martedì 17 maggio 2011

La ragnatela

Con un micidiale uno-due Giorgio Israel mette al tappeto la scuola finlandese.

In fondo però il suo bersaglio è un altro: assaltare in sancta sanctorum dei test, un sistema le cui risultanze internazionali glorificano proprio quella scuola.

La pars destruens di Israel è convincente. Oltretutto non sarò certo io ad opporre resistenza quando nel mirino ci sono le presunte armi miracolose della burocrazia.

Peccato che la pars construens sia deboluccia e, non per niente, confinata sempre in un angolino. A quanto pare ci toccherebbe restare ancorati ad occhiuti ispettori incaricati di saggiare la qualità delle nostre scuole somministrando la giustizia dall’ alto del loro “sapere riconosciuto”. Un po’ come adesso, insomma.

Detto in altri termini: insegnanti che controllano altri insegnanti. Chi si presume “sappia” che verifica il sapere di chi si presume “sappia”.

Balza alla mente la domanda canonica: ma chi controlla i controllori?

E per restare ancora nell’ ambito delle verità proverbiali aggiungo: ma non lo sa Israel che “cane non morde cane”?

A puntello della malferma costruzione viene invocata anche l’ “auto-responsabilità dell’ insegnante”. Ma così facendo si costruisce sulle sabbie mobili, l’ auto-responsabilizzazione funziona bene con i Santi, in altri ambiti sarebbe meglio non contarci troppo.

Le intenzioni di Israel sono per la verità lodevoli, lui vorrebbe una scuola con l’ insegnante al centro. Ma non è la scuola di adesso? I sindacati che spadroneggiano e contro cui inveisce a ragione lo stesso Israel cosa sono se non i rappresentanti degli insegnanti? Già, è vero, lui vorrebbe mettere al centro l’ “insegnante buono” ma l’ “insegnante buono” più che la soluzione è il problema. Come identificarlo? Anche chi ha contribuito a plasmare il deprecabile panorama odierno era impegnato a lastricare quella strada, salvo accorgersi che conduceva all’ inferno.

Israel ha ragioni forti, i suoi critici altrettanto, siamo all’ impasse?

Non direi, siamo invece alla soluzione più naturale: smettiamola di fissare ossessivamente la nostra attenzione sulla scuola e spostiamola sulla società.

Il sistema è complesso quanto puo’ esserlo un’ intricata ragnatela, in questi casi si agisce efficacemente solo agendo su fili distanti dall’ epicentro dei guai.

Spingiamo allora per una società giusta e meritocratica, è facile (!?), basta ambire ad una società libera con politici insensibili alla moltitudine di piagnistei mascherati da “rivendicazione di diritti”. Il resto lo faranno le famiglie, sarà loro interesse optare per la scuola più adatta ai figli. Saranno loro a “selezionare”, a “valutare”, a “scremare”… lo faranno senza l’ uso cieco di esoterici marchingegni burocratici poco affidabili, lo faranno sgombre dal velo obnubilante di un patente conflitto d’ interessi. 

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lunedì 16 maggio 2011

L’ ambiguo candore di Kelsen

Ad ogni pagina Hans Kelsen ci esorta a fare del diritto una "scienza oggettiva".

Ad ogni pagina, l' autoproclamatosi "scienziato", screma, ripulisce, decontamina, setaccia e monda le pratiche del diritto cercando di liberarle da ogni scoria affinché emerga l' immacolata ossatura della disciplina.

candore

Inconvenienti.

L' uomo fabbrica il suo diritto estraendolo dalla terra. Ma la terra sporca, e se lo scienziato non vuole insozzarsi deve girare al largo da simili attività estranee alla "ragion pura". Stabilire la maggior appropriatezza di una legge è il regno dell’ “arbitrio”. Che il giurista si dedichi ad altro.

L' uomo forgia le sue interpretazioni calando le leggi sulla terra. Ma la terra sporca, e se lo scienziato non vuole inzaccherarsi deve evitare lo studio di simili pratiche così alla mercé del "puro arbitrio". Confrontare le interpretazioni e giudicarle non è competenza della "ragion pura". Che il giurista si dedichi dunque ad altro.

Senonché ogni "altro" di un qualche rilievo sembra minato da impurità consustanziali.

La carta vetrata di Kelsen è talmente abrasiva che gratta oggi, gratta domani, la morsa che fissava l' oggetto delle sue speculazioni non stringe più nulla. Il candore a cui giunge è a dir poco ambiguo.

candor

Altrove ho accennato ai danni fattuali di un simile approccio, qui segnalo solo il distacco dal senso comune. Se l' intenzione era quella di puntare tutto sulla "ragion pura" non mi sembra si sia partiti con il piede giusto.

Il diritto dell' austriaco è incommensurabile con quello inteso dai più. Cosa avrà in mente? L' alacre scalpello di questo scultore lavora indefesso, verrà risparmiata almeno l' ultima scheggia? Sembrerebbe di no.

Il mito della "purezza avalutativa" conduce ad un rigore evanescente quanto minaccioso, visto che da sempre miete vittime nelle scienze umane.

E qui ripenso alla vicenda più fresca di quegli intellettuali che da ultimi hanno scommesso tutto sul relativismo della "struttura": partirono con un serioso strutturalismo alla Lévi Strauss e finirono irretiti nei giochi di prestigio di Derrida. La scimmiottatura delle scienze naturali apparve sempre più smaccata e l' accusa di impostura intellettuale scattò giocoforza. Da “venerati maestri” a “soliti stronzi” per di più ciarlatani.

Ho perso tanto tempo inseguendo trafelato le analisi dei vari Foucault, Deridda, Debord,  Barth, Lacan... la fascinazione suppliva alla comprensione. Non mi sorprendo se dopo l' abiura di questa compagine dedita a formule chiesastiche qualcuno chiede di riabilitarli giusto come poeti.

E la tentazione di infilarci dentro anche Kelsen e nipotini è forte. Sebbene nulla abbiano a spartire con il postmodernismo dei primi, la ricerca ossessiva di purezza li ha resi vittima di un’ alienazione similare. Da scienziati a poeti. E chi glielo spiega che si tratta solo di un' interpretazione alternativa e non di un degradamento?

A furia di purificare la conoscenza del diritto i giuspositivisti che hanno seguito Kelsen  anche nel pozzo sono finiti a fare l' orlo alle nuvole offrendo uno spettacolo degno di Aristofane. Ma è con lo sberleffo di un altro greco che voglio stigmatizzare il loro divorzio dal senso comune.

… e Alcibiade domandò: “o Pericle, mi sapresti insegnare che cos’ è la legge?”. “Di sicuro” rispose Pericle. “Insegnamelo o dunque, per gli dei”. E aggiunse: “Sentendo che alcuni vengono lodati in quanto uomini rispettosi della legge, io mi immagino che non potrebbero ottenere a buon diritto un tale elogio chi non sa nemmeno cosa sia la legge”. “Non desideri una cosa difficile: sono leggi tutti quei comandi che la massa del popolo riunendosi ha fatto scrivere affinché fossero rispettati”… E Alcibiade “ma se non è la massa del popolo bensì pochi, come dove vige l’ oligarchia, a formare questi comandi, possiamo anche in questo caso parlare di leggi?”. “Tutto quello che prescrive chi comanda nello stato circa quello che si puo’ e non si puo’ fare deve chiamarsi legge”. “E se un tiranno al potere prescrive ai cittadini quel che devono fare possiamo parlare di legge?”. “Certamente”. “Ma la violenza e l’ illegalità cosa sono or dunque, Pericle? Forse non quando il più forte sottomette con la violenza e non con la persuasione il più debole ai suoi voleri?”. “Mi sembra di sì” disse Pericle. “E allora le cose che il tiranno costringe i sudditi a fare senza averli persuasi sono illegalità?”. “Mi pare di sì”. “E allora quelle cose che i pochi costringono i molti a fare grazie al fatto che sono i più forti sono violenza, o no?”. “Direi di sì, mi pare che quando la forza sostituisce la persuasione siamo in presenza di violenze e non di legge”. “E allora tutto cio’ che in democrazia la massa, essendo più forte dei ricchi, prescrive senza persuasione sarebbe violenza piuttosto che legge?”. “O Alcibiade, anch’ io alla tua età ero tremendo in questo genere di ragionamenti… mi dedicavo ai sofismi come mi sembra che tu faccia ora…”. “O Pericle,  come avrei voluto ragionar con te allora, quando superavi tutti anche in conoscenza…”.  

Senofonte – Memorabili - Bur 

Pericle non riesce a pensare la “legge” se non come al parto di una volontà: del parlamento, dell' oligarca o del tiranno. Proprio come i giuspositivisti: la legge è una "pura creatura" che esiste grazie ad un "puro creatore". Ma si incarta presto atteso che le cose non stanno necessariamente così: per lo più la "legge" nasce casualmente da processi evolutivi. Escludere questi ultimi dà corpo al cosiddetto "bias creazionistico": se c' è un progetto di società, c' è necessariamente un' intelligenza dietro a quel progetto.

Beneficiato dal "bias creazionistico" Alcibiade ha buon gioco ad innescare il corto circuito con altre verità del senso comune. E mentre Pericle, essendo uomo energico, nell' impasse si libera dei fili con uno strattone mandando tutti a quel paese, il giuspositivista, essendo invece uomo delicato dedito a sottigliezze ineffabili, non puo' che restare folgorato dalla fatale scossa che riceve.

