venerdì 19 febbraio 2010
Zefiro torna
... E noi ci rimettiamo alla ricerca del Santo Graal. Ovvero dell' imposta equa. Ma puo' mai esistere?
Per qualcuno - tipo io - non esiste: poichè implica attività estorsiva, nessuna imposta potrà mai essere qualificata come "equa".
Ma anche lasciando perdere queste posizioni originali non pensiate che le cose filino liscie. Al confronto la ricerca del Santo Graal è una passeggiata de salute.
Tanto per capirsi:
IMPOSTA PATRIMONIALE: ti sembra giusto accanirsi con chi ha speso i propri soldi comprandosi la casa anzichè la barca?
IMPOSTA DI SUCCESSIONE: ti sembra giusto infierire su chi lascia qualcosa ai figli anzichè scialacquare?
IMPOSTA SUI CONSUMI: sarebbe come sparare sulla croce rossa visto che i poveri (percentualmente) consumano più dei ricchi.
IMPOSTA SUL REDDITO: colpisce i frutti del risparmio (interessi) e non quelli del consumo (godimento). Sono così antipatici i risparmiatori?
IMPOSTA SULLA STATURA:... e Berlusconi?
L' arguto lettore ha già capito tutto: laddove l' imposta non sia palesemente iniqua, finisce per colpire senza giustificazione una scelta risparmiando quella complementare.
Ma non basta: l' imposta che colpisce un "comportamento" è anche inefficiente poichè, oltre a distorcere la geografia delle scelte, disincentiva proprio quel comportamento.
Prima di gettare la spugna guardiamo all' imposta sulla statura: 1) non colpisce le scelte 2) non è palesempente iniqua.
1) è chiaro ma 2)? Semplice, la statura del contribuente è strettamente correlata al reddito. Magari la nostra società avvantaggia le persone alte.
Abbiamo forse intuito il solco nel quale muoversi, e proprio in quel solco imposto il mio 1-2 da KO:
1. tassare l' IQ del contribuente;
2. costruire un ambiente che premi le persone con IQ elevati.
Il punto due è auspicabile da tutti poichè parliamo di una società affluente, innovativa e meritocratica. In teoria è anche facile da realizzare: basta esaltare ovunque i meccanismi di mercato e la competizione.
Il punto uno, se non è il Santo Graal, è perlomeno l' Uovo di Colombo: una tassa giusta che non tange le scelte dei contribuenti.
mercoledì 17 febbraio 2010
La domanda di Nozick
Ovvero: quel "genere di indigenza" non costituirebbe un effetto probabile dell' essere schiavi, bensì la natura stessa di quella condizione.
Se fosse così per essere schiavi basterebbe essere affetti da quel particolare tipo di miseria materiale. Forse non necessiterebbe neanche più che esista un "padrone".
Peccato che percorrendo quella via s' incorra in continui paradossi che rendono la condizione di "schiavo" appetibile rispetto, per esempio, a quella di chi versa in condizioni ancora peggiori.
Per metterci una pezza potremmo dire che la miseria dello schiavo non ha eguali. Che è il più basso tra i gironi infernali. Ma ecco che subito nuovi inconvenienti ci incalzano.
Se fosse così infatti, parlando degli Stati Uniti pre guerra di secessione, dovremmo considerare schiavi parecchi bianchi "liberi" del nord e considerare uomini liberi parecchi neri "schiavi" del sud. Sappiamo bene infatti come il tenore di vita di questi ultimi fosse più alto.
A questo punto che fare? Così non si puo' andare avanti.
Probabilmente il difetto sta nel manico, il fioccare dei paradossi indica solo l' inadeguatezza della definizione implicitamente adottata.
Ma perchè nonostante i continui "segnali" molti insistono nel percorrere quello che sembra essere decisamente un vicolo cieco? Perchè non si rassegnano al semplice fatto che la schiavitù, per sua natura, non puo' emergere da un accordo?
Probabilmente perchè cambiare significa fare i conti con cio' che è noto come la "domanda di Nozick".
Ecco la storiella da cui origina la domanda, la divido in nove punti.
(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.
(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.
(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.
(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.
(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.
(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.
(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse "comuni".
(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.
(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.
Ed ecco la domanda: quando nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?
Forse mai, forse è solo una storia di "padroni benevoli", forse è una parafrasi dello Zio Tom... ma solo chi è disposto a pensarlo è sulla buona strada per aggirare le incongruenze che ci incagliavano in partenza. Gli altri, coloro che non "osano" pensare ad una simile risposta, ci restano invischiati senza speranza.
Una possibilità per l' altruismo
GIOVANNI. Prorpio la sera prima di un esame decisivo danno una festa che Giovanni desidera non perdere. Sa anche però che rimpiangerà questo lusso che intende concedersi. Decide quindi di stare a casa a studiare.
Ulisse e Giovanni tengono un comportamento opposto: il primo decide in conformità al suo desiderio presente, il secondo decide in base al suo desiderio futuro.
Cio' dimostrerebbe che non è solo il desiderio a motivarci.
E' importante?
Sì, poichè viene revocata una tesi di Hume il quale, da buon scettico, ci voleva tutti egoisti. Secondo lui anche chi si sacrificava per gli altri in realtà si limitava a coltivare i propri interessi: solo il desiderio motiva.
Corollario: si puo' predicare bene e razzolare male nella massima sincerità e trasparenza.
Ricicloni
Sayakaganz ricicla tutto per le sue sculture
martedì 16 febbraio 2010
Checklist
1. Bias. Discutendo dell' esistenza di Dio ti accorgi che molti "desiderano" giungere ad una conclusione positiva (altri negativa). Quando nel ricercare la verità sei animato da desideri che non siano la ricerca della verità è molto facile incorrere nel bias emotivo.
2. Miscalculation. Se nella divisione sbaglio il riporto, potrò anche essere intelligente, potrò anche essere razionale... e tuttavia ho commesso un errore.
3. Confusion. Considero gran parte dei miei valori morali come relativi. Basta questo semplice fatto perchè qualcuno mi consideri un "relativista". Ma cio' deriva solo dalla confusione che si fa con il concetto di "relativismo etico".
4. Misunderstanding. C' è chi vede nell' esistenza in natura di fenomeni caotici uno spiraglio per il libero arbitrio. Ma cio' deriva da un' incomprensione del concetto di Caos (e spesso anche del concetto di libero arbitrio).
5. Oversight. Quando mi chiedono se due oggetti possono occupare lo stesso spazio rispondo di "no". Poi mi fanno notare che il mio corpo e la mia mano occupano lo stesso spazio. Ah, la fretta.
6. Selective attention. Molti giudicano in base alla propria esperienza, è naturale che incorrano spesso in errori.
7. Incomplete information. Ci si schiera contro il porto d' armi. Ma si conoscono gli effetti della detenzione di armi? Ci si schiera contro la pena di morte? Ma si conoscono gli effetti dell' abolizione? Vai a vedere e la risposta è quasi sempre un bel "no".
8. Unarticolated assumption. Un classico discutendo dell' aborto: mentre A discute del peccato, B discute del reato. Possono andare avanti per ore senza chiarire l' assunto. Poi si chiarisce, poi l' equivoco torna.
