martedì 10 agosto 2010
Il sorpasso
E' quando fissa la scarpata ligure dove è precipitata la spider con a bordo il Mariani.
Lì Bruno Cortona guarda in faccia la realtà, e la realtà gli dice forte e chiaro che doveva morire lui, che sarebbe stato perfetto se fosse morto lui, un cerchio giottesco si sarebbe chiuso tra gli applausi, tutto al posto giusto: la sua storia, la storia del Mariani, la storia dell' Italia rinascente dalla guerra.
Ma non sarebbe stato perfetto il film, che diventa un capolavoro grazie al sigillo di quella faccia, grazie alla fedeltà ad un reale che non ama le simmetrie.
Quando arriva il poliziotto Bruno ha già ripreso il suo controllo, sa di nuovo dire il suo "lasciatemi in pace", sa di nuovo farsi rimbalzare il mondo addosso: "è uno che ho conosciuto ieri". Sa di nuovo stare solo con il suo dolore, recupera da maestro l' unico vero istinto del coatto: non condividere.
Bruno Cortona è in esilio, la vita è dura e lui si è auto-condannato al confino. La superficialità, la fuga, il divertimento sono la prigione che si è scelto. Una prigione mobile: non puo' fermarsi se non vuole assistere al penoso spettacolo di una stima guadagnata artificiosamente grazie ad un gesto istrionico e quindi condannata a scemare sotto la minaccia di un rapporto umano che si approfondisce.
Bruno Cortona è un uomo spacciato, sa di essere spacciato, sa che deve scappare se non vuole perdere definitivamente cio' che lascia (per esempio la figlia), scappare verso luna park sempre più iridiescenti. Bruno Cortona è un uomo braccato, sa di essere braccato, è sapiente nella sua superficialità e si turba per un attimo solo quando si accorge che la sorte, in uno scambio di persona sconcertante, ha preso il Mariani anzichè lui.
Forse aveva capito che il Mariani costituiva la sua ultima missione nel mondo reale; l' occasione di farci una capatina dal suo faticosissimo esilio; e lui, come noi, aveva un gran bisogno di realtà, di mondo. Molto più che di divertimento.
Questa era davvero un' occasione d' oro: alla miscela perfetta del Mariani mancava solo l' ingrediente che lui possedeva in abbondanza. Il Mariani sarebbe stato il suo capolavoro nel mondo, la sua cratura.
Ma questa missione, anzichè annunciarsi all' inizio della storia, si annuncia alla fine, quando tutto è già bruciato. L' umanità di Cortona non possiede più la modalità del progetto ("alla giornata"), ma possiede ancora quella dell' illuminazione.
La faccia sconcertata del Cortona ai bordi dell' Aurelia è la faccia di colui al quale ora non resta altro che il tunnel inquietante del divertimento nella fuga. Un dramma contemporaneo scritto quasi mezzo secolo fa.
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Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo?
Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali odiano il liberalismo - Rubettino
lunedì 9 agosto 2010
Ferie provvidenziali
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domenica 8 agosto 2010
Sterilità degli arpedonapti
E qui ognuno dice la sua, esce di tutto e il contrario di tutto.
Ma alcune voci sono più autorevoli, si tratta di quelle voci comandate da cervelli che perlomeno conoscono a menadito la storia della scienza. Sentiamo allora Alexandre Koyrè:
"vedo tre condizioni: 1) molto tempo libero per gli uomini, 2) culto dell' astrazione e della verità e 3) prestigio sociale per chi si dedica al culto dell' astrazione e della verità. La storia ci insegna, per qualcuno potrebbe essere una sorpresa, che lo sviluppo scientifico è disconnesso dalle attività pratiche. Non sono stati gli arpedonapti egiziani, che dovevano misurare i campi della valle del Nilo, ad inventare la geometria: sono stati i Greci, i quali non avevano proprio nulla di significativo da misurare. I primi si sono fatti bastare rudimentali quanto ingegnose ricette pratiche. Del pari non sono stati i Babilonesi, che credevano fermamente nell' astrologia e nel suo vaticinio, a raffinare le leggi astronomiche, ma altri che avevano solo il gusto della conoscenza. Io so che le tre condizioni di cui sopra sono decisive, ma non so quale ambiente sociale sia più propizio per ricrearle, quindi direi che la risposta al quesito resta inevasa"
Alexandre Koyré - Filosofie e storia delle scienza - Mimesis
Interessante. Mi sembra che la diffusione della religione in tutti gli ambiti della discussione pubblica (culto della verità) e le continue sottili dispute teologiche (culto dell' astrazione), facciano della società medioevale un' incubatrice adeguata per lo sviluppo della scienza.
sabato 7 agosto 2010
Rocco e i suoi fratelli
Prendiamo un caso: non esiste modo di conciliare Giustizia e Perdono. Se perdoni, il colpevole non paga. Al contrario, la Giustizia non puo' che essere spietata.