Hans Kelsen – Lineamenti per una dottrina pura del diritto - Einaudi

Teppisti in erba

... appena fuori da casa mia...

teppist

… ancora più in erba… dentro casa mia…

teppi Brock Davis

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Una gita in macelleria

100 anni di cucina discutibile, parlo della guerra nel mondo. E siccome figures give us knowledge, not meaning, si è pensato di rendere meglio il concetto.

GENOCIDI

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Qui i più grandi “chef” del secolo: Mao la spunta e non di poco su Stalin e Hitler.

L’ Africa impressiona sempre. Chi sospettava che il più devastante conflitto del secolo fosse – dopo la II guerra mondiale – la seconda guerra del Congo (1993-2003)?!

Povera Africa, non solo insanguinata ma anche dimenticata.

Se le davano di santa ragione… e intanto noi ascoltavamo i Toto…

… approfittiamone per spararci un ottima cover…

 

Calcoli sexy

Filippo Facci sostiene che esistevano parecchi “motivi razionali e poco etici “ per evitare la morte di Bin Laden. Ivo (L’ estinto) non sembra molto interessato alla faccenda, quanto a capire cosa debba intendersi per “motivazione razionale ma poco etica”.

estinto

La contrapposizione tra etica e razionalismo è infatti tanto frequente quanto sfuggente. C’ è una buccia di banana particolarmente scivolosa che minaccia l’ analisi: si potrebbe credere che per opporsi all’ approccio razionalista occorra in qualche modo rinunciare alla ragione.

skate banana

Ma non è così, bastano due pensieri per metterci la pulce nell’ orecchio.

1. Nel suo celeberrimo attacco, Amartya Sen se la prese a morte con l’ utilitarista John Harsanyi invocando un approccio “etico” nella formulazione dei programmi di welfare. La sua critica s’ incentrava sul fatto che certe realtà interiori – nel caso specifico si parlava della “felicità” umana - non si prestano alla quantificazione oggettiva e al trattamento aritmetico: insistere nel sottoporle a questi processi era dunque irrazionale. Insomma, in genere ci si oppone al “razionalismo calcolante” denunciandone gli abusi e le applicazioni scorrette. In certi contesti, a quanto pare, buttarsi a “fare calcoli” equivale ad un errore di calcolo. Attenersi all’ etica sarebbe di gran lunga più ragionevole; il “razionalista” è in realtà accusato di aver preso una via “irrazionale” sospinto da una sorta di “hubrys calcolatoria”.

2. C’ è poi il caso in cui compiere atti irrazionali puo’ essere elettrizzante; professare un’ ideologia, per esempio, spesso ci fa sentire vivi e ci rende più felici, almeno se non costa troppo caro farlo. Per esempio, in politica i nostri “errori” si ripartiscono su tutti e professare un’ ideologia irrazionale puo’ diventare conveniente perché relativamente poco costoso. In certi contesti e date le proprie preferenze è dunque perfettamente razionale comportarsi in modo irrazionale. Ma veniamo alla nostra contrapposizione: come possiamo concepire un tipo perfettamente razionale che si oppone al “razionalista”? In realtà questa visione riduce tutto ad un affare di preferenze. Qui il fatto che tutti gli individui siano razionali è solo una premessa metodologica, un po’ come l’ economista premette che tutti gli individui sono egoisti: cio’ non compromette affatto la “rappresentazione” degli altruisti. Si dirà che sono tali coloro a cui “piace” (egoisticamente) aiutare il prossimo.

Formulati i due pensieri, tiriamo ora qualche conclusione.

Nel caso 1 si fronteggiano due razionalisti: il primo è tale perché immerso in calcoli (sebbene un po’ esoterici), il secondo perché ha buone ragioni  per tenere un comportamento etico.

Nel secondo caso pure: un razionalista massimizza le preferenze sapendo che in esse hanno un ruolo anche moralismo e  ideologia, l’ altro fa la stessa cosa sterilizzando però sia il moralismo che l’ ideologia.

Ma nel caso prospettato da Facci di fronte a quale contrapposizione ci troviamo?

Difficile dirlo, osservo solo che trattandosi di politica internazionale spesso affrontata al bar, essere ideologici o moralisti costa talmente poco che ci si puo’ concedere il lusso di un simile “divertimento”; un po’ come quando si vota in democrazia: è un divertimento… la ragione possiamo razionalmente metterla da parte. Se fosse così siamo in pieno caso 2, eppure anche Facci, più che nei panni del freddo “razionalista”, me lo vedo “divertirsi un mondo” nei panni del guastafeste bastian contrario catturato da una certa “hubrys calcolatoria”. In fondo sappiamo bene che persino i numeri dell’ orologio possono essere sexy.

TEMPO INTERIORE

mercoledì 11 maggio 2011

L’ ora di illegalità

Difficile che nelle scuole di Stato possa mai essere programmata un’ “ora di illegalità”, più probabile il contrario. Eppure anche la prima potrebbe avere un contenuto altamente formativo, basterebbe per esempio che in classe si leggesse e commentasse la fiaba scritta dal professor Ken Schoolland ormai più di un decennio fa.

In questa fiaba libertaria,  Gullible è una specie di Gulliver che fa naufragio su un’ isola – Corrumpia - dove vive una popolazione con il culto della legge e dello Stato. Si tratta dell’ isola degli “orrori legali”; tutta gente onesta e ben intenzionata, per carità, ma che ormai non riesce a concepire la soluzione di un problema qualsiasi se non volando col pensiero ad una possibile leggina.

Questa forma mentis ha conseguenze perniciose, ma anche divertenti per via dei paradossi che genera a raffica.

Nel primo capitolo si dà la caccia ad una donna particolarmente alacre e creativa che con un affare di legno dalla punta di ferro, metteva a repentaglio il lavoro di centinaia di taglialegna intenti - con scarsa lena per la verità - a colpire gli alberi della foresta con dei semplici bastoni. Questa minacciosa presenza va tratta in arresto rappresentando un pericolo pubblico. Fortunatamente nella Costituzione di Corrumpia è presente da sempre un articolo destinato a colpire le pratiche asociali di intrusi con nuove idee stravaganti, troppo entusiasmo, troppa efficienza e la lugubre intenzione di praticare prezzi esageratamente bassi.

Nel secondo capitolo a Gullible viene chiesto di firmare una petizione, verrà inoltrata a chi di competenza, un senatore particolarmente sensibile al problema. In essa si denuncia il sole per concorrenza sleale. L’ idea è venuta ai candelai, ma subito i rivenditori di cappotti si sono uniti alla lotta considerata “per il diritto al lavoro”. Suona bene? E poi, non è forse così?

Nel terzo capitolo entra in azione la Polizia Alimentare: viene arrestato un uomo che “produceva troppo cibo”. Mi rendo conto che chi vive nell’ Europa delle quote latte rischia ormai di non cogliere più nemmeno l’ iperbole.

La Polizia Alimentare si occupa anche di stilare le “Diete di Stato”: non è forse buona cosa mangiar bene? E poi non vorrete forse ingrassare e ammalarvi per poi curarvi alle spalle di tutti con la Sanità di Stato! Parassiti! Ci pensa la PA. Qui forse possiamo ancora divertirci a cogliere i divertenti paradossi, ma ridiamo piano che c’ è sempre un Veronesi che ascolta e prende appunti.

Successivamente siamo catapultati sulle rive di un pescoso laghetto. Solo che ora laggiù si pesca ben poco. Il laghetto, essendo di tutti (per legge), non è di nessuno (nei fatti) e le risorse che conteneva, com’ era logico attendersi, sono state saccheggiate da tempo.

Nel quinto capitolo visitiamo due zoo: uno con gabbie piene di tantissimi animali delle più diverse specie. L’ altro con gabbie piene di evasori disinteressati allo zoo pubblico e che non avevano pagato la relativa tassa per realizzarlo.

Nel sesto capitolo siamo introdotti al segreto della felicità: i soldi. Se questo segreto vi sembra discutibile, ancor più perplessi vi lascerà il metodo adottato per produrre la “felicità”: stampare i soldi che servono. Il governo dell’ isola non è poi così perplesso, ma, se devo dirla tutta, neanche Ben Bernanke sembra esserlo.

Nel settimo capitolo facciamo conoscenza con un’ altra macchina della felicità: la macchina stampa-decreti. Sognate un lavoro? La macchina stamperà un decreto in cui il lavoro diventerà un diritto. Sognate paghe più alte? La macchina stamperà un decreto in cui la paga minima sarà triplicata. Sognate un mondo senza più aborti? La macchina li proibisce per legge. Idem per alcol droga, e rock and roll. E perché, già che ci siamo, non abolire anche i quadri brutti e le musiche dissonanti? Non si tratta di un gioco: tutti i decreti entrano in vigore immediatamente e tutti i problemi si dissolvono all’ istante.

Nell’ ottavo capitolo giungiamo davanti ad un banchetto dove i politici vendono il loro prodotto. Vuoi aiuti governativi, licenze, sussidi o esenzioni dalle tasse? Qui puoi trovarli. Vuoi rovinare i tuoi concorrenti con norme, regolamenti, ispezioni o dazi? Come ognuno avrà capito comprare a questo banchetto è il miglior investimento del mondo. Non per niente è sempre affollatissimo.

