sabato 25 settembre 2010

Coscienze mal ridotte

IPOTESI 1. Sappiamo con certezza che la felicità di un soggetto è correlata con l' attività di una parte (P) del suo cervello.

IPOTESI 2. Possediamo uno strumento in grado di fotografare e misurare P. Chiamiamo questo strumento "Feliciometro" (F).

IPOTESI 3. Aldo ha il frigo pieno di coche, eppure lui preilige il chinotto, lo conferma F: quando Aldo beve un chinotto, F segna 1000; se invece si scola una coca, F segna 300.

IPOTESI 4. Giacomo è l' opposto di Aldo. Non si sa perchè ma il suo frigo è pieno di chinotti, eppure lui ama le coche molto più dei chinotti. F in merito è chiaro: 1000 per la coca, 300 per il chinotto.

Come puo' un governante aumentare la felicità complessiva della comunità composta da Aldo e Giacomo?

SOLUZIONE 1. Il politico, F alla mano, delibera una legge in cui impone che i chinotti di Giacomo vengano trasferiti nel frigo di Aldo e le coche di Aldo vengano trasferite nel frigo di giacomo.

SOLUZIONE 2. La disponibilità di F è politicamente irrilevante.

CONSIDERAZIONE 1. S1 identifica la coscienza con il cervello mentre S2 non ha bisogno di operazioni tanto azzardate.

CONSIDERAZIONE 2. S2 ha esiti concreti che possono essere simili a quelli di S1 visto che Aldo e Giacomo possono pur sempre scambiarsi le bevante spontaneamente senza intervento politico.

CONSIDERAZIONE 3. F non garantisce mai interventi politici più efficienti di quelli del mercato libero: il politico non sa se Aldo con il suo "300" sia più o meno felice di Giacomo con il suo "1000". La felicità, per quanto misurabile, resta un sentimento interiore e inesprimibile. Per contro S2 spesso puo' essere più efficiente di S1, pensiamo solo al fatto che Aldo (o Giacomo) abbia il frigo vuoto.

Soldi contro cervelli

Perchè i cervelloni odiano il capitalismo?

Una questione d' interessi.

Quando tornava loro comodo, infatti, mlo amavano eccome.

Alan S. Kahan, Mind vs. Money: The War between Intellectuals and Capitalism.

To put it baldly, since capitalism undermined aristocracy, it was a good thing from an intellectual's point of view.

http://ratio.se/media/52636/dk_kahan.pdf

Spontaneismo

"Non credo nei sistemi che si autoorganizzano (SA)" (Davide).

Presa nella sua radicalità l' affermazione è senz' altro eccentrica e in diversi ambiti condanna alla marginalità chi la sottoscrive. Vediamo un po'.

Un SA puo' essere definito come quell' ordine che emerge da un sistema decisionale decentrato.

L' alternativa ad SA è l' accentramento decisionale. Chi non crede in SA crede in soluzioni centralizzate.

In diversi ambiti del sapere umano le soluzioni SA sembrano decisamente vincenti.

BIOLOGIA. L' evoluzionismo interpreta la vita sulla terra in termini di SA. Secondo sapida metafora il decisore ultimo è il gene egoista. L' alternativa è l' ID.

POLITICA. Federalismo e Democrazia decentrano il potere decisionale ultimo. Chi non crede in SA opta per le forme totalitaria.

ECONOMIA. Il Mercato delega le decisioni ai singoli operatori che faranno emergere un SA. L' alternativa è il socialismo.

DIRITTI. La Common Law anglosassone delega ai singoli tribunali la scoperta del diritto e punta su forme di SA. L' alternativa è il primato della politica, il giuspositivismo.

Creazionista, totalitario, socialista e giuspositivista... ecco un primo profilo di chi "non crede nei sistemi autoorganizzati" in generale.

Due quesiti:

1) e in PEDAGOGIA?

2) le scelte in ciascun ambito sono indipendenti l' una dall' altra?

sabato 11 settembre 2010

Il dilemma della neo-femminista

Le forme (corporee) delle scrittrici sembrano sollevare problemi parecchio sentiti. Chi le apprezza è sottoposto al fuoco di critiche puntute (vedi Vespa).

Non manca chi per "intrattenere" la butta sull' invidia (... io non ne posso più delle brutte che difendono le belle, delle devastate in amore che mettono in guardia le donne corteggiate cercando di impedire a loro di provare a vivere un sentimento, di lesbiche represse...) , ma spiegano poco.

Il fronte più attivo comunque è, come dicevo, quello dei contestatori.

Tra costoro, alcuni ne fanno una questione di gusto, ma qui l' interesse scema visto che de gustibus non est disputandum.

Altri, più raffinati, con le loro denunce hanno in mente di partecipare ad una "strategia di liberazione del corpo femminile".

Anche il neo-femminismo ha paura però d' imparentarsi con l' insopportabile vetero-femminismo. Ecco allora che nel tentativo di edulcorare gli schemi concettuali che ha ricevuto in eredità, parla molto più semplicemente di "stereotipi" dannosi per la donna e da combattere.

Ma così facendo rischia d' imboccare un vicolo cieco.

Sono stato in libreria e ho potuto sfogliare i libri di Loredana Lipperini, sono un lungo elenco di stereotipi che danneggiano la donna. Una malapianta da sradicare. Ma come?

Approfondiamo il concetto di "stereotipo".

Gli economisti traducono il concetto di "stereotipo" nel concetto di "statistical discrimination"; cerco di chiarire quest' ultimo con un esempio.

Vorrei diventare amico di Giovanni e cerco qualcosa per attrarre la sua attenzione, so che è indaffaratissimo e ha poco tempo da dedicarmi, siamo in molti ad ambire un legame con lui.

