PIANI E SCALE
Ecco un colloquio tra l'animalista Vegan e il carnivoro Tiger.
Vegan: gli animali provano dolore? Io penso di sì, e penso anche che non abbiamo il diritto di infliggere loro delle sofferenze.
Tiger: sono d'accordo, e infatti condanno il dolore gratuito inflitto agli animali.
V: eppure secondo me la distinzione che fai tra uomo e animale è troppo estrema. Come la giustifichi?
T: l'uomo è più intelligente dell'animale, è in grado di comprendere appieno la realtà del dolore.
V: eppure i bambini non mi sembrano molto più intelligenti degli animali.
T: hai ragione; mi correggo, la caratteristica rilevante non è la propria intelligenza, ma l'intelligenza della propria specie.
V: così eviti il paradosso del bambino ma ti cacci in guai ancora peggiori: noi abbiamo imparato a non giudicare i gruppi ma i singoli, e tu, dando rilevanza all' "intelligenza della specie", torni pericolosamente indietro. Oltretutto non si capisce bene perché l'intelligenza di un gruppo debba essere rilevante quando giudichiamo un singolo.
T: forse perché solo l'uomo possiede la facoltà della ragione, di comprendere le realtà astratte, di pensare ad un Dio.
V: Mi stai dicendo che è possibile torturare un ateo?
T: hai ragione, mi hai risvegliato dal mio dogmatismo, devo pensare meglio questo problema.
V: bene, intanto ti propongo di unirti alla schiera vegana.
T: fammi provare ancora. Forse l'intelligenza non è la soluzione e la mia confusione derivava dal fatto che resta comunque un indizio di coscienza.
V: intelligenza o coscienza non vedo cosa cambi. Almeno l'intelligenze si puo' misurare, la coscienza è un concetto più evanescente, lo lascerei fuori.
T: la coscenza introduce dei danni che vanno oltre il dolore. Prendi il caso della donna drogata e poi stuprata. Questa donna non ha provato dolore fisico, non ha danni fisici, eppure l'atto che ha subito è condannabile. Perché? Penso che la cosa sia legata ad una caratteristica della coscienza.
V: potrei anche seguirti ma non vedo la relazione con il caso degli animali.
T: ti faccio allora un caso differente: prendi un pc intelligente, noi lo possiamo spegnere.
V: e con questo?
T: ho detto "spegnere" ma avrei potuto dire "uccidere".
V: uccidere un PC? Assurdo.
T: infatti, un pc, per quanto intelligente, non ha coscienza, quindi la sua morte non ha rilevanza morale. Questo ci fa riflettere sulla relazione tra intelligenza e coscienza. E' importante visto che ora nella nostra discussione diamo rilevanza solo alla seconda.
V: e che differenze vedi?
T: l'intelligenza si puo' misurare su una scala continua mentre la coscienza o c'è o non c'è. Nel caso del pc non c'è, nel caso dell'uomo sì.
V: e nel caso dell'animale?
T: non voglio negarla ma si tratta di una coscienza inferiore. Insomma, la variabile coscienza è discreta (superiore/inferiore) mentre l'intelligenza è continua (QI). La discrezionalità della coscienza ci suggerisce di discutere in base a "piani", non in base a "scale".
V: ma in questo modo ricadi di nuovo nello specismo, e devo ripeterti le obiezioni precedenti.
T: ma ora considero il gruppo solo per dire che tutti i suoi componenti hanno pari diritti. Sei sicuro che le tue critiche precedenti reggano ancora? Tutti stanno sullo stesso piano anche se su gradini differenti.
V: ma sei davvero sicuro che il bambino sia dotato di una coscienza "superiore"?
T: qui hai ragione, mi sembra evidente però che la sua potenzialità di uomo sia rilevante.
V: "potenzialità"? Vedo che recuperiamo la metafisica di Aristotele.
T: Ma si tratta di un concetto che usiamo tutti i giorni. Perché è illecito torturare una persona anestetizzata? Perché quella persona tornerà ad essere cosciente. Lo stato di coscienza è una sua potenzialità.
V: mi puzza.
T: ad ogni modo non è necessario introdurre concetti metafisici, basterebbero quelli utilitaristici: fare del male a un bambino puo' minare una quantità notevole di felicità futura. E' chiaro che per un animale non si puo' dire altrettanto poiché non avrà mai accesso a una coscienza superiore. Considera che già oggi noi infliggiamo una gran quantità di dolore ai bambini per il loro bene futuro. La pluriennale schiavitù della scuola è giustificata proprio in questo modo.
V: e il caso del disabile mentale?
T: lui non ha nemmeno potenzialità, hai ragione. L'unico modo per difenderlo consiste nell'affermare il legame intravisto tra coscienza e specie, qualcosa che, lo ammetto, si puo' solo intuire. In fondo è il motivo per cui il vilipendio di cadavere ripugnante tutti, religiosi e no.
V: quanto dici non è insensato ma - al di là della coscienza inferiore - la sofferenza inferta agli animali è troppa.
T: ti propongo questo compromesso: l'animale deve comunque essere riconosciuto come soggetto morale ma a lui si applica una morale meno esigente, ovvero quella utilitarista.
V: e questo dovrebbe giustificare una dieta carnivora?
T: bè, sì. E' grazie agli allevamenti che così tanti animali possono nascere e vivere. Se quella vita vale la pena di essere vissuta, dal punto di vista utilitaristico gli interessi di uomini carnivori e animali si combinano bene.
Perché la nostra sofferenza dovrebbe essere diversa da quella degli animali?
La risposta più popolare è: "intelligenza". Il tuo dolore conta solo se sei intelligente. Gli animali sono stupidi, quindi il loro dolore e la loro sofferenza non sono un male.
Ma allora il dolore di una persona con un basso QI vale meno? E quello di un bambino? E quello di un disabile mentale?