venerdì 21 dicembre 2007

Toro Seduto si "autodetermina"

Politica estera: La tribù Lakota, ovvero gli eredi di Toro Seduto, recedono unilateralmente dal trattato firmato 150 anni fa con gli Stati Uniti.

Possono farlo secondo i principi approvati dall' ONU nel settembre scorso.

in September, when the United Nations adopted a non-binding declaration on the
rights of indigenous peoples — despite opposition from the United States, which
said it clashed with its own laws.

Sono già iniziate le iniziative diplomatiche con la visita alle ambasciate di Cile, Bolivia, Sud Africa e Venezuela.

Stepmother City: Sainkho molla il colpo

Me la ricordavo molto diversa, forse si è stufata di stare al fronte e, tornata nelle retrovie per godersi la pensione, ha preso a frequentare, tra le cattive compagnie, alcune delle migliori: la Sumac e Bjork, tanto per sparare un paio di nomi.

Prima, da animalessa di gran razza, inventava “versacci”. Ora si limita a farli. Fa quello uptown di Shelley Hirsch, e poi scende nei bassifondi per fare una capatina al bar con Tom Waits prima del transito in discoteca a sculettare con i Chemical Brother. In questi giri del mondo non manca mai un salto in Giamaica. Infine si accuccia con la tenerezza ruffiana di una Geisha mantenuta, per partecipare subito dopo ad una escursione andina dove volando sul groppone del condor puo' scorgere la sensualità dei tornanti.

Allora vale la pena di sentirsela questa Geisha, proprio mentre i venti dello shakuhachy -flauto giapponese ma che va bene anche per la Cordigliera - le scompigliano i capelli. Sono venti insufflati da Rothemberg, anch’ egli presente in versione sterilizzata. Il pezzo “fake folk” si intitola Old Melodie


Siccome ad una gattona cresciuta nella taigà non si puo’ chiedere di fare a lungo la gallina padovana, ecco che capita piazzi la zampata (frammento da Lonley Soul)

Quattro conti sulla pena di morte...per gli hackers

Li fa per noi quel duro di Steven E. Landsburg
  1. Stando agli studi disponibili l' esecuzione di un assassino salva circa 10 vite.
  2. Il valore medio di una vita è circa di 7 milioni di dollari.
  3. L' esecuzione di un assassino vale dunque circa 100 milioni di dollari.
  4. Compare that to the benefit of executing the author of a computer worm, virus, or Trojan.
  5. La diffusione di virus costa all' incirca 50 bilioni di dollari all' anno.
  6. Se la deterrenza di un' esecuzione copre almeno i/5 dell' 1% di questa cifra, il gioco vale la candela.
  7. E' praticamente certo che il gioco valga la candela.

Scherzo, nè.

Lotti lunari alle stelle. E' bolla?

Qualche grafico portatile




Diseguaglianza e ricchezza. parliamone pure, ma sempre avendo in mente la realtà.
Il primo grafico si riferisce al confronto USA-UE, il secondo illustra la situazione globale.
Addendum. Per un discorso generale sulla diseguaglianza USA e quella nel mondo, considera la catena di links che parte da questo post.


Aldo Cazzullo è preoccupato. Presentiamogli Wal-Mart

Alcuni links per rassicurare Cazzullo.

  1. Wal-Mart ha contribuito in modo preminente alla recente spettacolare crescita della produttività USA.
  2. Wal-Mart facilita la vita soprattutto ai meno abbienti.
  3. Wal-Mart ha giocato un ruolo decisivo nel cotrollo dell' inflazione USA.
  4. Si comincia a spingere per il Nobel a Wal-Mart.
  5. Perché premiare lo sforzo di Yanus e i suoi incerti risultati a favore dei più deboli, quando si trascurano i risultati certi di Wal-Mart?
  6. Wal-Mart crea lavoro.
  7. Wal-Mart ritocca verso il basso gli stipendi. Anche se li mantiene ben al di sopra del salario minimo federale.
  8. Alle prese con Katrina, Wal-Mart batte la protezione civile.
  9. Gironzolare 72 ore per Wal-Mart non è poi così stancante.
  10. Addendum corsa forsennata per accaparrarsi un lavoro da wal mart

Microcredito = Microwelfare

Al purista Jeffrey Tucker questa storia del microcredito di Yanus non sembra proprio andare giù. E ce lo dice qua, qua e quaquaraqua.