Riesco ad avere un piccolo contatto nel quale fa giusto in tempo a chiedermi da dove vengo. Saputo che vengo da Varese fa una smorfia e se ne va, il tempo è scaduto.

Giovanni andandosene pensa: "Varese... sarà un leghista e io odio quel genere di persone... eviterò di perdere altro tempo con questo varesino, meglio piuttosto insistere con quel perugino che ho incontrato ieri...".

Giovanni ha sbagliato il suo giudizio e per colpa dei suoi stereotipi io ne ricevo un danno, il mio sogno va in frantumi.

Nondimeno Giovanni ha agito razionalmente: che ne sa lui di me, che ne sa del mio "concorrente" perugino? Nulla. Dovendo decidere opta per il perugino, ci sono meno probabilità di incontrare uno zotico leghista, la cosa che Giovanni vuole evitare innanzitutto.

Mi sento come se avessi subito un' ingiustizia: io non sono affatto leghista! Me se c' è un' ingiustizia, allora c' è anche un colpevole. Cerco qualcuno su cui riversare la colpa.

1. Non posso darla a Giovanni, lui in fondo ha agito razionalmente. Come posso accusare chi agisce razionalmente? Anch' io avrei fatto come lui.

2. Forse dovrei accusare i leghisti varesini, è il loro numero eccessivo ad inficiare il giudizio di Giovanni. Ma come faccio ad accusare una persona per il semplice fatto di avere un' idea? Evidentemente è impossibile.

Nessun colpevole, nessuna ingiustizia, solo un triste destino da accettare.

Gli stereotipi sono dunque portatori di un triste destino da accettare.

Ma il neo femminismo, nel momento in cui si accanisce contro gli stereotipi, ritiene che la donna sia vittima di ingiustizie o di un triste destino?

Come si lotta contro uno stereotipo dal momento che non ci sono colpevoli?

Non posso "lottare" contro Giovanni: lui risponde correttamente agli incentivi che incontra.

Non posso lottare contro gli uomini: loro giudicano (anche) i corpi visto che in genere le donne desiderano e cercano (anche) un giudizio sui loro corpi.

Non posso lottare contro i "leghisti varesini": hanno una loro idea e "de gustibus...".

Non posso lottare contro quelle che giudico "troiette": se amano esibire i loro corpi e cercare un consenso... "de gustibus...".

Che senso avrebbero queste lotte: i gusti degli altri vanno rispettati e così pure chi coltiva i propri interessi nel rispetto altrui.

Ma la neo femminista piuttosto che rinunciare alla lotta preferisce a questo punto recuperare alcuni strumenti "vetero" grondanti di marxismo, roba che avrebbe lasciato volentieri da parte.

Eccola allora attaccare il "maschio" che dà a certe donne cio' che in fondo loro chiedono. In realtà sta custodendo i suoi privilegi.

Questo attacco ha il pregio di identificare un nemico ben preciso ("il maschio") e di mantenere la lotta in termini di "lotta di classe" (maschi contro femmine), detto in altri termini viene salvaguardata la "sorellanza" tra donne. L' aspetto "complottistico" poi affascina sempre.

In altri casi la neo-femminista attinge al repertorio concettuale "vetero" per contrarre prestiti di natura differente, in particolare piace riesumare il concetto di "falsa coscienza": le donne desiderano cio' che in realtà non desiderano... e noi, le illuminate, dobbiamo farglielo sapere.

Probabilmente non ci sono altre vie nella lotta allo stereotipo razionale, di sicuro per una mentalità liberale queste vie sono mulattiere piene di rovi e in genere preferisce evitare escursioni da quelle parti.

venerdì 10 settembre 2010

Dimostrare Dio nel 2010

Sono ancora proponibili delle prove in grado di indirizzare la ragione verso Dio? Io penso di sì.

PROVA COSMOLOGICA. Swinburne: Dio è la spegazione più semplice (*). Vedi anche il Kalam argument riproposto da William Lane Craig.

PROVA LOGICA: da Anselmo a Godel, fino a Berti, gli apologeti non mancano.

PROVA TELEOLOGICA (VERSANTE ANTROPICO): l' esistenza dell' universo e la sua comprensione costituiscono una coincidenza che giustifica la fede. Ruini scala la montagna da questo versante. Il filosofo di riferimento sul punto è John Leslie.

PROVA TELEOLOGICA (VERSANTE PLATONICO): la sorprendente intelleggibilità dell' universo ce lo fa pensare come una realtà matematica e in quanto tale una realtà pensata da una mente (Landsburg e Tagmark ferrano questo versante senza giungere in vetta).

PROVA TRASCENDENTALE: poichè constato che le cose (fisica, etica...) hanno per me un significato (e non solo un senso) ne deduco l' esistenza di un "riferimento" divino. Oggi va per la maggiore, vedi Minossi.

PROVA MORALE: Una morale oggettiva esiste, da dove viene? Huemer trova le parole migliori per trattare perlomeno la prima parte dell' argomento. In ambito analitico s' impone il nome di William Sorely.

PROVA GNOSEOLOGICA: Dio e le altre menti. Da leggere Plantinga ma anche le semplici e cristalline intuizioni di Ambrosetti.

PROVA PROBABILISTICA: Pascal è sempre lì ma un bayesiano come il cardinale Newman costituisce un inizio ancora migliore.

