Un mercato senza regole non puo' funzionare.
La prossima volta che sentite una simile banalità non mancate di ricordare che il mercato è innanzitutto una macchina per produrre regole. Se proprio lo si vuole giudicare, lo si giudichi come tale.
Se poi vale la pena di perdere tempo e volete dilungarvi, è d' uopo prendere a prestito queste parole.
martedì 31 marzo 2009
Piccolo incoraggiamento per piedi stanchi
... il dondolio autunnale dei grandi alberi quando dal loro parco ti dicono di sì...
... le capriole di quell' acqua che oggi nasce e già domani laverà i piedi stanchi dei viaggiatori che traslocano per avvicinarsi di un altro passo al loro bene...
... quel vento che cammina e si diverte serpeggiando tra le nuvole mentre chiede di essere imitato...
... hai capito o no che è ora di ripartire?
Legalize drugs to stop violence
L' opinone degli accademici...
Fuori dalle tenebre dell' eufemismo
Oggi sul Corriere il solito Battista propone il "caso Barbagli" (il link ve lo trovate voi). Gli serve per illuminare le tare che ancora oggi affliggono il pensiero intellettualoide della sinistra in Italia e la condannano all' arretratezza culturale in cui versa. Non che altrove si riscontrino analisi granchè raffinate - e spesso il meglio è dato proprio dai "convertiti" -, ma tra la rozzezza e la cecità c' è ancora una bella differenza. Nel seguente stralcio è ben descritto cosa vede il militante quando apre gli occhi dopo una vita talpesca passata nelle tenebre dell' eufemismo pc.
Nell’intervista rilasciata a Francesco Alberti per il Corriere, Barbagli racconta di una formidabile lotta tra i suoi «schematismi» culturali e i dati della realtà che lo hanno costretto, sul tema della criminalità connessa all’immigrazione, a rivedere drasticamente le proprie «ipotesi di partenza».
«Non volevo vedere », confessa con cristallina onestà intellettuale Barbagli, «c’era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull’incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l’ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull’aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto». Il racconto di Barbagli riassume con grande pathos espressivo il senso di un percorso sofferto: «ho fatto il possibile per ingannare me stesso»; «era come se avessi un blocco mentale ».
Fino alla conclusione catartica, ma malinconica e solitaria: «sono finalmente riuscito a tenere distinti i due piani: il ricercatore e l’uomo di sinistra. Ora sono un ricercatore. E nient’altro». La conclusione di Barbagli segna il dramma della sinistra italiana che si strazia nel vortice delle ripetute sconfitte. Il suo bagno nella realtà, il suo immergersi nei dati empirici per capire che cosa si muove nella società italiana senza essere percepito dagli occhiali deformanti del politicamente corretto, sanciscono un divorzio tragico tra il «ricercatore» e «l’uomo di sinistra». La sinistra lamenta ritualmente il proprio distacco dalla realtà, il proprio ripiegarsi autoreferenziale in una retorica incomprensibile al «vissuto » della società come realmente è e pensa
Nell’intervista rilasciata a Francesco Alberti per il Corriere, Barbagli racconta di una formidabile lotta tra i suoi «schematismi» culturali e i dati della realtà che lo hanno costretto, sul tema della criminalità connessa all’immigrazione, a rivedere drasticamente le proprie «ipotesi di partenza».
«Non volevo vedere », confessa con cristallina onestà intellettuale Barbagli, «c’era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull’incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l’ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull’aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto». Il racconto di Barbagli riassume con grande pathos espressivo il senso di un percorso sofferto: «ho fatto il possibile per ingannare me stesso»; «era come se avessi un blocco mentale ».
Fino alla conclusione catartica, ma malinconica e solitaria: «sono finalmente riuscito a tenere distinti i due piani: il ricercatore e l’uomo di sinistra. Ora sono un ricercatore. E nient’altro». La conclusione di Barbagli segna il dramma della sinistra italiana che si strazia nel vortice delle ripetute sconfitte. Il suo bagno nella realtà, il suo immergersi nei dati empirici per capire che cosa si muove nella società italiana senza essere percepito dagli occhiali deformanti del politicamente corretto, sanciscono un divorzio tragico tra il «ricercatore» e «l’uomo di sinistra». La sinistra lamenta ritualmente il proprio distacco dalla realtà, il proprio ripiegarsi autoreferenziale in una retorica incomprensibile al «vissuto » della società come realmente è e pensa
lunedì 30 marzo 2009
Incipit
Il dibattito sulle cellule staminali ha un fascino tutto particolare. La sua radicalità lo rende una premessa al dibattito sull' aborto e non solo. Chi non ha tmpo da perdere bazzicando materie affini, che si limiti a questa diatriba. Se mai i nodi etici che implica venissero dipanati, cio' avvierebbe a soluzione molte altre questioni bioetiche.
L' embrione con un' ora di vita è già una persona con dei diritti?
In realtà il diritto di cui si parla è uno solo e coincide con quello fondamentale di non essere massacrati. Quindi, chi ridicolizza la posizione dei pro-life dicendo che considerano queste poche cellule alla stregua di una donna di quarant' anni, fa solo della propaganda trascurabile.
Ma esistono anche parecchie obiezioni che meritano considerazione. Io le ho sintetizzate nei sei punti che trascrivo imbastendo di seguito una breve replica.
Mi riservo una sola osservazione finale.
Per difendere almeno il diritto fondamentale all' embrione ad esistere ho dovuto introdurre il concetto problematico di "intervento attivo" da contrapporre a quello di "processo spontaneo". Dove c' è intervento attivo dell' uomo cessa la spontaneità del processo naturale e questa distinzione diventa cruciale nei giudizio morale e giuridico.
Purtroppo molti difensori dell' embrione non sono in altri campi tanto sensibili alla differenza qui decisiva tra "intervento attivo" e "processo spontaneo". Pensiamo alla distinzione tra "uccidere" e "lasciar morire". Il secondo, pur essendo un processo spontaneo, viene equiparato in tutto al primo.
L' embrione con un' ora di vita è già una persona con dei diritti?
In realtà il diritto di cui si parla è uno solo e coincide con quello fondamentale di non essere massacrati. Quindi, chi ridicolizza la posizione dei pro-life dicendo che considerano queste poche cellule alla stregua di una donna di quarant' anni, fa solo della propaganda trascurabile.
Ma esistono anche parecchie obiezioni che meritano considerazione. Io le ho sintetizzate nei sei punti che trascrivo imbastendo di seguito una breve replica.
- Diverse religioni, diverse conclusioni circa il momento in cui l' essere umano viene al mondo. Assumendo le indicazioni di San Tommaso anche molti aborti sarebbero sdoganati. Cio' conferma la soggettività della questione, e di fronte a problemi con soluzioni soggetive la libertà di scelta s' impone.
