sabato 19 gennaio 2008

I sogni son desideri?

Con un orecchio alla radio ascolto lo scrittore Maggiani che pronuncia due parole sul suo ultimo libro. E' una guida alla città di Genova. Precisa come lui sia in grado di mappare una città senza nemmeno metterci piede, e senza nemmeno desiderare di farlo. Detto questo, è evidente che si tratta di Guide del tutto particolari.

In un libro precedente si era dedicato nientemeno che ad Alessandria d' Egitto. Pur non essendosi mai spinto in vita sua a quelle latitudini, considerava l' impresa possibile. Ed ebbe ragione. Una volta che il libro usci con ampi riscontri, le autorità cittadine di laggiù lo invitarono addirittura per premiarlo e concedergli la cittadinanza onoraria. Un successone.

Il Maggiani precisa che, nel corso della stesura, ogni notte sognava la città che era impegnato a ridurre nella sua guida. Ma questo non lo stimolava in alcun modo a recarsi sul posto, per lui, infatti, i sogni non sono desideri, bensì una forma di sfogo costruttivo, una felicità compositiva, la necessità che abbiamo di plasmare.

Neanch' io mi sono mai riconosciuto nella formula pseudo-freudiana per cui i sogni rifletterebbero l' azione di un demone che ci spinge a desiderare. Ecco che ora mi si spalanca un' alternativa. Mi affretto a fare mia questa interpretazione per cui l' attività onirica è un po' come un parco giochi dove noi ci beiamo con i nostri Lego.
***

Bene, adesso abbiamo ulteriori motivi per non fare cose che una certa pressione - non si sa bene da dove esca - tende ad imporci:
  1. possiamo evitare serenamente di tornare sui luoghi dell' infanzia, detti anche "Posti delle Fragole" pur non essendo necessariamente solo luoghi geografici. E' ormai accertato che riservano solo cocenti delusioni con frustrazioni prolungate e ricorrenti;
  2. possiamo poi evitare di inseguire affannosamente cio' che sognamo e che in quel contesto ci appariva particolarmente appetibile. Sembra accertato che, qualora lo sforzo prodotto ci risulti particolarmente fastidioso e insensato, non siamo certo noi ad essere volubili e contraddittori. Molto più semplicemente "i sogni non sono desideri".

Il figlio sprecone

E' successo ancora. Eravamo davanti alla TV, passa un servizio sull' ecopass a Milano, e la cosa si ripete.

Ma ti sembra giusto che chi paga possa inquinare...che uno arriva con il suo SUV e...brum-brum...ti sgasa sotto il naso restando impunito per il semplice fatto che ha pagato l' ecopass...

Veramente lo faceva anche prima. Ora, visto che paga per farlo, lo farà un po' meno...

Aaaahhh...sei sempre il solito...non cambi proprio mai. Allora per te, il riccone, per il semplice fatto che ha pagato, puo' sprecare a destra e sinistra. Per te uno, per il semplice fatto che paga la bolletta, puo' tenere aperto il rubinetto mentre sta al telefono...ma cosa c' hai nella testa, le pigne? E tu è con questi principi che avresti intenzione di allevare tuo figlio...di dirgli che quando è nella doccia l' acqua va preservata e non sprecata?

A mio figlio dirò che l' acqua non va sprecata perchè la paghiamo salata...

Aaaaahhh...vedi che sei sempre il solito! Pagare e pagare. Per te uno basta che paghi e a risolto tutto. Per te uno basta che paghi e puo' mettersi la coscienza in pace, puo' girare gli occhi dall' altra parte distogliendoli dai danni che fa con la sua ingordigia di sprecone. Tu allora finisci per giustificare il ricco sprecone, e io questo non lo sopporto. Ma lo sai almeno che se il ricco sprecone consuma anche l' acqua che non gli serve il prezzo di questo bene si alza e finiamo per pagarlo anche noi poverelli? E tu questo lo giustifichi imperterrito? Ma come educherai tuo figlio? Forse dicendogli che puo' sprecare una volta che ha saldato i suoi conti con i fornitori?

Insomma, la Miriam non è un tipo tanto facile, ti tira fuori delle cose a sorpresa la sera tardi sul sofà, quando già sonnecchi e hai rtirato i remi in barca, ti tira fuori le cose che sul momento ti lasciano anche un po' lì. Lo fa con la sua verve teatrale e tu, finchè puoi risponderle in modo chiaro e perentorio reggi la botta, ma quando ti vedi costretto ad un argomento minimamente sofisticato passi immantinente per l' azzeccagarbugli che succhia sangue ai "poverelli".

