermercati, centri commerciali, mega-store e via dicendo. Non si tratta soltanto di realtà che creano posti di lavoro, ma soprattutto di strutture che contribuiscono a mantenere più bassi i prezzi e, di conseguenza, a proteggere il potere d’acquisto. Ora leggiamo che uno dei primi atti della giunta piemontese guidata dal leghista Roberto Cota consiste proprio nel bloccare l’apertura di alcuni supermercati. L’assessore competente, William Casoni (Pdl), ha giustificato la cosa affermando che si deve evitare “un’eccessiva concorrenza” e soprattutto che si devono proteggere quei piccoli negozi che perderebbero clienti, se questi ultimi potessero comprare altrove e più a buon mercato. Qualcuno rileva che andare dal negoziante e pagare di più può essere vantaggioso: perché i soldi "restano in zona", perché i centri commerciali sono tristi, perché i negozianti svolgono anche una funzione sociale. Ok. Io non ho assolutamente nulla contro chi vuole andare dal negozietto che vende i pomodori a 5 euro al chilo. Ha un suo mercato e quindi è più che legittimato a esistere, il suo profitto è rispettabile ma ad una condizione: che l’accesso al mercato sia libero. Altrimenti quel negoziante non è un imprenditore (che rischia e si mette al servizio del cliente), ma è un parassita (che si avvantaggia di protezioni legali). Nessuno dovrebbe essere aiutato, per una ragione etica (non mettere le mani in tasca agli altri) e anche per una ragione economica. Perché quando un’attività, grande o piccola che sia, chiude i battenti, a decidere tutto questo non è stato il fato e neppure una qualche strana cospirazione. Siamo stati noi che l' abbiamo voluto...

Carlo Lottieri

venerdì 30 aprile 2010

Favole senza parole

p.s.: i capelli sono more di rovo

I disturbatori

"... Tizio apre l' ombrello quando piove perchè non vuole bagnarsi. Caio getta Sempronio sotto il treno non perchè "ha" la schizofrenia o perchè la schizofrenia glielo "fa" fare. Se lo fa è perchè, al pari di Tizio quando apre l' ombrello, desidera migliorare la propria esistenza. Anch' egli ha delle "ragioni": desidera attirare l' attenzione su di sè, oppure desidera sottrarsi alla responsabilità del proprio sostentamento... Non è certo un caso che in tutta la letteratura psichiatrica non si trovi nessun accenno a "voci" che comandino allo schizofrenico di essere particolarmente gentile con la moglie. Questo perchè "essere gentili con la moglie" non è certo un comportamento che vogliamo giustificare sostituendo le "cause" alle "ragioni"... a rigor di termini le malattie possono colpire soltanto il corpo, ne consegue che non ci sono malattie mentali... le diagnosi psichiatriche sono etichette stigmatizzanti formulate in modo da assomigliare a diagnosi mediche affinchè siano poi applicate a soggetti il cui comportamento disturba... la malattia mentale non è qualcosa che la persona "ha" ma qualcosa che la persona "è"... la malattia mentale è una metafora nel senso in cui diciamo che un pensiero è "malato"... se la malattia mentale non esiste non ha senso parlare di "ospedali" e di "cura"... "

Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale.


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Strane delegittimazioni

"... Edward Wilson, così come Steven Pinker, crede che, poichè la religione puo' essere analizzata e spiegata come un prodotto dell' evoluzione cerebrale, ecco che si prosciuga ogni sua autorità morale. Ma a Wilson sembra sfuggire che la scienza stessa è un prodotto delle forze evolutive sul cervello e per essa vale esattamente lo stesso discorso che si tiene per "far fuori" la religione. In questo caso lo sforzo di delegittimazione fallisce da un punto di vista meramente logico prima ancora di iniziare..."

Kenneth Miller - Finding Darwin' s God - p.284

giovedì 29 aprile 2010

Homo Hypocritus

Nel fare unici e 730 mi corrono tra le mani montagne di fatture mediche e scontrini farmaceutici. Montagne.