***

Oggi il cristiano si scontra con un muro d' indifferenza quando non di derisione, al più è tollerato se le iniziative a cui dà vita hanno un qualche rilievo sociale, in questo caso si accompagna la pacca sulla spalla con queste parole: "sei un tipo un po' inquietante ma finché ti comporti bene puoi convivere con noi". Tutto cio' lo richiama a una difesa delle fede e se questo è vero per noi, figuriamoci per i nostri figli domani.

Come portare allora qualche argomento a difesa della fede che suoni sensato anche alla controparte? Come deve spiegare cio' che è e cio' che fa a chi sembra vivere su un altro pianeta? Come puo' parlare della sua fede in modo seducente senza edulcorarla? Come deve impostare la sua apologetica?

***
Di seguito faccio le pulci a quattro figure di credente. Nonostante le mie succinte critiche si tratta di figure per molti versi ammirevoli, e lo voglio dire subito per evitare ogni equivoco. Solo che con le loro modalità non rispondono al bisogno a cui vorrei far fronte: guadagnarsi il rispetto sincero dell' ateo mantenendo ferma la dottrina.

***

La ragione insita nell' atto di fede è stata a lungo screditata da chi ha puntato su un fideismo talmente semplice da affascinare soprattutto i "semplicioni". Senonché, oggi, la massa non è composta né da colti né da semplicioni, bensì da un ideal tipo che incute timore: l' acculturato.

L' acculturato segue "duci" come Augias, avete presente? L' acculturato, se da un lato non si beve tutto, dall' altro non ha nemmeno tempo e voglia di  approfondire sospendendo prudentemente il giudizio.

Nulla va lasciato in sospeso. L' acculturato dà un senso alle sue prolungate immersioni nel mare dei mass media, delle librerie e dei festival solo se riesce a guardare dall' alto in basso i pochi sempliciotti rimasti sulla piazza, e spesso li trova nelle Chiese che ama frequentare e punzecchiare.

***

Altri credenti pietiscono l' ascolto dell' uomo moderno puntando sull' etica. Potrei chiamarli eticisti.

In questi casi l' equivoco è sempre in agguato: l' etica non è la fede! La morale serve al fedele giusto per rendersi credibile di fronte all' infedele al fine poi di "evangelizzarlo".

Chi punta sull' etica finisce troppo spesso per dimenticare la fede, esita nel compiere il secondo passo, l' unico che conta.. La lusinga che deriva dal sentirsi riconosciuti lo appaga e lo blocca. L' evangelizzazione, unica meta, è accantonata. Peggio, è sentita quasi come un' offesa arrecata al prossimo che ci ha concesso un' ammirazione che non vogliamo mettere in pericolo. Molto meglio vestire i confortevoli panni dell' amico di tutti.

***

A mezza strada tra il fideista e l' eticista si pone l' esistenzialista, costui sintetizza pregi e difetti dei primi due. Il ciellino-tipo potrebbe rientrare in questa categoria.

Completamente coinvolto in quello che fa, è capace di gesti generosi; si butta a testa bassa nell' esperienza di fede per viverla fino in fondo senza tralasciare nulla. Tutto cio' è cosa buona e giusta ma spesso ci si dimentica dell' altro (dell' infedele) e della sua diversa sensibilità.

L' "altro" resta spiazzato di fronte al fervore dell' "esistenzialista": com' è possibile tanta indemoniata energia al mondo d' oggi? Comincia a sospettare una qualche forma di "integralismo", o di "settarismo", o di "lavaggio della mente" e scappa tra l' ammirato e l' impaurito per tanta sicumera.

La posizione esistenzialista ha un difetto: pretende troppo. Ci si chiede di vivere come se Gesù fosse presente qui ed ora in questa stanza, non è affatto facile vivere così ogni giorno senza assumere qualche droga.

***

Veniamo all' ultimo "tipo" di fedele: il colto ortodosso. Ebbene, in tutta sincerità penso che la ragione sia maltrattata anche da chi si rifugia nell' ortodossia del razionalismo tomistico. In questi casi la fede è ricavata da un freddo esercizio solipsistico condotto a tavolino, un gioco che lascia sempre più indifferente l' indifferente.

Costui si chiede: se la fede è un teorema come mai tanti pareri diversi che provengono da teste tutte stimabili?

Non ricevendo risposta, l' "indifferente" va a fare shopping stabilendo il centro commerciale come sua nuova Chiesa.

Non si puo' parlare all' infedele ricorrendo a concetti atemporali. Io non riesco a parlare neanche a me stesso con concetti del genere, molto meglio le analogie prese dal nostro mondo (e quindi temporali). Il tomista descrive perfettamente l' inferno ma chi lo ascolta immagina l' inferno come una realtà temporale e si scandalizza. E' normale che sia così.

***

Vengo subito alla parte propositiva del post e introduco l' ultimo tipo di credente, il "probabilista", è quello che mi convince di più, non lo nego.

Per lui nel discorso sulla fede deve valere né più né meno quel che vale nel discorso sulla vita: ognuno di noi ha delle intuizioni da cui parte e che aggiorna via via a seconda delle informazioni che riceve vivendo. La fede cambia e fedi diverse sono giustificate purché si sappia che si progredisce convergendo.

Ecco allora che ci formiamo delle opinioni su Dio nella stessa maniera in cui ci formiamo delle opinioni sul concerto che abbiamo ascoltato o sul campionato di calcio che seguiamo con passione. Utilizziamo le medesime abilità cognitive e siamo minacciati dalle medesime dissonanze.

In altri termini, la fede è un' espressione del nostro buon senso, basta scegliere le giuste analogie per comprenderla e farla comprendere.

Il probabilismo è un razionalismo moderato e dialogante poiché rende conto del fatto che io e te possiamo essere entrambi persone ragionevoli anche mantenendo posizioni (al momento) differenti. I nostri "a priori", che dipendono dalle diverse esperienze da cui proveniamo, spiegano cio' che ci separa.

