giovedì 2 ottobre 2014

E’ concorrenza sleale quella del Comune che compila gratuitamente i bollettini TASI?

Le considerazioni che seguono sono scritte in patente conflitto d' interessi, inutile negarlo.
Tuttavia, ritengo che siano talmente cristalline da superare le giustificate remore del lettore. Inoltre, la giovanissima Rita ha girato il coltello nella piaga, e a questo punto non posso trattenermi.
Da ultimo, spero di esporre concetti sufficientemente contro-intuitivi da suscitare un qualche interesse.
tari
Giovanni va dal Giuseppe per compilare il suo bollettino TASI.
Paga la sua brava tassa: 100 euro.
Poi paga l' onorario di Giuseppe: 30 euro.
Ma non ha finito di pagare!
Deve pagare pro-quota anche l' impiegato comunale che compila gratuitamente il bollettino a Giacomo previa appuntamento. Giacomo ha ereditato – buon per lui - e la sua situazione non è immediata.
E' giusto che Giuseppe venga spremuto in questo modo?
Ammettiamo che la tassa sia giusta, quindi va pagata.
L' onorario a Giuseppe, dal canto suo, è giusto, la gente non lavora per divertimento.
Resta da capire se sia dovuto il pagamento all' impiegato comunale che compila gratis il bollettino a Giacomo.
Ho sentito molti sostenere che Giovanni avrebbe pagato comunque quell' impiegato.
Effettivamente, se l' alternativa alla compilazione del bollettino di Giacomo fosse stata per l’ impiegato quella di starsene con le mani in mano, allora ok.
Ma ammettiamo di vivere in un mondo in cui non si paga la gente per starsene con le mani in mano, ammettiamo che gli impiegati pubblici svolgano un servizio pubblico.
Qualcuno, a questo punto, potrebbe dire che anche compilando il bollettino di Giacomo l' impiegato svolge un servizio pubblico. 
Alla richiesta di spiegazioni, chi sostiene questa tesi di solito fa notare che anche per Giovanni, qualora volesse usufruire del servizio, le porte sarebbero aperte (e la coda pronta ad accoglierlo).
Un' affermazione del genere ci sta solo dicendo che il servizio è gratuito per tutti, mica che è pubblico. Grazie, ma questo lo sapevamo già.
Il fatto è che chi risponde in questo modo non ha capito bene cosa sia un “servizio pubblico”.
Un servizio non è pubblico per il fatto di essere gratis.
Se fosse così il Comune potrebbe anche fare i panettoni o le scarpe e regalarle in giro giustificandosi dicendo che svolge in questo bizzarro modo un servizio pubblico. Gli obiettori verrebbero liquidati invitandoli a raccattare un paio di scarpe e a tacere: ce n’ è per tutti! 
Evidentemente un servizio pubblico è altra cosa.
Un servizio è pubblico quando, per esempio, non  puo' essere fornito a Giacomo senza che ne benefici anche Giovanni.
In altri termini, un servizio è pubblico quando i beneficiari non sono "escludibili". 
La polizia non puo' (per la natura del suo servizio) tutelare Giovanni senza tutelare anche il concittadino Giacomo. Per contro, l' impiegato PUO' (per la natura del suo servizio) compilare il bollettino di Giovanni senza compilarlo a Giacomo. 
Ergo: il primo, quello della polizia, è un servizio pubblico, il secondo è un servizio privato.
La conseguenza è una sola: l' impiegato abbandona un servizio pubblico per dedicarsi ad un servizio privato. 
Visto che le cose stanno in questo modo, l’ impiegato (o il suo datore di lavoro) dovrebbe, come minimo, farsi pagare dal privato anziché dal pubblico (che comprende anche il povero Giovanni).
Il fatto che debba essere pagato pro-quota anche da Giovanni non sembra corretto.
Ma si giunge al paradosso se si considera che tra il pubblico rientra anche Giuseppe. 
Ebbene, Giuseppe non deve solo pagare pro-quota l' impiegato pubblico affinché fornisca un servizio privato a Giacomo. Deve anche subirne la concorrenza.
Una concorrenza che a questo punto dobbiamo chiamare "sleale".
Pensaci: già subire la concorrenza di chi – senza alcun merito in termini di efficienza - fa un prezzo pari a zero non è cosa da poco. Figuriamoci subire la concorrenza di chi, oltre a fare un prezzo uguale a zero, pretende da te di essere sussidiato nel produrre il danno che ti sta infliggendo.
E tu una roba del genere non vuoi nemmeno chiamarla "concorrenza sleale"?
Dài, almeno i cinesi delle borse Dolci&Gabanna non pretendono un contributo obbligatorio dai due stilisti. Si limitano ad un’ onesta concorrenza sleale senza eccedere troppo nell’ arroganza :-).
p.s. Naturalmente io non penso che al Comune queste cose non le sappiano, penso invece che debbano fare quel che fanno (ovvero garantire servizi privati gratuiti) per lusingare la massa votante, o per lo meno per evitare al sindaco e agli assessori la fine più naturale: il linciaggio per strada.