Pare che alcune persone passino dal medico un giorno sì ed uno no, la farmacia è per molti adulti quello che per i bambini è il negozio dei giocattoli. C' è chi ama cazzeggiare davanti al PC e chi lo fa in ambulatorio. E' chiaro che tutto cio' ha ben poco a che fare con la salute.

Lo scollamento tra spesa sanitaria e salute ha nella mia vita molteplici conferme.

Vi faccio sentire la nostra ginecologa solo qualche giorno fa: "... forse sarebbe meglio fare anche gli esami X e Y... più che altro per non avere nessun senso di colpa qualora dovesse succedere che...".

Capito? Gran parte degli esami verrebbero prescritti per una questione psicologica, e proprio per una questione psicologica io, se devo essere sincero, non mi sento di declinarli. Ringrazio dio di aver incontrato un medico che parla chiaro.

Le forbici di Tremonti sono in cerca di qualcosa da "tagliare". Cavolo, consiglio vivamente di guardare alla spesa sanitaria, si potrebbe dimezzare se solo la psicologia cedesse spazio alla razionalità.

Ma se non spendiamo per curarci per cosa spendiamo?

Robin Hanson dice che spendiamo per segnalare (a noi e agli altri) la cura che abbiamo di noi stessi: siamo diligenti nella cura della nostra persona, ci piace dirlo e dircelo.

I veri motivi non li so, per ora mi basta sapere che non spendiamo (molto) per curarci.

Ma il giochino del rovesciamento motivazionale non si limità alla "salute".



C' è chi spiega la società mettendo al centro l' egoismo dell' uomo (parlo degli economisti).

C' è chi punta tutto sull' invidia.

Che non sia invece l' ipocrisia il sole attorno al quale orbitano tutti i pianeti?

Le cose si fanno e non si dicono, i più allenati riescono a non dirle neanche a se stessi. Siamo degli ipocriti che inseguono X per catturare Y; se tra noi c' è un uomo rosso anzichè blu, meglio non farne parola, chi sa tacere presto riuscirà anche a non vedere, l' evoluzione spesso premia questo genere d' ipocrisia.

Davide direbbe "in base a quale diritto parli delle intenzioni altrui"?

La risposta sarebbe facile: in base al diritto di avere delle idee.

In fondo però concordo con lui: si risulta antipatici non prendendo sul serio le motivazioni altrui.

Allora non resta che affrontare la questione empiricamente, e quella montagna di coriandoli che esce dalle farmacie e che ci tocca sommare meticolosamente in questo periodo è già una piccolissima prova.

Tutto quel che resta...

1%.

E' la percentuale di PIL che oggi spendiamo per la Difesa.

2%.

E' quella spesa per l' Ordine Pubblico.

Adamo (Smith), il padre di tutti gli economisti moderati, dovrebbe chetarsi: per lui la spesa pubblica ha senso e serve a salvaguardare le proprietà dei cittadini.

Vogliamo poi prendere ai ricchi per dare ai poveri... vogliamo essere generosi? Allora concediamoci un grasso 2%, purchè lì dentro ci stiano anche le spese dei burocrati.

Vogliamo poi scialare, quando invece ci sono ampi margini per ridimensionare? Siccome vogliamo sprecare con abbondanza, raddoppiamo! Arriviamo ad un 10%.

Mi sembra che non ci sia altro da sistemare con le tasse.

1+2+2+5(sprechi).

Ecco, immagino un mondo in cui due partiti contendono appassionatamente: moderati e radicali. Solo i primi ritengono necessarie le spese di cui sopra. Avranno ragione? Ah, saperlo.

E tutto il resto? Tutto cio' che non sta nè con i radicali nè con i moderati? Tutto il resto è... fascio-socialismo.

P.S. 1+2+2+5... oggi si viaggia intorno al 50%.

P.S. link (p.12).

http://www.aldobattista.it/spesa/spesa.htm

Aspettando il casco dei ciclisti

Davanti alle Sezioni Unite la Cassazione, in seguito a un esposto dell'associazione 'Amici dei bambini', ha affermato che le coppie intenzionate a chiedere in adozione uno o più bambini non possono dirsi indisponibili a ricevere bimbi di pelle nera o di etnia non europea. No, quindi, alla discriminazione razziale.