Le conclusioni dell' ebraismo e dell' Islam derivano dalla lettura pedissequa dei testi (fondamentalismo). Anche San Tommaso si rifaceva alle conoscenze dell' epoca. E allora si noti quello che a chi viene assordato dalla moltitudine degli agit-prop sembrerà un paradosso: i Cattolici, per esempio, hanno assunto posizioni più "rigoriste" proprio perchè meno ancorate a interpretazioni letterali dei testi sacri e più attente invece agli sviluppi della scienza nel nostro tempo. - L' embrione di pochi giorni (blastocisti) non è una "persona distinta". Infatti da una blastocisti possono originare due persone (gemelli). Così come da due blastocisti puo' originare un' unica persona (chimera).
"Gemelli": è secondario se ad essere "distinta" sia la singola vita o una pluralità di vite. "Chimera": il fatto che possano anche realizzarsi non pregiudica il giudizio sulle potenzialità della blastocisti. - Per giudicare la morte di un uomo ci rimettiamo al funzionamento del suo cervello. Perchè non fare altrettanto per la nascita: nella blastocisti il cervello non si è ancora formato. Quindi...
Tante cose non si sono ancora formate nella blastocisti come nel bambino. Esiste però la potenzialità che, in un contesto adeguato, un cervello venga a formarsi spontaneamente. Nel "morto", per esempio, non esistono potenzialità che la vita cerebrale riprenda. - Se creo in laboratorio una blastocisti destinata sicuramente a morire, il prelievo delle cellule staminali assomiglia ad una donazione d' organi.
Devo ammettere che l' argomento mi sembra ben congegnato. Ma ci sono dei problemi: 1) esiste in concreto questa possibilità? 2) si tratterebbe di una donazione molto particolare, ovvero senza consenso esplicito di nessuno. Puo' esistere una donazione senza un donante? - Eppure il 70% degli embrioni concepiti vengono "distrutti" naturalmente nei cicli mestruali. Cosa pensare di questo? Nessuno sembra farci caso, eppure, se ci accordiamo a certe sensibilità, questa dovrebbe essere la più grande tragedia dell' umanità. Altro che campi di concentramento.
Esiste una differenza tra "male" e "ingiustizia". Il primo va in qualche modo accettato ma contro la seconda si puo' e si deve intervenire. - Le tecniche di clonazione sono ormai potentissime: una cellula adulta contiene già un completo corredo genetico. Chi tratta l' embrione come una persona solo perchè diventerà una persona, deve sapere che ciascuna delle nostre cellule potrebbe diventare una persona se esposta al giusto ambiente.
Gli ineterventi sul DNA a cui deve essere sottoposta una cellula adulta per diventare totipotente e quindi poter evolvere in una "persona", sono di natura "attiva" e prevedono comunque l' impianto del nucleo in un ovulo. Non possiamo parlare di semplice "esposizione ambientale". Al contrario, all' ovulo fertilizzato basta essere accolto in un ambiente uterino per evolvere in un feto.
Mi riservo una sola osservazione finale.
Per difendere almeno il diritto fondamentale all' embrione ad esistere ho dovuto introdurre il concetto problematico di "intervento attivo" da contrapporre a quello di "processo spontaneo". Dove c' è intervento attivo dell' uomo cessa la spontaneità del processo naturale e questa distinzione diventa cruciale nei giudizio morale e giuridico.
Purtroppo molti difensori dell' embrione non sono in altri campi tanto sensibili alla differenza qui decisiva tra "intervento attivo" e "processo spontaneo". Pensiamo alla distinzione tra "uccidere" e "lasciar morire". Il secondo, pur essendo un processo spontaneo, viene equiparato in tutto al primo.
venerdì 27 marzo 2009
Perchè sto con la Chiesa
Le questioni di bioetica non mi appassionano poi così tanto.
Spesso sono estremamente complesse e io prediligo temi lineari dove poter vedere più chiaro. Anche per questo l' attualità e la sua baraonda mi respinge.
Inoltre, in molti casi la mia visione non collima con quella proposta dal Magistero. In questo senso sono un Cattolico maldestro e ho ancora tanta strada da fare per rendermi minimamente accettabile.
Se le prese di posizione contro l' aborto e contro l' uso delle cellule staminali le trovo ragionevoli, in altri casi sento una distanza.
Valga per tutti il caso del testamento biologico. Ma voglio andare oltre, anche l' eutanasia in certe forme e con le dovute garanzie riesco a digerirla. Ho lo stomaco forte, io. Perfino di fronte alla clonazione il mio primo moto è quello di dire: e il crimine, dov' è?
Eppure io mi sento dalla parte della Chiesa Cattolica. Perchè?
Perchè sul fronte opposto, quello che spesso, a rigore, dovrei frequentare, ci stanno i nipotini di Gramsci. Già, Gramsci.
Un tale che ragionava in questo modo: per prendere il potere politico bisogna prima impadronirsi di quello culturale.
Gramsci (e il suo nipotino pure) auspicava un cambio di paradigma culturale: il Nuovo Sistema avrebbe potuto funzionare solo con l' Uomo Nuovo. La Nuova Cultura avrebbe dovuto provvedere alla sua formazione. Inutile dire che la Vecchia Cultura, ossia quella tradizionale che aveva condotto l' Occidente dove si trovava allora, si identificava perlopiù con quella cristiana.
Al Sistema di Gramsci non ci crede più nessuno ma al suo Metodo, alla Prassi, i nipotini sono rimasti fedeli. Anche perchè in questo G. aveva le sue ragioni a cui rendo omaggio senza problemi.
Cio' cosa significa? Significa che molti di coloro che sponsorizzano aborto, eutanasia, uso delle cellule staminali, "scienza libera" ecc... non sono poi così interessati all' aborto libero, alla libera eutanasia, all' uso delle cellule staminali e alla "scienza libera", bensì ad una manovra più ampia: a distruggere quel paradigma culturale che la Chiesa Cattolica difende e che rappresenta la "Tradizione".
Esempio, andate un po' a controllare come le prime sentenze della Corte Suprema Statunitense sdoganavano l' aborto. Forse facendo appello alla "libera scelta"? Macchè! La Corte liberal degli anni '60 si ergevano invece a baluardo contro l' interferenza di idee di origine religiose in ambito civile. Come se il bando dell' omicidio o del furto non origini anch' esso da "idee religiose".
Ora si dà il caso che la Chiesa Cattolica possa anche difendere soluzioni specifiche che io valuto in modo differente. Se però, come ho premesso, esiste una "battaglia culturale", trovo che la Chiesa Cattolica stia dalla parte giusta.
Il paradigma che difende mi piace, trovo che sia all' origine della nostra civiltà occidentale, della nostra libertà, dei nostri diritti. Trovo che l' idea cristiana abbia contribuito in modo decisivo alla produzione di questi beni inestimabili e che quindi non sia un caso se le sue gerarchie siano in prima linea per proteggerli contro chi li attacca in nome di nuove religioni laiciste.
Forse la storia annovera parecchi errori commessi dalla Chiesa ma per tutte le volte che questa istituzione è stata attaccata al fine di estirpare la cultura che promuoveva (Rivoluzione Francese, Napoleone, Fascismo, Nazismo, Comunismo...) accendiamo un cero che abbia tenuto botta in qualche modo.
Ma non è escluso che la storia si ripeta con nuovi culti che si presentano con la faccia accattivante del modernismo, ovvero con la stessa maschera suadente indossata dai "nemici" elencati più sopra.
