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L' immagine del "lettore di libri" che mi viene in testa istintivamente, non collima molto con quella di Ferguson.
La mia impressione è che purtroppo i libri si coniughino male con la vita reale, e chi si dona anima e corpo ai primi perde gran parte del controllo sui gangli nevralgici della seconda.
Quando lascio una lettura particolarmente intensa mi sento sempre un po' spaesato, mi sento vittima di una qualche menomazione.
Le strade della vita reale sono finalmente mie. Eppure mi accorgo che sto zoppicando, e la colpa, ahimè, è proprio di quelle letture troppo coinvolgenti.
Questa diffidenza non migliora se guardo ai "forti lettori" che nel loro mondo hanno una fama consolidata.
Capita che costoro abbandonino il loro cantuccio claustrofobico per regalarsi un periodo di estroversione sul mondo comune. Magari in politica, o come commentatori giornalistici, oppure...
Eccoli allora sbandare paurosamente. I loro esiti sono piuttosto sconsolanti. La loro "zoppia" è macroscopica e decisamente imbarazzante.
Anche quando si indirizzano nella direzione che ritengo corretta, anche quando sostengono cio' che auspicherei anch' io, sento che il loro contributo contorto fa solo "male alla causa".
D' altronde è cio' di cui parlavo (con nomi e cognomi e date) più sotto, nell' "Apologia della Torre d' Avorio".
***
Per produrre una lettura intensa si richiede un certa capacità di distacco.
Non è un caso che nel "vero lettore" si sia evoluto un organo particolare. E' questo un organo in grado di secernere una singolare sostanza dalle proprietà isolanti.
Come una crisalide, il "vero lettore" si avvolge e si separa da tutto grazie a questo potentissimo anestetico.
Ma l' organo di cui parlo cade facilmente vittima dell' usura e ben presto si guasta sviluppando una sorta di incontinenza. A quel punto gli inconvenienti si moltiplicano.
Non sempre infatti lo si puo' tenere sotto controllo, capita che continui a lavorare indefesso anche dopo che gli si è comandato lo "stop" di rito. Che continui a lavorare anche quando sei in compagnia di altri.
Tu dici "stop", "stop!", "stooop!!", ma lui niente. E allora sono guai.
***
In conclusione: per leggere bisogna rinunciare a molto. E il molto a cui si rinuncia è in gran parte costituito dalla strumentazione (lucidità, tempismo, istinto, empatia, carisma, ricchezza...) idonea ad esercitare un certo ascendente sul prossimo.
Se mi darai ad intendere di essere ricco come un Creso, di avere un bel gruzzolo da parte, ma poi cominceranno ad arrivare puntuali i conti insoluti, allora io ti guarderò di sguincio accusando il colpo. E la mia stima scemerà.
Se, quando tornerai alla sera, mi accorgerò che sei passato al bar, che puzzi di postribolo, che strascichi le parole e fai discorsi sconclusionati tentando goffamente di nascondere le tue defaillances, allora, puoi starne certo, al borsino del mio foro interiore le tue quotazioni cominceranno ad erodersi inesorabilmente.
Se, quando ti parlerò nell' ultimo tentativo di rinforzare la nostra intimità perduta, tu mi ascolterai con la maschera di una falsa attenzione, io trasformerò l' antico pianto del mio occhio ormai in secca, in un lento disprezzo che salirà ogni giorno di più, fino a saturare la trappola della nostra invivibile quotidianità.
Se da chiacchere di strada verrò a sapere che nemmeno le case in cui viviamo sono tue, come mi avevi sempre lasciato intendere, allora io mi sbiancherò fino alle labbra, e, nel pensarti come il mia nemico, stringerò denti e occhi. Poi stringerò anche i pugni, fino a mostrare il bianco delle nocche.
Se, impaurito dalla mia indignazione, tenterai di esorcizzarla con frivolezze sconvenienti e sicurezze da galletto, allora vedrai che, nella mia anima onesta, qualcosa contro di te si cristallizzerà come un freddo sasso non più scomponibile, come una blocco di ghiaccio che non fonde neanche all' inferno.
Quando mentirai o compirai azioni vergognose - e ne compirai certamente - ti staffilerò senza pietà, perchè, per via dell' amore che ti ho dato, io sarò esigente con te, sarò implacabile, non mi contenterò della nullità che sei, della tua natura di guscio vuoto, vorrò mutarti, ti distruggerò con l' accanimento di chi vuole migliorarti. E non credere, anche per me tutto ciò non sarà altro che una tortura.