Un' altra mandata per bloccare meglio il gabbio, un' altra graffetta per sigillare meglio il plico.

Slogan: il proibizionismo non paga.

Pro memoria: libertà di discriminare = libertà di scegliere.

Lezione: e c' è pure chi si ostina a confondere "liberal" e "liberali". Un esempio del genere ci evita persino di studiare la Storia delle ideologie.




NYC "graffettata"

Malattie metaforiche

"... è importante considerare che i legislatori non scoprono i "crimini": li creano in quanto vietano condotte ritenute indesiderabili. Allo stesso modo gli psichiatri non scoprono le "malattie mentali": le creano individuando condotte riprovevoli. Costoro, attribuendo denominazioni di patologie a condotte riprovevoli, fungono da legislatori, non da scienziati. Furono legislatori quando classificarono come malattia la masturbazione o la schizofrenia, l' omosessualità o il bipolarismo. Purtroppo nessuna diagnosi di malattia mentale è o potrebbe essere dettata da una patologia, tutte le diagnosi in questo campo sono (e non possono essere altro) che dettate da incentivi non medici bensì economici, personali, politici, sociali. Le diagnosi psichiatriche non indicano lesioni anatomiche o fisiologiche, non fanno riferimento ad agenti patogeni bensì alludono a comportamenti umani e a problemi umani, problemi che hanno a che fare con i dilemmi che paziente, parenti e psichiatra sono chiamati ad affrontare e di cui ciascuno tenta di approfittare a suo modo. La mia critica concettuale alla psichiatria consiste essenzialmente nella trascurata distinzione tra l' uso letterale e l' uso metaforico del termine "malattia mentale", una distinzione mai chiarita e sulla quale si gioca molto..."

Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale -

In epoca di scientismo, biologismo e determinismo spinto, chi crede nel libero arbitrio rivaluta le tesi del "matto responsabile": se lui è davvero "incapace" anche noi rischiamo, se con lui fanno una frittata anche noi potremmo essere "sbattuti".

mercoledì 28 aprile 2010

Dipingere la Tv e suonare la voce

I’m inspired by television and movies from my childhood. It’s funny how you watch some of those things today and wonder why you were so obsessed with them at the time. I remember the Fonz being SO much cooler than he actually was. My paintings are basically just placards screaming ‘Childhood! It was amazing! I want it forever, please!’ I paint mainly in my pajamas, watching the Muppet Show and eating cereal. I’d like to think it shows. James Hance.



***

Siccome nel combo svizzero venne a mancare il basso, John Wolf Brennan decise di sopperire alla lacuna ospitando Bruno Amstad, uno che però sa suonare solo la sua voce... Tutto bene quel che finisce bene.

Dove scoccare la freccia

"... molto meglio per il liberale non fissarsi nell' opposizione ad ogni redistribuzione che garantisca un "minimo" sociale; se ha davvero a cuore la sua causa, che si dedichi piuttosto a monitorare lo sfondamento dei quel "minimo", visto che prima o poi verrà travolto nell' indifferenza generale. Nulla di più facile che snocciolare esempi: se una legge impone al distributore di servizi telefonici di garantire ovunque una copertura minima, ecco che all' introduzione di nuove e più avanzate tecnologie in quel settore costui presto sarà tenuto a consentirne ovunque l' accesso, cosicchè una diminuzione nei costi produttivi non si traduce mai, guardacaso, in una diminuzione dei sussidi impliciti. Persino inutile a questo proposito avanzare il caso preclaro della Sanità, settore dove presto anche la cura più avanzata deve essere universalizzata..."

Richard Epstein - Priciples for a free society, p.221.

Ottimo punto che fa il paio con l' altro. Ed ecco allora fissata l' agenda liberale.