Eppure, chi nega la grandezza del Perdono? E chi osa disprezzare la civiltà della Giustizia?
Ieri sera ho rivisto Rocco e i suoi fratelli. Non me lo lascio mai sfuggire, resta per me un grande capolavoro della settima arte.
Sapete com' è, mi piacciono quei film dove ad ogni sequenza posso dire: "ecco quel sentimento che sembra tanto strano e mostruoso, l' ho provato anch' io". Mi piacciono quei film in bianco e nero dove, mentre li vedi, ad un certo punto puoi dire: "Ei, ma io abito là in fondo a destra!" "ei ma su quel ponte mi faccio un' ora di coda al giorno"...
In questo film il miracolo della conciliazione si compie: Ciro (Giustizia) e Rocco (Perdono) si amano, si rispettano, si capiscono e convivono miracolosamente nella stessa famiglia contribuendo a rafforzarla.
Simone è la pecora nera della famiglia, Rocco vuole perdonarla, Ciro vuole giustiziarla. Senza mai bisogno di dirlo, ciascuno comprende le ragioni dell' altro.
Rocco, in cui ribolle il sangue arcaico della Basilicata (a Milano meglio nota come "africa"), sa che ogni struttura sociale si fonda su un sacrificio. Simone è il capro e noi dobbiamo rendergli onore.
Forse ha letto Girard, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo del figliol prodigo.
Ciro, in cui stagna un sangue milanesizzato, sa che ogni struttura sociale si fonda sulla responsabilità. Simone ha mancato e deve pagare.
Forse ha letto Weber, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo dell' Apocalisse.
Dove, se non nel Vangelo e nella famiglia Parondi, si conciliano tanto bene Giustizia e Perdono?
Acthung: questa conciliazione non si realizza tramite pedanti armonie. C' è conflitto vivo e scoppiettante nel rispetto e nell' ammirazione reciproca.
---- un paio di dubbi regalati dal film dopo la dodicesima visione--------
Simone poteva salvarsi?
Io penso di sì: non ingannino i suoi comportamenti estremi, è il tipico istinto a degradarsi che l' immaturo prova non appena le cose non girano per il verso giusto.
Nadia ha delle colpe? Simone si mette con lei quando non è ancora una persona matura (sbuffa come una locomotiva mentre guarda i film d' amore con la fidanzata che sospira). Perchè Nadia non lo "aspetta"?
Sembrerebbe assurdo pretenderlo, eppure noi ammiriamo Rocco proprio perchè è sempre pronto ad attendere la maturazione del fratello. Il dovere dell' amore è forse richiesto più al fratello che alla fidanzata?
Non penso che un simile dubbio possa avere mai risposta; forse non è nemmeno giusto tentarla.
Ma c' è una cosa che colpisce: se Nadia vuole essere protagonista, allora deve accettare la macchia della colpa. In caso contrario diventa solo una circostanza ambientale, un elemento della scenografia. Un portato della Provvidenza al pari della nevicata notturna, tanto per intenderci, quella che mette di buon umore i terroni neo-immigrati: l' indomani in Municipio ci sarà lavoro per tutti come spalatori.
Certo che Nadia è il personaggio più disgraziato del dramma: deve sacrificarsi come e più di San Rocco ma deve farlo controvoglia, e quindi senza aurea di santità. Forse è lei il vero capro espiatorio: la persona che soffre di più e che noi possiamo permetterci ancora di accusare sui titoli di coda, come se il film non ci avesse insegnato nulla.
Nadia è un Cristo (e infatti muore in croce all' Idroscalo) che non puo' mai abbandonarsi nelle braccia del Padre dicendo un: "sia fatta la tua volontà", un Cristo che conosce solo le lacrime di sangue del Getsemani.
Qui sotto il film è visibile per intero.
venerdì 6 agosto 2010
Lo scienziato sociale
Forse meglio affidarsi a "ragione" e "buone ragioni". Forse meglio limitarsi a spiegare che a prevedere?
I disperati
Alexandre Koyrè - Filosofia e storia delle scienze - Mimesis
Interessante.
Ancor più interessante è andare a vedere a chi serve "definire la scienza", chi ha necessità di "imprese disperate" come questa.