Non dico che...non dico che intermezzi idilliaci non potranno ripresentarsi. Quando il sabato mattina ancora presto, dal letto, udrò il dolce concerto del tuo zufolo contrappuntato da sega e martello mentre traffichi operoso giù in giardino, io sarò pervasa da un senso di calma felice. Di tanto in tanto il tuo lepido commento mi divertirà. Eppure...eppure puntuale sopraggiungerà il freddo, puntuale com' è puntuale nel gelare gli entusiasmi della domenica sera il pensiero al lavoro feriale.
Lo so che, quando sarai con i tuoi amici, avrai sempre la battuta pronta, e loro passeranno il tempo a reggersi la pancia dal ridere, tu farai le tue imitazioni con grande successo - la voce grossa, la voce tremula...- potrai tirare avanti per ore e ore con le tue spacconate, sarai sempre l' ultima a rientrare. Ridi ridi maledetto, che io me ne sto qua a contare ogni centesimo per tirare la fine della settimana, voglio proprio vedere quanto porti a casa questo mese.
Se mi darai ad intendere di essere ricco come un Creso, di avere un bel gruzzolo da parte, ma poi cominceranno ad arrivare puntuali i conti insoluti, allora io ti guarderò di sguincio accusando il colpo. E la mia stima scemerà.
Se, quando tornerai alla sera, mi accorgerò che sei passato al bar, che puzzi di postribolo, che strascichi le parole e fai discorsi sconclusionati tentando goffamente di nascondere le tue defaillances, allora, puoi starne certo, al borsino del mio foro interiore le tue quotazioni cominceranno ad erodersi inesorabilmente.
Se, quando ti parlerò nell' ultimo tentativo di rinforzare la nostra intimità perduta, tu mi ascolterai con la maschera di una falsa attenzione, io trasformerò l' antico pianto del mio occhio ormai in secca, in un lento disprezzo che salirà ogni giorno di più, fino a saturare la trappola della nostra invivibile quotidianità.
Se da chiacchere di strada verrò a sapere che nemmeno le case in cui viviamo sono tue, come mi avevi sempre lasciato intendere, allora io mi sbiancherò fino alle labbra, e, nel pensarti come il mia nemico, stringerò denti e occhi. Poi stringerò anche i pugni, fino a mostrare il bianco delle nocche.
Se, impaurito dalla mia indignazione, tenterai di esorcizzarla con frivolezze sconvenienti e sicurezze da galletto, allora vedrai che, nella mia anima onesta, qualcosa contro di te si cristallizzerà come un freddo sasso non più scomponibile, come una blocco di ghiaccio che non fonde neanche all' inferno.
Quando mentirai o compirai azioni vergognose - e ne compirai certamente - ti staffilerò senza pietà, perchè, per via dell' amore che ti ho dato, io sarò esigente con te, sarò implacabile, non mi contenterò della nullità che sei, della tua natura di guscio vuoto, vorrò mutarti, ti distruggerò con l' accanimento di chi vuole migliorarti. E non credere, anche per me tutto ciò non sarà altro che una tortura.
Non dico che...non dico che intermezzi idilliaci non potranno ripresentarsi. Quando il sabato mattina ancora presto, dal letto, udrò il dolce concerto del tuo zufolo contrappuntato da sega e martello mentre traffichi operoso giù in giardino, io sarò pervasa da un senso di calma felice. Di tanto in tanto il tuo lepido commento mi divertirà. Eppure...eppure puntuale sopraggiungerà il freddo, puntuale com' è puntuale nel gelare gli entusiasmi della domenica sera il pensiero al lavoro feriale.
Lo so che, quando sarai con i tuoi amici, avrai sempre la battuta pronta, e loro passeranno il tempo a reggersi la pancia dal ridere, tu farai le tue imitazioni con grande successo - la voce grossa, la voce tremula...- potrai tirare avanti per ore e ore con le tue spacconate, sarai sempre l' ultima a rientrare. Ridi ridi maledetto, che io me ne sto qua a contare ogni centesimo per tirare la fine della settimana, voglio proprio vedere quanto porti a casa questo mese.