Nel nono capitolo ci viene spiegato che chi viola la legge è un criminale e che meno criminali ci sono meglio è. Conseguenza logica: la “pena di morte”, essendo il deterrente più aspro, è sempre la sanzione più appropriata. Ora stanno trascinando al patibolo un barbiere abusivo, chissà come sarà contento Travaglio.

Nel decimo capitolo è in corso una lite proprio nel bel mezzo della Biblioteca di Stato. Un uomo si lamentava che c’ erano troppi libri che trattavano apertamente di sesso ed altre pratiche immorali, nello stesso tempo una ragazza dava in escandescenze per quei volumi che contenevano pregiudizi razziali e sessuali di ogni sorta. Ciascuno dei due strillava e pretendeva di eliminare i libri “scandalosi”. Era inevitabile che venissero alle mani. Furono arrestati, ma non per la lite bensì per il fatto che si erano rifiutati di pagare la tassa obbligatoria sulla Biblioteca di Stato.

Nell’ undicesimo capitolo Gullible visiona una mostra di quadri alquanto strana. Le opere sono come minimo ambigue quando non strampalate ed il motivo è presto detto: sono state scelte a caso grazie ad un’ estrazione. Già, la Galleria di Stato una volta era presieduta da una Commissione che selezionava a suo arbitrio le opere. Visto il luogo e la sua natura un simile arbitrio appariva intollerabile e si passò così alla soluzione più logica. Tutti furono soddisfatti (tranne i visitatori, ma questo non conta).

Senza bizzarrie di questo stampo non avrei mai scoperto il genere dada/graffiti:

dada graffiti

Il dodicesimo capitolo contiene l’ elogio del “rapinatore privato”. Un tale che dopo averti rapinato (questione di dieci minuti) ti lascia finalmente in pace. Ormai persino Jonathan Gullible ha capito che c’ è molto di peggio in quanto ad accanimento.

Il tredicesimo capitolo è dedicato ai raffinamenti della democrazia di Corrumpia: contare i voti non basta, occorre pesarli. Come? Con l’ applausometro. Un affare inventato da un burocrate che misura l’ entusiasmo del consenso liberato dal corpo elettorale. La democrazia diventa qualcosa di arcano e di tecnologico dove per i furbacchioni è ancora più facile muoversi.

Le scuole di Corrumpia sono ancora “vecchio stile”, vi si insegna che l’ impegno e il sudore saranno ripagati con un buon voto: avrete per cio’ che date. Ma la società è fondata su un programma completamente diverso, il principio fondante è un altro: ad ognuno secondo i propri bisogni. Fortunatamente incombono riforme scolastiche destinate ad uniformare il panorama, già dall’ anno prossimo un complicato meccanismo obbliga i professori a dare dei voti aggiuntivi agli studenti che più ne hanno bisogno considerato il loro scarso impegno. Chi non vede lo zampino di Don Milani?

Nel quindicesimo capitolo le prostitute la fanno da padrone. Sono trattate come esseri immondi e perseguitati dalla buon costume, ma presto scopriamo che questa polizia non persegue affatto lo scambio sessuale bensì il semplice scambio di denaro. Infatti la prostituta che si dedica al baratto (sesso in cambio di cene, teatro, drink, discoteca…) diventa d’ incanto una verginella rispettata a cui rendere ossequio.

Quando il cittadino lavoratore viene messo al centro del sistema espellendo ai margini il cittadino consumatore, l’ ordine naturale è minato e tutto va gambe all’ aria. E’ normale che sia così: noi viviamo per consumare, mica per produrre. Il rovesciamento di questi termini realizza un’ alienazione e al mondo non esiste un posto più alienato di Corrumpia: non ci meravigliamo se qui il produttore è pagato per distruggere la produzione. In un paese tanto strano e tanto somigliane ai nostri, la cornucopia e l’ abbondanza – con i relativi prezzi bassi - diventano il vero nemico da combattere.

cornucopia

Nel capitolo successivo irrompe il Grande Inquisitore, finalmente uno che parla chiaro. Per lui Libertà = Schiavitù. Eccolo che arringa la folla: “… aprite gli occhi e guardatevi intorno! Un essere umano che deve affrontare scelte e decisioni puo’ sbagliare, ve l’ assicuro! Scelte e valutazioni sbagliate possono danneggiare voi e il vostro prossimo! Non solo, già solo la conoscenza di questo rischio è fonte di uno stress che deprime… pensateci e riflettete su tutta la sofferenza che la responsabilità è in grado di generare allorchè una società ne tollera la presenza…”.

Si prosegue illustrando la Legge del Perdente – secondo cui conviene perdere – il Caos Pianificato – l’ alternativa reale alla legge della giungla - la Banda Democrazia – che impugna l’ arma letale del voto selvaggio – e avanti con mendicanti, filibustieri, avvoltoi e tiranni, ovvero tutta quella fauna caratteristica che si addensa ogni volta che la regolamentazione s’ infittisce.

L’ equivoco che deturpa Corrumpia è evidente quanto devastante: i poveretti hanno smesso di considerare la legge come semplice “regola del gioco” sociale al fine di elevarla a strumento per risolvere  problemi specifici.

Il succo della seriosa introduzione: arrivato al culmine della sua evoluzione lo stato giacobino moderno cala la sua museruola sulla società e ci si accorge che non è affatto meno pesante di quella dell’ ancien régime. Corrumpia è già nel baratro, e molte anchilosate democrazie dell’ occidente sembrano correre in quella direzione.

A proposito… sorpresa!: la “seriosa introduzione” è curata da un Giulio Tremonti in fase libertaria, quello che ce l’ aveva su con lo stato criminogeno. Ora che il volubile ministro ha cambiato fase passando al “colbertismo”, ci piace ricordarlo così, compiaciuto di questa traduzione che rende disponibile il testo anche a quelli che considera “ben noti” cittadini onorai di Corrumpia quali Rosy Bindi e Luigi Berlinguer.

Ken Schoolland – Le avventure di Jonathan Gullible - Liberilibri

 

lunedì 9 maggio 2011

Lo snobismo liberato

Le poche volte che mi sono imbarcato nella lettura di un’ autobiografia, il libro mi è regolarmente caduto di mano. Che noia la storia di un altro!

Sarà il narcisismo. Sarà che sono pochissime le persone informate su cosa sia capitato loro.

Il gesto di scriverne una, poi, si presenta già di per sé di cattivo gusto.

Non sarà un caso se i migliori prodotti in questo campo sentano l’ esigenza di dedicare l’ apertura alle scuse che lo scrittore deve al lettore.

Di solito testimonianze del genere sono infarcite da ciance senili che non interessano nessuno.

Non riusciamo mai a renderci conto che il 90% della nostra vita l’ abbiamo in comune con il resto della razza umana, cosicché omettiamo i massicci tagli che renderebbero meno tediosa la storia, ed è normale che sia così: trattandosi della nostra vita sentiamo questi tagli come amputazioni.

Alla regola di lettura imparata sulla mia pelle,  ho fatto un’ eccezione per George Bernard Shaw, ma si tratta di persona con una vena umoristica tendente al paradosso che incanta. Sempre pronto ad “inventare” pur di non perdere il gusto “creativo” di una battuta che passa di lì per caso.

Aggiungo un’ altra regola: in questi casi la parte migliore è sempre l’ infanzia, limitarsi a quella.

Nel caso di specie fanno capolino  “mamme” portentose. Di solito la mamma del genio è anaffettiva, una tipa che non si vendica mai ma non perdona mai. Con lei non esistono litigi, e quindi neanche riconciliazioni: commetti un errore e lei si limita a classificarti per l’ errore che hai commesso. Più che accudirti ti osserva prendendo appunti. Con lei il genio cresce incorporando nel suo spirito la massima: “guardati dall’ uomo che non restituisce il colpo”.

Il padre invece è sempre uno spiantato e un perdente. Un tipo che dopo pochi mesi dal matrimonio non puo’ già più fare nulla per destare l’ interesse della madre. Qualche guizzo precario, subito soffocato dalla deboscia intermittente tipica dei marinai chiamati a sbarcare ogni due giorni. Cos’ è essenzialmente  l’ infanzia se non quel processo mentale nel corso del quale si realizza progressivamente questa spiacevole verità?

Eppure “lui” si era presentato a “lei” facendo ottima impressione: un po’ ciula ma scrupoloso e ben intenzionato.

Il racconto dell’ unione tra i genitori è un vertice. Non essendo presente e potendo inventare, GBS dà la stura alle sue passioni e si dedica con cura a piazzare trappole e contropiedi per sorprendere il lettore intrattenendolo.