9. Stubborness. Come è difficile fare marcia indietro. Ma non vale solo per il singolo. A volte una credenza viene trascurata per il semplice fatto di essere antiquata.
10. Fallacies. Sofismi.
11. Forgetfulness. Mario e Maria si amano e vogliono amarsi completamente. Sono però fratello e sorella e, sapendo dei rischi genetici, decidono di vivere il loro amore senza procreare. La condanna etica dell' incesto è comunque immediata. Ci hanno tolto di mezzo l' argomento genetico ma noi insistiamo nella condanna quand' anche brancoliamo nel buio circa le motivazioni. Forse ce le siamo dimenticate.
12. Intrinsec difficulty. Perchè se l' Inghilterra produce un vino di qualità superiore e di costo inferiore a quello che produce il Portogallo, è razionale invece che lo importi proprio dal Portogallo? Alcune soluzioni non sono immediate e si puo' inciampare.
13. Inarticulate evidence. Se dicono che il mio parroco è un pedofilo non ci credo, lo conosco da una vita. Non so dire perchè ma non ci credo.
14. Mental defect. Ci sono anche i ritardi mentali. Uno schizo-paranoico puo' ragionare anche bene in diversi ambiti ma molto spesso è difficile venire a capo di qualcosa con lui.
La capacità di correggersi è una grande dote ma c' è chi trova umiliante fare marcia indietro dopo aver dato il grande annuncio. Una volta suonata la tromba ci si attacca con le unghie a quella melodia fino a farne un feticcio. Sia chiaro, non intendo tirarmi fuori dalla cerchia. Giova allora avere una check list da spuntare prima.
La check list viene buona spesso e alla fine quasi tutti i disaccordi possono essere "ridotti". Volete un esempio imediato?
Ricordo che nel forum di Fahrenheit si è fatto un gran parlare delle verità "non negoziabili". Molti ritenevano inaccettabile la presenza di concetti del genere ma io penso che ci fosse un equivoco di fondo (errore 3).
La verità "non negoziabile" è una verità che non necessita di tanti ragionamenti per essere affermata. Ma non è certo una verità sulla quale non si possa ragionare.
Ci posso ragionare eccome: posso per esempio verificare se nell' asserirla io sia scevro dagli errori di cui sopra.
Una volta scoperto il mio errore sono in tutto e per tutto autorizzato ad abbandonare anche quella che avevo chiamato una verità "non negiziabile" (o verità assoluta).
lunedì 15 febbraio 2010
Il buio nella mente
Nei film del maestro tutto cio' è presente al massimo grado.
La cosa stupefacente è che noi assistiamo alla terribile metamorfosi. Dura all' incirca l' intero film.
La cosa destabilizzante è che tutto resta incredibilmente realistico e credibile.
Quasi come se Rossellini narrasse una novella di Stevenson.
Bello il personaggio di Sophie. Bella quella vita fotografata nel momento decisivo su un crinale: così vicina al paradiso, così prossima all' inferno. Come al solito nei film del Maestro il soffio arriva dalla direzione sbagliata.
Pirandello a Hollywood
Quello che a lei è dispiaciuto coincide con quello che a me ha interessato: Tim Burton costruisce una cornice di "genere" per poi piazzare continue stoccate che la trascendono.
Finchè il Pinguino resta "disgustoso" noi lo accettiamo divertendoci poichè resta pu sempre all' interno della sua cornice, è solo una curiosità dello zoo. Quando invece si trasforma in un essere disgustoso (senza virgolette), cessiamo di accettarlo. E' come se le gabbie dello zoo si fossero dissolte e noi ci sentiamo in pericolo.
Per abbattere le gabbie dello zoo, Burton mette in bocca ai suoi "cattivi" battute con disturbanti riferimenti sessuali.
Contagio
GIOVANNI: Allora che ne pensi, secondo te una scappatella ci sta?
ROBERTO: Carolina sarebbe distrutta al solo pensiero che stai considerando una cosa del genere.
GIOVANNI: Non preoccuparti, ti assicuro che non lo saprà mai.
ROBERTO: Ok, ti credo. Ma al di là di tutto, non pensi che sia sbagliato farlo?
GIOVANNI: Molti lo pensano, ma perchè mai dovrei preoccuparmene? In fondo sono solo convenzioni sociali.
ROBERTO: Ma non ti senti un po' colpevole nel tradire la fiducia di Carolina?
GIOVANNI: A volte sì. Ma poi realizzo quanto sia stupido nutrire simili preoccupazioni. In fondo perchè mai dovrei essere fedele? Si tratta solo di regole arbitrarie che qualcuno ha messo lì per indirizzarci verso una vita felice. Se io sento che la mia felicità è altrove, perchè mai dovrei omologarmi? Oltrechè stupido sarebbe addirittura immorale frenarmi. Ammetto che a volte mi coglie un irrazionale senso di colpevolezza, ma se questo è il prezzo per spassarsela lo pago volentieri.
ROBERTO: Uh!
Chi tra Roberto e Giovanni ha studiato Filosofia?
Se parliamo degli ultimi 70 anni, non c' è dubbio: Giovanni. E' lui il frutto dell' insegnamento standard.
Attenzione però, non si puo' escludere che Roberto si sia iscritto recentissimamente alla Facoltà.
E' difficile trovare in giro persone che dicano "pane al pane, vino al vino" con la schiettezza di un Giovanni, eppure molti cripto-Giovanni si aggirano tra noi. Spesso anch' io mi unisco alla congrega.
Persino laddove dovrebbero essere banditi, i "Giovanni" pullulano. Parlo dell' ambiente Cattolico. Faccio un esempio per essere più chiaro.
Parlando di educazione dei bambini recentemente mi è capitato di sostenere che l' influsso dei genitori sulla realizzazione futura dei propri figli è minimo.
Ho subito repliche piccate, ma non tanto in punta di fatto. Sembrava invece che avessi intaccato un prezioso principio morale.
Evidentemente qualcuno interpretava le mie parole come un invito indiretto rivolto ai genitori per il disimpegno. O meglio, come un argomento che rende ragionevole un calo dell' impegno.
Il loro ragionamento era pressapoco questo: la realizzazione dei nostri bambini come persone equivale alla loro felicità futura e questa felicità è qualcosa che anch' io, genitore, desisdero ardentemente poichè li amo. Se adesso mi vieni a dire che nulla o poco di quel che faccio mi avvicinerà a quell' obiettivo, che senso ha allora il mio impegno? Lo dirotto piuttosto altrove.
Già, che senso ha se non serve a (quasi) niente? [... e infatti molti concludono che ha poco senso...]
Una domanda inquietante, non c' è dubbio. Inquietante per molti ma sulla quale il Cattolico, quando è tale, è chiamato a sorvolare!
Se l' esperienza mi ha dimostrato che le cose non stanno così è solo per un motivo: la "mentalità di Giovanni" è contagiosa e attecchisce anche dove non dovrebbe.
venerdì 12 febbraio 2010
Convalidatore inutile, invalidatore inaffidabile
Forse un giorno uno scienziato mi spiegherà per filo e per segno la meravigliosa evoluzione dell' apparato visivo dell' uomo e di come esso si coniughi ai corpi luminosi con tanta sublime maestria. Una "riduzione" del genere prima o poi arriva.