Il fatto è che considero la nostra Civiltà come... ma sì, non sprechiamo tempo, come la migliore.
Se non mi piace vedere l' adultera lapidata significa che mi piacerebbe "convertire" l' altro ai miei valori solo che cio' fosse possibile con un mutuo vantaggio.
E la considero migliore non solo nello spazio ma anche rispetto a quelle che qui da noi hanno tentato di rimpiazzarla: parlo delle varie declinazioni novecentesche della religione socialista.
Ora traggo una morale da quanto ho cercato di dire: se la posta in gioco non è solo la sorte delle cellule staminali o la voglia di crepare di Tizio e Caio, allora sarà bene procedere con i piedi di piombo prima di schierarsi.
Spesso sono estremamente complesse e io prediligo temi lineari dove poter vedere più chiaro. Anche per questo l' attualità e la sua baraonda mi respinge.
Inoltre, in molti casi la mia visione non collima con quella proposta dal Magistero. In questo senso sono un Cattolico maldestro e ho ancora tanta strada da fare per rendermi minimamente accettabile.
Se le prese di posizione contro l' aborto e contro l' uso delle cellule staminali le trovo ragionevoli, in altri casi sento una distanza.
Valga per tutti il caso del testamento biologico. Ma voglio andare oltre, anche l' eutanasia in certe forme e con le dovute garanzie riesco a digerirla. Ho lo stomaco forte, io. Perfino di fronte alla clonazione il mio primo moto è quello di dire: e il crimine, dov' è?
Eppure io mi sento dalla parte della Chiesa Cattolica. Perchè?
Perchè sul fronte opposto, quello che spesso, a rigore, dovrei frequentare, ci stanno i nipotini di Gramsci. Già, Gramsci.
Un tale che ragionava in questo modo: per prendere il potere politico bisogna prima impadronirsi di quello culturale.
Gramsci (e il suo nipotino pure) auspicava un cambio di paradigma culturale: il Nuovo Sistema avrebbe potuto funzionare solo con l' Uomo Nuovo. La Nuova Cultura avrebbe dovuto provvedere alla sua formazione. Inutile dire che la Vecchia Cultura, ossia quella tradizionale che aveva condotto l' Occidente dove si trovava allora, si identificava perlopiù con quella cristiana.
Al Sistema di Gramsci non ci crede più nessuno ma al suo Metodo, alla Prassi, i nipotini sono rimasti fedeli. Anche perchè in questo G. aveva le sue ragioni a cui rendo omaggio senza problemi.
Cio' cosa significa? Significa che molti di coloro che sponsorizzano aborto, eutanasia, uso delle cellule staminali, "scienza libera" ecc... non sono poi così interessati all' aborto libero, alla libera eutanasia, all' uso delle cellule staminali e alla "scienza libera", bensì ad una manovra più ampia: a distruggere quel paradigma culturale che la Chiesa Cattolica difende e che rappresenta la "Tradizione".
Esempio, andate un po' a controllare come le prime sentenze della Corte Suprema Statunitense sdoganavano l' aborto. Forse facendo appello alla "libera scelta"? Macchè! La Corte liberal degli anni '60 si ergevano invece a baluardo contro l' interferenza di idee di origine religiose in ambito civile. Come se il bando dell' omicidio o del furto non origini anch' esso da "idee religiose".
Ora si dà il caso che la Chiesa Cattolica possa anche difendere soluzioni specifiche che io valuto in modo differente. Se però, come ho premesso, esiste una "battaglia culturale", trovo che la Chiesa Cattolica stia dalla parte giusta.
Il paradigma che difende mi piace, trovo che sia all' origine della nostra civiltà occidentale, della nostra libertà, dei nostri diritti. Trovo che l' idea cristiana abbia contribuito in modo decisivo alla produzione di questi beni inestimabili e che quindi non sia un caso se le sue gerarchie siano in prima linea per proteggerli contro chi li attacca in nome di nuove religioni laiciste.
Forse la storia annovera parecchi errori commessi dalla Chiesa ma per tutte le volte che questa istituzione è stata attaccata al fine di estirpare la cultura che promuoveva (Rivoluzione Francese, Napoleone, Fascismo, Nazismo, Comunismo...) accendiamo un cero che abbia tenuto botta in qualche modo.
Ma non è escluso che la storia si ripeta con nuovi culti che si presentano con la faccia accattivante del modernismo, ovvero con la stessa maschera suadente indossata dai "nemici" elencati più sopra.
Il fatto è che considero la nostra Civiltà come... ma sì, non sprechiamo tempo, come la migliore.
Se non mi piace vedere l' adultera lapidata significa che mi piacerebbe "convertire" l' altro ai miei valori solo che cio' fosse possibile con un mutuo vantaggio.
E la considero migliore non solo nello spazio ma anche rispetto a quelle che qui da noi hanno tentato di rimpiazzarla: parlo delle varie declinazioni novecentesche della religione socialista.
Ora traggo una morale da quanto ho cercato di dire: se la posta in gioco non è solo la sorte delle cellule staminali o la voglia di crepare di Tizio e Caio, allora sarà bene procedere con i piedi di piombo prima di schierarsi.
Incoerenze morali
SCENA PRIMA: Giovanni ha una grande idea che frutterà parecchio in termini di denaro, la propone a Pietro, CEO di una grande multinazionale. C' è un inconveniente: la realizzazione dell' idea comporta gravi forme di inquinamento per l' ambiente. Ecco la reazione di Pietro: dell' ambiente non mi frega niente, passiamo pure all' azione.
SCENA SECONDA: Giovanni ha una grande idea che frutterà parecchio in termini di denaro, la propone a Pietro, CEO di una grande multinazionale. Oltretutto la realizzazione del progetto avrà ricadute positive sull' ambiente. Ecco la reazione di Pietro: dell' ambiente non mi frega niente, si passi immediatamente all' azione.
Chi assiste alla prima scena giudicherà Pietro un delinquente ambientale. Eppure, con una strana asimmetria di giudizio, assistendo alla seconda scena difficilmente sarà disposto ad assegnargli la palma di eroe dell' ecologismo.
Per delinquente intendo colui che compie un crimine in modo doloso, al contrario, eroe è chi aglisce in modo intenzionale per il bene.
Che le cose andranno così è facilmente prevedibile ed è già stato anche dimostrato. E' un classico errore di giudizio morale.
Si realizza in molte situazioni, per esempio: la multinazionale che alza i prezzi per scaricare sui consumatori l' aumento dei costi viene giudicata "avida". Ma, giustamente, quando li abbassa per riflettere una diminuzione dei costi, non viene certo giudicata "generosa".
Link.
SCENA SECONDA: Giovanni ha una grande idea che frutterà parecchio in termini di denaro, la propone a Pietro, CEO di una grande multinazionale. Oltretutto la realizzazione del progetto avrà ricadute positive sull' ambiente. Ecco la reazione di Pietro: dell' ambiente non mi frega niente, si passi immediatamente all' azione.
Chi assiste alla prima scena giudicherà Pietro un delinquente ambientale. Eppure, con una strana asimmetria di giudizio, assistendo alla seconda scena difficilmente sarà disposto ad assegnargli la palma di eroe dell' ecologismo.