La Santa Alleanza

"Concentrarsi sulle differenze tra diritto naturale e utilitarismo tende ad oscurare le forti relazioni tra le due scuole. Il punto chiave è che, mentre esiste una differenza metodologica, è evidente per contro uno stretto collegamento degli esiti. Entrambe le visioni danno un ruolo centrale alla proprietà, entrambe si preoccuopano dell' aggressione fisica e della frode. E' una sfida intellettuale di prim' ordine rintracciare sostanziali differenze tra Loche e Hume, tra Bentham e Blackstone, perlomeno se poi confrontiamo questi autori con l' impostazione marxista o socialista o comunitaria o femminista o positivista.

Non penso che questo stretto legame sia una mera coincidenza. Piuttosto si fonda su una non riconosciuta convergenza che rischia di passare inosservata forse perchè molti esponenti coinvolti sui due fronti impegnano gran parte del tempo a farsi una poco interessante guerra filosofica. Ma se andiamo all' origine le affinità erano già patenti ascoltando la voce dei padri del diritto naturale, molti dei quali erano fieri di far notare il benessere sociale che comportava l' applicazione di alcune regole di fondo. Per questi pensatori solo la volontà divina poteva dare forza di legge ad un comando, ma era la "manifesta utilità" di quel comando che certificava la saggezza divina e l' autentica origine della regola. Anche se nei tempi moderni si è più sospettosi sull' origine divina, il rifiuto di un simile fondamento non comporta il rifiuto di un simile approccio e di simili regole; si dirà piuttosto che l' "utilità" passa dall' essere un segnale della presenza divina all' essere un criterio autosufficiente per giudicare particolari regole".


Richard Epstein - Priciples for a free society, p.58

Dopo premesse di tal fatta, Epstein si dedica allo smantellamento sistematico di cio' che resta del "positivismo giuridico". Come bersaglio di riferimento sceglie Hart e il suo tentativo di rianimare il cadavere eccellente.

lunedì 26 aprile 2010

Non più di venti, mi raccomando!

Prendi un uomo a caso. Fallo fuori e con i suoi organi salva 5 persone.

Cos' è quella faccia? Qualcosa non ti quadra?

Vabbè, anzichè 5 salvane 10.

Ancora quel muso poco convinto?! E allora saliamo a 20.

Attenzione a prolungare oltre le tua perplessità, 20 è un numero importante.

Se dici ancora "no" allora di fatto sei un pacifista chiamato ad opporsi a praticamente tutte le guerre. Non parliamo poi se si arriva a 30... 50... 100!

Niente di speciale, ma scommetto che a qualcuno ripugna essere definito "pacifista", e magari scopre solo ora di esserlo. Meglio tardi che mai.



Bottom line: la guerra la fanno i soldati, se la facessero i poliziotti finirebbero tutti in galera poichè il nostro diritto (e quello di tutti i paesi) consente solo ai soldati di mietere vittime innocenti senza risponderne.

sabato 24 aprile 2010

Scienziati credenti. Finalmente i numeri.

Esce un nuovo libro

In the first systematic study of what scientists actually think and feel about religion, Elaine Howard Ecklund investigates the assumption that science and religion are irreconcilable. In her research, Ecklund surveyed nearly 1,700 scientists and interviewed 275 of them. She finds that most of what we believe about the faith lives of elite scientists is wrong. Nearly 50 percent of them are religious. Many others are what she calls "spiritual entrepreneurs," seeking creative ways to work with the tensions between science and faith outside the constraints of traditional religion. No one has produced a study as deep and broad as Ecklund's, perhaps its most surprising finding is that nearly a quarter of the atheists and agnostics describe themselves as "spiritual"... only a small minority are actively hostile to religion... Ecklund reveals how scientists—believers and skeptics alike—are struggling to engage the increasing number of religious students in their classrooms and argues that many scientists are searching for "boundary pioneers" to cross the picket lines separating science and religion.

venerdì 23 aprile 2010

Elogio dei gufi

Bolle e CDS, non ce la si puo' prendere con entrambi.

Zingales spiega perchè.

Peana rischiosi?

Lo gradisco per quanto reputi Zaia un semi-pericolo pubblico!

Lo so, è una contraddizione... ma con Langone è inevitabile.

Consola veder esaltato il lato anti proibizionista del governatore... e (quasi) nascosto tutto il resto.