Eppure dovrei cercare di dirgielo, di fargli capire che se il ricco ha intenzione di "sprecare" (come dice lei) pagando, di quel volume d' affari in più che produce il settore del bene specifico, poniamo l' acqua, noi non possiamo dire a priori chi beneficia. E' un' eccedenza finanziata per lo più dal ricco ma anche da noi "poverelli" che ci vediamo aumentare la bolletta. Questo sì. Ma chi la riceve l' eccedenza? In prima istanza il fornitore del bene, ma poi? Magari la consumano i figli poveretti dell' operaio che costruisce la piscina al fornitore dell' acqua? Che carini quei bambini e che strazio vedere la loro indigenza...ma per fortuna il riccone si è deciso a sprecare un po' d' acqua, papà prende una buona commessa e anche per gli sfortunati frugoletti c' è un po' di felicità. Scartano felici i loro regali, non ne ricevevano da anni. Insomma dove stia la giustizia in questa storia, ognuno lo decida per conto suo, basta che tocchi con mano l' icasinamento del reale.

T' è capì cara miriamina, i frugoletti!!! Tu recrimini perchè il ricco spreca e ti alza in modo infinitesimale la bolletta. Ma se non spreca i frugoletti frignano a squarciagola in un modo che spezzerebbero anche il cuore più duro. Ti è piaciuta la storia dei frugoletti o la cosa ti scorre addosso come acqua sul marmo? Perchè taci? Ho capito Miriamina, stai pensando a quei frugoletti orbati dei loro doni. Non preoccuparti, non esistono, me li sono inventati io. Magari quelle risorse finisce che...


No, cara Miriam, resta come sei, con il tuo senso di giustizia impulsivo e passionale. Con il cuore grande e generoso. In fondo mi piaci così. Con il calcolo delle conseguenze ci arrangeremo in qualche modo.

venerdì 18 gennaio 2008

Perchè Darwin non passa?

Interessante articolo in merito.

Ma perchè diavolo la teoria evoluzionista, per la quale simpatizzano gran parte degli scienziati in circolazione, stenta a trovare un varco nella mentalità comune?

Forse perchè mette a repentaglio la centralità dell' uomo nell' universo? Si direbbe di no visto che teorie altrettanto minacciose, dopo una qualche resistenza, sono state assimilate senza sforzo.

"...contrast this on-going battle over Darwin with the fate of the other great scientific revolutions. The same Christian fundamentalists who argue that public school should teach creationism have no quarrel with the Copernican revolution..."

L' autore avanza una congettura a sorpresa.

"...the stumbling block to an acceptance of Darwin, I would like to submit, has little to do with Christian fundamentalism, but a whole lot to do with our intense visceral revulsion at monkeys and apes..."

Sarebbero dunque quegli stessi istinti meritori che ci consentono di progredire verso una civiltà sempre più raffinata, a contrastare l' ipotesi della mamma/scimmia. Il primate è visto con orrore proprio perchè siamo tutti tesi ad allontanarci da quella condizione.

Personalmente rigetto una simile ipotesi, eppure qualcosa di buono puo' essere estrapolato anche da lì.

Formulo di seguito una mia personale congettura.

L' ACCETTAZIONE DELL' IPOTESI EVOLUTIVA DIPENDE DALLA CORNICE EPISTEMOLOGICA IN CUI VIENE PRESENTATA.

Dal che si evince quanto poco conti nelle reazioni suscitate il contenuto proprio della teoria.
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Galileo, alla luce delle sue scoperte, pretese di correggere i Testi Sacri riscrivendoli. Ma la cosa era forse necessaria? Oggi sappiamo benissimo di no. Anzi, la pretesa era piuttosto assurda e noi, da uomini moderni, ci sentiamo più vicini a chi si oppose a quella risoluzione.

Eppure le scoperte di Galileo lo indussero in tentazione. Non si presentarono ai suoi occhi come delle mere scoperte scientifiche ma piuttosto come una conoscenza ultimativa da vergare nel Libro Sacro che contiene quel genere di Verità. La tentazione che insinuarono quelle scoperte consistette nel sollecitare un mutamento epistemologico delle scienze, un loro innalzamento a metodo supremo e unico. Furono i metodi a confrontarsi, quello teologico e quello scientifico nell' accezione moderna. Furono i metodi prima ancora che le teorie propriamente dette.

La stessa dinamica si riproduce in occasione della teoria darwiniana. Molti dei suoi divulgatori ce la riferiscono senza limitarsi ai contenuti propri, ma allargandone le implicazioni a dsmisura. Ecco allora che lo scienziato (o il divulgatore di scienza) si trasforma in filosofo (o in divulgatore di filosofia). E spesso, purtroppo, dopo questa metamorfosi, abbiamo perso un serio professionista per ritrovarci di fronte un dilettante querulo.