Globalizzazione: pensarla a fondo per difenderla meglio

Un recente scambio on-line aiuta ad andare oltre Tremonti. Intendo il Tremonti che, quando prende la parola su questi temi, fa cessare d' incanto anche la regolare intermittenza dell' interruzione santoriana e florisiana.
***
Dani Rodrik formalizzava la necessità di ristrutturare le economie globalizzate con la conseguente perdita occupazionale che cio' potrebbe comportare. Daniel Drezner, a commento, pronunciava queste parole azzardate che hanno dato la stura al dibattito:
I don't disagree with Rodrik's political argument here per se -- but I do
have a few quibbles about it's generalizability... In focusing strictly on the
employment effects, ... Rodrik elides the biggest gain from trade -- lower
prices. ...

Ma la globalizzazione, ovvero il libero commercio, è davvero in grado di comprimere i prezzi? E qui cominciano i problemi.

I vari interventi sono raccolti da Mark Thoma in un suo lungo post che merita segnalazione.

Se devo scegliere un suggello alla discussione faccio mie le parole con le quali Alex Tabarrok si pone la questione decisiva, ovvero: prima ancora di applicare l' attrezzistica dell' economia positiva, dobbiamo compiere una scelta morale circa la comunità che intendiamo tutelare: individuo, comunità nazionale o comunità internazionale. La risposta utilitaristica varia a seconda dell' ottica scelta.

Trade and the Moral Community, by Alex Tabarrok: Much of the recent
tradedebate between Rodrik, Mankiw, Tyler and others (see Tyler's excellent post
forlinks) is primarily not about positive economics but about the relevant
moralcommunity. Rodrik, for example, hasn't argued that trade does not
increaseaggregate wealth he has argued that trade is not guaranteed to increase
nationalwealth - something quite different. I consider three moral communities
and thecase for trade.


Peter wishes to trade with Jose. The individualist
says therelevant moral community is Peter and Jose and presumptively no one
else. Trade,the right of association, is a human right and on issues of rights
the moralcommunity is the individual. When Jose offers Peter a better deal than
Joe it'swrong - a moral outrage - for Joe to prevent Jose at gun point from
trading withPeter.


The more common view expressed implicitly by Dani Rodrik,
but by manyothers as well, is the nationalist view, the moral community is Peter
and Joe.Joe gets a vote on Peter's trades. Peter should be allowed to trade only
if bothPeter and Joe benefit, otherwise too bad. Jose counts for less.


A
third view, that of the liberal internationalist, says that Peter, Jose and Joe
countequally and are together the moral community.
Now how does the
positiveeconomics apply to these three cases? Peter and Jose presumptively are
betteroff from trade otherwise they wouldn't trade so the individualist
economist (theeconomist who takes Peter and Jose as the relevant moral
community) will supportfree trade. The liberal internationalist will also
support free trade becausethere is a strong argument from positive economics
that trade increases totalwealth (comparative advantage, specialization,
competition etc.).


In between, we have the nationalist economist for whom it
depends..."


La pirateria internet fa bene al cinema

Controintuizioni.

Evgeny Morozov tells how a
buzz among file-sharers turned a small indie film into an American cult hit, and
wonders if there is a model here for leveraging internet piracy as a marketing
and even a financing strategy ...

giovedì 20 dicembre 2007

Che fine ha fatto il femminismo sulla questione musulmana?

Interessante parallelo tra il disinteresse di oggi e l' impegno contro l' apartheid.

The comparison of Saudi and South African apartheid, and the different
Western attitudes to both, has been made before. Recently the journalist Mona
Eltahawy argued that while oil is a factor, the real reason Saudi teams aren't
kicked out of the Olympics is that the "Saudis have succeeded in pulling a fast
one on the world by claiming their religion is the reason they treat women so
badly." Islam, she points out, does take other forms in Turkey, Morocco,
Indonesia and elsewhere. But Saudi propaganda, plus our own timidity about
foreign customs, has blinded us to the fact that the systematic, wholesale Saudi
oppression of women isn't dictated by religion at all but rather by the culture
of the Saudi ruling class.

I think there is another explanation, too. As a
nation, we are partial to issues that seem familiar, and the story of apartheid
South Africa had echoes in our own civil rights movement. It wasn't that big a
leap for Jesse Jackson to support the anti-apartheid movement when it was at its
peak in the 1980s, but it wasn't that hard for college students then, either: We
had been taught about institutionalized racism in school.

Ma quanto va forte una formula uno?

Ristabiliamo le proporzioni.

Petrolio: previsioni di picco, ma nei prezzi

In due/tre anni barile sotto i 50 dollari.

Mitigazione e resilienza non sono le uniche alternative

C' è anche il geoengeneering

Quanto conta l' innovazione

Innovazione e tecnologia contano ben poco nello sviluppo. Quello che conta è il loro assorbimento e la loro applicazione.