Devo forse aspettare quel giorno per sapere se la stella che vedo splende davvero nel cielo? Direi di no. Lo so già, è lì! Avrò forse altre parole a disposizione per dirlo.
2+2=4. Niente da fare, l' ho rifatto più volte e il risultato è sempre lo stesso. Ma perchè? Certo che la matematica stupisce ogni giorno, e stupisce il potere con cui rende conto dell' universo. Ma da dove salta fuori tanta grazia?
Forse un giorno un neuroscienziato spiegherà per filo e per segno il più stupefacente regalo dell' evoluzione: il nostro cervello e la nostra intelligenza, nonchè la sua capacità di padroneggiare appunto la matematica.
Presto o tardi il riduttore compusivo si fa vivo -... bene!...- e vedrai che si mette a filosofeggiare -... male!
Ma basta la prova del nove o devo aspettare fino a quel fatidico giorno per sapere se 2*2=4?
Dopo l' atteggiamento ragionevole ho considerato anche vari generi di follia, ma nessuna sembra davvero dubbiosa in merito al precedente quesito.
Forse abbiamo imparato una cosa: la spiegazione evoluzionistica è quasi sempre un "convalidatore inutile".
Chissà perchè ce lo si dimentica quando il fuoco si sposta poi su altre questioni, per esempio quella dei valori morali.
E' dalla notte dei tempi che non sopporto l' infanticidio; mi è chiara come il sole la malvagità che contiene quel gesto. Brilla accecando gli occhi della mente con l' intensità di cento stelle.
Finalmente, dopo secoli, mi si para davanti uno scienziato che srotolando papiri dall' improbabile lunghezza, mi riferisce con dovizia di particolari le (forse ma forse) nefaste conseguenze sociali di questa pratica. Forse.
Dopodichè prende la parola un filosofo, suo scherano, e mi chiede di rinunciare a credere nel contrassegno del "Male", cose del genere non esistono. Ormai abbiamo altri motivi per dire che l' infanticidio non ci piace, che lo vogliamo combattere e debellare. Questa storia del "Male" (che... scnadalo! non si vede al microscopio e non sta nelle calcolatrici) ha fatto il suo tempo. Rasoio di Occam: zac.
[n.b. non di rado è lo stesso scienziato che come un Fregoli si trasforma in filosofo... per vendere più libri e scrivere qualche editoriale]
Ma la "riduzione evoluzionista" non era un "convalidatore" inutile? Urca, è vero, ce lo eravamo quasi dimenticato.
Le stelle e l' aritmetica, quelle sì, possono restare al loro posto. Ma il "Male" no, deve essere "rasato" via.
Volete un altro esempio? Magari ci metto dentro Dio?... No, lo evito, spero che l' antifona si sia capita.
Bene, ora che sapete tutto cio' non abbiate paura quando il riduttore compulsivo busserà alla vostra porta. Difficilmente il suo marchingegno è in grado di appiattire la realtà alla stregua di un fumetto.
... la vera storia della ragazza di Roy Lichtenstein...
La "riduzione evoluzionistica" è stata licenziata, come convalidatore faceva cilecca e ai filosofi un po' esibizionisti non serviva più a molto.
Cerca allora di riciclarsi come "invalidatore".
E' una "spiegazione" abbastanza giovane e a quell' età, così onusta di onorificienze, l' assumeranno ben da qualche parte.
E poi, provate solo a ritrovarvi un bel giorno con conclusioni etiche che non combaciano con quelle evoluzioniste. C' è da cagarsi sotto.
Calma e gesso, forse simili "guerre di civiltà" non sono poi tanto alle viste.
Sembra infatti che nel suo nuovo incarico, per quanto si smascelli, la "spiegazione evoluzionista" morda solo aria. Insomma, non è granchè produttiva, almeno per quanto riguarda l' etica.
Come "invalidatore" balbetta giusto quattro cose sull' incesto per poi rettificarsi. Non c' è nemmeno bisogno di "torturarla", come si fa con le statistiche. Basta una piuma per "farle cantare" la melodia più gradita. Intanto la delusione serpeggia.
I conservatori sono i più solerti ad infilare monetine in un simile juke box. Ma non sono certo gli unici.
Figuriamoci che recentemente, ostaggio di un accolita politically correct, con la cerimoniosità del medium spiritico ha addirittura sostenuto che le pratiche omosessuali potrebbero essere una forma di adattamento (e quindi da tollerare). Forse.
Di questo passo darà l' ok per la sterilizzazione universale.
Certo che la "spiegazione evoluzionista" è molto sensuale, la sua capacità seduttiva sembra irresistibile: con quella bocca puo' dire di tutto.
Purtroppo cio' che è un pregio per la cocotte, diventa un difetto quando di mestiere uno fa l' "invalidatore".
Sembra che il consiglio d' amministrazione sia in procinto di far partire le prime lettere di licenziamento. Non sarà un bel carnevale.
giovedì 11 febbraio 2010
mercoledì 10 febbraio 2010
Upload urgente
2. Noi ne conosciamo alcune grazie all' intuizione della ragione.
3. Questa conoscenza è indipendente dai nostri desideri.
Caricatevi nel cervello queste tre proposizioni e preservatele con continui back-up.
Chi baldanzoso si riteneva autorizzato a giudicare naif l' "intuizionismo etico" e passava oltre, ora ha l' occasione per ricredersi. Dopodichè le scuse son finite.
Circola in versione ampliata il libro di Michael Huemer. E' pericolosissimo perchè rischia di semplificarvi la vita mentre so bene come in questo campo in molti anelino a labirintiche contorsioni mentali.
Che fare in caso di disaccordo etico?
Possibile che il "desiderio" possa e debba essere messo da parte in queste faccende?
Come interagisce il mondo con la nostra interiorità?
Cosa resta dell' evoluzione in ambito etico?
Se l' etica è un' intuizione come la insegno a mio figlio?
"Relativismo" e "naturalismo" etico, come metterli da parte e non parlarne più?
... e da ultimo...
Come trascurare oltre chi promette di rispondere alle domande di cui sopra avendo le carte in regola per farlo?
martedì 9 febbraio 2010
Quattromila anni di paternità
... tendenzialmente... la figura del Padre sembra deteriorarsi...
... forse anche perchè "tendenzialmente" prospera quella del "Bellimbusto"...
... un blog che non capisco bene ma che parla sempre di questa cosa qua...
lunedì 8 febbraio 2010
Mea culpa
E' il mistero della felicità.
[Le iperboli sono belle ma un' avvertenza è dovuta: non crediate che quei bambini siano mediamente felici quanto i loro coetanei benestanti e in buona salute, o che i paraplegici lo siano quanto i normodotati. Insomma, non crediate ingenuamente che i beni materiali siano davvero estranei alla felicità.]
Di sicuro comunque quei bambini una cosa ce la dicono: lo spirito sposta le montagne.
Già, ma alla fine della fiera cosa ci consola? Cosa ci fa reagire? Cosa ci aiuta nella disgrazia?
1. Sapere prima che arriverà: meglio una disgrazia sicura al 100% che al 95%.
2. Frequentare i disgraziati.
3. Incolpare se stessi piuttosto che la sfortuna o (non sia mai) gli altri.
Delusi dalla scheletrica risposta?
In effetti sul tema ci si poteva scrivere un trattato, oppure tre righi. Ho optato per la seconda soluzione, l' unica alla mia portata.