Forse le teorie dell' ID non sono scientifiche, forse sono solo una filosofia. Sta di fatto che sono l' appropriata risposta a come ci viene ammannita spesso la teoria darwiniana, per l' appunto una filosofia delle Cose Ultime, anzi delle Cose Prime.


Nessuno nega che molti filosofi empiristi, anche raffinati, abbiano derubricato il ruolo della filosofia, anzi l' hanno proprio fatta sparire nel nulla, ma una posizione tanto radicale è da discutere con trasparenza ponendola chiaramente all' ordine del giorno. Qualcuno forse pensa con faciloneria che gli esiti di quella discussione possano essere dati per scontati anche grazie all' apparire sulla scena di Darwin. Errore, è proprio perchè vogliamo considerare l' evoluzionismo come un pensiero scientifico che notiamo quanto poco abbia da dirci in merito all' oggetto che più ci preme.

La libertà nel mondo? Cercatela in oriente

Declino dell' occidente?

Più libertà economica, più ricchezza

La morale è sempre quella. Qualche grafico aggiornato.

McDonald's fa bene al mondo

Interessante articolo sull' argomento.

"Critics have excoriated the US fast-food industry in general, and McDonald's most particularly, both per se and as a symbol of the United States. However, examining McDonald's internationalization and development abroad suggests that McDonald's and the others of its ilk are sources of development for mid-range countries. McDonald's brings training in management, encourages entrepreneurship directly through franchises and indirectly through demonstration effects, creates backward linkages that develop local suppliers, fosters exports by their suppliers, and has positive external effects on productivity and standards of service, cleanliness, and quality in the host economies"

I pregiudizi dei media

Rileggevo, meditandone le conclusioni, quello scritto che rappresenta un po' il benchmark in materia meditandone le conclusioni.

A quanto pare, rispetto alla loro potenziale utenza misurata attraverso gli esiti delle elezioni politiche, i giornali americani soffrono di un chiaro sbilanciamento a a sinistra.

Spiegazione 1:

"...James Hamilton [2004] notes that news producers may prefer to cater to some onsumers more than others. In particular, Hamilton notes that young females tend to be one of the most marginal news consumers (i.e. they are the most willing to switch to activities besides reading or watching the news). Further, this group often makes the consumption decisions for the household. For these two reasons, advertisers are willing to pay more to outlets that reach this group. Since young females tend to be more liberal on average, a news outlet may want to slant its coverage to the left..."

Spiegazione 2:

"...A more compelling explanation for the liberal slant of news outlets, in our view, involves production factors, not demand factors. As Daniel Sutter [2001] has noted, journalists might systematically have a taste to slant their stories to the left. Indeed, this is consistent with the survey evidence that we noted earlier. As a consequence, “If the majority of journalists have left-of-center views, liberal news might cost less to supply than unbiased news [p. 444].”
A questo punto sarebbe interessante che si spiegasse il perchè i giornalisti siano prevalentemente di sinistra. Probabilmente si sfocerebbe nella più ampia questione degli intellettuali.

Altra conclusione: chi lavora nei media non è granchè condizionato dalla proprietà.

Alcuni temono che l' informazione lasciata al mercato tende ad uniformarsi. Costoro farebbero bene a tranquillizzarsi.

"...some claim that a free-market system of news will produce less diversity of news than a government-run system. However, again, our results do not support such a claim. The variance of the ADA scores of the privately run outlets is substantially higher (131.3) than the variance of the two government-funded outlets that we examine (55.1)..."

Ma i metodi dell' analisi linkata sono applicabili alla realtà italiana? Qualcuno ha tentato il parallelo. La risposta è negativa. Puglisi propone allora metodi alternativi.

giovedì 17 gennaio 2008

Competitività al femminile

In occidente il sesso debole gode ormai ovunque di diritti parificati a quelli dell' uomo. Eppure, anche dopo decenni, alcuni gap faticano ad essere colmati. Basta guardare agli stipendi, oppure basta dare un occhiata alla composizione della classe dirigente.

Alcuni osservatori hanno insinuato una verità scomoda: forse la donna non coltiva quei desiseri di potere che devono ritenersi tipici dell' uomo!
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In questo studio si tenta una risposta.

Innanzitutto si va in Africa per fare qualche esperimento significativo. Ma perchè fin laggiù? Semplice, laggiù convivono tribù matrilineari, ovvero comunità dove la donna ha un ruolo prevalente, affianco a tribù dove la cultura maschile regna incontrastata.

Si è voluta misurare la competitività e la capacità di cooperare tipica dei soggetti, facendo bene attenzione al sesso e al contesto in cui si è cresciuti.