Per delinquente intendo colui che compie un crimine in modo doloso, al contrario, eroe è chi aglisce in modo intenzionale per il bene.
Che le cose andranno così è facilmente prevedibile ed è già stato anche dimostrato. E' un classico errore di giudizio morale.
Si realizza in molte situazioni, per esempio: la multinazionale che alza i prezzi per scaricare sui consumatori l' aumento dei costi viene giudicata "avida". Ma, giustamente, quando li abbassa per riflettere una diminuzione dei costi, non viene certo giudicata "generosa".
Link.
giovedì 26 marzo 2009
Mistica della pecora
Calibrare i voli che sfrecciano nel buio ammutolito richiede radar raffinati, e per sospingerli occorrono motori portentosi...
... forse è meglio rinunciare all' eleganza aerea della lucida penna bistrata e ripiegare sul terragno bianco sporco dei modesti velli lanuginosi... li trascineremo a capo chino mentre si procederà con lentezza ottusa sgravata da preoccupazioni & cognizioni, li strofineremo sul fianco infiammato del nostro simile sempre diverso e sempre uguale... se proprio punteremo verso l' orrido un cagnone abbaierà per correggerci... forse un po' di adrenalina solo nel giorno del macello...
... forse è meglio rinunciare all' eleganza aerea della lucida penna bistrata e ripiegare sul terragno bianco sporco dei modesti velli lanuginosi... li trascineremo a capo chino mentre si procederà con lentezza ottusa sgravata da preoccupazioni & cognizioni, li strofineremo sul fianco infiammato del nostro simile sempre diverso e sempre uguale... se proprio punteremo verso l' orrido un cagnone abbaierà per correggerci... forse un po' di adrenalina solo nel giorno del macello...
mercoledì 25 marzo 2009
Smontarsi per dimenticarsi
Eutanasia? Il vero nichilista chiede di più. Per esempio farsi l' autopsia da sè prima di morire...
... Dettmer fa l' autopsia ai suoi libri...
... dopo non devi neanche mettere in ordine la stanza...Parole che riempiono la bocca
Il termine "Scienza" ha una doppia valenza che dovrebbe essere precisata prima di cominciare ogni dibattito. Confusione e perdite di tempo potrebbero essere eluse e con tutto cio' anche i litigi furibondi tra chi tutto sommato ha in merito a certe questioni epistemologiche idee simili.
Di seguito esprimo le due concise nozioni.
La prima nozione riduce la scienza ad una "tecnica cieca", ad un mero strumento.
Il "riduce" non vuole giudicare: a volte è meglio un significato "riduttivo" ma più nitido.
La seconda nozione implica un connotato etico: si rinvia infatti alla definizione di libertà, ovvero alla definizione di un valore.
La seconda definizione ingloba la prima: chi potrebbe negare che una conoscenza confermata sistematicamente dall' esperienza abbia buone opportunità di affermarsi?
D' altronde la storia della scienza puo' essere spiegata meglio con la seconda nozione: per esempio, molte teorie più rigorose dal punto di vista sperimentale sono state scalzate da altre meno accurate ma più semplici.
La seconda nozione fa arretrare nel tempo la nascita della "Scienza": antichità e medioevo ne uscirebbero rivalutati e non esisterebbero più "rivoluzioni scientifiche".
Ma quali sono i criteri che dovrebbero affiancarsi al metodo sperimentale? Ecco chi ne parla in modo semplice e convincente riferendosi all' economia (è una scienza?) e alla crisi contemporanea.
Curiosamente sono stati proprio i filosofi "relativisti" a rilanciare involontariamente la seconda nozione: con le loro critiche al significato di "metodo sperimentale" hanno fornito una miriade di esempi in cui ben altri criteri entrano in gioco in attività che noi pacificamente consideriamo scientifiche.
Di seguito esprimo le due concise nozioni.
- Un argomento è scientifico quando lo si consegue mediante il metodo sperimentale.
- Un argomento è scientifico quando per il suo rigore è in grado di prevalere nel tempo in una comunità di uomini liberi e ragionevoli.
La prima nozione riduce la scienza ad una "tecnica cieca", ad un mero strumento.
Il "riduce" non vuole giudicare: a volte è meglio un significato "riduttivo" ma più nitido.
La seconda nozione implica un connotato etico: si rinvia infatti alla definizione di libertà, ovvero alla definizione di un valore.
La seconda definizione ingloba la prima: chi potrebbe negare che una conoscenza confermata sistematicamente dall' esperienza abbia buone opportunità di affermarsi?
D' altronde la storia della scienza puo' essere spiegata meglio con la seconda nozione: per esempio, molte teorie più rigorose dal punto di vista sperimentale sono state scalzate da altre meno accurate ma più semplici.
La seconda nozione fa arretrare nel tempo la nascita della "Scienza": antichità e medioevo ne uscirebbero rivalutati e non esisterebbero più "rivoluzioni scientifiche".
Ma quali sono i criteri che dovrebbero affiancarsi al metodo sperimentale? Ecco chi ne parla in modo semplice e convincente riferendosi all' economia (è una scienza?) e alla crisi contemporanea.
Curiosamente sono stati proprio i filosofi "relativisti" a rilanciare involontariamente la seconda nozione: con le loro critiche al significato di "metodo sperimentale" hanno fornito una miriade di esempi in cui ben altri criteri entrano in gioco in attività che noi pacificamente consideriamo scientifiche.
Breve storia dell' antidogmatismo contemporaneo
C' è poi la questione dei "dogmi"...
Ma soprattutto c' è la questione dell' "antidogmatico": un pulcino implume ma dal pigolio penetrante. Ora scorazza facendo tanto chiasso, ma da dove viene? In questo post cerco di individuare l' uovo che ha rotto con il suo beccuccio prima di piombare quaggiù saturando il panorama culturale con il suo strano verso a cui in molti hanno ceduto acriticamente.
Tutti noi, in un modo o nell' altro, crediamo in qualcosa. Pensiamo che ci siano alcuni criteri di fondo su cui basare il nostro giudizio, qualcosa che ci fa dire che certe pratiche sono inaccettabili. La ragione, infatti, non è in grado da sola di "motivare" l' uomo.
Avere dei "buoni dgmi" diventa decisivo per combattere le cattive idee e rendere migliore la nostra vita.
Ma le "cattive idee", oggi come oggi, ci minacciano con armi scariche, almeno se paragonate ai cannoni tonitruanti con cui ci bombardano gli intelligentoni che vorrebbero "liberarci dai dogmi".
Il modo consueto per dichiarare guerra ai "buoni dogmi" lo conosciamo molto bene: consiste nel dire che qualsiasi dogma è una calamità.
Riflettiamo un attimo. Espulsi i dogmi cosa ci resta? Su cosa puo' ancora applicarsi la ragione?
Restano i sentimenti più superficiali o più animaleschi, restano le "buone intenzioni", l' estetismo del lessico impiegato, l' isteria viscerale (scandalo/indignazione), il pragmatismo delle voglie estemporanee, resta la mera tecnica che ci fa veleggiare a tutta velocità infischiandosene del timone.