Dopo questo riconoscimento comincia un confronto e se c' è buona fede l' esito finale segnerà dei cambiamenti.

Tutto cio' è troppo ottimistico? Non direi, si è posta la condizione della "buona fede", non mi sembra una condizione da niente, anzi è una condizione molto difficile da realizzare.

Il probabilismo è il metodo che impiegano i commissari della squadra omicidi per restringere la cerchia dei colpevoli. Un metodo molto umano e comprensibile a tutti, di sicuro agli appassionati di film gialli. Penso che il probabilismo sia il modo migliore di incamminarsi verso Dio, quatti quatti, come tanti ispettori Clouseau.

***

Il probabilismo ha un pregio: consente di esplicitare cosa ci farà cambiare opinione.

E' un prerequisito importante per chi tiene all' onestà intellettuale. Esponendo dei fatti per noi rilevanti indirettamente ammettiamo che nuove scoperte intorno a quei fatti potrebbero costringerci a rivedere almeno in parte la nostra posizione.

***

Il probabilismo è avversato da molti, a volte con delle ragioni: come è possibile credere in modo sincero sulla base di probabilità e buon senso? Sarà sempre una fede tiepida.

E' avversato dai tomisti, per esempio, perché non fornisce una giustificazione completa alla fede.

E' vero, il probabilismo lascia aperto un gap. Ma forse si puo' colmare con un eccesso di fede, un' escrescenza irrazionale che ci renda dei credenti in piena regola. Sarà nostra cura liberarci dall' "eccesso" una volta entrati in dialogo con l' infedele.

***

Questo "eccesso di fede" è forse l' irrazionalità che rientra dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta?

Non mi sembra un' anomalia così preoccupante, tutti noi, credenti e no, coltiviamo nella vita almeno un ambito in cui nutraimo una speranza, in cui gettiamo il cuore oltre l' ostacolo, in cui alimentiamo una fede all' apparenza ingiustificata.

Potrei esemplificare ricorrendo ai settori più disparati.

Chi si occupa di finanza lo sa e puo' dirlo: il rischio dovrebbe avere un prezzo nei corsi di borsa ma così non è, evidentemente ci sono persone che s' "innamorano" di alcuni titoli per quanto rischiosi essi siano; credono in essi e sono addirittura disposti a pagare pur di addossarsi il rischio che comporta il loro possesso. La loro è una forma di fede in ambiti lontanissimi dalla fede religiosa.

Chi si occupa di cavalli lo sa e puo' dirlo: ci si innamora di un cavallo, si crede di riconoscere in lui cio' che gli altri - incompetenti!- non hanno saputo vedere e si fanno puntate irrazionali in omaggio a questa fede che realizza la nostra persona.

Chi si occupa d' innovazione puo' dirlo: l' innovatore non procede calcolando ma credendo in cio' che fa. Se calcolasse si sarebbe già trovato da tempo un impiego al catasto.

Ma soprattutto puo' dirlo e approvarlo chi si occupa di felicità: per essere felici dobbiamo sentirci coinvolti in una causa, abbracciarla completamente e crederci. A maggior ragione se questa causa è di ampio respiro, se la reputiamo importante e significativa in assoluto. In questo senso la fede è preferibile ai titoli di borsa e ai cavalli.

Anche la società umana nel suo complesso si giova della presenza di queste persone, sono un po' come delle avanguardie, dei ricercatori che preparano la via anche per chi verrà, magari anche attraverso un fallimento, perché no?

***

Bene, impostato il problema in questi termini, come costruire un' apologia sensata anche per l' ateo ma che non faccia sconti sul rigore?

Io procederei in questo modo.

1. Dapprima affronterei una preoccupazione che blocca molti da poco; constatare che tra gli scienziati, e tra le persone colte in generale, aumenti il numero degli atei puo' essere imbarazzante per il credente poiché la cosa corrobora l' ipotesi per cui "chi pensa non puo' credere". Eppure ci sono almeno 4 elementi che consentono di eludere questa sconfortante conclusione.

a) molti scienziati non crederanno nel Dio cattolico ma hanno comunque una loro vita spirituale (vedi Elaine Howard Ecklund);

b) poiché lo scientismo (solo la scienza "conosce") è un buon candidato per sostituire la religione, esisterebbe un conflitto di interessi nel momento in cui uno scienziato è interrogato in materia visto che gran parte del suo capitale umano è investito nella scienza;

c) tra i fedeli l' intensità della fede sembrerebbe aumentare con la cultura (anche scientifica);

d) eliminando alcune domande ambigue su evoluzione e big bang ci accorgiamo che il legame cultura scientifica/fede cessa come d' incanto di essere negativo.

2. Disinnescata così una possibile bomba, inquadrerei il problema della scelta religiosa nella più ampia cornice della scelta razionale (vedi Pascal). L' argomento della scommessa pascaliana puo' essere indebolito, lo sappiamo, ma non annullato, L' argomento, inoltre, funziona con probabilità infinitesimali mentre i punti seguenti provano che le probabilità a disposizione sono di un certo peso, al punto da rendere trascurabili le critiche all' argomento della scommessa.