Si procede in questo modo: dapprima si consacrano un paio di pagine convenzionali alla figura paterna pre-matrimonio dipingendola come incapace di mentire e di nuocere in generale; un po’ imbranata ma fondamentalmente onesta e con un futuro degno della sua ingenua onestà. Poi, nella famiglia di lei, cominciano a serpeggiare dubbi sulla qualità (economica) di quel matrimonio. Nulla di grave, ma meglio sarebbe, avendone l’ occasione, virare su partiti migliori. Siccome parlare esplicitamente di queste faccende è disdicevole, si procede ad esporre in modo sofferto alla figlia delle preoccupazioni di ordine morale, per lo più esagerate se non inventate:

… quando [i genitori] si accorsero che era impossibile che lei [la figlia] si rendesse conto della situazione finanziaria… i suoi famigliari giocarono un’ altra carta. Le dissero che GCS era un forte bevitore. Lei si rifiutò sdegnosamente di crederci, ricordando che loro stessi fino a quel momento non avevano trovato niente da obiettare sul suo conto. Ma davanti alla loro insistenza andò dritta da lui e gli chiese se fosse vero. Lui affermò solennemente che per tutta la vita era stato un astemio convinto.. E lei gli credette e lo sposò. Ma era vero. Beveva…

GBS è un rigorista nato. Rincorsa dalle sincopi ben dosate e contropiede esercitato guardando in modo impassibile il lettore-portiere. Cannonata e gol. Sono rassicurato, lo spirito e la letteratura, fortunatamente, non hanno nessuna intenzione di cedere il passo ad una cronaca credibile.

Un padre così - pieno di difetti ma anche ormai in ostaggio alla figura letteraria che il figlio si sta inventando – un padre così viene voglia di difenderlo, magari anche solo facendo osservare che:

… in linea di principio lui era veramente un “astemio convinto”. Sfortunatamente questa convinzione gli derivava dall’ orrore per la sua personale esperienza di alcolista occasionale, e fu del tutto incapace di metterla in pratica…

Da ricordare anche il giorno in cui il Padre – come tutti i padri – da perfetto e onniscente diventa un ipocrita alcolizzato:

… mi aveva portato a fare una passeggiata facendo finta di spingermi nel canale, ci mancò poco che mi ci buttasse per davvero. Quando tornammo a casa dissi a mia mamma con il tono di chi ha scoperto una cosa terribile: “Mamma, credo che papà sia ubriaco”… “e quando non lo è”… tanta sufficienza di fronte agli atroci sospetti che stavo faticosamente verificando contribuì ulteriormente a gelarmi il sangue…

Per il resto GBS racconta distaccato i suoi successi politici ed artistici, non sembra accalorarsi molto a questi soggetti; del resto sa fin troppo bene che, per colui che lo possiede, non c’ è niente di miracoloso in un miracoloso talento innato. In arte solo chi è incapace di creare – dilettanti, collezionisti… -  si entusiasma. In politica sono gli afasici che si spellano le mani nei comizi.

Chiudo con un’ osservazione che s’ impone: com’ è facile perdonare lo snobismo una volta liberato dall’ ipocrisia!

In fondo è solo quest’ ultima ad essere veramente odiosa. Mi spiego meglio.

GBS fu un fervente predicatore del socialismo umanitario, membro della società fabiana, ne era anche il suo più brillante conferenziere e, in quanto tale, animatore indefesso dei salotti dove si radunava l’ intellighenzia più schizzinosa del pianeta. In quei cenacoli si raddrizzava il mondo reggendo la coppa di champagne millesimato e badando bene ad indossare il vestito giusto, si avanzavano con garbo soluzioni universali confezionandole in una voluta di fumo con il retrogusto al mentolo.  Insomma, avete presente quel genere di borghesia sempre intenta a declamare geremiadi contro la borghesia? Si trascina tutto nel fango (la patria, la nazione, l’ umanità intera) attenti ad evitare ogni schizzo. Conosciamo bene il potere elettrizzante della colpa!

snob 2

La covata di quel milieu è stata abbondante spargendosi per tutta l’ Europa, e se oggi penso all’ accolita dei nipotini italici che bighellona intorno a Repubblica o Micromega e che sermoneggia con foga puritana credendosi impegnata in battaglie epocali di civiltà, provo, al pari di molti connazionali, un naturale senso di antipatia trapuntato da nausee.

E allora, considerati i fatti oggettivi, una domanda s’ impone: come si è sottratto l’ eroe autobiografato al miasma che sempre emana quando vanità ed impegno civile sfilano a braccetto per la strada vogliosi di non passare inosservati?

Semplice, facendo calare lui stesso l’ inoccultabile velo d’ ipocrisia che il il puritanesimo più ingenuo usa invece come Burqa e non si sognerebbe mai di mollare.

Accortosi che la schiettezza sorprendeva, aveva rivalutato la schiettezza che di solito non appartiene al bagaglio del buon conversatore di corte, tutto concentrato sul “simula et dissimula”. Non incontrava così problema alcuno a proclamare la sua avversione estetica per la povertà e lo squallore. Riteneva che la sua natura fosse artistica prima ancora che politica, incline alla bellezza sommessa e alla discreta raffinatezza, una natura incapace di accettare il “cencioso” – in teoria il suo protetto - come un proprio simile senza subire gravi disturbi alla retina e alle narici.

Solo successivamente e solo su questa pianta si innestava l’ ideale socialista con tutto il fuoco che insufflava nelle vene di un passionale come lui.

GBS riconosce tranquillo l’ invidia come motore primo e immobile della rivendicazione socialista.

Ma soprattutto, riconosce che il socialismo non è affare che riguarda i poveri. A loro sta bene la povertà. Il proletariato è disperatamente conservatore. L’ operaio rispetta la borghesia e tende ad essere borghese. Il socialismo andò invece a ruba tra i figli viziati dei borghesi. Professionisti cadetti e squattrinati destinati al peggio. Gente con le pretese, i pregiudizi e le abitudini dei ricchi senza averne il denaro, e con la povertà dei poveri senza volerlo riconoscere sinceramente; gente che non va a teatro perché mancando dei fondi per la platea detesta farsi riconoscere in galleria. Cancellano i poveri cafoni dalla lista degli amici per poi scoprire che il resto del mondo ha eliminato loro (e non li votano!): questa è la povertà che genera odio. Il successo dell’ idea socialista nasce e si nutre di queste frustrazioni. Il cadetto l’ abbraccia stremato dall’ impegno quotidiano di salvare le apparenze. Che uno sia un mendicante o un riccone poco importa, è essere il parente povero di un milionario a renderti la vita un inferno.

Una volta compreso cosa sia la “vera” disperazione – e GBS lo ribadisce lucido ogni due pagine - allora possiamo affermare con conoscenza di causa e all’ unisono che l’ ideale Socialista sopraggiunse a difesa dei veri “disperati”.

George Bernard Shaw – Schizzi autobiografici - Archinto

 

 

 

 

venerdì 6 maggio 2011

Il colore del calore

IL COLORE DEL CALORE

… GP africanizza il sistema solare addobbandolo con la sua calda sporcizia fosforescente…

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Lotta alla corruzione

Per Kaushik Basu legalizzarla in fondo è il miglior modo per combatterla:
    ... how to reduce the incidence of bribe taking in India by officials who require bribes to deliver (legal) services that they are supposed to provide as part of their government duties... the idea is to make it legal to give a bribe in such a case, while keeping it illegal to demand or receive one, so that after the fact the bribe givers could report/testify against corrupt officials without being treated as their partners in crime...
http://finmin.nic.in/WorkingPaper/Act_Giving_Bribe_Legal.pdf

giovedì 5 maggio 2011

Le “buone ragioni” del Cardinale

C’ è un famoso libro di Bertrand Russell che ha convertito frotte di gente alla moda. Ma per entrare nell’ eletta schiera era necessario girare al largo dall’ arci-nemico di quel testo: John Henry Newman. Io, che non nutro questa ambizione, posso abbeverarmi compiaciuto alle parole del Cardinale:

… la ragione per cui Bertrand Russell, ad esempio, era ateo non era che egli avesse provato per via logica o stabilito con indagine scientifica che il cristianesimo fosse falso, ma piuttosto il fatto che il suo atteggiamento nei confronti della vita e del mondo indicava o imponeva che non ci fosse la necessità di postulare un Dio… per Russell chiedere quale significato ultimo abbia la vita, era in se stessa una domanda ingiustificata, se non priva di senso… ma, mentre l’ ateismo era un risultato naturale e ragionevole dei suoi personali presupposti e principi, la sua negazione della fede è altrettanto indimostrabile e percio’ irrazionale quanto la fede dei cristiani… Per Newman non era concepibile una rigida separazione tra uomo e pensatore… riguardo all’ esistenza di Dio, Newman preferisce personalizzare il problema sottolineando l’ unicità della coscienza… riteneva che il pensiero umano, diversamente dal linguaggio, fosse un’ attività preminentemente personale: io posso pensare solo i miei pensieri, non quelli di un’ altra persona… per lui la certezza, lungi dall’ essere una verità accettata passivamente, era un’ attività di riconoscimento attivo…

Ian Ker – L’ originalità filosofica di John Henry Newman – Jaca Book

Secondo Newman, la fede in Dio riposa su un ragionamento che non è né deduttivo né induttivo. Niente di originale, solo un “ragionamento probabilistico”.

Ma per capire di cosa si tratta giova avere una concezione “soggettiva” delle probabilità e vederle così le “buone ragioni” sulla base delle quali la nostra libertà “scommette”.

De Finetti, il più grande matematico applicato nell’ Italia del secolo scorso, difende, contro la scuola “frequentista”, la definizione di probabilità come scommessa.

La probabilità soggettiva si forma dentro di noi in conformità al nostro vissuto pregresso, soppesando una miriade di avvenimenti e di feedback talmente densa e variegata da non poter essere ridotta a calcolo formale.