E' per questo che l' anti-dogmatico contemporaneo, dovendo far leva sul sentimentalismo, ci appare continuamente come "buono". Continua a ripetere "I Care" appena le cose vanno male. Lo sfoggio dei buoni sentimenti è la sua ultima trincea. Dopodichè passa subito all' azione (tecnica) svincolato da ogni principio guida che per lui sarebbe una gabbia dogmatica.
Gli sembra così facendo di essere dalla parte giusta. I "buoni" hanno sempre ragione. Gli sembra così facendo di andare da qualche parte: gli specialisti (allevati e vissuti sempre in laboratorio, meglio se robot) sanno quello che fanno.
Forse è stata la Storia a spingerlo in quell' angolo. Una Storia male interpretata.
L' anti-dogmatico guarda alla macelleria del XX secolo e incolpa le ideologie.
Siccome comprende anche la sua (il comunismo), si sente nobilitato da questa autocritica e dalle rughe del suo volto compunto. Questo teatrino della sofferenza di chi fa i conti con la propria storia piena di errori lo rende un "esistenzialista" e gli consente di tenere le distanze dai borghesi appagati che ha sempre disprezzato. Redento sì, ma convertito no e poi no!
Ora mi chiedo (retoricamente) se il '900 sia stato solo il secolo delle "ideologie". Il Fascismo è innanzitutto un parto intellettuale, in questo senso pochi potrebbero toglierli il marchio di "ideologia". Lo stesso dicasi per il Comunismo.
Ma il Nazismo cosa è stato? Tonnellate di libri sono stati scritti per definire questo strano socialismo statalista, ma in pochi hanno potuto svincolarlo dalla persona di Hitler per farsene un' idea oggettiva. Al punto che Nazismo e Hitlerismo sono ormai diventati sinonimi. In questo senso il regime Nazista non è affatto ideologico, bensì la forma assunta dal pragmatismo hitleriano. Una forma del pragmatismo, dunque. Che se lo metta bene in testa l' anti-dogmatico.
L' antidogmatico naturalmente ha i suoi dogmi, ma la Storia del novecento - grossolanamente interpretata come fallimento di tutte le ideologie - lo terrorizza al punto che non oserebbe mai metterli nero su bianco con onestà. Ironia della sorte, quella stessa Storia che l' ha disilluso, oggi continua a danneggiarlo terrorizzandolo.
La ragione mi fa considerare dannosa la presenza dell' anti-dogmatico: nega l' influsso altamente positivo che i "buoni dogmi" hanno sulle nostre vite.
Il sentimento me lo rende antipatico: non si potrebbe negare l' esistenza delle proprie credenze senza una buona dose di ipocrisia. Proprio in dispregio a questo fariseismo ho voluto chiamare "dogmi" cio' che avrei potuto chiamare "principio" o "ideale". Ho insomma snobbato la guerriglia terminologica che tanto appassiona l' antidogmatico (nel "cosa rimane senza i dogmi" elencavo anche i sterili distinguo sul lessico).
Infine, chi non sarebbe disturbato da un "buono" di professione tanto dedito ai comizi?
Ma soprattutto c' è la questione dell' "antidogmatico": un pulcino implume ma dal pigolio penetrante. Ora scorazza facendo tanto chiasso, ma da dove viene? In questo post cerco di individuare l' uovo che ha rotto con il suo beccuccio prima di piombare quaggiù saturando il panorama culturale con il suo strano verso a cui in molti hanno ceduto acriticamente.
Tutti noi, in un modo o nell' altro, crediamo in qualcosa. Pensiamo che ci siano alcuni criteri di fondo su cui basare il nostro giudizio, qualcosa che ci fa dire che certe pratiche sono inaccettabili. La ragione, infatti, non è in grado da sola di "motivare" l' uomo.
Avere dei "buoni dgmi" diventa decisivo per combattere le cattive idee e rendere migliore la nostra vita.
Ma le "cattive idee", oggi come oggi, ci minacciano con armi scariche, almeno se paragonate ai cannoni tonitruanti con cui ci bombardano gli intelligentoni che vorrebbero "liberarci dai dogmi".
Il modo consueto per dichiarare guerra ai "buoni dogmi" lo conosciamo molto bene: consiste nel dire che qualsiasi dogma è una calamità.
Riflettiamo un attimo. Espulsi i dogmi cosa ci resta? Su cosa puo' ancora applicarsi la ragione?
Restano i sentimenti più superficiali o più animaleschi, restano le "buone intenzioni", l' estetismo del lessico impiegato, l' isteria viscerale (scandalo/indignazione), il pragmatismo delle voglie estemporanee, resta la mera tecnica che ci fa veleggiare a tutta velocità infischiandosene del timone.
E' per questo che l' anti-dogmatico contemporaneo, dovendo far leva sul sentimentalismo, ci appare continuamente come "buono". Continua a ripetere "I Care" appena le cose vanno male. Lo sfoggio dei buoni sentimenti è la sua ultima trincea. Dopodichè passa subito all' azione (tecnica) svincolato da ogni principio guida che per lui sarebbe una gabbia dogmatica.
Gli sembra così facendo di essere dalla parte giusta. I "buoni" hanno sempre ragione. Gli sembra così facendo di andare da qualche parte: gli specialisti (allevati e vissuti sempre in laboratorio, meglio se robot) sanno quello che fanno.
Forse è stata la Storia a spingerlo in quell' angolo. Una Storia male interpretata.
L' anti-dogmatico guarda alla macelleria del XX secolo e incolpa le ideologie.
Siccome comprende anche la sua (il comunismo), si sente nobilitato da questa autocritica e dalle rughe del suo volto compunto. Questo teatrino della sofferenza di chi fa i conti con la propria storia piena di errori lo rende un "esistenzialista" e gli consente di tenere le distanze dai borghesi appagati che ha sempre disprezzato. Redento sì, ma convertito no e poi no!
Ora mi chiedo (retoricamente) se il '900 sia stato solo il secolo delle "ideologie". Il Fascismo è innanzitutto un parto intellettuale, in questo senso pochi potrebbero toglierli il marchio di "ideologia". Lo stesso dicasi per il Comunismo.
Ma il Nazismo cosa è stato? Tonnellate di libri sono stati scritti per definire questo strano socialismo statalista, ma in pochi hanno potuto svincolarlo dalla persona di Hitler per farsene un' idea oggettiva. Al punto che Nazismo e Hitlerismo sono ormai diventati sinonimi. In questo senso il regime Nazista non è affatto ideologico, bensì la forma assunta dal pragmatismo hitleriano. Una forma del pragmatismo, dunque. Che se lo metta bene in testa l' anti-dogmatico.
L' antidogmatico naturalmente ha i suoi dogmi, ma la Storia del novecento - grossolanamente interpretata come fallimento di tutte le ideologie - lo terrorizza al punto che non oserebbe mai metterli nero su bianco con onestà. Ironia della sorte, quella stessa Storia che l' ha disilluso, oggi continua a danneggiarlo terrorizzandolo.