Risposte: il sesso più competitivo corrisponde a quello che predomina nella tribù. Complessivamente, però, è più competitiva la tribù dove la cultura femminile si impone. E lo è grazie ai maschi. Lì il sesso debole (i maschi) non è poi così debole e mantiene un buon livello di capacità e desiderio di competizione. Le donne si limitano ad essere competitive almeno quanto gli uomini delle tribù maschiliste.

Ma il risultato è ancor più marcato quando si misura la capacità di cooperare. vincono i villaggi dove predominano le donne. Ma vincono soprattutto grazie all' apporto dei maschi.

Insomma, la diffusione della cultura femminile sembra far bene a tutti, soprattutto agli uomini!

Diritto naturale. Ancora il miglior presidio per un liberale

Un recente dialogo con LF mi ha sollecitato sul tema. In questo genere di scambi si sa come vanno le cose: il tempo di una provocazione frammentaria e tanti chiarimenti lasciati necessariamente mutili.

In fondo è giusto così, sono discorsi abbastanza noiosi che uno ripete a se stesso un paio di volte nella vita.

Tanto per mettere qui un segnalibro, svolgo di seguito alcune considerazioni che mi sembrano rilevanti.
  1. Il diritto naturale deriva dall' osservazione dei fatti una serie di precetti che mette a fondamento del suo edificio. Rothbard oggi rappresenta bene questo approccio.
  2. Il diritto naturale ha un pregio non da poco: garantisce regole oggettive. Regole che, non venendo a dipendere da nessun soggetto e non essendo soggette ad alcuna contingenza, valgono per tutti ovunque e sempre.
  3. Il diritto naturale ha un difetto: viola la legge di Hume per la quale un giudizio di valore non può essere ricavato dalla descrizione di fatti naturali.
  4. L' inconveniente puo' essere aggirato introducendo il concetto kantiano di "giudizio sintetico a priori". Questi giudizi pratici hanno un contenuto di verità che non traggono dai fatti. Ma ecco che, per come li costruisce Kant, si rischia di nuovo di ricadere nel soggettivismo. E' un rischio concreto con degenerazioni storiche documentabili. Ad ogni modo è una via per eludere Hume.
  5. In realtà si può mantenere il pregio (oggettivismo) eludendo il difetto (legge di Hume). Basta constatare l' esistenza di una "realtà etica". Un mondo costituito da fatti (etici, o istituzionali) ben distinti da quelli materiali. Ci sono ovvi precedenti tutti riconducibili a Platone e al suo mondo delle idee. Tanto per fare un esempio di neo-platonismo nel campo della logica: Godel riteneva che gli enti logici avessero esistenza separata sia rispetto al soggetto che rispetto ai fatti naturali.
  6. Se esiste un "mondo etico" allora il comando etico non viene "derivato" da un fatto ma "costituisce" un fatto in sè. Un fatto non naturale, ma che accade nel Mondo Etico.
  7. A questo punto ci si chiede: ma la Legge di Hume merita davvero tanto rispetto considerata la facilità con cui puo' essere elusa? Forse la risposta è no. Meglio sacrificare Hume sotto il rasoio di Occam, meglio evitare la moltiplicazione dei mondi e lasciare che dei Principi Etici vengano reperiti in Natura.
  8. La legge di Hume esce malconcia da questo trattamento, eppure nulla vieta che continui a valere per discipline quali l' economia, la fisica, la chimica ecc. Ovvero: la Scienza Etica è una disciplina autonoma, le conclusioni delle altre discipline scientifiche non hanno il potere di influenzarla.

mercoledì 16 gennaio 2008

Etica, una questione di cellule

Pinker si produce sul NYT a difesa della bio-morale.

Argomenta efficacemente dall' alto della sua scienza riconosciuta.

Che l' ipotesi evoluzionista possa spiegare l' origine dei nostri giudizi etici sembra credibile. In più armonizza la scienza etica con gran parte delle scienze contemporanee.

Ma poi - non molto a sorpresa visto che a quel varco si era attesi - ecco che ci si incarta.

"...the explanation of how different cultures appeal to different spheres could lead to a spineless relativism, in which we would never have grounds to criticize the practice of another culture, no matter how barbaric, because “we have our kind of morality and they have theirs..."

Eh sì cari miei, la buona vecchia questione del relativismo sembra sbarrare il passo alla marcia trionfale dei bio-moralisti.

Fortunatamente Pinker ci rassicura.

"...in reality, none of these fears are warranted, and it’s important to see why not..."

E in effetti è molto importante vedere quel why not. Sarà per quello che le mie orecchie si sono espanse di parecchio. Peccato che personalmente non rinvenuto traccia della risposta promessa. E pensare che il resto dell' articolo l' ho riletto due volte.

Si parla a lungo delle soluzioni alternative attraverso cui questo ostacolo è stato superato.