Noi non ci limitiamo a ragionare ma “siamo” la nostra ragione, siamo il sedimento che si arricchisce giorno dopo giorno, scoperta dopo scoperta, avventura dopo avventura. Siamo il cumulo di esperienze che si aggiorna comprimendosi in emozioni e intuizioni che giungono fino all’ evidenza immediata e che ci forniscono le “buone ragioni” affinchè la Libertà possa scegliere la Speranza.

Caio_Fern_05

In questo senso la Ragione si lega inestricabilmente alla Persona, la vita proba al lucido pensiero; in questo senso un giudizio sulla persona è già un giudizio sui ragionamenti pratici che svolge.

In questo senso verificare che il cristiano è persona più felice e più generosa dell’ ateo e del meta-ateo, è già un punto a favore dei ragionamenti con cui “dimostra” l’ esistenza di Dio.

mercoledì 4 maggio 2011

L’ individualismo rende felici

http://psychcentral.com/news/2011/06/15/some-items-more-important-than-money-for-happiness/26945.html

A person’s happiness appears to depend more upon the freedom to make choices rather than having money, at least according to a review of data from 63 countries…

… Across all three studies and four data sets, we observed a very consistent and robust finding that societal values of individualism were the best predictors of well-being,” the authors wrote. “Furthermore, if wealth was a significant predictor alone, this effect disappeared when individualism was entered….

Libertarianism A-Z: armi

Il controllo sul possesso delle armi viene richiesto per la loro pericolosità e per limitare i crimini.

Eppure il possesso di una piscina è molto più pericoloso del possesso di una pistola.

Tanto più che non esiste una correlazione tra il possesso di armi e il tasso di criminalità: c’ è persino chi sostiene che esiste una correlazione inversa.

E’ una tradizione sana quella che sta alla base del possesso diffuso di armi: il popolo non deve stare sotto il ricatto dei governanti e dei suoi sgherri.

Proibire significa sempre danneggiare gli onesti: i collezionisti, i cacciatori, chi vuole una garanzia di sicurezza. Quasi sempre gente scrupolosa e responsabile.

Siamo sicuri poi che le proibizioni siano facilmente applicabili? In questi casi il delinquente che già vive al di fuori della legalità non ha problemi a procurarsi un’ arma al mercato nero. Resta allora solo chi vive rispettando le leggi, lui sì che avrà problemi.

Il balletto della retorica

Avete presente il concetto di “sostenibilità” e “sviluppo sostenibile”? Va per la maggiore in molti dibattiti e sarebbe meglio darsi una rinfrescatina in merito:
… The generally accepted definition comes from the Brundtland Report, which defines sustainable development as: "development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs….
Ora, David Friedman ha un dubbio: si tratta solo di un vuoto balletto retorico o siamo di fronte ad una vera e propria “cattiva idea”? Infatti:
… There are two problems with this definition. The first is that implementing it requires us to predict what the future will be like in order to know what the needs of future generations will be. Consider two examples:
1. The cost of solar power has been falling steeply. If that fall continues, in another couple of decades fossil fuels will no longer be needed for most of their current purposes, since solar will be a less expensive alternative. If so, sustainability does not require us to conserve fossil fuels.
2. A central worry of environmentalists for at least the past sixty years or so has been population increase. If that is going to be the chief threat to the needs of future generations then sustainability requires us to keep population growth down, as many have argued.
A current worry in developed countries is population collapse, birth rates in many of them being now well below replacement. With the economic development of large parts of the third world, that problem might well spread to them. If so, sustainability requires us to keep population growth up, to protect future generations from the dangers of population collapse and the associated aging of their populations.
It's easy enough to think of other examples. Generalizing the point, "sustainability" becomes an argument against whatever policies one disapproves of, in favor of whatever policies one approves of…


L’ università dove insegna David ha incaricato i professori di dedicare un’ ora di lezione per omaggiare questo concetto sensibilizzando la platea. Lui ha richiesto alle autorità accademiche di poter parlare “contro” una nozione tanto confusa. Purtroppo non in tutte le università ci sono professori così; non in tutte le Università si è in grado di infrangere la magia ipnotica di certi balletti retorici.
Se proprio si vuole ballare, lo si faccia seriamente.

La scuola forma o segnala?

Al de Mauro “utopista” non ho niente da replicare, ognuno si tiene le sue utopie. Ma al De Mauro che si aggrappa agli studi di Barro-Lee qualcosa va detto.

Il fatto è che questi studi non “controllano” i risultati con variabili come l’ assetto istituzionale ma soprattutto non “controllano con l’ IQ (mi rendo conto che specialmente il secondo controllo è particolarmente “scorretto”).

Ma purtroppo l’ IQ conta. Chi lo fa (qui e qui) giunge ad una rettifica sostanziale di quelle conclusioni. Al punto che la domanda diventa: perché i paesi avanzati sprecano tante risorse con l’ università di massa? 

Link al dibattito della scuola come segnalatore.

martedì 3 maggio 2011

Moneta, inflazione e banche

Cosa sappiamo in più di ieri?

Tante cose, tra cui:

George Selgin explored how the idea of neutral money fit with the fashion for inflation targeting among central banks. His monograph Less Than Zero argued that compared to the idea of neutral money, inflation targeting would tend to produce inflation that was too high during booms and too low during busts. Selgin also argued that free banking approached the ideal of neutral money more closely than central banking

E anche:

The ideal of neutral money provided a basis for researchers on free banking and fellow travelers among the Austrian economists to criticize the monetary policy of the Federal Reserve and some other central banks over the last five or six years. Before the global recession they were among the few to worry that monetary policy was too expansionary. After the recession began, they were among the first to be persuaded by Scott Sumner, or to conclude on their own, that the policies of the Federal Reserve and the European Central Bank in particular were too contractionary. Many researchers on free banking consider that nominal GDP targeting or something similar would more nearly approach the ideal of neutral money for central banking policy than inflation targeting does, though not as closely as free banking would. And now, a step down in importance from the top two ideas, two others

Organo con forza

Forse non c’ è disco migliore per farsi un’ idea delle spaventose potenzialità timbriche che lo strumento libera quando è ingaggiato dalla musica contemporanea.

organo con forza

Dopo l’ addomesticamento  haydniano, lo si credeva definitivamente mansueto, ma qui, in uno scatenato rodeo, l’ organo torna bestia pazza che mugghia e ruggisce: a stento il giogo di mani e piedi tra i più sapienti in circolazione, riesce a “tenerlo sotto” incanalandone  l’ imprevedibile energia.

Ieri il musicista/sacerdote lo chiamava ad intonare trionfante le lodi di nostro Signore, con le navate a fungere da corsia.

Ma oggi il compositore recita la parte dello scienziato: ora gioca a fare il metereologo, ora il biologo, ora il fisico, ora l’ otorino, ora il cosmologo… sulle molteplici tastiere ridisegna la configurazione delle nubi, la combinatoria cieca del processo evolutivo, i tentoni delle claustrofobiche entropie, gli arrossamenti gutturali e le statiche traettorie degli immensi pianeti. Nulla sembra più visibile in volto, vis à vis, tutte le visioni passano attraverso l’ allucinata rifrazione di mille specchietti ricurvi. Quando poi il Maestro recita la parte dello scienziato pazzo, allora sono furie inconsulte.

Ma nell’ un caso come nell’ altro, il Mistero di fondo – con tutta la sua ricchezza di senso - resta intatto e il vinile sul piatto sembra antropomorfizzarsi per versare una nera lacrima.

Angelo Bramanti and Giuseppe Siracusa

 

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Organ Recital: Ericsson, Hans-Ola Ericsson (Organo con forza) – Phono Suecia

Elogio dell’ evasore fiscale

http://www.rischiocalcolato.it/2011/09/letture-consigliateelogio-dellevasore-fiscale.html

lunedì 2 maggio 2011

Libertarianism A Z: libertarianismo

Ci sono almeno tre approcci al libertarianism:

Libertari conseguenziali: il calcolo delle conseguenze conduce a soluzioni libertarie.

Libertari dottrinari: esistono dei principi etici propri del libertarismo.

Libertari fino a prova contraria: il calcolo delle conseguenze spesso è ambiguo: nell’ incertezza, libertà. In altri termini: l’ onere della prova spetta sempre a chi sceglie di coartare la libertà altrui adottando un doppio standard per uomini di governo e uomini governati.

la Ragione non è un Gendarme!