La ragione mi fa considerare dannosa la presenza dell' anti-dogmatico: nega l' influsso altamente positivo che i "buoni dogmi" hanno sulle nostre vite.
Il sentimento me lo rende antipatico: non si potrebbe negare l' esistenza delle proprie credenze senza una buona dose di ipocrisia. Proprio in dispregio a questo fariseismo ho voluto chiamare "dogmi" cio' che avrei potuto chiamare "principio" o "ideale". Ho insomma snobbato la guerriglia terminologica che tanto appassiona l' antidogmatico (nel "cosa rimane senza i dogmi" elencavo anche i sterili distinguo sul lessico).
Infine, chi non sarebbe disturbato da un "buono" di professione tanto dedito ai comizi?
martedì 24 marzo 2009
Perchè gli economisti bravi non sono anche ricchi?
Perchè le due cose richiedono abilità diverse.
All' economista ortodosso non viene chiesto di fare previsioni sul medio/breve periodo.
Sono le sue stesse "scoperte" a disimpegnarlo: l' ipotesi fondamentale della teoria finanziaria dice che ogni previsione, se i mercati finanziari sono sufficientemente efficienti, è irrazionale.
Certo, l' economista puo' raccomandare un ben preciso assetto istituzionale, ma poichè questo assetto intergisce con il contesto culturale e lo trasforma, i tempi necessari per produrre "efficienza" sono variabili.
Ma se la "predittività" delle teorie non è decisiva nel giudizio sul lavoro dell' economista, a costui spetta ancora il titolo di scienziato?
Forse sì. Se chiamiamo "scienza" quell' apparato di argomenti in grado di convincere in modo duraturo una comunità di uomini liberi e ragionevoli, c' è ancora qualche speranza. Infatti, altri elementi oltre alla verificabilità assumono importanza capitale. Quali?
Un buon post sul tema.
All' economista ortodosso non viene chiesto di fare previsioni sul medio/breve periodo.
Sono le sue stesse "scoperte" a disimpegnarlo: l' ipotesi fondamentale della teoria finanziaria dice che ogni previsione, se i mercati finanziari sono sufficientemente efficienti, è irrazionale.
Certo, l' economista puo' raccomandare un ben preciso assetto istituzionale, ma poichè questo assetto intergisce con il contesto culturale e lo trasforma, i tempi necessari per produrre "efficienza" sono variabili.
Ma se la "predittività" delle teorie non è decisiva nel giudizio sul lavoro dell' economista, a costui spetta ancora il titolo di scienziato?
Forse sì. Se chiamiamo "scienza" quell' apparato di argomenti in grado di convincere in modo duraturo una comunità di uomini liberi e ragionevoli, c' è ancora qualche speranza. Infatti, altri elementi oltre alla verificabilità assumono importanza capitale. Quali?
Un buon post sul tema.
lunedì 23 marzo 2009
Accesso ai sanitari: il bagno come risosrsa scarsa
... lascia perdere cene, aperitivi, viaggi, risate, iperboli, frizzi & lazzi...
... concentrati sulle procedure e calibra la routine, è lì che il Cobra si annida, colpisce e inocula le tossine della necrosi interpersonale...
... concentrati sulle procedure e calibra la routine, è lì che il Cobra si annida, colpisce e inocula le tossine della necrosi interpersonale...
mercoledì 18 marzo 2009
Voglia di fermarsi.
Se mai la tribù primitiva che ci abita da qualche parte nell' immaginario rinvenisse l' arma segreta con cui opporsi ad ogni movimento "in avanti", non lo scoprirebbe mai in una lega miracolosa da cui forgiare i ferri delle sue lance...
... piuttosto nella magia di una filastrocca, di un limerik, di una formula, di un abracadabra, di una conta secca che sanno ritmare solo labbra esercitate a sifonare il veleno del Mamba Reale dall' arto lillà degli spacciati...
... piuttosto nella magia di una filastrocca, di un limerik, di una formula, di un abracadabra, di una conta secca che sanno ritmare solo labbra esercitate a sifonare il veleno del Mamba Reale dall' arto lillà degli spacciati...
Quando la confezione è tutto
La Lega propone che lo stupratore, qualora si sottoponga volontariamente a castrazione chimica, possa usufruire di alcuni vantaggi nello scontare la sua pena.
Siamo alle solite, il PD si oppone? No, grida alla "barbarie" usando la voce della capogruppo in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. Certi spettacolini tristi non riescono proprio ad evitarli, manco ci fosse ancora di mezzo l' imbarazzante presenza di qualche reperto della "sinistra radicale" o il folklore molisano di un Di Pietro. No, ora che si sono liberati del "vecchio" e dell' "impresentabile" si accorgono di essere loro stessi impresentabili.
In questa "indignazione" sta tutta la sconfitta culturale - prima ancora che politica - di un' ideologia che ha lasciato sul campo cervelli in perenne ricerca di una bussola e provvisti solo di un noioso e prevedibile istinto animalesco verso il pol. corr.
Scommettete che, come già successo decine di volte, passato qualche tempo dall' "indignazione scandalizzata", quando si saranno calmate le acque, dalle file che ora berciano la loro contestazione, si avranno proposte similari salvo che nella confezione?
Sì, perchè i termini della proposta sono più che ragionevoli, si tratta di uno scambio: tu mi dai la garanzia di non ripetere il reato e io ti sconto la pena. Si puo' non essere d' accordo, si puo' proporre una diversa formulazione dello scambio, ma scandalizzarsi in nome della "civiltà" e delle "barbarie" è materia per lo psicologo prima ancora che per il politico o il sociologo.
Ma qui c' è anche qualcosa in più: come poter dare credito a queste persone che fanno finta di difendere la scelta individuale in occasione del testamento biologico o in casi ancora più delicati, quando invece mettere enfasi sulla scelta individuale del condannato non attenua in nulla la loro ennesima crisi di nervi? Forse del pro-choice non frega niente a questa gente. Quel che importa per chi ha solo una "confezione" da offrire e una storia da nascondere, è il brivido che prova a tirare una sassata contro l' ogiva istoriata di qualche Cattedrale che ostenta invece con orgoglio millenni di saggezza e di presenza sostanziale sul campo accanto all' Uomo.
Siamo alle solite, il PD si oppone? No, grida alla "barbarie" usando la voce della capogruppo in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. Certi spettacolini tristi non riescono proprio ad evitarli, manco ci fosse ancora di mezzo l' imbarazzante presenza di qualche reperto della "sinistra radicale" o il folklore molisano di un Di Pietro. No, ora che si sono liberati del "vecchio" e dell' "impresentabile" si accorgono di essere loro stessi impresentabili.
In questa "indignazione" sta tutta la sconfitta culturale - prima ancora che politica - di un' ideologia che ha lasciato sul campo cervelli in perenne ricerca di una bussola e provvisti solo di un noioso e prevedibile istinto animalesco verso il pol. corr.
Scommettete che, come già successo decine di volte, passato qualche tempo dall' "indignazione scandalizzata", quando si saranno calmate le acque, dalle file che ora berciano la loro contestazione, si avranno proposte similari salvo che nella confezione?