"...if it is just a collective hallucination, how could we argue that evils like genocide and slavery are wrong for everyone, rather than just distasteful to us?...Putting God in charge of morality is one way to solve the problem..."

Ma Pinker non ha nessuna intenzione di buttarci dentro Dio in faccende del genere. Peccato che non sembra avere molte alternative. Cio' lo spinge ad abbandonarsi a dotte digressioni.

Per esempio ci spiega COME puo' sorgere da un punto di vista evolutivo una morale implicante comportamenti generosi.

"...the prevalence of nonzero-sum games. In many arenas of life, two parties are objectively better off if they both act in a nonselfish way than if each of them acts selfishly..."

Ma questo lo sappiamo da sempre, in realtà noi volevamo sapere come replicare a chi, credendosi in buona fede portatore di una Santa Crociata, vorrebbe sterminare i bambini malformati.

Il bello è che Pinker sembra sempre sul punto di rifericelo. Il bello è che la morale biologica sembrava dover sanare ragionevolmente questa frattura.

Invece tutto resta a penzoloni lasciandoci qui con il nostro "istinto etico" che continueremo a praticare in silenzio sperando che tutti ci capiscano e nessuno ci chieda una giustificazione. In caso contrario questo ponderoso articolo serve a poco.





martedì 15 gennaio 2008

Espellere dal movimento i razzisti libertari

Qualcuno propone di espellere dal movimento libertario i paleo-conservatori del Mises Institute considerandoli poco più che razzisti.

I nomi al centro dell' accusa sono quelli di Lew Rockwell e Hans-Herman Hoppe. Molto semplicemente si ritiene che non siano dei libertari.

"...ultimately they lack a grounded perspective on what liberty means and why it is important. Their moral and cultural relativism, their traditionalism and their alliances (both intellectual and strategic) with southern-style paleo-cons have misled them in many ways..."

"...tolerating racists only poisons the cause..."

Il fatto è che costoro vengono accusati di proporre una forma amorale di libertà. A questo proposito viene facile citare Mises:

"...we’ll just create a wertfrei [value-free] libertarianism, Mises thought, and then we can avoid all this morality stuff and just get to designing a free society..."

Accantonare il lato etico della faccenda, si dice, ha consentito di adottare con nonchalance posizioni giudicate razziste.

Ma questo giudizio non mi sembra che stia in piedi.

Le difficoltà incontrate dal conseguenzialismo misesiano nel difendere la società libera ha fatto sì che ben presto quell' apparato venisse trasformato in una teoria etica a tutto tondo con alla sua base il concetto di "proprietà". Cio' andava molto al di là delle intenzioni primigenie.

Rothbard, per quanto non abbia mai tagliato i ponti con il suo Maestro, è stato il protagonista di questo geniale maquillage.

Come si fa a riferirsi al Mises Institute come se si stesse parlando di un covo Pragmatista?! Hoppe un pragmatista? Conosco pochi più rigidi e implacabili di lui nell' argomentare. Passerebbe con il suo bulldozer anche in una nursery.

La rottura (mai troppo strombazzata) di Rothbard con Mises, e l' enfasi conferito al lato etico del libertarismo, hanno consentito di assumere alcune posizioni che oggi vengono tacciate di razzismo ma che, per i loro contenuti, non appartenevano di certo al Mises originale.

Detto questo devo anche aggiungere che personalmente non giudico razziste le politiche sull' immigrazione professate da Hoppe. Al limite le giudico forzate, quando non sbagliate.

Nel suo pensiero il concetto di razza non mi sembra preminente. Lui, come ogni rothbardiano, parte dal concetto di proprietà considerando ogni territorio come proprietà di un gruppo di persone. Da cio' deriva il diritto all' esclusione assoluta.

Ci sarebbe da chiedersi fin dove questa teoria puo' essere concretamente applicata.

Il territorio italiano è la "casa" degli italiano? Direi di no. Il lombardo-veneto è la casa dei lombardo-veneti? La Lega direbbe di sì ma io ho forti dubbi e proprio perchè ho in testa la definizione di homesteading su cui Rothbard tanto insiste.

Dovendo tirare le somme mi vedo costretto a professare una certa qual simpatia per il nocciolo concettuale di cui è portatore il Mises Institute. E questo indipendentemente dall' umanità che lo popola e dalle conclusioni concrete a cui giungono gli studiosi che da lì vengono.

Morale della favola, non mi sento disposto ad appoggiare le richieste di cui sopra. Qui di seguito sintetizzo le perplessità che non mi fanno emettere alcuna scomunica.