3. E' molto importante a questo punto enfatizzare le relazioni tra buon senso e dimensione soprannaturale. Dire che siamo almeno in parte persone libere e non predeterminate è un' affermazione di buon senso. Dire che viviamo in un mondo reale e non in un' allucinazione è un' affermazione di buon senso. Dire che anche tu hai una mente come la mia è un' affermazione di buon senso. Eppure si tratta di "credenze" pure.  Ecco, l' affermazione della credenza in dio ha uno statuto epistemico in tutto simile a quello delle affermazioni precedenti, non puo' essere definita assurda o bizzarra. Magari siamo esseri predeterminati, magari viviamo in un Matrix, magari tu sei un androide, magari dio non esiste... Magari ci sbagliamo ma cio' non significa che noi credenti siamo dei tipi bizzarri (vedi Plantinga).

4. La filosofia che più si oppone alla fede religiosa è il naturalismo. Vale la pena di considerare l' implausibilità della filosofia naturalista, specie se chiamata a sostenere l' impresa scientifica (anche qui il filosofo di riferimento è Alvin Plantinga e il suo ben noto argomento).

5. Poiché l' infinitamente piccolo ci parla di Dio, è il caso fare un un excursus in temi gravidi di conseguenze quali l' incompatibilità tra materialismo e fisica quantistica (Stephen Barr)

6. Fate presente che l' uomo è una "macchina" costruita per credere. Ce ne si ricorda solo per mettere in luce gli svarioni che questa inclinazione ci fa prendere. Bisognerebbe ricordarsene anche quando si tratta di scegliere tra alternative problematiche: è più facile e razionale, in casi del genere, seguire le proprie predisposizioni naturali anziché ostacolarle! La "semplicità" è la nostra stella polare.  (Justin Barett https://www.bigquestionsonline.com/content/are-we-born-believing-god)

7. Offrite i misteri della matematica come indizio sulla plausibilità della prova teleologica. Eugene Wigner è forse l' autore che meglio collega le due cose nel suo testo The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences. 

8. Anche l' infinitamente grande ci parla di Dio. In particolare viene riabilitata l' analogia dell' ororlogio. La cosa migliore è rifarsi al concetto di "fine tuning" sviscerato da di John Leslie con la sua secca alternativa: o Dio o molti mondi (http://progettocosmo.altervista.org/index.php?option=content&task=view&id=73). 

9. Persino i processi evolutivi portano acqua al mulino del teismo. Le specie animali sono molto diverse tra loro, eppure l' occhio è qualcosa in che hanno in comune e funziona bene o male in modo sempre uguale. Evidentemente le pressioni di un ambiente condiviso pesano sugli esiti finali, in altri termini, esiste una certa "convergenza evolutiva". Se fosse così l' esistenza dell' uomo non sarebbe del tutto casuale. Non è affatto detto che "riavvolgendo il nastro della vita" rivedremmo un film tanto diverso. Dove c' è vita, c' è umanità (altri pianeti compresi). Il fenomeno della convergenza evolutiva è stato indagato a fondo dal paleontologo Simon Conway Morris http://www.amazon.it/Lifes-Solution-Inevitable-Humans-Universe/dp/0521603250

10. Argomentate con la prova cosmologica di Swinburne: se le cose hanno un inizio allora è più semplice ipotizzare un essere onnipotente che non una catena causale infinita e costruita in modo complicatissimo da descrivere (http://broncobilli.blogspot.it/2012/12/le-ragioni-di-swinburne.html).

11. Proseguire con Lane e il suo argomento di Kahlam: un universo che esiste da sempre (ipotesi alternativa all' universo creato) sarebbe contrario al buon senso e pieno di paradossi. http://www.reasonablefaith.org/in-defense-of-the-kalam-cosmological-argument

12. La logica pura la lascerei in fondo, non vale la pena di introdurre le dimostrazioni astratte dell' esistenza divina; forse il fatto più rilevante è che ingegni sopraffini quali  Leibniz e Godel si siano convinti alla fede attraverso questa via.

13. Trascurerei anche l' argomento etico, almeno quello esposto nella versione dostoveiskiana: senza un Dio tutto è possibile. Non mi convince, anzi, a volte è controproducente, i valori morali sono oggettivi e appartengono a tutti, credenti e no. Meglio allora ripiegare su autori come A. E. Taylor e Robert Adams: 1) esiste il dovere di migliorarsi, 2) un dovere deve sempre implicare un comportamento possibile 3) per essere sempre possibile il miglioramente occorre che esista un bene infinito, 4) chiamo Dio questo “bene infinito”.

14. Accennerei a due principi, entrambi di buon senso ed espressi originariamente dal filosofo Richard Swinburne:

  • Principio di Credulità - data l'assenza di un qualsiasi motivo per non credere, si dovrebbe accettare quello che sembra essere vero (ad esempio, se si vede qualcuno che cammina sull'acqua, si deve credere che stia accadendo)
  • Principio di Testimonianza - data l'assenza di qualsiasi motivo di non credere loro, si dovrebbe accettare il fatto che testimoni oculari o credenti stiano dicendo la verità quando testimoniano di esperienze religiose.
15. Chiuderei ricordando il mio intento (che a questo punto qualcuno potrebbe aver dimenticato): raccogliere qualche indizio concreto sull' esistenza di dio operando all' interno di una cornice nella quale un indizio infinitesimale potrebbe già essere sufficiente a dettare la scelta di fede come scelta razionale.

***

Bene, giunti in fondo puo' darsi che nessuno dei quindici punti sia convincente. Poco male perché ha senso solo la forza dell' insieme e questa forza un piccolo effetto dovrebbe comunque averlo su un interlocutore onestamente appassionato alla verità.

L' approccio probabilistico mi piace proprio per questa sua caratteristica: è scettico sulla prova regina e fiducioso sull' effetto cumulo, un effetto che agisce in un contesto di scommessa pascaliana e richiede comunque un supplemento di fede che io non definirei "irrazionale" bensì appassionata".