Sì, perchè i termini della proposta sono più che ragionevoli, si tratta di uno scambio: tu mi dai la garanzia di non ripetere il reato e io ti sconto la pena. Si puo' non essere d' accordo, si puo' proporre una diversa formulazione dello scambio, ma scandalizzarsi in nome della "civiltà" e delle "barbarie" è materia per lo psicologo prima ancora che per il politico o il sociologo.
Ma qui c' è anche qualcosa in più: come poter dare credito a queste persone che fanno finta di difendere la scelta individuale in occasione del testamento biologico o in casi ancora più delicati, quando invece mettere enfasi sulla scelta individuale del condannato non attenua in nulla la loro ennesima crisi di nervi? Forse del pro-choice non frega niente a questa gente. Quel che importa per chi ha solo una "confezione" da offrire e una storia da nascondere, è il brivido che prova a tirare una sassata contro l' ogiva istoriata di qualche Cattedrale che ostenta invece con orgoglio millenni di saggezza e di presenza sostanziale sul campo accanto all' Uomo.
giovedì 12 marzo 2009
Con la sua parlata grassa...
... e con quell' ornamentale crepitio di catarri insinuati tra le bollicine del bianco... quando si dismetteva frettolosamente in un cantuccio il bombardino al termine del servizio bandistico (un funerale) e ancora in divisa erano già pronte le coppie... e si contestava al dirimpettaio un punto a pinacola... e si profanava il cielo per l' anomala concentrazione di assi... usando sempre la parola più giusta, quella che non svilisce in farsa un' incazzatura che pur festosa doveva restare autentica, quella parola che solo il dialetto di confine vende sottobanco, l' unica parola che s' intona con il rigolo che scocca dietro la pergola, l' unica che sposa bene i campanellini dei flipper... mentre in un contrappunto di sordi bip un lazzarone in ciabatte spinge il primo supermario verso una curva a gomito. Impermeabile al terzo tocco che chiama l' ignara Madre alla Santa Messa.
Fascista sarà lei
Sto leggendo l' ultima fatica di Jonah Goldberg. Ci si concentra sull' uso della parola "fascista" e di come viene usata in America nel dibattito politico. O meglio, di come viene usata quando si vuole evitare qualsiasi genere di dibattito.
Ho trovato l' argomento appassionante, anche perchè non mi sembra che le idee del nostro soffrano granchè una volta traslate nel contesto italico. E poi, con B. al governo, la lagna e l' insulto con abusi linguistici diventa puntualmente assordante (deve essere un riflesso super condizionato per gratificare se stessi e la propria autostima visto che dal punto di vista elettorale la cosa non paga).
"Evitare il dibattito". Pratica eminentemente "fascista", penserà qualcuno. E siamo già al cuore della questione.
Anche JG ha notato infatti come la parolina ricorra in bocca a chi vede fascisti dappertutto, tranne che allo specchio.
Ha notato poi come nell' immaginario di costoro la "società ideale", per come la descrivono, assomigli in modo imbarazzante ad una "società fascista", basti pensare all' ossesione per la "giustizia sociale".
I fumi alzati dai camini di campi di concentramento hanno coperto davvero molte cose (e non parlo certo dei treni che arrivavano in orario). Peccato. E meno male che qualcuno cerca di dissiparli tentando di capire da dove diavolo arrivasse l' enorme consenso che ha fatto partorire alla democrazia (madre legittima) un mostro del genere.
Griffin, Gentile, Nolte, Furet, Arendt, Robinson... Goldberg non si nasconde che la "definizione" di fascismo sia piuttosto vaga e quindi idonea a costruire un contenitore vuoto da riempire a seconda del bisogno estemporaneo.
Eppure un profilo ideologico puo' essere stilizzato. Poi, ci si allontana un attimo e si valutano le somiglianze per capire dove bazzicano oggi i figli legittimi. Sorpresa: è la "sinistra progressista" a sfoggiare i cromosomi più compatibili, la storia e la teoria confermano. Avviso: traduco "liberal" con "sinistra progressista", non credo che così facendo s' ingenerino equivoci depistanti.
JG fa innumerevoli esempi tratti dall' attualità dell' abuso linguistico a cui il termine fascista è stato sottoposto, non c' è solo accademia ma anche parecchi casi concreti: nella serie West Wing della NBC, chi sostiene i "buoni scuola" viene liquidato come "fascista". Esiste qualcosa di meno "fascista" dei "buoni scuola"? Una delle poche domande a cui l' universo tutto degli specialisti darebbe risposta concorde.
Presentando situazioni con un simile gradiente di assurdità, è facile per JG rendere interessante il suo voluminoso libro.
Attenzione, JG non vuole arrivare a dire che chi si schiera per la "sanità socializzata" o per lo "smoking ban" sia un fascista in pectore. La sensibilità per l' ambiente non basta a renderti una camicia bruna che marcia con il passo dell' oca. Intende invece attaccare un' assunzione granitica, e cioè quella per cui siano i conservatori ad avere pericolose contiguità con il pensiero totalitario di stampo fascista. E' vero semmai il contrario, sono i "modernisti" a rischiare.
Prima di degenerare nell' orrore, Fascismo e Nazismo erano due ideali utopici che seducevano i cuori più magnanimi e inclini alla giustizia sociale. Erano quelli bei tempi, tutto era più trasparente anche per lo storico: particolarmente sintomatico l' idillio naturale che personalità chiave della "sinistra" intrattennero con le idee e gli apparati fascisti, basti pensare che Mussolini era il dichiarato modello di riferimento per F. D. Roosvelt e per il suo New Deal. Il rosario di nomi e fatti lo lascio sgranare a JG (per l' Italia hanno detto qualcosa la Serri e Battista).
Solo quando i regimi caddero in disgrazia macchiandosi dei noti orrori, partì la retorica della presa di distanza. Una campagna di successo, visto come ha ridotto il nostro povero senso comune e soprattutto il nostro linguaggio quando litighiamo parlando di politica.
A cio' si aggiunge che Stalin cominciò a bollare come "fascisti" tutti quei socialisti "sleali", a partire da Trotsky. Anti-fascista con il bollo, dunque, divenne solo lo staliniano puro sangue.
Il fascismo, una volta compreso, non può essere certamente etichettato come un movimento di destra. Chi non ha recepito il messaggio di De Felice, magari avrà più facilità con quello di un giovane brillante come JG.
L' errore centrale, ammonisce l' autore, consiste nel pensare comunismo e fascismo come contrapposti. Non lo furono mai sia nella pratica che nelle idee. La guerra che si fecero fu rabbiosa come possono esserlo solo quelle tra parenti strettissimi che reclamano la medesima eredità.
Impressioni personali. Condivido l' idea di fondo, ho sempre mentalmente considerato il Movimento Sociale a sinistra, e certe convergenze che qualcuno giudica sorprendenti non mi hanno mai sorpreso, chissà perchè.
Il dibattito sui "sindaci sceriffo" mi sembra sintomatico. Perchè se un sindaco di sinistra vuole far rispettare con rigore la legge deve essere attaccato tanto pesantemente? Non vedo vere ragioni al di là di quelle ideologiche: una sinistra che usa certi metodi non potrà più distinguersi da cio' che lei stessa ha sempre chiamato con disprezzo puerile "destra fascista", non potrà distinguersi visto che la demarcazione non puo' essere certo reperita nella sostanza. Questa impotenza fa scattare spaesamento, rabbia e aggressione politica.