  1. Non ritengo "razziste" le idee professate dai cosiddetti paleo-conservatori. Nel loro apparato concettuale la nozione di "razza" mi sembra irrilevante.
  2. Ritengo che nel giudicare "pragmatista" l' approccio dell' odierno Mises Institute, Sanderfur commetta un grave errore. Di conseguenza le motivazioni che propone per sostenere la sua azione vengono a cadere.
  3. Nonostante i toni sempre aspri e settari, mi sembra che la struttura etica costruita dai rothbardiani sia solida, almeno per fungere da utopia di riferimento.
  4. Mi sembra utile l' enfasi che i paleo-conservatori pongono sui valori. Una società liberà non dura un secondo senza che i suoi partecipanti siano sostenuti da forti valori. Le molte leggi che verranno meno dovranno trovare un sostituo proprio nei riferimenti etici di ciascuno di noi. Riferimenti che dovranno spingersi molto più in là rispetto allo scheletro minimale della morale libertaria.










Come i maghi tutelano la proprietà intellettuale

Sembrano piuttosto restii nell' affidarsi al braccio della Legge. Preferiscono vie alternative che, a quanto pare, sono parecchio efficienti.

"...the traditional view is that IP can be protected only by the long arm of the law. But magicians rarely rely on the law..."

Le innovazioni nel settore vengono garantite per via alternative.


"...strong IP laws are supposed to be essential to encouraging innovation, but magicians are extremely innovative, constantly coming up with new tricks...".


"...now, the mystery has been solved: Jacob Loshin of Yale Law School has written a fascinating paper, “Secrets Revealed: How Magicians Protect Intellectual Property Without Law”. This will appear next year (out of thin air, presumably) in a book called “Law and Magic”..."

Non dimentichiamo che nel settore agisce anche quel meccanismo noto con il nome di "obsolescenza indotta".

"...when their ideas are copied, they become passé. This in turn creates demand for new ideas from the top, and so on—a process known as “induced obsolescence...".

Da anticipazioni dello studio veniamo a sapere che i metodi per preservare i trucchi sono essenzialmente tre.

  1. Creare una ristretta comunità dei maghi in cui sia possibile infliggere sanzioni morali in grado di creare un vero danno in termini di immagine e reputazione.
  2. Suddividere i protocolli in esoterici ed essoterici. I secondi potranno trapelare consentendo la pratica ingenua di molti giochi di prestigio di secondo piano.
  3. Riconoscere pubblicamente crediti ai giochi ispirati da altri. Cio' accresce la reputazione e l' incentivo ad innovare.


Capitalismo di "relazione"...made in USA

Pensiamo alla "raccomandazione" come ad un' istituzione italiana.

Ci consideriamo come il Paese del "familismo amorale".

Descriviamo il nostro sistema economico come "Capitalismo di Relazione".

Ebbene, italiani, cerchiamo di riprenderci qualche rivincita. Magari contro la Perfida Albione vista nella prospettiva dei paesi anglosassoni.

"...a new study investigating the flow of information between mutual fund managers and senior company officers finds that managers put bigger bets on companies run by people who attended the same school.

Significantly, those stocks outperformed the managers' choices of stocks in companies where the manager didn't go to school with company executives. And the old-boy stocks they picked also did better than old-boy stocks that they chose not to bet..."

"...Harvard University is the most connected institution..."


Alla ricerca del feliciometro

Importante studio opina sulla cosiddetta economia della felicità.

Sostituendo la misura del PIL con gli indicatori di felicità si rende ancora più vago e manipolabile un concetto quale quello di "bene pubblico".

"...Hayek said of the phrase ‘the common good’ that: ‘it does not need much reflection to see that [this term has] no sufficiently definite meaning to determine a particular course of action..."

Quando si parla di felicità sacatta un riflesso condizionato e si pensa subito a politiche ambientali o di giustizia sociale. Non è così.

"...many people automatically assume that happinessbased policy would advance causes that they already champion, such as environmental protection or social justice. We saw in the previous chapter, however, that there does not appear to be any evidence that happiness-based environmental policy would offer improvements to current practice..."

Il riferimento alla felicità pone problemi etici non indifferenti, pensiamo al caso del Bhutan, ovvero del Paese che più coerentemente segue queste politiche.

"...Kingdom of Bhutan, for example, is cited approvingly by leading happiness advocates for being the first country in the world to use the concept of gross national happiness as the basis for policy. In this fortunate nation, national dress is compulsory and, until recently, television was banned..."

"...Bhutan wants to protect and maintain its culture, so the government achieves this by expelling the minority of the population which is ethnically Nepalese..."

La felicità sembra avere una forte relazione con l' invidia. L' invidia deriva da un confronto con chi ci sta vicino. La ricerca della felicità sembra penalizzare i modelli meritocratici.

"...it is only income within peer groups – among groups of people with whom one compares oneself – which determines happiness, rather than income inequality in society as a whole..."