Per chi invece avesse l' ardire di cimentarsi nel trattato, la prefazione ideale è già bella e pronta.
venerdì 5 febbraio 2010
Chiave di volta
Non lo so... Però è evidente che facciano così.
Ti ringrazio per la franchezza su un punto che mi sembra chiave di volta anche per il resto.
Certo che, almeno sul ciclo, per l' approccio "austriaco" non varrebbe più l' accusa di "apriorismo".
Nel frattempo mi leggo incuriosito il lavoro che citavi.
http://2909.splinder.com/post/22174036#comment
***
Torno con qualche dubbio su Carilli e Dempster (C&D) in relazione al discorso di cui al link:
1) la logica della loro matrice rende problematico anche l' aggiustamento deflazionario (conviene stare fermi o muoversi per ultimi).
2) ancorarsi ai "futures NGDP" non conduce ad una "divergences between the natural and money rate of interest" (il caso considerato da C&D); ci si limita a ristabilire presso le banche la struttura originaria dei "costi opportunità" altrimenti deformata dalle aspettative deflazionistiche; serve solo ad eliminare dal range degli investimenti possibili l' indebito intruso che blocca tutto: la liquidità. Tutto il resto rimane immutato. Perchè dunque sbagliare ancora?
3) amettiamo pure che con valutazioni sbagliate della banca centrale si arrivi a tenere tassi troppo bassi troppo a lungo; C&D devono postulare che il rischio bancario sia una vera e propria esternalità. Caspita, se lo fosse in modo tanto rilevante diventa ragionevole nazionalizzare il settore.
4) C&D adottano come criterio di scelta MINMAX: per quanto credibile è pur sempre un criterio irrazionale.
5) per C&D un' impresa dovrebbe vedere compromesso il suo profitto per il semplice fatto che l' impresa concorrente compie investimenti fallimentari. Quest' ipotesi cruciale, francamente non è molto chiara.
giovedì 4 febbraio 2010
Il nostro povero individualismo
Parlava degli argentini, di quello spirito anarcoide che tutto pervade e impedisce loro di assimilarsi in una vera Patria. Uno scoraggiante sentimento di sfiducia per ogni potere sovraordinato, una riluttanza a lasciarsi coordinare.
Se andiamo oltre Borges, ecco presentarsi uno spiazzante paradosso: quell' intima ostilità ad ogni governo... chiede incessantemente "più Governo".
La storia dell' Argentina - piena come un uovo di dittatori, caudillos, socialismo, fascismo, statalismo - è lì a perenne testimonianza per l' incredulo.
Presso gli studiosi delle democrazie la storiella è conosciuta come "il paradosso dell' italiano": l' italiano è quello strano tipo che nutre una sfiducia atavica verso il suo governo e, contemporaneamente, accetta e chiede interventi governativi sempre più ipertrofici. Chi "disprezza" tanto alla fine "compra", forse aveva ragione la nonna.
Insomma, da noi dietro chi dice "piove, governo ladro" si nasconde quasi sempre un pianificatore incallito.
Ora si scopre che il fenomeno è pressochè universale: il cinismo è nemico della libertà. Peggio un Governo lavora e più cresce la richiesta dei suoi servigi.
Come spiegare tutto cio'? Forse la sfiducia del cinico è tale per cui solo un "unto del Signore" puo' salvarci. Il cinico pessimista puzza di scommasse pascaliane anche quando parla di politica. Se l' accentramento dei rischi per lui è razionale, quello dei poteri è la logica conseguenza.
Il cinico è un giocatore disperato: non gli resta che puntare tutto su una carta.
Certo che tutto questo ha una conseguenza paradossale: ai libertari viene chiesto di amare il loro nemico, o perlomeno di porgere l' altra guancia.
Continua a leggere sul tema:
http://www.cato-unbound.org/2007/03/11/tyler-cowen/the-paradox-of-libertarianism/
http://econlog.econlib.org/archives/2007/03/worst_advice_to.html
mercoledì 3 febbraio 2010
Argumentum ad ignorantiam
Ti curo con scarso costrutto: a meno che sotto non ci sia un vero bluff, si tratta di un caso estremamente raro. Peccato che un' accusa tanto dotta con cui avrei fatto colpo si riveli poi inservibile.
Prendi la scienza. La scienza è quasi sempre incerta, di conseguanza tutti i suoi argomenti fondati su precedenti conclusioni dovrebbero essere "ad ignorantiam". Un disastro.
Fortunatamente le cose stanno altrimenti. La scienza, poichè ragiona in termini probabilistici, ben raramente ci chiede l' astensione. Quandanche un' alternativa sopravanzasse microscopicamente le concorrenti, sarebbe pur sempre razionale preferirla.
E su quasi nulla siamo completamente ignoranti, nemmeno su come cadrà la monetina che lanciamo in aria.
Danno forse fastidio le conclusioni molto imprecise, per non dire sballate? Pazienza, la scienza molto spesso è così: imprecisa&sballata. Nondimeno è scienza.
Una conclusione imprecisa e sballata non testimonia il fatto di essere a-scientifica, testimonia solo il fatto che non ce ne faremo granchè. Serve solo per "conoscere", vuol dire che ci limiteremo a quello.
Ve lo vedete un filosofo tracciare una linea e dire: se l' errore supera questa soglia siamo fuori dal territorio della Scienza!
Sarebbe una macchietta! Perchè? Perchè Scienza & Precisione non sono affatto sorelle. Al limite Cugine.
Ammetto che la conclusione non è immediata. Sarà perchè chi lavora "nel campo" non è molto interessato a diffonderla. Sa bene che il suo status rispettabile dipende dal fatto "che c' azzecca" e non dal fatto che "è uno scienziato".
Confesso, ho scritto tutto avendo ancora in testa il principio antropico.
Come leggete i libri?
Se è per questo anch' io ho smesso da tempo di leggere come prima cosa la Prefazione.
Sarà per preservare il virginale incontro con la scrittura d' autore in modo che sgorghi spontaneo un giudizio personale incontaminato...
...sta di fatto che ora le leggo..."durante".
Il "durante" non è sempre facile da definire.
Ci provo: non appena mi accorgo che la valutazione si va consolidando, che gli occhi subiscono una panne problematica, che il testo ha un momento di stanca...zac, ci infilo un pezzo di Prefazione.
Così, come diversivo. Così, come sorbetto. Così, tanto per cambiare aria aprendo porte e finestre.
Con questo modo di leggerle, a pezzi e bocconi, non voglio certo svalutarle.
Per non lasciare dubbi dirò che alcuni libri, in passato, gli ho acquistati o presi in prestito solo per le Prefazioni.
***
Ora che sono partito a pensarci mi vengono in mente altre modalità attraverso cui i libri "mi leggono".
Di solito si fanno impugnare mettendomi supino, poi, oplà, mi girano pancia sotto. Tempo dieci minuti e siamo in posizione "alla romana" (fianco sinis'-sinis').
Terminata una rotazione completa si riparte con la schienata iniziale e via, verso una seconda serie di posture.
Dopodichè la seduta viene dichiarata sciolta e sono finalmente libero di dedicarmi ad altre attività.
***
Recentemente mi sono ribellato imparando a non finire i libri che non lo meritano. E che cavolo!