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"RE: La Sacra Famiglia"
ric -31/03/2007 19:34
Se tu ostenterai la tua sensualità pensando che sia un lasciapassare per tutti i confini, io lotterò per obbligarti ai tuoi impegni, alle tue responsabilità, ti costringerò a far fronte alla vita. E sarà una lotta furiosa, crudele, sorda; in queste lotte dimenticheremo tutto, tranne il rancore che ci salderà per sempre. Saremo pronti solo per le grandi cose, i grandi sentimenti, i grandi drammi. La pacata sufficienza necessaria alla vita di tutti i giorni ci sfuggirà definitivamente di mano.
Se ti compiacerai di demolire le mie convinzioni più intime, se, data la tua natura, godrai nel vedere il mio tormento mentre frughi, con un brutale cinismo acuto quanto una lama di coltello, nella fede in cui vivo, in cui mi muovo, con la quale nutro la mia vita; allora io tenterò di reagire, dapprima pigolando la mia chiacchera dettata dall' agitazione, ma poi con occhio duro e lucente ti squadrerò accorgendomi che, dentro di me, laddove avrebbe dovuto ardere l' amore, non non ci resta che un vuoto.
Quando il mio odio ti renderà irascibile e definitivamente inaffidabile, allora picchierai i miei figli. Sarà in quel momento che a me non importerà più nulla di te, non m' importerà più niente di cio' che sei, dell' uomo senza spina dorsale, che non dura in nulla, fatto solo della sua vernice esteriore. Romperò il mio disinteresse unicamente per dare spazio a qualche sanguinosa frecciata.
Quando mi offenderai grossolanamente, puoi star certo che continuerò a sbrigare le faccende con le labbra strette. Sono unicamente concentrata nel rendere inabitabile ogni ambiente pervadendolo con l' odore di tragedia e sacrificio. Il solo pensiero del veleno che ho sparso ovunque in questa casa e che comincia a coagularsi facendo effetto, sarà la più santa delle consolazioni.
Se poi un giorno, dopo l' ennesimo tuo gesto di tracotanza maschile, io comincerò a parlarti con gentilezza, come se nulla fosse successo, allora saprai che qualcosa di decisivo sarà avvenuto tra noi, saprai che il mio amore ha ricevuto l' ultimo colpo. Ti vedrò estraneo, e più facili saranno i miei giorni: prima ti odiavo pur soffrendo nel sentirti lontano, ora non più.
***
Di certo avrai orrore che qualcuno possa rendere pubblica questa miserabile storia, allora non temere, allora, nel placare questa tua paura, anch' io potrò rilassarmi e smettere di "coniugare" al futuro, userò finalmente il passato, il passato remoto, sì perchè, caro Walter, qualcuno già lo fece: D. H. Lawrence, lo scrittore inglese, mise tutto nero su bianco nel suo Figli e Amanti. Leggilo finchè sei in tempo e saremo felici! E leggetelo anche voi, mi raccomando
PAY & SIT: the private bench (HD) from Fabian Brunsing on Vimeo.
Poiché si ritiene che gli uomini non risparmino a sufficienza per la vecchiaia si è pensato di istituire la Previdenza Sociale.
Il fatto che lo schema di fondo sia organizzato in guisa di Catena di Sant’ Antonio (Ponzi scheme) - come nella migliore tradizione delle truffe finanziarie - rende l’ istituto piuttosto instabile oltre che iniquo.
Anche istituzionalizzare la figura del “cittadino imprevidente” logora il cruciale rapporto governati-governanti.
La povertà dei vecchi è un problema. Ma è un altro problema! Ad esso hanno sempre adempiuto la famiglia e la carità privata. In era di Previdenza Sociale questi due nobili istituzioni si sono definitivamente atrofizzate, brutta perdita.
A fianco di “famiglia” e “generosità” potremmo metterci anche un reddito minimo. Tutto, ma non la Catena di Sant’ Antonio!
Le pensioni tradiscono spesso la loro stessa missione diventando fonte di distorsioni imbarazzanti: ci si ritira dal lavoro anche in età in cui si potrebbe continuare a lavorare. Motivo? La pensione è maturata e giunta a scadenza, si passa all’ incasso indipendentemente da tutto.
Le pensioni coercitive diminuiscono anche il risparmio volontario di un Paese. Un bel guaio, sia morale che economico.