Chavez è un regalino delle politiche neo-liberiste andate a male?

Non si direbbe.

W i ricchi

L' 1% più ricco paga il 27% del gettito complessivo. Non da noi.

Ma gli intelligentoni guadagnano di più?

Per alcuni . Per altri no.

E' l' economia che fa eleggere i Presidenti

Un modellino per fare previsioni infallibili.

La conversione dei Caraibi

Scrivo con la percezione dilatata che lascia l' incontro ancora fragrante con il verso di Walcott, vate antillano dalla scrittura ventilata che, senza fermarsi mai, ondeggia sulla pagina alla stregua di un palmizio caraibico. Il suo rigo sa farsi fungo allucinogeno dalle spore non omologate.


E ce ne sono tanti di righi salmastri in quel suo magistrale poemone dove con ricchezza immaginifica strabordante si mette in scena lo strazio di una conversione ai valori occidentali della sua gente. Uno strazio che ci fa leggere con la mandibola smollata.


Sono righi da cui non ci va di staccare gli occhi, li sorvegliamo anche allontanandoci da loro, anche quando sono diventati ormai niente più che un corteo di formichine nere in marcia verso una meta per cui abbiamo perso interesse.


Una ridda di righi rumorosi e itraprendenti, ognuno vuole proiettare il suo cinema, ognuno è disposto a tutto pur di dare sulla voce all' altro. Si affollano sgomitando davanti alla pupilla sconcertata del lettore.


Troppi forse per reggere la densità sonettistica a cui li sottopone il vate, per sopportare l' irruenza metaforica con cui carica ogni pagina al punto da renderci ponderosa la sfogliata. Pagine che ci spiace abbandonare alla loro sorte, meritevoli come sono di essere ulteriormente dissodate dal vomere di cento riletture.


Che rischio riversare tutte quelle calorie sul palato del degustatore bulimico! Si finisce prima per sorprenderlo, poi per deliziarlo, poi per inebriarlo, poi per stordirlo; infine per allucinarlo. Poi, per...per "dilatarlo". Scrivo dopo aver superato l' ultima soglia di quest' ultimo stadio. Ne tenga conto il perplesso che già scuote la testa.


Una poesia immersa nella piaga slabbrata e formicolante di cuori negri che stanno al mondo senza radici. Che hanno una loro economia nobilmente stagnante fatta di acque glauche arate dalle reti, di corde muschiose e barbute strattonate da muscoli guizzanti come delfini. Un economia dove il remo viene lasciato oziare a lungo. Un' economia accompagnata dal ritmo della bofonchiante abitudine figlia dell' esperianza.


Umanità ancora avvolta nel timore riverente verso un creato da ringraziare per le sorprese elargite ogni giorno che dio manda in terra.


Cuori negri sospesi tra la ritmica pace di onde benedicenti e l' anarchico frizzare della schiuma che si arriccia nella risacca.


Cuori babbuini tremanti come pioppi nell' aria in un timore della cui sacralità ci accorgiamo solo ora che barcolla, sbiadisce e cede a forze imperscrutabili che la estinguono.


In questa festa continua carica di infezioni contagiose, passa inosservato persino il trito stereotipo dell' umiliazione imposta dalla volgarità dei tempi.


Sia dannato chi lo risveglia menzionandolo quando pensa, così facendo, di agganciare un commento appropriato alla lunga teoria di versi ispirati che ci sfila di fronte prostandoci con la fatica che danno al palato i cibi resi squisiti dall' eccessivo sapore che li carica.


Le sete di fantastiche donne arroganti dalla bellezza ferina varcano un paesaggio talmente splendido che guardarlo ci affranca dalla macina della storia.


Una bellezza cresimata da Vescovi plenipotenziari, una sinuosità ciprigna fatta di bolle acquatiche, pronta a svanire come le meduse trasparenti.


Nello stesso momento in cui ringraziamo per tutto questo spettacolo, ecco che cominciamo a perderlo. Le mani, enormi come alberi, dei coralli ci congedano. La risacca è niente più che una bianca linea astratta. Perdiamo il legno rimpiazzato dai cementi, perdiamo la crudeltà delle razzie spinte via dalla tristezza della prostituzione, perdiamo il ballo della pupilla indagatrice sostituita dai torpori oculari indotti dalla soddisfazione materiale, perdiamo la freschezza dei fanghi a cui si preferisce il calore delle lamiere, perdiamo l' esaltazione di droghe misteriose per affogarci nell' alcol della grande distribuzione.