Puo’ esistere una truffa senza che esista una chiara volontà di truffare?
La mia ansia di “denuncia” puo’ finalmente liberarsi per il semplice fatto che rinvengo, per esempio, pubblicità dall’ apparenza inequivocabilmente truffaldina?
Per molti sì, a costoro basta il “dato oggettivo” per poter parlare di truffa e di truffatori.
In questi casi l’ esempio è sempre la via maestra per capirsi: chi vende a terzi i numeri del Lotto vantando un particolare intuito è un truffatore oggettivo per il semplice fatto, dicono i censori, che non esistono in natura doti del genere e chi le spaccia, quand’ anche in buona fede circa i suoi super-poteri, instaura un negozio truffaldino che andrebbe denunciato alla svelta o comunque impedito.
Insomma, quando la “ragione” (che a volte chiamiamo “scienza” ) ci dice che il contenuto di una certa promessa è “impossibile”, il promittente, al di là della sua predisposizione psicologica, è “censurabile”.
La rete è zeppa di segnalazioni preoccupate circa l’ infondatezza di alcune credenze messe in circolo dalla pubblicità, dalla moda o da qualche guru (qui, quo, qua…).
Non è mia intenzione prendere di mira un caso specifico, piuttosto un’ attitudine preoccupante che ci spinge ad agire da censori facendoci credere nello stesso tempo di essere alfieri di una malintesa modernità. Il “proibizionista” in questi casi vede se stesso come un condannato alla lucidità, lui non vorrebbe “censurare”, non è nelle sue corde, ma chi se non lui puo’ portare il fardello di chi è rimasto indietro? Peccato che il suddetto fardello spesso sia solo un peso immaginario sotto di cui è dolce farsi opprimere…
Aakash Nihalani INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI COLORI
… il proibizionista è spesso un sottile “ragionatore”, a lui piace “ragionare” e “calcolare”, solo che vorrebbe usare la Ragione per “censurare” anziché per “conoscere”, come se le due attività fossero facilmente intercambiabili.
E invece nello “scambio” sorgono gravi problemi, perché la Ragione funziona benissimo quando viene impiegata come strumento conoscitivo, ma funziona assai meno bene quando viene piegata a strumento di censura.
I problemi nascono dal fatto - curioso e non sempre registrato - che una “regola razionale” che accresce il benessere di tutti, spesso implica proprio l’ adozione di “comportamenti irrazionali”. E’ la ragione stessa che ci chiede di non censurare comportamenti irrazionali.
Il Nobel Robert Aumann fu il primo a tracciare una distinzione tra “atti razionali” e “regole razionali”: un atto puo’ non rientrare nei primi ma essere compiuto nell’ ossequio delle seconde: un caso esemplare è rappresentato dall’ ultimatum game.
Esempi ancor più tersi vengono dal mondo della finanza scrupolosamente indagato da Eric Falkenstein; qui la gente, contrariamente alle assicurazioni e a quanto predetto dalle teorie ortodosse - si accolla taluni rischi senza pretendere “premi”. Anzi, talvolta paga del suo pur di poterlo fare: molti di noi sentono infatti l’ insopprimibile esigenza di rischiare laddove si sentono “vocati”:
“… come regola, avere un sogno, prendersi un rischio sulla base di una speranza, è un’ attitudine sana e diffusa un po’ ovunque, persino nel mondo della finanza… anche se cio’ implica il tenere comportamenti ritenuti irrazionali dalla maggioranza… questo virtuoso sconfinamento nell’ irrazionalità è una sonda utile per indagare meglio la propria vocazione, è utile per fare scoperte inaspettate, magari su aspetti non direttamente attinenti con quelli prevedibili in partenza… la regola di prendersi un rischio irragionevole quando si è ispirati è una buona regola… almeno dal punto di vista strategico…”
Eric Falkenstein – Finding Alpha -
Questo (sano) istinto spiega come mai i titoli di borsa più rischiosi abbiano un ritorno atteso più basso anziché più alto come sarebbe logico attendersi con operatori avversi al rischio. Si rischia sperando, non si rischia calcolando. Possiamo censurare un calcolo denunciandolo come scorretto ma non possiamo censurare una speranza.
Sul punto ci si limita a riecheggiare il buon Ray Bradbury:
“… ogni tanto ognuno di noi è chiamato a “saltare il burrone” costruendosi sul posto le ali necessarie, e per farlo bisogna rischiare sulla base delle speranze che ognuno di noi culla nel suo cuore…”
La “speranza”, questa sconosciuta che miete vittime e manda avanti il mondo.
Molti grandi “innovatori” a cui dobbiamo il nostro benessere – fortunantamente per noi - erano dotati di uno spiccato “coraggio intellettuale”, ovvero di quella particolare resistenza contro il disprezzo intellettuale proveniente dal Sapere Ufficiale che marchiava le loro idee come “irrazionali” se non ridicole. Questa accusa non scalfiva il loro ego e cio’ ha consentito di perseverare nell’ irrazionale  intrapresa in cui erano coinvolti. Ma i “ridicolizzatori” di ieri sono un ostacolo secondario rispetto ai “censori” di oggi.
Dal punto di vista evolutivo sembra vincente una società con parecchi membri che ragionano all’ incirca così: pretendere di indovinare i numeri del Lotto non è ragionevole, ma io sono “speciale” e posso farlo; pretendere di fondare una nuova religione è da matti, ma io posseggo il carisma necessario per riuscirci; pretendere di rivoluzionare le teorie della fisica è impresa folle, ma io sono Einstein e ci riuscirò! Tutti atteggiamenti irrazionali ma “sani”, atteggiamenti che moltiplicano le prove e gli errori consegnando ai posteri il saldo positivo.
Innovare, molto spesso, è come fare un salto nel buio, occorre una grande fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Anzi, diciamola tutta, occorre un’ irrazionale fiducia in se stessi! Forse per questo la natura equipaggia la nostra mente con un robusto “overconfidence bias” (in ogni settore delle attività umane la maggioranza degli operatori si crede più dotato della media).
Un mondo che si affida solo al freddo calcolo delle probabilità è un mondo statico che si consegna alla ruggine.
Non voglio con questo dire che sul campo non restino dei “cadaveri”, voglio solo dire che non ha molto senso dispiegare il preservativo universale tanto amato dai proibizionisti perchè “avere sogni”, “avere speranze”, “accollarsi il rischio della propria vocazione”, sono tutti atteggiamenti che, pur conducendo a comportamenti irrazionali che fanno parecchie vittime, seguono pur sempre una “regola socialmente ottima” che non andrebbe disincentivata.
Una buona società, quindi, non vessa i suoi componenti reprimendo e censurando taluni  atteggiamenti solo perché sono palesemente irrazionali, una buona società sa che dietro un atto razionale puo’ nascondersi una regola razionale, una buona società sa che la ragione è fatta per conoscere non per censurare, e si guarda bene dall’ assumerla come Gendarme al proprio servizio!
p.s. link

sabato 30 aprile 2011

Canzoni illustrate

Prendetevi tre minuti di pausa per “guardare” una canzone super classica di Louis Armstrong: “What a Wonderful World”.

What a wonderful world The Painting from Dan Berglund on Vimeo.

L’ artista è Dan Berglund e lavora con inchiostri su vetro.

Qualcuno poi penserà che siccome Matteo Negrin non scrive canzoni ma solo musica, non ci sia niente da illustrare, ma si sbaglia di grosso.

venerdì 29 aprile 2011

La Marghe si "suda" la giornata (alle terme)

... se vuoi rilassarti e sul posto trovi solo tedeschi decrepiti che non si reggono in piedi barcollando tra la sauna, il bagno turco e il golf, allora, forse, è il posto giusto...

 

... anche se ad un tratto, da un divano in fondo alla sala, si alza un urlo verso la reception: "... ammariöööö ... mi prenoti li scrovegni che domani... 'riva mi fija..."

p.s. come da prammatica, le immagini riguardano gli ultimi dieci minuti della vacanza, quando ti dài una botta in testa e dici: "cavolo, non abbiamo fatto neanche una foto!!".

Elogio di invidia e vendetta

Falkenstein riabilita la vendetta:

… Il sentimento della vendetta è una motivazione che bene o male  tocca tutti noi… tuttavia è considerato dai più qualcosa di stupido e di anacronistico… un virus malefico che appesta la razza umana… I leoni, per esempio, non ce l’ hanno… ma questo consente al leone maschio sopravvenuto di uccidere tutti i cuccioli del branco al fine di accoppiarsi con le femmine… se queste ultime, dopo l’ ecatombe, covassero sentimenti di vendetta, la tattica “stragista” non funzionerebbe così bene… sono grato di appartenere ad una specie che coltiva i sentimenti di vendetta… cio’ mi consente di vivere in società relativamente poco violente…

E poi anche l’ invidia:

… anche il sentimento dell’ invidia non và sprezzato, pensate solo a come si combina con un sentimento nobile come quello dell’ empatia: un carattere empatico è molto sensibile alla condizione di povertà e di bisogno del proprio vicino, eppure un povero degli Stati Uniti è infinitamente più ricco e meno bisognoso rispetto ad un povero di altre parti del mondo… evidentemente cio’ che compatiamo non è tanto la povertà o il bisogno ma l’ invidia che origina nel vicino da una condizione di povertà relativa che è costretto a soffrire, se trascurassimo l’ invidia, magari disprezzando questo sentimento, saremmo autorizzati a disinteressarci di lui…l’ invidia è un sentimento necessario affinchè ci sia compassione nei paesi economicamente sviluppati… la nostra “empatia” per l’ invidia altrui fa di noi dei “vicini” più pronti all’ aiuto reciproco…

Eric Falkenstein – Finding Alpha - Wiley

martedì 26 aprile 2011

Austriaci e neoclassici

Ecco un buon modo per riconciliarsi: i “neo” si occupano di “statica”, gli “aus di “dinamica”.

I “neo” si occupano d’ individuare i punti di arrivo, fli “aus” del modo tramite cui arrivarci.