Lasciamo perdere la tesi azzardata per cui il primo esperimento fascista lo si ebbe nell' America di Woodrow Wilson. Resta comunque una pietra d' inciampo: il razzismo dei Nazisti. Goldberg non la elude. Troppo lungo descrivere la sua traettoria (che non convince fino in fondo), vi partecipo solo la domanda con cui inizia l' esposizione: perchè la Sinistra quando parla delle "Pantere Nere" o dei "Fratelli Mussulmani" o di "Hamas" non mette mai al centro la natura razzista di questi movimenti?
JG è ideologicamente schierato in un movimento dove non tutti concordano sulla sua linea. Ecco un video (in inglese) dove dibatte con un altro libertario di stampo più progressista, Will Wilkinson.
Ho trovato l' argomento appassionante, anche perchè non mi sembra che le idee del nostro soffrano granchè una volta traslate nel contesto italico. E poi, con B. al governo, la lagna e l' insulto con abusi linguistici diventa puntualmente assordante (deve essere un riflesso super condizionato per gratificare se stessi e la propria autostima visto che dal punto di vista elettorale la cosa non paga).
"Evitare il dibattito". Pratica eminentemente "fascista", penserà qualcuno. E siamo già al cuore della questione.
Anche JG ha notato infatti come la parolina ricorra in bocca a chi vede fascisti dappertutto, tranne che allo specchio.
Ha notato poi come nell' immaginario di costoro la "società ideale", per come la descrivono, assomigli in modo imbarazzante ad una "società fascista", basti pensare all' ossesione per la "giustizia sociale".
I fumi alzati dai camini di campi di concentramento hanno coperto davvero molte cose (e non parlo certo dei treni che arrivavano in orario). Peccato. E meno male che qualcuno cerca di dissiparli tentando di capire da dove diavolo arrivasse l' enorme consenso che ha fatto partorire alla democrazia (madre legittima) un mostro del genere.
Griffin, Gentile, Nolte, Furet, Arendt, Robinson... Goldberg non si nasconde che la "definizione" di fascismo sia piuttosto vaga e quindi idonea a costruire un contenitore vuoto da riempire a seconda del bisogno estemporaneo.
Eppure un profilo ideologico puo' essere stilizzato. Poi, ci si allontana un attimo e si valutano le somiglianze per capire dove bazzicano oggi i figli legittimi. Sorpresa: è la "sinistra progressista" a sfoggiare i cromosomi più compatibili, la storia e la teoria confermano. Avviso: traduco "liberal" con "sinistra progressista", non credo che così facendo s' ingenerino equivoci depistanti.
JG fa innumerevoli esempi tratti dall' attualità dell' abuso linguistico a cui il termine fascista è stato sottoposto, non c' è solo accademia ma anche parecchi casi concreti: nella serie West Wing della NBC, chi sostiene i "buoni scuola" viene liquidato come "fascista". Esiste qualcosa di meno "fascista" dei "buoni scuola"? Una delle poche domande a cui l' universo tutto degli specialisti darebbe risposta concorde.
Presentando situazioni con un simile gradiente di assurdità, è facile per JG rendere interessante il suo voluminoso libro.
Attenzione, JG non vuole arrivare a dire che chi si schiera per la "sanità socializzata" o per lo "smoking ban" sia un fascista in pectore. La sensibilità per l' ambiente non basta a renderti una camicia bruna che marcia con il passo dell' oca. Intende invece attaccare un' assunzione granitica, e cioè quella per cui siano i conservatori ad avere pericolose contiguità con il pensiero totalitario di stampo fascista. E' vero semmai il contrario, sono i "modernisti" a rischiare.
Prima di degenerare nell' orrore, Fascismo e Nazismo erano due ideali utopici che seducevano i cuori più magnanimi e inclini alla giustizia sociale. Erano quelli bei tempi, tutto era più trasparente anche per lo storico: particolarmente sintomatico l' idillio naturale che personalità chiave della "sinistra" intrattennero con le idee e gli apparati fascisti, basti pensare che Mussolini era il dichiarato modello di riferimento per F. D. Roosvelt e per il suo New Deal. Il rosario di nomi e fatti lo lascio sgranare a JG (per l' Italia hanno detto qualcosa la Serri e Battista).
Solo quando i regimi caddero in disgrazia macchiandosi dei noti orrori, partì la retorica della presa di distanza. Una campagna di successo, visto come ha ridotto il nostro povero senso comune e soprattutto il nostro linguaggio quando litighiamo parlando di politica.
A cio' si aggiunge che Stalin cominciò a bollare come "fascisti" tutti quei socialisti "sleali", a partire da Trotsky. Anti-fascista con il bollo, dunque, divenne solo lo staliniano puro sangue.
Il fascismo, una volta compreso, non può essere certamente etichettato come un movimento di destra. Chi non ha recepito il messaggio di De Felice, magari avrà più facilità con quello di un giovane brillante come JG.
L' errore centrale, ammonisce l' autore, consiste nel pensare comunismo e fascismo come contrapposti. Non lo furono mai sia nella pratica che nelle idee. La guerra che si fecero fu rabbiosa come possono esserlo solo quelle tra parenti strettissimi che reclamano la medesima eredità.
Impressioni personali. Condivido l' idea di fondo, ho sempre mentalmente considerato il Movimento Sociale a sinistra, e certe convergenze che qualcuno giudica sorprendenti non mi hanno mai sorpreso, chissà perchè.
Il dibattito sui "sindaci sceriffo" mi sembra sintomatico. Perchè se un sindaco di sinistra vuole far rispettare con rigore la legge deve essere attaccato tanto pesantemente? Non vedo vere ragioni al di là di quelle ideologiche: una sinistra che usa certi metodi non potrà più distinguersi da cio' che lei stessa ha sempre chiamato con disprezzo puerile "destra fascista", non potrà distinguersi visto che la demarcazione non puo' essere certo reperita nella sostanza. Questa impotenza fa scattare spaesamento, rabbia e aggressione politica.
Lasciamo perdere la tesi azzardata per cui il primo esperimento fascista lo si ebbe nell' America di Woodrow Wilson. Resta comunque una pietra d' inciampo: il razzismo dei Nazisti. Goldberg non la elude. Troppo lungo descrivere la sua traettoria (che non convince fino in fondo), vi partecipo solo la domanda con cui inizia l' esposizione: perchè la Sinistra quando parla delle "Pantere Nere" o dei "Fratelli Mussulmani" o di "Hamas" non mette mai al centro la natura razzista di questi movimenti?
JG è ideologicamente schierato in un movimento dove non tutti concordano sulla sua linea. Ecco un video (in inglese) dove dibatte con un altro libertario di stampo più progressista, Will Wilkinson.
mercoledì 11 marzo 2009
Mi fa male, dottore...
Non qui. No, non qui.
... altri labirinti anatomici di Valerio Carrubba...
Non lo so più nemmeno io dove...
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