Poi, in un soprassalto, allo scoccare di una scintilla, ci precitiamo verso l' incorruttibile che sentiamo abitare ancora la negra periferia. "Dov' è la nostra casa?". Via, via, il cuore sfinito dai libri reclama una nuova impraticabile libertà. Qesta nostra utopia - che è il nostro pio errore - saprà consolarci con l' allucinazione del verso che segue.Scrivo con la percezione dilatata che lascia l' incontro ancora fragrante con il verso di Walcott, vate antillano dalla scrittura ventilata che, senza fermarsi mai, ondeggia sulla pagina alla stregua di un palmizio caraibico. Il suo rigo sa farsi fungo dalle spore non omologate.


E ce ne sono tanti di righi salmastri in quel suo magistrale poemone dove con ricchezza immaginifica strabordante si mette in scena lo strazio di una conversione ai valori occidentali della sua gente. Uno strazio che ci fa leggere con la mandibola afflosciata.


Sono righi da cui non ci va di staccare gli occhi, li sorvegliamo anche allontanandoci da loro, anche quando sono diventati ormai niente più che un corteo di formichine nere in marcia verso una meta a cui possiamo disinteressarci.


Una ridda di righi rumorosi e itraprendenti, ognuno vuole proiettare il suo cinema, ognuno è disposto a tutto pur di dare sulla voce dell' altro. Ce ne sono proprio tanti.
Troppi forse per reggere la densità sonettistica a cui li sottopone il vate, per sopportare l' irruenza metaforica con cui carica ogni pagina al punto da renderci ponderosa la sfogliata. Pagine che ci spiace abbandonare alla loro sorte, meritevoli come sono di essere ulteriormente dissodate dal vomere di cento riletture.


Che rischio riversare tutte quelle calorie sul palato del degustatore bulimico! Si finisce prima per sorprenderlo, poi per deliziarlo, poi per inebriarlo, poi per stordirlo; infine per allucinarlo. Poi, per...per "dilatarlo". Scrivo dopo aver superato l' ultima soglia di quest' ultimo stadio. Ne tenga conto il perplesso che già scuote la testa.


Una poesia immersa nella piaga slabbrata e formicolante di cuori negri che stanno al mondo senza radici. Che hanno una loro economia nobilmente stagnante fatta di acque glauche arate dalle reti, di corde muschiose e barbute strattonate da muscoli guizzanti come delfini. Un economia dove il remo viene lasciato oziare a lungo. Un' economia accompagnata dal ritmo della bofonchiante abitudine figlia dell' esperianza.


Umanità ancora avvolta nel timore riverente verso un creato da ringraziare per le sorprese elargite ogni giorno che dio manda in terra.


Cuori negri sospesi tra la ritmica pace di onde benedicenti e l' anarchico frizzare della schiuma che si arriccia nella risacca.


Cuori babbuini tremanti come pioppi nell' aria in un timore della cui sacralità ci accorgiamo solo ora che barcolla, sbiadisce e cede a forze imperscrutabili che la estinguono.


In questa festa continua carica di infezioni contagiose, passa inosservato persino il trito stereotipo dell' umiliazione imposta dalla volgarità dei tempi.


Sia dannato chi lo risveglia menzionandolo quando pensa, così facendo, di agganciare un commento appropriato alla lunga teoria di versi ispirati che ci sfila di fronte prostandoci con la fatica che danno al palato i cibi resi squisiti dall' eccessivo sapore che li carica.


Le sete di fantastiche donne arroganti dalla bellezza ferina varcano un paesaggio talmente splendido che guardarlo ci affranca dalla macina della storia.


Una bellezza cresimata da Vescovi plenipotenziari, una sinuosità ciprigna fatta di bolle acquatiche, pronta a svanire come le meduse trasparenti.


Nello stesso momento in cui ringraziamo per tutto questo spettacolo, ecco che cominciamo a perderlo. Le mani, enormi come alberi, dei coralli ci congedano. La risacca è niente più che una bianca linea astratta. Perdiamo il legno rimpiazzato dai cementi, perdiamo la crudeltà delle razzie spinte via dalla tristezza della prostituzione, perdiamo il ballo della pupilla indagatrice sostituita dai torpori oculari indotti dalla soddisfazione materiale, perdiamo la freschezza dei fanghi a cui si preferisce il calore delle lamiere, perdiamo l' esaltazione di droghe misteriose per affogarci nell' alcol della grande distribuzione.


Poi, in un soprassalto allo scoccare di una scintilla, ci precitiamo verso l' incorruttibile che sentiamo abitare ancora la negra periferia. "Dov' è la nostra casa?". Via, via, il cuore sfinito dai libri reclama una nuova impraticabile libertà. Qesta nostra utopia - che è il nostro pio errore - saprà consolarci con l' allucinazione del verso che segue.

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