GLI ZINGARI
Lasciarono il nord dell’India un migliaio di anni fa. Irruppero
presto in Europa dicendo di provenire dal basso Egitto e di essere in
pellegrinaggio per espiare l’abbandono dei cristianesimo da parte dei loro
antenati. Furono asserviti in Romania e, nell’ 800, quando la servitù fu
abolita, si diffusero più capillarmente sul continente.
Per gli zingari esistono solo i rom e i non-rom (gaje): non
hanno un termine per designare l’uomo in generale.
Il gaje, poi, nemmeno è un vero uomo, è più che altro un
elemento della natura. Esempio: truffe e furti a scapito di un compagno rom
sono offese mortali, ai danni di un gaje sono condannabili solo nella misura in
cui creano problemi al popolo Rom.
Il Gaje nemmeno è un soggetto giuridicamente responsabile.
Leggevo di un gruppo rom che, prima di levare le tende, recò offesa ai locali
con una sequela di furti; i locali risposero punendo un secondo gruppo di rom da
poco arrivato nello stesso campo. La risposta degli aggrediti fu quella di
chiedere un risarcimento ai rom responsabili dei furti, non agli abitanti del
posto che li avevano vessati. Così come non hanno il diritto alla loro
proprietà, i Gaje nemmeno sono colpevoli per i loro atti di violenza: sono solo
un elemento del paesaggio naturale che gli zingari attraversano nella loro
avventura nomade.
In genere noi odiamo gli zingari, e ne abbiamo molte ragioni. Ma
ci sono anche ragioni per ammirarli. Mi piace quel fastidio verso le schedature:
agli zingari non piace essere controllati, specie dai gaje, sono un popolo
libero. In questo senso le loro strategie di difesa sono ingegnose; per esempio,
usano il nome in modo fungibile, ovvero lo cambiano e se lo scambiano
regolarmente. Un rom con la carta d’identità si sente praticamente in prigione.
Questa capacità di sfuggire alle maglie della burocrazia spiega molte cose. Per
esempio, i nazisti presero di mira sia i rom che gli ebrei, nel primo caso
sappiamo come è andata, nel secondo sembra che abbiano avuto molto meno
successo, più dei 2/3 dei rom si salvarono senza troppo penare.