E' stata una conquista di civiltà anche se non priva di inconvenienti. Figuratevi che avevo abbandonato Faulkner, autore per cui oggi ho aperto un fan club.
***
Ho notato che sia Rossella che De Mauro consigliano la "lettura lenta". Unisco entusiasta la mia voce a cotanto coro dichiarandomi un sostenitore di questa pratica.
Attenzione però, la lettura in surplace non è un dogma.
Meglio riservarla ai territori inesplorati, quando non sai chi hai di fronte, quando cammini sotto un cielo senza stelle.
Poi, dopo aver fermato l' oriente, si puo' procedere impostando una velocità di crociera. Ogni autore ha la sua.
La lettura rallentata non è nemmeno uno scherzo, ci vuole molto self control.
Quante volte sono partito con tutte le migliori intenzioni ma poi - sarà stata l' ansia di sciogliere qualche nodo, la curiosità di districare il plot, la seduzione del libro successivo o parallelo - mi ritrovavo lanciato a razzo, comprensione nulla, occhi spremuti...praticamente una tortura autoinflitta.
Ci si puo' aiutare con il podcast.
Il podcast ti cala nel contesto, ti fornisce una bussola, ti schiarisce la storia, almeno nei suoi snodi principali.
Con queste premesse puoi permetterti il lusso di calarti appieno nella pagina saggiandone fino in fondo tutti i ghirigori.
L' aggressione compulsiva, o frenetico/consumista, al libro è il nemico che la lettura "lenta" vorrebbe sgominare.
Darsi dei limiti facendosi legare al palo come un Ulisse, costituirebbe una strategia alternativa.
Io, per esempio, non avendo nobel da consegnare, mi dedico solo ad autori defunti. Le tentazioni sono forti, le trasgressioni non mancano e non so se durerà.
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Solidarizzo con i lettori da treno.
Aggiungo una locazione affine. I freddi marmi della Stazione Centrale mentre attendi coincidenze che non coincidono.
Almeno finchè i barboni più smandrappati non entrano in frizione (accade puntualmente all' ora X), in questi casi attaccano a ruzzare ed inveire biascicando. Cosa fai? Chiudi il libro, fai finta di niente, ti alzi zufolando e teli.
Altra piaga per la concentrazione sono gli audacissimi piccioni che ti stringono d' assedio reclamando una briciola dei tuoi preziosi krek.
Degli annunci continui (dlin-dlon), non mi preoccupo. Riesco a relegarli in un vicolo cieco del cervelletto in fondo a destra (è un po' come il cestino di Window). Lì non disturbano.
A meno che non mi venga il dubbio atroce (con paturnia allegata) che il treno soppresso sia proprio il mio!?
Ti precipiti nel cervelletto in fondo a destra ma non riesci a ripristinare nulla di intelleggibile. La fronte s' imperla, meglio fare l' orecchia alla pagina e andare ai monitor azzurrini.
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Chiudo con una nota di realismo impudico affrontando l' ineludibile tema della Salle de Bain.
Ogni volta che mi rilasso sulla maieutica seggetta il mio QI s' impenna. Come non approfittarne?
Per letture "volanti" del genere privilegio la lirica. In alternativa aforismi o monografie della Taschen.
In quella sede quando il reading è maturo lo capisci subito. C' è sempre un momento in cui l' interesse per il verso/epigramma/immagine "frana".
Allora tiri lo sciacquone e arrivederci alla prossima.
martedì 2 febbraio 2010
Tutto è fantastico, a posteriori.
Polkinghorne, infatti, sembra oggi l' apologeta più attivo nella difesa della fede dall' attacco scientista. L' uomo è ferrato, non c' è che dire.
Punta molto sul "principio antropico", quello per cui il fatto che ora siamo qui è estremamente improbabile, quindi, se Dio gioca a dadi, gioca perlomeno con dadi truccati. L' universo, per essere cio' che è, richiede una "calibratura" di partenza mica da ridere.
La replica sembra semplice: getta mille volte una monetina, osserva bene la serie che esce. E' fantastico che sia uscita proprio quella! Tutto, a posteriori, è fantastico ed inspiegabile.
Sì, ma se la serie è fatta tutta di "sei" la cosa è fantastica sia a priori che a posteriori, che ne dici?
Forse la "serie" non è fatta solo di "sei", certo che è ben strana. Puoi appurarlo te stesso spendendo 55 euro.
L' universo come lo conosciamo "esce" dai valori di alcune costanti iniziali tra loro indipendenti (probabilmente). Solo una "sorprendente" coincidenza consentirebbe la vita come la conosciamo, ovvero basata sul carbonio.
C' è chi obietta e dice che la vita puo' emergere anche da altri elementi.
Altre forme di vita sono state considerate, eppoi, stando ai fatti, noi conosciamo solo la vita fondata sul carbonio.
John Leslie: il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti.
Polkinghorne dice che il credente puo' abbracciare entrambe le opzioni, anche se personalmente trova la cosa "priva di fascino". Io no.
Ancora... bello il modo con cui liquida i teo/zoo/biologi: non sembrano giudicare problematico da dove giungano i materiali disponibili per la "loro" evoluzione.
Ah, in matematica è un platonico. Bene!
Questo il suo libro che ho letto in treno.
Untitled
... altre capriole irresponsabili...
... altri brindisi amniotici...
sabato 30 gennaio 2010
Quando Kant e Bentham brindarono al Circolo Ferrovieri
Sì, quello degli "scambi" e del "ciccione".
Sì, quello per cui se azioni lo scambio del treno fai fuori una persona ma ne grazi cinque.
Sì, quello che per salvare tutti puoi buttare il ciccione sui binari e bloccare il treno impazzito.
Sì, quello dove tutti sembrano incoerenti perchè lo scambio lo azionano ma il ciccione, quello no, quello non osano buttarlo.
Bè, prendiamo due scambisti coerenti, due sergenti di ferro: il signor Kant e il signor Bentham.
Quando Kant, conosciuto anche come "Mr. don't switch", è addetto agli scambi sappiamo bene come ragiona: l' uomo è un fine, non posso "usare" (sacrificare) Giovanni per salvare quei cinque scemi. A buttare Bombolo sui binari, poi, neanche ci pensa.
Con lui agli scambi gli amanti dello splatter gongolano: uno strike di 5 birilli non ha niente a che spartire con la solita "morte singola"... con tutti i suicidi che bloccano la metropolitana oggidì poi...
Bentham è conosciuto come "Mr push", è sempre lì che si conta le dita. 5-1=4, vai con lo scambio... hop, e Giovanni non c' più. 5-1=4 vai con la spintarella... hop, e Bombolo non c'è più. Certo che Bentham ne ha di pelo sullo stomaco per mettere le sue manacce addosso a Bombolino mio, e la biografia è lì a confermare.
Al circolo ferrovieri i due non fanno che litigare intorno al biliardo: "anche oggi ne hai fatti fuori una marea", "tratti le persone come carne da macello", e le stecche cozzano tra loro. Gli altri (il gruppo switch&dontpush) neanche ci badano, tutti i giorni la stessa storia.
Ma oggi al circolo c' è un nuovo ferroviere, si avvicina al biliardo e confabula con i due litiganti. Dopo poco eccoli avviati come tre amiconi verso il Bar per brindare alla salute a alla ritrovata amicizia. Il gruppo strabuzza gli occhi.