Chi sono i "disperati", quelli per cui non esistono emoticons adeguate?
Non certo gli scienziati, a loro "definire la scienza" non serve.
Rintracciare i "disperati" è abbastanza semplice, sono quelli che anzichè "fare scienza" non fanno altro che alzare il ditino ammonendo che "lo dice la scienza". Sono i fanatici dell' ipse dixit moderno. Sono quelli che, per esempio, anzichè studiare l' evoluzionismo applicandolo nei loro campi, perdono tempo ad esaltare la "scientificità" della teoria. Anziche contribuire all' autorevolezza della scienza, la sfruttano. Hanno un disperato bisogno che la scienza sia "ufficiale" al fine di redigere programmi scolastici, programmi ministeriali e altre forme di indottrinamento e controllo. Più che la Scienza a questi "disperati" serve l' "ufficialità" con cui redigere le loro gazzette, serve come il pane per poterti dichiarare "ufficialmente" irrazionale, e successivamente pazzo da internare.
Il vero insegnamento della scienza non consiste nelle sue conclusioni (sempre da rivedere se non da capovolgere) ma nel diritto alla concorrenza, ovvero nel rispetto per l' opinione minoritaria, poichè in questa instabilità della conoscenza sappiamo che domani potrebbe rivelarsi vincente.
Un vero trauma per chi invece anela ad una "Gazzetta ufficiale della Scienza" proprio per affossare e reprimere l' opinione minoritaria conculdandole ogni diritto.
Tra parentesi, Alexandre Koyrè, forse il massimo epistemologo degli ultimi secoli, mostrò come la caratteristica saliente della Scienza moderna del XVII secolo (Galileo, Newton...) non sia affatto il legame con il metodo sperimentale. Sorpresa? La Scienza moderna è innanzitutto teoria, ricerca della Verità. La scienza moderna è matematizzazione del mondo: una vera rivincita di Platone su Aristotele e sui pragmatisti.
giovedì 5 agosto 2010
C' è Ulisse, ma c' è anche Gianburrasca
Gianburrasca stasera vuole ardentemente partecipare ad una festa, per quanto domani lo aspetti un esame cruciale. Sa anche che in futuro il suo desiderio di spassarsela sarà oscurato da quello di ottenere il diploma.
Ulisse decide di evitare le sirene mettendosi i tappi di cera nelle orecchie ed esentando l' equipaggio dall' obbedienza.
Gianburrasca decide di stare a casa a studiare.
Sono due storie plausibili? A me sembra di sì. Non mi scandalizzerei se qualcuno me le raccontasse.
Eppure qualcuno si scandalizza, parlo di chi crede che noi siamo motivati solo dal desiderio.
Costoro trovano irrazionale la storia di Gianburrasca: se nel momento della decisione si desidera fare X, si farà X.
Infatti Ulisse, nel momento in cui architetta il suo piano, desidera tornare in patria e architetta un piano per conseguire il suo obiettivo.
Gianburrasca desidera invece andare alla festa. E' sconcertante che al termine di un semplice calcolo, decida di rinunciarvi.
Evidentemente, per quanto molti lo neghino, anche la ragione puo' motivare.
Inconvenienti del fanatismo
"... Io mi reputo relativista (forse). Son talmente intriso di relativismo, da non reputare neppure sicuro d’essere io a scriverti in questo momento...".
Mi ha fatto venire in mente un passaggio del buon Chesterton che infilza con grazia questa fauna:
"... intorno al Cristianesimo si assiste oggi ad un fenomeno curioso; la volontà dei suoi neminci di combatterlo con tutte le armi possibili, comprese quelle spade che tagliano le loro stesse dita, o quei tizzoni ardenti che bruciano le loro case. Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell' umanità e finiscono per gettare via sia l' umanità che la libertà, pur di combattere la Chiesa. Conosco un uomo così accanito nel dimostrare che non avrà nessuna vita personale dopo la morte da ridursi ad affermare di non averne neppure ora. Al fine di provare che non puo' andare in Cielo finisce per provare che non puo' andare neppure a Rogoredo. Ho conosciuto persone che protestavano contro l' educazione religiosa adducendo argomenti contrari a qualsiasi educazione, dicendo che la mente dei bambini deve crescere libera o che i vecchi non devono insegnare ai giovani. Ho conosciuto persone che dimostravano che non vi puo' essere un giudizio divino dimostrando come corollario che non vi puo' essere nemmeno alcun giudizio umano, nemmeno sulle questioni più pratiche. Pur di mettere a fuoco la Chiesa, costoro hanno dato alle fiamme il loro stesso grano, pur di sfasciarla hanno sfasciato i loro stessi arnesi, Noi non ammiriamo nè scusiamo il fanatico che distrugge questo mondo per amore dell' altro. Ma che dire del fanatico che distrugge questo mondo in odio all' altro?..."
mercoledì 4 agosto 2010
Proibire la corrida?