L’ esempio preclaro riguarda l’ economia del benessere e l’ equilibrio generale: Walras e poi Arrow Debreu stabiliscono con metodi neoclassici che in in un sistema di mercato a libera concorrenza esiste un equilibrio efficiente. Hayek si occupa di dimostrare come un libero mercato vi giunge spontaneamente.

E’ chiaro che Hayek deve adottere una razionalità differente, diciamo bayesiana.

I modelli dinamici sono poi molto complessi, al punto da non poter essere risolti analiticamente. Tutto cio’ ha penalizzato gli “aus” nel dibattito. Ma oggi si puo’ ricorrere alle simulazioni del pc, e questo cambia le cose.

L’ equilibrio di Gintis (2011), con confutazione di scarf, raggiunto con razionalità bayesiana:  http://www.umass.edu/preferen/gintis/markovexchange.pdf

sabato 23 aprile 2011

Libertarianism A-Z: aiuti esteri

I meriti dell’ aiuto ai paesi poveri sono davvero pochi.

Non c’ è da stupirsene, i paesi avanzati faticano a governare le loro economie, figuriamoci cosa combinano in paesi che hanno una cultura a loro estranea.

Ci sono paesi che ricevono aiuti da decenni senza apparenti progressi. Anzi, il più delle volte hanno sviluppato una sorta di dipendenza. o comunque una loro economia (magari criminosa e corrotta) tutta intrecciata agli aiuti che ricevono con regolarità da sempre.

Eppure un aiuto davvero fruttuoso esiste: aprire all’ immigrazione delle genti che vengono dai paesi più poveri.

Libertarianism A-Z: tassa successione

Molti caldeggiano una tassa di successione, il loro motto è: partire tutti alla pari.

Ma la tassa di successione non è una buona idea: ci si dimentica che colpisce anche le volontà del cuius che probabilmente non ha goduto si nessun vantaggio “partendo alla pari”.

Colpisce una ricchezza già tassata, magari progressivamente.

Disincentiva il risparmio a tutto vantaggio del consumo, magari dello sperpero.

E’ facile da eludere, specie da parte delle grandi ricchezze. Non sarà un caso se dalle tasse di successione si raccoglie sempre poco.

Ci sono paesi come la Svezia che tengono in gran conto l’ eguaglianza ma non hanno mai avuto una tassa di successione. E’ solo un caso?

La scelta giusta

Mi assento qualche giorno, ci vediamo verso la fine di settimana prossima… Buona Pasqua, e… nel giorno delle uova… l’ artista delle uova (Franc Gromm):


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P.S. Nel frattempo, i commenti a questo post mi fanno riflettere sull’ influsso pervasivo dell’ ideologia proibizionista.


Non ci limitiamo a simpatizzare con la risposta proibizionista (divieti, controlli…) ma non riusciamo nemmeno a concepire il problema al di fuori di quello schema. E’ proprio la seconda incapacità che detta la prima risposta.


Chissà perchè ma sembra che il concetto di “dipendenza” non possa andare scompagnato a quello di “denuncia”.


Eppure, se una persona è “dipendente” da certi consumi, fino a prova contraria, è solo un drogato, mica un truffato nè tantomeno un “debole”. Non c’ è nessuno da “denunciare”.


La “dipendenza” non è di per sè disdicevole, ma bisogna uscire dal paradigma proibizionista per capirlo.


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“Drogarsi” puo’ essere la scelta giusta, non una debolezza: solo l’ “onnisciente” che legge come un libro aperto la mente altrui, non si rassegna a questa conclusione.


Una persona puo’ scegliere razionalmente di divenire “dipendente”; perchè no? Basta che il piacere di oggi sia maggiore degli inconvenienti di domani (opportunamente scontati). E per molti probabilmente è proprio così.


Un modello coerente e alternativo a quello canonico del proibizionismo esiste, bisogna solo vedere in un confronto quale dei due spieghi meglio i fatti.


Il confronto è in parte stato fatto e il primo modello, oltre che più semplice, sembra vincente anche sul piano dell’ evidenza.


Ci si è ingegnati a disegnare esperimenti vari, giungendo a sapere che: il drogato reagisce ora a cambi di prezzo annunciati e che si verificheranno in futuro, per un consumatore normale cio’ sarebbe assurdo ma per un consumatore in “dipendenza” la tattica è corretta; il drogato, per smettere, sceglie la crisi di astinenza, il che è razionale: quando il prezzo dell’ alcol cresce molto, è soprattutto la domanda degli alcolizzati a crollare, per loro non ha senso diminuire, ha senso solo smettere e lo sanno; la diffusione di pubblicità che promettono rimedi per smettere è sempre legata ad aumenti nei consumi. Eccetera.


E allora, perchè anche la persona ben intenzionata non riesce nemmeno a concepire un simile paradigma?


Forse si è impressionati dalla reale sofferenza del soggetto in “assuefatto” giunto a fine corsa. La psicologia ci fa sragionare.


Sì perchè, non solo la sofferenza, anche la rendita che deriva dalla sua ostentazione rientra nel calcolo iniziale. Presentarsi come “vittima” fa parte di un piano coerente. D’ altronde, il potenziale soccorritore non se la sente di infierire preferendo vedere di fronte a sè un ”debole”: il piano funziona e incentiva ulteriori consumi della sostanza.


Altro punto: dichiararsi “insoddisfatti” della propria vita o del proprio lavoro, non smentisce certo il carattere razionale delle scelte fatte. Ho in mente Diana quando dice: … non ho problemi con le porno-attrici che si dichiarano soddisfatte…. E se una si dichiara insoddisfatta?


Se una scelta è vincente lo si giudica dopo (“dopo”, tutti sono professori), ma se una scelta è giusta lo si giudica prima.


Si badi bene, non sto parlando di un “calcoli a tavolino” fatti con la penna in bocca; sì perchè magari qualcuno non vedendo il “tavolino” pensa ingenuamente di provare l’ infondatezza dell’ ipotesi “rational addiction”. Sto parlando invece di come gira il fumo nel mondo dell’ uomo “animale razionale”, o comunque non stupido. Se la “ragionevolezza” ci favorisce nell’ evoluzione, allora tutti noi l’ ereditiamo nei cromosomi.


Chiudo sottolineando quanto contino le “alternative”. Facciamo il caso delle ragazze che cadono nella “trappola” del porno. Chissà come mai è ben difficile incontrare ragazze che hanno superato l’ esame da notaio, o che hanno rinunciato ad una brillante carriera di agente di borsa o che siano punte di diamante nell’ equipe del prof. Rubbia. Di solito, per loro, l’ alternativa è fare la cassiera all’ Esselunga. Altro indizio che ci rassicura sulla possibile razionalità della scelta. La droga non è una “debolezza” ma una scelta calcolata dei caratteri deboli.




Chiudo rivolgendo la mia attenzione a chi pensa di lavarsi la coscienza invocando “più controlli” (si parlava del “porno”) Puo’ essere un’ opzione, ma, visto che abbiamo a che fare con soggetti razionali, valutiamo bene le conseguenze. Ammettendo che i controlli a tutela degli attori, oggi pari a 2, vengano portati a 5 grazie ad un’ imposizione. Cosa succederebbe? Più giovani spinti ad entrare nel mondo del porno e più set con controlli pari a 0.


 


 


Libertarianism A-Z: gioco

Il vizietto del gioco è diffuso in ogni epoca e il governo non puo’ rimanere indifferente.

Lo è tanto poco che le sue politiche a volte sembrano schizofreniche: si va dal bando alla promozione in prima persona.

Il bando consegna l’ affare nelle mani della criminalità facendola prosperare.

La promozione di un vizio sembra invece contrario ai più elementari principi etici.

Perché non lasciarlo libero tassandolo?

In fondo chi gioca non è pazzo e la tassa potrebbe incentivarlo a smettere o a rallentare.

Già, chi gioca in genere non è né pazzo né malato, ha solo delle “preferenze estreme”. Ma chi siamo noi per cambiare le preferenze altrui? La vita non è poi così meravigliosa come si crede, e per molti abitanti della "valle di lacrime" anche un gratta e vinci puo' consolare. Sarà triste ma è comunque più realistico e meno pericoloso che credere di aver a che fare con una massa di malati mentali da accudire.

venerdì 22 aprile 2011

Nel giorno dei chiodi…

Nel giorno dei chiodi… l’ artista dei chiodi (Marcus Levine)…

MarcusLevine1-500x507

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p.s. leggenda per seguire il ‘Cristé varesotto: i “cavalee” sono i bachi, i “galeett” sono i bozzoli, i “marciunn” sono i bachi malati.

Bromuro

Nessuno guarda male chi si lancia in intemerate contro l’ università italica. Sparare a palle incatenate contro un nemico astratto e vago è uno sfogatoio che raccoglie sempre consensi.

Girando per la rete, poi, noto che si tratta di un leitmotiv suonato un po’ in tutti i maggiori paesi.

Che bello, dopo la lettura degli ultimi dati OCSE, potersene uscire trionfanti con l’ annuncio che “stiamo peggiorando” La gioia di suonare questo allarme ci pervade come un brivido. E se “stiamo migliorando” possiamo sempre omettere di dar conto del rassicurante segnale per concentrarci sulla poco dignitosa posizione in classifica. Qualcosa di “vergognoso” si troverà, anche se magari saremo costretti a rovistare tra le appendici.