***
Giunti a questo punto si potrebbero introdurre e discutere le verità del credo niceano: Gesù, la Trinità eccetera. Ma lo farei solo con chi è disposto a considerare la forza dei quindici  punti nel loro complesso, ovvero con chi è disposto a prendere sul serio l' ipotesi teista. Fare il secondo passo senza aver fatto il primo causa formidabili capitomboli: torneranno ben presto a ridere di voi.

***





giovedì 9 settembre 2010

Etica ed economia

Tre proposizioni tanto per iniziare la discussione.

Uno. Esiste un’ etica oggettiva (chiedere a Huemer).

Due. La soluzione etica non è ricavabile da un calcolo economico (chiedere a Sen).

Tre. Esiste un legame tra etica ed evoluzionismo (chiedere ad Hayek)

Le prime due sono affermazioni legate alla ragione, la terza, mi rendo conto, è legata alla fede.

Io comunque le sottoscrivo tutt’ e tre

Senz' anima







link

link

Ed è subito pareggio

Fini se n' è andato per la sua strada.

A noi elettori con tendenze destrorse spetta una scelta. Siccome è difficile la tentazione di lavarsene le mani è forte.

Il fatto che alla nuova avventura di Fini si sia aggregato il buon Benedetto (Della Vedova) ci fa riflettere: è quella una delle poche intelligenze autenticamente liberali nel partito ora in disfacimento: 1 a zero per Fini.

Ma poi l' ex camerata comincia ad aprire bocca (Federalismo... "solodale"!?) ed è subito pareggio.

Etica invisibile

People are dying so that you can read this blog.

Your internet access fees could
more than double the income of a $400-a-year Ghanaian laborer. People are starving to death, and there you sit, with resources enough to save them (and with reputable charities standing by to effect the transfers), padding your own already luxuriant lifestyle. That’s a choice you made. It’s a choice almost everyone in the First World makes. It might or might not be a horrific choice, but it’s one for which we easily forgive each other.

(Do you already give money to Ghanaian laborers? I applaud you and I wish others would do the same. But it doesn’t change the fact that other Ghanaian laborers are dying so you can have your Internet.)

Someday you might find yourself strolling through a desert with a bottle of water and stumble on a man dying of thirst. I bet you’ll offer him some water, and I bet you’d think much less of anyone who didn’t. But there is, as far as I can see, no important moral difference between surfing the web while Africans starve and strolling through the desert while men die in front of you.


I said there’s no moral difference, which is not the same as saying there’s no difference at all. We evolved to be callous towards those who are distant (or invisible) and kind toward those who are close. (Robin Hanson posts frequently and insightfully on the contrast between how we treat the near and the far.) It’s pretty clear why there might be an evolutionary advantage to behaving that way. If you’ve got a reputation for helping your friends and ignoring strangers, then more people will want to be your friends. So it pays to favor the close and the visible. Our emotions are wired that way, and there’s probably not much we can do to change it. Attempts to change human nature do not have a good historical success rate.

Steve Landsburg

Cosa trarne?

Forse chi vede una distanza abissale tra Etica ed Economia dovrebbe riflettere.

Gran parte dei comportamenti che crediamo eticamente fondati sono invece il frutto di scelte economiche.

Altro esempio:

Imagine a miner trapped in a mine. It will cost thirty million dollars to get him out. With that thirty million, we could build a guardrail that will save three lives. We’ve seen the miner’s face on the news; we’ve seen his family; we know his name. All of our instincts — the same instincts that let us ignore those Ghanaian laborers — tell us to save the man we know and ignore the three we don’t know. Those, I think, are bad instincts. Anyone with amnesia — anyone, that is, who is forced to take an unbiased view of the situation — would want us to save three lives rather than one. (Because each of us, in a state of amnesia, has triple the chance of being saved by a guard rail.) It’s no use saying we should both build the guardrail and save the miner; that only raises the question of whether we ought to build two guardrails instead of one.

Obiezioni?

Decisioni morali complesse

Una prerogativa dell' uomo:

To understand the kind of scenario we might use to probe complex moral decision making in humans, imagine you are driving a rescue boat to save a drowning man but get a signal that there is a larger group drowning in the other direction. Changing course to save them would require allowing the one man to die. Is that morally acceptable?

Now your first response might be “yes,” “no,” or “that depends,” but your ability to engage with the question at all requires a number of capacities that are either unique to or, to the best of our knowledge, particularly well-developed in the human brain compared with nonhuman animals. In addition to these, one particular capacity that we highlight in our paper is our brain’s remarkable ability to engage with moral decisions as abstract as the one described earlier.

To emphasize what I mean by abstract in this context, it is important to note first that moral decision making of various sorts has been studied and observed in animals for many decades. While animals have exhibited behaviors that at least on the face of it appear “moral” (e.g., rewarding prosocial and punishing antisocial behavior), almost all displays of this behavior have arisen out of contexts in which the animal’s own self-interests, or those of its group or a close other, were somehow at stake.

Religiosi sulla carta

A quanto pare le persone religiose sono in media più generose, anche in termini di volontariato.

Parliamo però dei praticanti.

Infatti, se includiamo nel mucchio anche chi si limita ad autodefinirsi "religioso" (affiliato), la relazione tra religiosità e volontariato si affievolisce.

mercoledì 8 settembre 2010

Soldi & Felicità

Per un' altra conferma che con i soldi si compra la felicità leggere qui.

Almeno fino a che il reddito sale a 75.000 dollari. Poi si limita a migliorare la nostra life satisfaction.

Il giorno che diventai relativista

Ragazzi, questo libro è da comprare di corsa (e il blog relativo da frequentare assiduamente).