Ma è davvero così? Vediamo di approfondire, magari cominciando a dire che ci sono vari tipi di utilitarismo.
innanzitutto noto che l’ alternativa proibire/consentire non è mai simmetrica come sembrerebbe: se si proibisce la quantità dei tori ammazzati è ZERO, punto e basta. La soluzione caldeggiata dai proibizionisti è in effetti una soluzione grezza.
La soluzione anti-proibizionista è molto meno grezza: il numero dei tori ammazzati varia a seconda della felicità dei soggetti (umani). Si paga per partecipare alla corrida. E si puo’ pagare anche per boicottarla. Un penny, un voto.
Certo, bisogna accettare che l’ infelicità dei tori si rifletta e venga pesata dall’ infelicità degli animalisti, quelli che pagano per risparmiare i tori. Personalmente accetto questa ipotesi che per molti è invece problematica.
Gli animalisti non vogliono la corrida?: se la comprino. Gli hemigwayani ne vanno matti?: se la comprino.
Per sfuggire alla grettezza l’ esito dovrebbe soppesare le offerte, ma la premessa è l’ anti-proibizionismo
martedì 3 agosto 2010
La scelta
Il materialista crede che la Scienza finirà, o che comunque potrebbe finire: esiste un algoritmo complessissimo ed ignoto che spiegherebbe tutto senza ricorrere ad entità sovraumane. Il credente pensa invece che la Scienza sia una ricerca continua: solo una mente dalle capacità infinite (ovvero sovraumane) conosce tutto e la esaurisce.
Per quanto ne sappiamo entrambi potrebbero avere ragione. E allora, chi privilegiamo?Poniamoci la domanda fatidica: quale tra queste due visioni è la più semplice?
Prendiamo a titolo d' esempio queste due affermazioni.
1) "Conosco (o potrei conoscere) X" (dove X è l' algoritmo complessissimo di cui sopra)
2) "Conosce tutto"
1 è affermazione più complessa di 2. X è già di per sè un concetto estremamente complesso. "Tutto" e "infinito", per contro, sono concetti molto semplici, comprensibili anche dai bambini.
Per le stesse ragioni per cui a Tolomeo preferisco Copernico, faccio prevalere la Fede sul Materialismo.
Richard Swineburne
A me il professore convince.
Sinceri democratici
G. K. Chercheston
Libertà e tradizione. La libertà come valore, la tradizione come frutto della libertà passata. Si puo' essere sinceri democratici senza avere il culto della tradizione? A lume di logica sembrerebbe problematico.
Suicidio del pensiero
G. K. Chesterton
Le solite cose... ma dette con la classe di un maestro.
Già declina pur nel fiore
Perorando la Torre d’ Avorio
Stillava sangue quel giornale. Lo presi, lo apersi e capii.
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali.
lunedì 2 agosto 2010
Problemi con la Trinità?
C.S. Lewis
Volendo approfondire la dottrina cattolica e non sentendosi all' altezza di abbordare la teologia più sofisticata, non restano che gli autori inglesi (Lewis, Chesterton, Belloc...).
Essere cattolici in Inghilterra significava portare a spasso lo stigma del ribelle, significava vivere fuori dal recinto e avere tutti contro. Tutto cio' sviluppava i muscoli della fede. L' unica via d' uscita praticabile infatti consisteva nel forgiare un linguaggio rigoroso (alla lunga mai contraddittorio) e facilmente comprensibile (la comprensione crea interazione ed evita l' isolamento). Anche per questo la sparuta bandella di Cattolici summenzionati era al centro della vita polemica e culturale di quel paese.
Dedicato a...
C.S. Lewis
Dedicherei il pensierino ad Odifreddi, l' unico teologo (naturalmente improvvisatosi tale sui due piedi) che se nei testi legge "... si assise alla destra del Padre..." pensa davvero che il Padre abbia una destra e una sinistra, anzi, pensa che il Padre abbia uno sgabello a destra e uno sgabello a sinistra... e magari cerca pure di avvistare gli sgabelli con il telescopio. Poi, quando non li vede, dice che l' umanità è un branco di cretini, tranne lui e qualche suo amico che gira sempre con il telescopio sotto braccio. Il tutto con la serenità che sa mantenere chi non è mai sfiorato dal dubbio.