Ma cosa avrà detto il misterioso ferroviere al "contatore umano" e all' "uomo con la legge nel cuore" per ottenere una simile effusione dei corpi e degli spiriti?
Ve lo dico in un orecchio, avvicinatevi: se stabilite una pena equa (risarcimento) potete mantenere principi saldi e bilanci che quadrano, le due cose non sono affatto in conflitto. Utilità&Principi... Culo&Camicia!
Capito? Vabbè, grazie a tutti e alla prossima.
Dimenticavo, visto che avete porto l' orecchio vi svelo anche il nome del misterioso ferroviere, si tratta del signor Coase, detto anche "Mr. switch&push&pay".
venerdì 29 gennaio 2010
Culoni che troneggiano
Difficile se si mette piede fuori dall' aula scolastica. Per me è evidente che una qualche seppur minima libertà esista.
Eppure ce ne sono molti. Magari sotto la maschera grottesca del "compatibilismo".
[I compatibilisti, onore a loro, un po' si vergognano e corrono a nascondersi infilando la testa sotto il letto. Ma il culone, purtroppo, troneggia denunciandoli]
Ma perchè sono così tanti? Probabilmente per evitare l' inondazione metafisica delle loro filosofie (spesso) materialiste quando ormai lì dentro hanno investito troppo, fino a farne un' ideologia.
Per loro sarebbe davvero disperante.
Se proviamo per un attimo a prendere sul serio il determinismo (d) scopriremmo che è una dottrina contraddittoria, così come lo sono le sue caricature "compatibiliste". Il libero arbitrio (l.a.) allora s' impone (anche) per coerenza logica.
Dimostrazione.
PREMESSA 1: Dovremmo credere solo a cio' che è vero (semplice deontologia epistemica).
PREMESSA 2: Un "dovere" è tale se è anche "possibile" (semplice ragionevolezza).
PREMESSA 3: Se d. fosse vero, tutto cio' che è "possibile" fare verrà fatto (non si scappa).
PREMESSA 4: Io credo nel l.a. (e tutti credono nella mia buona fede).
DERIVAZIONE 1: sulla questione del d., possiamo evitare le false credenze (poiché la ipotizziamo conoscibile: 1+2).
DERIVAZIONE 2. Se il d. fosse vero, potremmo evitare le false credenze (3+5).
DERIVAZIONE 3: poichè evito d., d. non puo' essere vero, quindi sono libero (6+4).
DERIVAZIONE 4: L.a. è vero.
Il determinismo, poichè implica il suo contrario, è una dottrina autocontraddittoria.
Detto più semplicemente: poichè non faccio cio' che potrei fare, sono libero e il detrminismo (che implica si faccia tutto quello che si può fare) è confutato.
Qui Michael Huemer affossa le flebili obiezioni.
giovedì 28 gennaio 2010
Ciao ciao Darwin
ATEISTA: sciocco! Si vede che non hai letto Darwin. Leggilo e scoprirai come per creare "meraviglie" del genere bastano "caso" e "necessità". Nessun Architetto è richiesto.
TEISTA: sì sì... il processo evolutivo eccetera eccetera. Ma qui siamo di fronte a complessità davvero inesplicabili.
ATEISTA: l' evoluzione è in grado di spiegare anche le complessità più complesse.
TEISTA: non le complessità complessissimissime.
ATEISTE: anche quelle!
TEISTA: anche le complessissimissime?
ATEISTA: anche le complessississimissime!
TEISTA: bla bla bla...
ATEISTA: bla bla bla bla...
Lasciamo i due filosofi al loro dialogo tra sordi e cerchiamo piuttosto una via d' uscita.
Potremmo partire dalla spiazzante osservazione di Eugene Wigner: "ma quanto irragionevole potere esplicativo ha la matematica" con cui spieghiamo tanta complessità. Già, veramente irragionevole.
Ma noi non vogliamo essere irragionevoli!
Un modo per evitarlo consiste nel credere che l' universo sia un oggetto matematico.
Certo che se le cose stanno così il potere della matematica non è più "irragionevole" ma del tutto naturale.
Inoltre prendo due piccioni con una fava: l' universo matematico richiede l' esistenza di più mondi e l' esistenza di più mondi riconcilia le contraddizioni tra relatività e teoria quantistica.
Altra conseguenza: la natura della complessità dell' universo è del tutto particolare. Ora possiamo dire di saperne di più, si tratta di una complessità matematica.
La matematica costituisce un sistema "complesso", chi puo' negarlo? Persino il sistema dei numeri naturali è, nel suo piccolo, molto "complesso".
Eppure l' origine di questo genere di complessità non puo' essere nemmeno lontanamente spiegato da processi evolutivi (ciao ciao Darwin).
C' era d' aspettarselo, si capisce: per fare i teologi non basta chiedersi "perchè c' è la vita", bisogna chiedersi "perchè c' è qualcosa". Anche per questo mandiamo in pensione il Darwin teologo (tenendoci stretto il naturalista).
E l' origine dei numeri, allora?
Una soluzione in tasca non ce l' ho. In questi casi è ragionevole adattarsi alla più immediata.
Qualcuno puo' pensare che siano lì da sempre. Fissi! Che pensiero strano. Oppure che originino da numeri, che originano da numeri, che... Che pensiero incasinato!
Mi è molto naturale pensare che un numero origini da una mente. Non la nostra, per quanto detto più sopra noi siamo fatti di numeri e siamo fatti per comprenderli, mica siamo in grado di partorirli.
Non resta che la Mente di Dio.
E' la soluzione più di buon senso, spiega perchè quel genere di matematica che forma l' universo si presenta a noi in modo molto differente da una comune astrazione.
E' la soluzione più semplice, almeno da intuire, così anche il rognoso spirito di Occam smetterà di brontolare.
Agenzie viaggio
Non nego le molte difficoltà, magari ci sono persino leggi fisiche che lo impediscono, mille problemi, ma nessuno di natura logica.
Discorso diverso per la Macchina del Tempo.
Trasferendomi nel passato potrei apportare modifiche al fine di avere un "futuro" differente. Ma questo è contradditorio con il fatto che io conosco già il futuro e se è quello non puo' cambiare, non ci sono santi. Ma allora puo' cambiare o no?
Sembra proprio che per avere una Macchina del Tempo sia necessario un multiverso e una B-theory del tempo.
Di solito ho un' allergia per tutto cio' che è controintuitivo, eppure, per ragioni indipendenti, simpatizzo con le due condizioni di cui sopra.
Allora, per come la vedo io, una Macchina del tempo dovrebbe essere possibile. Mamma mia che impressione.
Si tratta di giochetti? Forse, sta di fatto che una presa di posizione sul punto è richiesta nell' indagine volta a capire "cosa pensano i filosofi del nuovo millennio".
Ne deduco che la posta in gioco non è poi così bassa.
Una rinfrescatina
... a seguire l' unico compositore "tonale" ammesso nel fortino torturante delle avanguardie radicali. Tre minuti di sorbetto in pranzi (di ore) a 12 portate (indigeste).