Al momento sembrano non esserci variabili economico-sociali saldamente correlate con la felicità, ecco che allora ci si pone un dubbio.

"...even trying to increase the sum total of human happiness is an exercise in monumental futility, or that there are serious problems with measuring happiness..."

Come distinguere le politiche sociali alla luce dell' economia della felicità?

"...As Chapter 6 mentions, arguably the real dichotomy is not that of a material versus a holistic conception of welfare; it is between accepting preferences as a useful indicator of welfare, despite the acknowledged flaws of such an approach, and not doing so..."

Cosa nasconde in fondo il tentativo di introdurre misurazioni alternative al PIL?

"...until relatively recently, many well-meaning people on the left believed that the state should play an active role in the dayto- day running of industry. Following the abject failure of central planning in the Soviet bloc, there are few takers for this position today. But the reflex to reductively pinpoint capitalism as the root of all evil, the urge to intervene, the belief that the expert knows better than the ordinary person what is good for him or her, are incurable. Happiness research is one of the latest manifestations of this tendency. But, just like central planning, it is inherently flawed...".

lunedì 14 gennaio 2008

La lotta al lavoro minorile come origine di molta prostituzione infantile

Da un reportage della televisione norvegese.

"Due to Western pressure, Bangladesh outlawed work in garment factories for children under 14.

- When the children lost their jobs, many of them ended up on the streets, as prostitutes. We know that much, says Rasmus Juhl Pedersen, adviser in Save the Children, Denmark.

Somewhere between 30.000 and 100.000 children lost their jobs when the garment factories introduced the age limit.

To work as a prostitute, maid or further down the line of production is much worse than working in the garment industry, according to Juhl Pedersen.

Western companies are so afraid of being associated with child labour that the children are thrown out of the factories even though no one has prepared any alternatives.

Well-meaning western consumers who boycott products that can be tied to child labour can do more harm than good, according to Save the Children, Denmark..."

Becker sulla sanità USA. 7 osservazioni

Eccole.

"...international comparisons underrate American health care. This is partly because these comparisons give insufficient weight to the fact that most of the new drugs to treat major diseases originated in the US, along with many of the new surgical procedures..."

"...the US is also much more generous than other countries, such as Great Britain and France, in making expensive surgeries and drugs available to older persons through Medicare and private insurance..."

"...the American health system is decentralized and "messy", and many health evaluators prefer a single payer (i.e., government) centralized approach to health care as opposed to any market-based approach..."

"...eliminate the link between employment and the tax advantage of private health insurance..."

"...encourage the spread of Health Savings Accounts..."

"...I would greatly increase the generosity of Medicare drug coverage..."

"...medicaid should be extended to cover anyone who cannot afford such catastrophic insurance..."

add1 Assicurazioni sanitarie, analisi economica e proposte campate per aria



Esentare dall' uso del casco i donatori d' organi

Crisi finanziarie. Banche predatrici o clienti predatori?

Dopo la crisi dei mutui si è cominciato a dipingere il mostro. La banca è un mostro ideale, ricettacolo di avidità e frodi.


Peccato che la maggior parte delle sofferenze siano dovute proprio ad uno scarso controllo dei prestatori rispetto ad informazioni lacunose fornite dai destinatari dei mutui.


Se solo le banche imparassero un po' meglio a tutelare i propri interessi...

Come convertire l' economista austriaco?

Sappiamo come Bruno Leoni si rifiutasse di credere alle prodezze spaziali dei sovietici (Martino docet). Come puo' infatti un Paese socialista spingersi tanto in là nello sviluppo tecnologico?
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E' solo un piccolo aneddoto per chiedersi cosa serva per convertire un ardente sostenitore del paradigma austriaco!

Effettivamente qualcuno ritiene che la visione austriaca sia ideologica. In quanto tale niente più che un semplice apparato razionale non soggetto a verifica fattuale.

Ma come puo' esistere una forma di utilitarismo - perchè Mises era un utilitarista - restio a scommettere sui fatti?

La questione potrebbe essere prontamente chiusa dicendo che l' unico "laboratorio" riconosciuto probante dall' austriaco sia quello della storia. Inutile insistere alla ricerca di conferme che non siano di portata storica.

Questo appello alla storia sarebbe singolare per un approccio che nasce con Menger proprio in opposiziono allo storicismo dell' economia tedesca di allora.
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Certo, il fallimento dei socialismi viene considerato dagli austriaci come una conferma delle loro teorie. Ma siamo sicuri che un eventuale successo di quei sistemi sarebbe stato interpretato dagli austriaci come una smentita del loro approccio?
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Anch' io, devo ammetterlo, vedo Mises/Rothbard come ideologi.