Le relazioni tra persone risultano complesse, ma quelle tra noi e gli animali, a quanto pare, sono un vero rompicapo.

Non che la cosa sia nuova, ma...

[How can so many Americans believe animals have the right to live, and also that people have the right to eat them? Why is it wrong to feed a pet snake kittens but not rodents? Should pit bulls be outlawed? Should mice be used for medical research? Do true vegetarians eat fish? Does living with a pet really make people happier and healthier? What do we make of the fact that in 1933 the Nazi party enacted the world’s most progressive animal protection legislation? Why can a puppy be regarded as a family member in Kansas, a pariah in Kenya, and lunch in South Korea? Who enjoyed a better quality of life—the chicken on a dinner plate or the rooster who dies in a Saturday-night cockfight? Why is it wrong to eat the family]

In fatto di etica è ben difficile raccapezzarsi.

Non mi meraviglia che la sicumera tipica di molti libertari su questi temi faccia naufragio.

Non mi meraviglia nemmeno più la congenita prudenza di Diana, che, sensibile alla materia, probabilmente è proprio avendo in mente certi dilemmi che conduce le sue riflessioni e sviluppa i suoi istinti.

Nell' affrontare casi etici di tale portata, anch' io mi converto di corsa la RELATIVISMO e al CONVENZIONALISMO.

Cio' significa che se dovessi scoprire che anche l' uomo ha una natura animale, il mio relativismo diverrebbe assoluto.

Un disordine alimentare molto particolare

Il vegetarianesimo.

Ovviamente non per tutti, ma, è inutile negarlo, in molti casi lo è.

Autopaternalismo

Il suo punto debole era il gioco.

Decise di adottare la strategia di Ulisse: legarsi le mani prima di cadere in tentazione.

E così si iscrisse alla lista degli autoproscritti da tutti i Casino d' America.

Diverse volte fu preso a calci, miultato e fatto sloggiare.

Ora il suo vizio si è ridotto non poco.

Funziona anche con le diete, con la scuola, con internet... e con parecchie altre debolezze che sappiamo di avere.

Ma a volte fallisce.

C' è comunque un premio di consolazione: puoi denunciare l' istituzione (spesso pubblica) che detiene la lista degli auto-proscritti, quando non ti vigila a dovere. Come se Ulisse fosse autorizzato a punire i marinai che avessero ubbidito ai suoi ordini.

link

Fair Pay Is Not Always Equal Pay

"... Some of the bill's supporters admit that the pay gap is largely explained by women's choices, but they argue that those choices are skewed by sexist stereotypes and social pressures... Universities, for example, typically pay professors in their business schools more than they pay those in the school of social work, citing market forces as the justification. But according to the gender theory that informs this bill, sexist attitudes led society to place a higher value on male-centered fields like business than on female-centered fields like social work... the proposed law overlooks mountains of research showing that discrimination plays little role in pay disparities between men and women, and it threatens to impose onerous requirements on employers to correct gaps over which they have little control... among full-time, full-year workers, women earn just 77 cents for a man's dollar. But the 23-cent shortfall does not take into account differences between men and women, such as experience, education, or job tenure...women tend to value family-friendly workplace policies more than men, and will often accept lower salaries in exchange for more benefits..."


Christina Hoff Sommers - NYT

http://www.nytimes.com/2010/09/22/opinion/22Sommers.html?_r=1

Gutting vs.Dawkins

Religious believers often accuse argumentative atheists such as Dawkins of being excessively rationalistic, demanding standards of logical and evidential rigor that aren’t appropriate in matters of faith. My criticism is just the opposite. Dawkins does not meet the standards of rationality that a topic as important as religion requires... find Dawkins’ “The God Delusion” stimulating, informative, and often right on target. But it does not make a strong case for atheism. His case is weak because it does not take adequate account of the philosophical discussions that have raised the level of reflection about God’s existence far above that at which he operates. It may be possible to make a decisive case against theism through a penetrating philosophical treatment of necessity, complexity, explanation, and other relevant concepts. Because his arguments fail to do this, Dawkins falls far short of establishing his claim.

Citazione presa da qui.

Svezia: qualche puntino sulle i

E' un po' vecchiotto, ma resta sempre un buon posto dove rinviare chi tira fuori continuamente il "modello scandinavo". Prendo ad emblema la Svezia, nelle classifiche paese tra i più liberi del mondo, gravato però da un pesante stato sociale.


  1. PROBLEMA ECONOMICO. Il "problema economico" non si presenta acuto come altrove: poche persone e grandi risorse. Un minimo di organizzazione e il libero commercio con l' estero sarebbe sufficiente a garantire prosperità. Certo, non siamo al livello della Norvegia, paese che galleggia sul petrolio...

  2. STORIA. Il periodo d' oro dell' economia svedese si realizza prima della creazione dello stato sociale (anni 60). Dopo di allora puntuale è giunta la sclerosi economica che ha afflitto il paese dagli anni '70. Il deficit svedese nel 1994 era del 12% sul PIL, oggi ci scandalizziamo del 2.8%. Solo una cura da cavallo a base di politiche tatcheriane (giù imposte e progressività) ha sbloccato un po' la situazione.

  3. CONFRONTI DISOMOGENEI 1. La Svezia è precipitata dal 4 al 14 posto nella classifica del reddito pro-capite durante il periodo 1970-2002, quello in cui fiorì il suo welfare.

  4. CONFRONTI DISOMOGENEI 2. La Svezia contiene la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi: molto meno quella nella distribuzione della ricchezza.

  5. CONFRONTI DISOMOGENEI 3. Molta disoccupazione svedese è mascherata tramite la creazione di lavori artificiosi (la presenza femminile nel pubblico è drogata).