Fede cieca
No! Dice il matrerialista bloccandomi: tu non hai in mente proprio nulla, l' unica cosa che "hai" è un cervello che "formicola" in un certo modo stando rinsaldato nella sua scatola cranica. Tutto lì, il resto è illusione.
Ok, ho un cervello che frizza nella sua scatola cranica, questo lo so. Però, oltre al cervello, caro materialista, ti assicuro che avevo anche in mente qualcosa mentre scrivevo il rigo di cui sopra. Lo saprò, mica sono scemo. Lo so con una certezza che è almeno pari a quella con cui avvisto all' Osservatorio il transito delle comete.
Che avessi in mente qualcosa non devo dimostramelo, e spero di non doverlo dimostrare nemmeno a te, poichè è l' unica cosa certa in questo caos. Da lì, semmai, devo partire per capire meglio come stanno le cose in questo mondo.
Questi materialisti vè... mi sembra molto poco "scientifico" dire che la realtà debba coincidere con qualcosa che la nostra teoria (fisica o chimica) riesce a spiegare adeguatamente.
Non c' è un bel po' di dogmatismo in tutto cio'? Un dogmatismo che rasenta la cecità.
E' quel particolare dogmatismo a cui alludeva Bergson quando diceva: "la fede cieca non sposta le Montagne, la fede cieca non vede nemmeno che ci sono delle montagne da spostare".
link
p.s. ecco una metafora felice: la mente è un astronauta, il cervello è la sua astronave.
mercoledì 27 gennaio 2010
Il Brutto e il Migliore
Brusco su Craxi
Curiosità: le leggi che procurarono il buco furono varate da Craxi o furono un portato del passato? Magari si scopre che furono leggi fatte da altri giunte "a maturazione" nell' esra Craxi.
L' inazione non accrediterà mai accuse gravi quanto l' azione.
Soprattutto quanto perlomeno una di queste azioni benemerite fu intrapresa: quella contro l' inflazione. Chi si oppose persino a quella? Magari scopriamo che fu chi oggi critica che non fu fatto abbastanza.
Case sfasciate che stanno in piedi
E parlo di sfasci reali, non illusori come i quelli raffigurati nei murales ingannatori di John Pugh...
La crepa centrale ha un nome, è stata battezzata felicemente: "sacco del Nord". Sacco nel senso di saccheggio, ovviamente.
Le cifre le fa un perito insindacabile, Ricolfi (vicino PD), nel suo ultimo (imperdibile) libro.
Persino peggio di quanto urlano i politici (della Lega) in campagna elettorale.
La Ricetta del sociologo: rassegnatevi o viene giù tutto.
Presunto fardello
Prendiamo il continente africano tra il 1400 e il 1800. Il divario con l' Europa non era poi così abissale, tutt' altro. Non date retta a quanto vi è capitato di leggere in giro.
Certo, i modelli di sviluppo erano piuttosto differenti: i bianchi puntavano sulla proprietà privata delle cose (essenzialmente terra), i neri su quella degli uomini (schiavitù).
La schiavitù in Africa è stato per secoli il business numero uno. Pressochè l' unico. D' altronde era l' unica forma di "proprietà" che conoscessero. Avevi quattro soldi da investire? Corri a comprarti uno schiavetto.
La colpa dei bianchi schiavisti del XIX secolo? Incrementare una domanda già fiorente.
Spiega bene il massimo esperto in materia, ovvero il prof Thornton.
Sintetizza ancora meglio Paolo Mieli sul CdS 26.1.2009 (Le colpe dell' Africa nella tratta dei neri).
Benvenuto nel laboratorio del filosofi
Cerco allora di illustrarti il tutto nel modo più semplice, ti chiedo solo di collaborare senza incaponirti.
Cominciamo pure.
Come giudicheresti un Tale che "non prende sul serio" la Geometria per il fatto che non ha mai incontrato un Triangolo per strada e trova "implausibile" incontrarne in futuro? I Triangoli, per il nostro tale, vanno giusto bene come protagonisti di qualche film (o libro) particolarmente fantasioso!
Bè, la risposta è facile, costui non ha ben presente cosa sia e a cosa serva la Geometria.
La Geometria ci consente di studiare delle astrazioni (radicale e coerenti) ancorché irreperibili nella realtà quotidiana.
Allo stesso modo con i Controfattuali forgiamo degli "oggetti" astratti e coerenti con i quali testare le nostre teorie. Proprio come i triangoli, si tratta di oggetti molto utili.
A poco vale constatare che oggi vedremo intorno a noi parecchi oggetti dalla forma quasi-triangolare. Abitano uno spazio bidimensionale? Sono costruiti con l' unione di puntini non misurabili? No? Allora non sono neanche lontanamente dei Triangoli, mancano persino nelle caratteristiche di base.
E non "affondarti" da solo dicendo che "sono approssimazioni"! (e chissenefrega se un vero Triangolo non lo incontreremo mai.
In fondo lo vedi anche tu che se il problema fosse solo quello di reperire delle "approssimazioni", la cosa sarebbe possibile anche per i controfattuali più inverosimili: il teletrasporto non è che un fotocopiatore particolarmente sofisticato (e chissenefrega se un "fotocopiatore" del genere non l' avremo mai); osservo un trapianto di rene e dico: "ecco, un trapianto del cervello è simile, solo che anzichè il rene ha per oggetto un cervello" (e chissenefrega se poi una simile operazione è irrealizzabile). Spero di essere esentato dal proseguire.
Detto questo, spero anche che sia chiaro una volta per tutte che chi in queste materie tira fuori l’ "implausibilità" o la "fantascienza/svago" è come il signor Tale: non ha capito di che si parla.
Poi uno puo’ disinteressarsi alla coerenza del suo pensiero e dire: io decido cio’ che è giusto e cio’ che è sbagliato di volta in volta secondo un mio arbitrio. Puo’ farlo, ma deve dirlo.
lunedì 25 gennaio 2010
La regola della ciliegia
Ognuno di noi, chi più chi meno, nello svolgere la propria attività prende qualche rischio, è inevitabile.
Quel "chi più chi meno" esprime una preferenza soggettiva che per forza di cose non cambia allorchè un legislatore "benevolo" imponga delle regole intese a comprimere quei rischi.
Un esempio è la cosa migliore per spiegarsi: Giovanni quando va in macchina si assume una certa quota di rischi, qualora il legislatore voglia abbassarli artificiosamente potrebbe imporre l' uso delle cinture di sicurezza. Ma una simile imposizione è inefficace poichè Giovanni puo' riguadagnare la sua quota ottimale di rischi, per esempio, aumentando la velocità.
Una morale che puo' trarsi: non ci si illuda, non esiste una regolamentazione all' acqua di rose: o il proibizionismo è pressochè totale (una regola tira l' altra, ovvero regola della ciliegia) o difficilmente consegue i risultati auspicati.
link
Qualcosina sull' introduzione delle cinture di sicurezza in GB
add: le lampadine a basso consumo incrementano i consumi energetici: http://gregmankiw.blogspot.com/2010/08/enlightening-example-of-unintended.html
Le scuole confessionali sono le migliori
Catholic, Anglican and Jewish schools generally perform better than non-faith schools...