Come i diffusori di un' ottima ideologia, dell' ideologia più solida per chi vuole dare stabilità al pensiero liberale. Di un' ideologia che, occasionalmente, puo' anche sfruttare le argomentazioni e le verifiche che l' economia formale è in grado di fornire.
Per quanto queste stampelle vengano spesso sfruttate, si tratta di attrezzi che non sarebbero nemmeno necessari.
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In un recente post, Lamiadestra chedeva ai sostenitori della visione austriaca se avessero consigli concreti da dare al manager dell' impresa privata o al politico intento a formulare i suoi piani economici.

Il risultato di una simile provocazione è prevedibile: il manager deve avere la libertà di agire come crede mentre il politico deve ispirarsi a ricette liberali.
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Ma perchè questa distinzione? Perchè l' austriaco ha la ricetta per il piano politico e non quella per il piano manageriale? Perchè alcune organizzazioni lo interessano e altre no?

Mistero.

Qualcuno potrebbe opinare che un meccanismo come quello della concorrenza di mercato è applicabile solo tra imprese e non all' interno dell' impresa.

Sarebbe un' obiezione futile, esistono mille modi per introdurre la concorrenza anche all' interno dell' impresa.

Esistono infatti governance possibili per far emergere dal basso, anche nell' impresa, le decisioni strategiche. Eppure non sembra che se l' imprenditore imponga le sue decisioni (up-bottom) a tutti, la cosa scandalizzi l' "austriaco".

E' la questione delle dimensioni dell' impresa. Il rothbardiano ha qualcosa da dirci su questo tema?

Forse ci dirà che l' impresa è un accordo volontario e, finchè resta tale, il suo contenuto è libero.

Ovvero: l' organizzazione dell' impresa è libera.

Ma questo discrimine per cui, a priori, il consenso va bene e la coercizione no, è un discrimine ideologico.

domenica 13 gennaio 2008

Una figurina cenciosa che si pavoneggia

"Ascolta una cosa vera, duepunti".

E' questo il disclaimer con cui si annuncia ogni rigo di Kipling.

E non c'è dunque da meravigliarsi granchè se su quei righi i lettori vanno a posarsi a frotte come le mosche sulle briciole.

Da quel momento, un po' spinto, un po' rimorchiato, il lettore attraversa una fitta foresta di simboli fiabeschi. Gli occhi fissi senza più palpebre, l' animo regredito fino all' identificazione con l' abitante della giungla, l' odore del sapone che segnala l' avvicinarsi del nemico...se mai ci sono colonne, sbucherà sempre qualcuno da dietro. Si incede tra fremiti e sbadigli attraverso una luce che anima allo stesso modo uomini, corvi e buoi.

Poi, dalla ghenga tuonante ed in perenne tumulto, spicca una figurina cenciosa che si pavoneggia, un ometto che va garrulo ed esaltato incontro a quel beato disordine asiatico che - basta dare tempo al tempo - arreca tutto quanto occorre ad una persona semplice.

Guardar vivere aspettando di vivere sembra essere tutta la vita di un simile mendicante impunito e smargiasso.

Non temiamo per lui, visto che una scimmia non cade dagli alberi.

Sempre impegnato in attività a scopo di lucro, sempre intento a carpire confidenze, ad afferrare una volatile voce di bazar, ad esigere i crudeli interessi del ricatto, ad incontrare tipi obliqui e subdoli che conducono un loro gioco occulto. Sempre intento a vivere. E' lesto, è baldo e ribaldo benchè conosca già l' arte della dissimulazione. E' felice di prendere, di dare, di scambiare, di rubare.

Chi è lo capisci fin dalle prime pagine quando, di fronte al Toro Sacro che gironzola per il mercato e, forte della sua immunità, affonda il muso nelle ceste di verdura portandosi via la parte migliore, il Nostro Eroe non si perita di sferrargli un calcio nelle palle che gli consentirà di riscuotere le ipocrite mance dei commercianti.

Ma prima di chiudere vorrei accennare ad una scontentezza personale che si prolunga anche dopo aver chiuso il libro.

Non meritava un discolo così fantasticamente partorito, di dover subire l' iterata carezza dei suoi padrini, l' incessante raffica di strizzatine d' occhio dei suoi pigmaglioni. Ho capito bene che lui è un furbo di tre cotte e saprà sempre sfangarsela. Ho capito che la sa lunga e si farà strada. Ma se me lo continui a ripetere mi viene voglia di fargli lo sgambetto. Meno male che ogni tanto viene pestato dai suoi comilitoni.

E meno male che alla fine, grande leitmotive kiplingiano, 2 occhioni neri lo metteranno nel sacco. Lui con tutte le sue effimere vitalistiche quanto effimere furberie.