  6. CONFRONTI DISOMOGENEI 4. Il sistema fiscale svedese non "prende ai ricchi", almeno prende molto meno che non quello USA o quello italiano.

  7. CONFRONTI DISOMOGENEI 5. Un povero USA è molto più ricco di un povero svedese

  8. CONFRONTI DISOMOGENEI 6. Se oggi la Svezia facesse parte degli Stati Uniti sarebbe tra gli stati più poveri in termini di gdp pro capite.

  9. CONFRONTI DISOMOGENEI 7. Il reddito medio dello svedese rapportato al suo potere d' acquisto è inferiore a quello del nero americano medio. La classe dei neri è la più povera negli USA.

  10. CONFRONTI OMOGENEI 7. Il reddito medio della comunità di svedesi negli USA è di non poco superiore alla media del reddito pro capite USA. Anche l' elemento umano conta, evidentemente.

  11. CONFRONTI OMOGENEI 8. La Svezia è stata risparmiata da entrambe le guerre mondiali. Un confronto omogeneo è tra Svezia e Svizzera (sebbene la Svizzera sia priva di risorse naturali), l' esito è impietoso in molti campi e in tutti quelli più significativi: reddito pro-capite, tasso d' interesse, deficit, inflazione, cambio monetario ecc.

  12. SCLEROSI 1. Nessun posto di lavoro è stato creato in Svezia nel settore privato dal 1950 al 2002 (in USA più di 60milioni nello stesso periodo).

  13. SCLEROSI 2. Nessuna impresa svedese tra le prime 50 è nata dopo il 1970.

  14. NONOSTANTE 1. L' età media per accedere alla pensione è più alta rispetto alla media UE (63.4 in Svezia contro 61).

  15. NONOSTANTE 2. Non esistono barriere doganali di rilievo.

  16. NONOSTANTE 3. Oggi in Svezia la tassazione delle società (ovvero dei soggetti produttivi) è tra le più basse d¿ Europa ( 28 contro il nostro 38. 29 e 30 per Finlandia e Danimarca, 30 anche per la Gran Bretagna liberista e 35 per gli USA).

  17. NONOSTANTE 4. Con una vasta gamma di agevolazioni (assunzione di personale, investimento...) la tassazione delle società in Svezia raggiunge il 14% (è il fenomeno dello schiavismo fiscale).

  18. NONOSTANTE 5. Lo schiavismo fiscale informa la tassazione sui capitali (aliquota massima per chi non può scappare, aliquota zero per gli altri).

  19. NONOSTANTE 6. la Svezia abbia una tutela della propietà privata tra le migliori al mondo (sfratti e pignoramenti immediati, processi brevi, bassa criminalità ecc.).

  20. NONOSTANTE 7. La libertà sul mercato dei capitali sia massima.

  21. NONOSTANTE 8. L' inflazione sia inesistente (qualche problemino solo all' inizio dei 90)

  22. CONCESSIONI. Rispetto agli USA la speranza di vita è superiore di qualche mese (in questi casi si dice che pioverà tutto il tempo), l' istruzione media è lievemente superiore (ma indovinate dove migrano i cervelli) e lo svedese ha più tempo libero (non sarà merito dei disincentivi al lavoro ?). Una cosa è certa, un povero vive meglio nella periferia di Stoccolma che in quella di Detroit.

  23. CILIEGINA. Il degrado morale della Svezia è evidente nella pratica della cosiddetta "eugenetica socialdemocratica". 20.....GRAN FINALE. Oggi, ponderando tutti i fattori (gli 8 NONOSTANTE), l' economia svedese è libera quanto quella USA (vedi Index of Economic Freedom 2004, Wall Street Journal).

martedì 7 settembre 2010

I dieci comandamenti...

... spiegati al non credente.

Hazony’s conclusions are startling. First, he claims, the Ten Commandments are not really a religious text: “we do not need faith to think about them, understand them, or accept their teachings as true.”

La morale del mercato

Lo scambio implica fiducia e la fiducia implica scambi.

Ovvero, l' economia implica l' etica e l' etica favorisce l' economia.

Ovvero, tutto puo' essere ridotto ad economia.

Ovvero, il mercato non ha bisogno di regole.

Ovvero:

The psychologist Joseph Henrich... and his colleagues engaged over 2,000 people in 15 small communities around the world in a two-player exchange called the “ultimatum game,” in which one subject is given a sum of money equivalent to a day’s pay and is allowed to keep or share some or all of it with another person. Let’s say I give you $100 to split between yourself and your partner in the game. Whatever division of the money you propose, if your partner accepts it, you are both richer by that amount, but if he rejects it, neither of you receives any money.

How much would you offer? Why not suggest a $90-$10 split, as classical economics predicts, thus maximizing your personal profit? The other player wouldn't turn down a free ten bucks, would he? As it turns out, he would very often. In Henrich's research, proposals that deviated much beyond a $70-$30 split were usually rejected. But not always. There was variation between groups and societies. Henrich and his team found that people in hunter-gatherer communities shared about 25 percent of the pot, while people in societies who regularly engage in trade gave away about 45 percent. What they called "market integration" was by far the strongest predictor of fairness and generosity.

Henrich concluded that norms of market fairness “evolved as part of an overall process of societal evolution to sustain mutually beneficial exchanges in contexts where established social relationships (for example, kin, reciprocity, and status) were insufficient.” In other words, we are naturally inclined to be fair and generous with our kin and kind because of genetic relatedness and reciprocal connectedness. But to get people to be fair and generous to strangers in other tribes, we need cultural institutions, especially trade.