Teoria dell' identità
Braccio e gambe non sembrano essenziali, ma il cervello? E' un organo fisico molto particolare perchè con il cervello noi pensiamo e ricordiamo, tra cervello e mente c' è un rapporto privilegiato e per capirlo basta pensare ad un paradosso diffuso tra i filosofi: se fosse lecita la compravendita di organi, per "dare" il tuo cervello dovresti pagare. E sì, pensaci bene: "dare" il proprio cervello in realtà significa "ricevere" tutti gli altri organi. Quindi paga e silenzio. Se proprio vuoi incassare, chiedi di "ricevere" un cervello nuovo.
Per costruire una teoria dell' identità bisogna rispondere ad alcuni controfattuali. Io ci provo.
1. Giovanni trapianta il suo cervello nel corpo di Giacomo e viceversa. Chi è Giovanni e chi è Giacomo? Personalmente direi che in questo caso l' identità segue il cervello. Solo una precisazione: il cervello, se non è "resettato", incorpora la memoria e il pensiero di una persona.
2. Giovanni subisce l' espianto dell' emisfero destro del cervello e sopravvive. E' ancora lui? Direi di sì.
3. Giovanni subisce l' espianto del suo cervello (e muore): un emisfero (funzionante) viene messo nel corpo "vuoto" di Giacomo (che sopravvive) e uno (funzionante) nel corpo "vuoto" di Aldo (che sopravvive). Che fine fanno Giovanni, Giacomo e Aldo? Direi che i sopravvissuti sono persone "nuove".
4. Stessa situazione di cui sopra, solo che non si tratta di esperimento ma di una richiesta dei protagonisti. Per me cambia tutto, i sopravvissuti conservano la loro identità.
5. Situazione simile a 2. In un secondo tempo, però, Giovanni subisce l' espianto anche del secondo emisfero (e muore) affinchè lo riceva il corpo vuoto di Giacomo. Come la mettiamo? Secondo me dobbiamo chiamare "Giovanni" il sopravvissuto (da notare che questo Giovanni e il primo sopravvissuto al 3 sono la stessa persona ma con identità differenti).
6. Il cervello di Giovanni viene "riprogammato" con macchinari particolari. Abbiamo una nuova persona? Secondo me no, è come prendere una botta in testa.
7. Il cervello di Giovanni viene riprogrammato secondo i parametri di Giacomo (pensa ed ha la stessa memoria di Giacomo). Abbiamo una nuova persona? Secondo me no, a meno che contestualmente all' operazione Giacomo muoia, in questo caso Giovanni diverrebbe Giacomo.
8. Nel teletrasporto si muore (il teletrasporto ti copia altrove e ti distrugge laddove stai)? No, altrimenti si creerebbero i noti paradossi.
9. Giovanni e Giacomo decidono di "resettarsi" il cervello ed effettuare un trapianto incrociato come in 1. Chi è chi? Vedi 1.
10. Come in 9, solo che l' operazione non è volontaria. Chi è chi? Contrariamente ad 1 e 9 direi che in questo caso non c' è trasferimento d' identità nonostante il trasferimento fisico dei cervelli.
11. Giovanni programma un computer con i pametri del suo cervello (memoria ecc.). Il computer diventa Giovanni? Direi di sì, ma solo in caso di morte fisica del "vecchio" Giovanni (vedi 6).
Dalle risposte si sarà capito che la mia concezione dell' identità è psicologica: laddove una psicologia continua a vivere, lì persiste la persona. Ma in alcuni casi conta anche la "storia" fisica del nostro corpo. Sono quei casi in cui cessa ogni "persistenza psicologica" senza che intervenga una morte fisica. L' identità non segue necessariamente il cervello fisico e non risiede nemmeno nella psicologia. In ultima analisi l' identità deve essere coerente con una certa "narrativa" della loro storia. E nel raccontare una storia come si deve conta anche Occam: facciamo di evitare i guazzabugli e limitiamo i personaggi sulla scena.
add: altri casi nei commenti qui
venerdì 22 gennaio 2010
Bubo Bubo
Il suo grido è pre agonico, ininterrotto e... sussurrato. Sì, nei suoi film e nelle sue canzoni si sussurra molto. Serve a segnare la "differenza antropologica" con i caciaroni arricchiti...
Le spalle sono incurvate poichè devono reggere il peso di tutti i peccati del mondo.
Per evitare il latte alle ginocchia giova ogni tanto una pillolina contro la cultura del piagnisteo, che poi è la filosofia "per cred de ves baloss"...
p.s. riflessioni leggendo il superclassico sul politically correct.
Il contatto che corrode
La prima sembra piuttosto nuocere alla seconda.
La storia si ripete sia con gli ebrei che con gli zingari: laddove vengono accettati sbiadiscono la loro identità culturale fino quasi a perderla. Le Sinagoghe sono piene solo laddove echeggia lo "sporco ebreo".
La Tolleranza è un' acido che corrode la diversità fino all' osso, fino all' omologazione. Il contatto uccide, la relazione elide qualcosa che molti ritengono prezioso.
Il dispiacere assale chi spinge verso la Tolleranza affinchè "mille fiori fioriscano" e chi la esecra per combattere il diverso. Fuori da queste compagnie la notizia è benvenuta.
link
A che punto siamo con la questione di Dio?
ARGOMENTO ONTOLOGICO. Una concezione matematica del multiverso (à la Tegmarks) è in grado di ridurre gli altri argomenti (cosmologico e teleologico) e superare la critica di Gaunilone e Kant.
ARGOMENTO COSMOLOGICO. Con il concetto di "semplicità" alla Swinburne si aggira il rasoio di Occam volgendolo a proprio vantaggio.
ARGOMENTO TELEOLOGICO. Idem come sopra.
EVIDENZA: l' epistemologia di Plantinga elabora la credenza di Dio come "basic belif" razionale.
Swinburne interpreta Occam
He maintains that we have an innate bias towards simplicity and that simplicity considerations are part and parcel of common sense. Since our choice of theory cannot be determined by data (see Underdetermination and Quine-Duhem thesis), we must rely on some criterion to determine which theory to use. Since it is absurd to have no logical method by which to settle on one hypothesis amongst an infinite number of equally data-compliant hypotheses, we should choose the simplest theory: "...either science is irrational [in the way it judges theories and predictions probable] or the principle of simplicity is a fundamental synthetic a priori truth" (Swinburne 1997).
fonte wikipedia
per approfondire
Largo a Tegmarks: Gaunilone, Kant e Occam fuori dai piedi
E con essa rotolerebbero via sia Kant che Occam, i due argomenti-baluardo dell' ateismo.
Senza contare che la "prova" cosmologica si ridurrebbe in quella ontologica.
link
Tolleranza acida
La prima sembra piuttosto nuocere alla seconda.
La storia si ripete sia con gli ebrei che con gli zingari: laddove vengono accettati sbiadiscono la loro identità culturale fino quasi a perderla. Le Sinagoghe sono piene solo laddove echeggia lo "sporco ebreo".
La Tolleranza è un' acido che corrode la diversità fino all' osso, fino all' omologazione.
Il dispiacere assale chi spinge verso la Tolleranza affinchè "mille fiori fioriscano" e chi la esecra per combattere il diverso. Fuori da queste compagnie la notizia è benvenuta.
link
giovedì 21 gennaio 2010
Babele o arte sacra?
Una Vergine Maria fatta con gli ovetti (Saint Sophia Cathedral)