Più difficile osare l’ inosabile. Per esempio dire che c’ è “troppa istruzione superiore”. Al punto che chi lo fa deve in qualche modo dissimulare l’ argomento per trasfigurarlo, che ne so, nell’ elogio del lavoro manuale.

Possiamo dire tra gli applausi che siamo “male educati” ma non possiamo dire che siamo “iper-educati”.

Alla fine, anche per chi ammette le due verità, il paradigma più rassicurante è offerto da quelle storielle in grado di rendere interdipendenti i due capi d’ accusa: la democratizzazione del sapere universitario ha abbassato il livello rendendo la frequenza delle nostre università scarsamente produttiva, sia per chi ambisce ad una qualità più elevata, sia per chi si ritrova a passeggiare nei lunghi corridoi degli atenei solo perché soggetto a “pressioni sociali” che arrivano da tutte le parti.

Una simile visione è gradita ai fans della “meritocrazia”: basterebbe in qualche modo alzare la qualità dell’ istruzione selezionando i frequentanti. Non è facile, ma per lo meno avremmo un lavoro da fare e dei fondi da allocare.

Cosicché tutti ripiegano su questa storiella pur di non considerare un paradigma ben più inquietante, eccolo: quand’ anche si ponesse rimedio alla “mala-educazione”, non è detto scompaia la “iper-educazione”. Facciamo un esempio: il paese delle “università da sogno” – USA - ha scoperto quanto poco i suoi atenei formino chi intende sbarcare preparato nel mondo del lavoro. In altre parole, il capitale umano che si accumula in quei santuari del sapere è minimo: un semestre potrebbe comodamente sostituire i quattro anni canonici. Conclusione: lì – dove qualità docet - più che altrove la bestia grama della “overeducation” fa sentire il suo morso.

Come darsene ragione? Secondo Arnold Kling andare all’ università è un modo per far capire al datore di lavoro da cui saremo esaminati quanto si è in grado di rispettare la “gerarchia”, per questo bisogna restarci tanto: solo un tempo prolungato offre un test attendibile delle proprie capacità di ossequio:

in hierarchy, signaling respect for the hierarchy is very important…That is, part of the process of getting ahead in academia is showing respect for the academic hierarchy.

I think this offers a potential insight into the signaling role of education. It does not just signal intelligence or conscientiousness, which could be signaled more cheaply in other ways. It signals respect for hierarchy. Thus, large organizations will tend to value educational credentials, while small organizations may not need to do so.

There is no cheap alternative to educational credentials if you want to signal respect for hierarchy. … Any attempt to evade the educational credential system inherently signals a lack of respect for hierarchy!

Gli studi accademici sarebbero dunque una specie di bromuro.

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Strano, perché noi di solito siamo portati a vederli come un fattore “liberante”, una spinta al criticismo più irrequieto; pensiamo, ad esempio, che sia fatale per un paese autoritario ed arretrato garantire un livello educativo elevato alla gioventù locale.

Davvero? Eppure:

Counter to modernization theory, increased human capital [from education] did not produce more pro-democratic or secular attitudes and, if anything, it strengthened ethnic identification.

A quanto pare, anche su questo fronte, la versione accademia/bromuro esce indenne. E’ il caso di approfondire.

 

 

giovedì 21 aprile 2011

Libertarianism A-Z: Grande depressione del 1929

Le prediche anti-capitalistiche hanno tutte un punto in comune: la Grande Depressione.
L’ “instabilità del sistema” sembra provata dalla crisi americana del 1929.
Ma se la crisi fu tanto dura dobbiamo ringraziare soprattutto le cattive politiche messe in campo innanzitutto dal presidente Roosvelt.
L’ attivismo fiscale del governo è già di per sé una fonte d’ incertezza pericolosa, se poi andiamo a vedere le aree d’ intervento, peggio mi sento.
Politiche protezionistiche, politiche pro sindacato, politiche di alti salari, politiche inclini alla regolamentazione. Tutta roba che incapretta l’ economia di un paese fino al collasso.
Buona ultima, ma decisiva, la politica restrittiva decisa dalla FED proprio in un momento cruciale.
Se questo fosse vero anche solo al 10%, allora, altro che fallimento di mercato!

Meditazioni libertarie su “L’ amaca” dell’ 8.4.2011

Il clima è così mefitico che uno, pur di migliorarlo, sarebbe anche disposto ad ascoltare le ragioni altrui. Per esempio si legge sul giornale che un deputato della Lega, Buonanno, vorrebbe imporre una tassa dell'uno per cento sulle rimesse degli immigrati. «Si tratta di otto miliardi di euro all'anno - spiega Buonanno - che frutterebbero ottanta milioni da destinare al volontariato». L'obiezione sarebbe che se l'immigrato (e il suo datore di lavoro italiano) sono in regola, quei soldi sono già tassati. Ma la proposta, messa così (soldi al volontariato) potrebbe anche essere discussa.

Solo che, due righe sotto, lo stesso Buonanno definisce gli immigrati «furbi che piangono miseria qui e poi magari si fanno la casa nel loro paese».E subito si chiude lo stretto varco dell'ascolto, perché anche la migliore proposta del mondo, se servita in una salsa così guasta, condita dalla solita dose di razzismo, ha un sapore ripugnante.

Nessun dialogo, nessuna collaborazione è possibile con chi fonda la sua prassi sul disprezzo sociale e sul pregiudizio etnico. Imparino a parlare la lingua della civiltà e della res publica, questi signori, e vedranno che improvvisamente le loro parole assumeranno un altro peso politico. Sono sotto esame tanto quanto gli immigrati. Ci facciano capire se hanno capito che abbiamo regole, qui in Italia, che non consentono deroghe per nessuna tribù: neanche la loro.- MICHELE SERRA

Ecco una vivida illustrazione di un atteggiamento comune: c’ è una cosa che possiamo fare insieme con reciproco vantaggio? Mi rifiuto poiché mi ripugni.

Pur di danneggiarti mi infliggo un male.

La defezione e il boicottaggio sono l’ abituale modo di procedere del moralista. Il suo sguardo non si degna di incrociare quello altrui e se capita è comunque presto sopraffatto dallo sdegno.

Elinor Carucci  boom sguardi

Ora, l’ ossessione per la purezza sembra ormai aver fatto stabile breccia nel pensiero progressista, e questo lo sapevamo, ma c’ è qualcosa in più che trapela: la sfiducia nel proprio progetto. Infatti, se entrambi ci avviciniamo alle rispettive mete ed io sono convinto che la mia visione sia vincente, allora la collaborazione, il “percorrere un tratto di strada insieme” diventa una strategia razionale.

Chiudo accennando ad un modo opposto di procedere, e mi rifaccio ad un’ intervista concessa da Harold Bloom a Repubblica:

Lei afferma di dover molto, culturalmente, a Robert Penn Warren, ma scrive che molti dei “suoi amici erano miei nemici”.
«Robert Penn Warren era un eccellente poeta a scrittore, ed un uomo meraviglioso. La battuta che cito è relativa all´ostilità dell´ambiente anglosassone che io, ebreo, ho trovato nel mondo accademico negli anni Sessanta. Era fortissima l´influenza di Eliot, che era certamente un grande poeta, ma un antisemita».
Riesce ad apprezzare sinceramente un autore in casi del genere?
«Certo, e ho fatto di questo principio un cardine del mio insegnamento»

Ok, Eliot e Buonanno non sono la stessa persona, eppure…

Libertarianism A-Z: pubblicità

Lo Stato ci protegge dalle frodi, comprese quelle pubblicitarie, e fin qui va tutto bene. Ma lo Stato s’ intesta spesso anche una missione paternalistica: il cittadino, secondo lui, non è in grado di decriptaretare certi messaggi pubblicitari e va quindi protetto.

Ma il consumatore ha accesso a mille fonti di controinformazione che provengono sia dalle associazioni dei consumatori che dai competitori.

Ma lo Stato non demorde e finisce per far danni: quando va bene, infonde false sicurezze e incuria nei consumatori che regrediscono a bambini. Quando va male s’ imbarca in vere e proprie campagne contro la libertà d’ espressione.

Per risolvere problemi del genere basta il buon senso, risorsa che scarseggia solo laddove lo Stato, magari a fin di bene, si comporta da padre-padrone con i propri cittadini.

Libertarianism A-Z: stimolo fiscale

Ogni volta che il ciclo economico ci butta in recessione, ecco che resuscita il grande economista J. M. Keynes e le sue politiche dello stimolo fiscale.

Attraverso il mitico “moltiplicatore” tali politiche dovrebbero far “ripartire” l’ economia stimolando anche la spesa privata.

Purtroppo le evidenze empiriche che qualcosa del genere sia all’ opera sono scarse per non dire nulle.

In più la teoria trascura l’ analisi costi-benefici. Dove investire? Sembrerebbe che scavar buchi e ricoprirli possa bastare. Un arbitrio del genere, inutile dirlo, spiazza l’ investimento privato.

Il politico sprecone non vede l’ ora di spendere, niente di meglio per lui che una giustificazione teorica col pedegree.

Meglio “stimolare” abbassando le tasse: per lo meno gli investimenti non saranno arbitrari.

Si dice: è la trappola della liquidita?

Di quella, al limite, si occupi la banca centrale creando l’ inflazione necessaria.