mercoledì 11 maggio 2011

L’ ora di illegalità

Difficile che nelle scuole di Stato possa mai essere programmata un’ “ora di illegalità”, più probabile il contrario. Eppure anche la prima potrebbe avere un contenuto altamente formativo, basterebbe per esempio che in classe si leggesse e commentasse la fiaba scritta dal professor Ken Schoolland ormai più di un decennio fa.

In questa fiaba libertaria,  Gullible è una specie di Gulliver che fa naufragio su un’ isola – Corrumpia - dove vive una popolazione con il culto della legge e dello Stato. Si tratta dell’ isola degli “orrori legali”; tutta gente onesta e ben intenzionata, per carità, ma che ormai non riesce a concepire la soluzione di un problema qualsiasi se non volando col pensiero ad una possibile leggina.

Questa forma mentis ha conseguenze perniciose, ma anche divertenti per via dei paradossi che genera a raffica.

Nel primo capitolo si dà la caccia ad una donna particolarmente alacre e creativa che con un affare di legno dalla punta di ferro, metteva a repentaglio il lavoro di centinaia di taglialegna intenti - con scarsa lena per la verità - a colpire gli alberi della foresta con dei semplici bastoni. Questa minacciosa presenza va tratta in arresto rappresentando un pericolo pubblico. Fortunatamente nella Costituzione di Corrumpia è presente da sempre un articolo destinato a colpire le pratiche asociali di intrusi con nuove idee stravaganti, troppo entusiasmo, troppa efficienza e la lugubre intenzione di praticare prezzi esageratamente bassi.

Nel secondo capitolo a Gullible viene chiesto di firmare una petizione, verrà inoltrata a chi di competenza, un senatore particolarmente sensibile al problema. In essa si denuncia il sole per concorrenza sleale. L’ idea è venuta ai candelai, ma subito i rivenditori di cappotti si sono uniti alla lotta considerata “per il diritto al lavoro”. Suona bene? E poi, non è forse così?

Nel terzo capitolo entra in azione la Polizia Alimentare: viene arrestato un uomo che “produceva troppo cibo”. Mi rendo conto che chi vive nell’ Europa delle quote latte rischia ormai di non cogliere più nemmeno l’ iperbole.

La Polizia Alimentare si occupa anche di stilare le “Diete di Stato”: non è forse buona cosa mangiar bene? E poi non vorrete forse ingrassare e ammalarvi per poi curarvi alle spalle di tutti con la Sanità di Stato! Parassiti! Ci pensa la PA. Qui forse possiamo ancora divertirci a cogliere i divertenti paradossi, ma ridiamo piano che c’ è sempre un Veronesi che ascolta e prende appunti.

Successivamente siamo catapultati sulle rive di un pescoso laghetto. Solo che ora laggiù si pesca ben poco. Il laghetto, essendo di tutti (per legge), non è di nessuno (nei fatti) e le risorse che conteneva, com’ era logico attendersi, sono state saccheggiate da tempo.

Nel quinto capitolo visitiamo due zoo: uno con gabbie piene di tantissimi animali delle più diverse specie. L’ altro con gabbie piene di evasori disinteressati allo zoo pubblico e che non avevano pagato la relativa tassa per realizzarlo.

Nel sesto capitolo siamo introdotti al segreto della felicità: i soldi. Se questo segreto vi sembra discutibile, ancor più perplessi vi lascerà il metodo adottato per produrre la “felicità”: stampare i soldi che servono. Il governo dell’ isola non è poi così perplesso, ma, se devo dirla tutta, neanche Ben Bernanke sembra esserlo.

Nel settimo capitolo facciamo conoscenza con un’ altra macchina della felicità: la macchina stampa-decreti. Sognate un lavoro? La macchina stamperà un decreto in cui il lavoro diventerà un diritto. Sognate paghe più alte? La macchina stamperà un decreto in cui la paga minima sarà triplicata. Sognate un mondo senza più aborti? La macchina li proibisce per legge. Idem per alcol droga, e rock and roll. E perché, già che ci siamo, non abolire anche i quadri brutti e le musiche dissonanti? Non si tratta di un gioco: tutti i decreti entrano in vigore immediatamente e tutti i problemi si dissolvono all’ istante.

Nell’ ottavo capitolo giungiamo davanti ad un banchetto dove i politici vendono il loro prodotto. Vuoi aiuti governativi, licenze, sussidi o esenzioni dalle tasse? Qui puoi trovarli. Vuoi rovinare i tuoi concorrenti con norme, regolamenti, ispezioni o dazi? Come ognuno avrà capito comprare a questo banchetto è il miglior investimento del mondo. Non per niente è sempre affollatissimo.

Nel nono capitolo ci viene spiegato che chi viola la legge è un criminale e che meno criminali ci sono meglio è. Conseguenza logica: la “pena di morte”, essendo il deterrente più aspro, è sempre la sanzione più appropriata. Ora stanno trascinando al patibolo un barbiere abusivo, chissà come sarà contento Travaglio.

Nel decimo capitolo è in corso una lite proprio nel bel mezzo della Biblioteca di Stato. Un uomo si lamentava che c’ erano troppi libri che trattavano apertamente di sesso ed altre pratiche immorali, nello stesso tempo una ragazza dava in escandescenze per quei volumi che contenevano pregiudizi razziali e sessuali di ogni sorta. Ciascuno dei due strillava e pretendeva di eliminare i libri “scandalosi”. Era inevitabile che venissero alle mani. Furono arrestati, ma non per la lite bensì per il fatto che si erano rifiutati di pagare la tassa obbligatoria sulla Biblioteca di Stato.

Nell’ undicesimo capitolo Gullible visiona una mostra di quadri alquanto strana. Le opere sono come minimo ambigue quando non strampalate ed il motivo è presto detto: sono state scelte a caso grazie ad un’ estrazione. Già, la Galleria di Stato una volta era presieduta da una Commissione che selezionava a suo arbitrio le opere. Visto il luogo e la sua natura un simile arbitrio appariva intollerabile e si passò così alla soluzione più logica. Tutti furono soddisfatti (tranne i visitatori, ma questo non conta).

Senza bizzarrie di questo stampo non avrei mai scoperto il genere dada/graffiti:

dada graffiti

Il dodicesimo capitolo contiene l’ elogio del “rapinatore privato”. Un tale che dopo averti rapinato (questione di dieci minuti) ti lascia finalmente in pace. Ormai persino Jonathan Gullible ha capito che c’ è molto di peggio in quanto ad accanimento.

Il tredicesimo capitolo è dedicato ai raffinamenti della democrazia di Corrumpia: contare i voti non basta, occorre pesarli. Come? Con l’ applausometro. Un affare inventato da un burocrate che misura l’ entusiasmo del consenso liberato dal corpo elettorale. La democrazia diventa qualcosa di arcano e di tecnologico dove per i furbacchioni è ancora più facile muoversi.

Le scuole di Corrumpia sono ancora “vecchio stile”, vi si insegna che l’ impegno e il sudore saranno ripagati con un buon voto: avrete per cio’ che date. Ma la società è fondata su un programma completamente diverso, il principio fondante è un altro: ad ognuno secondo i propri bisogni. Fortunatamente incombono riforme scolastiche destinate ad uniformare il panorama, già dall’ anno prossimo un complicato meccanismo obbliga i professori a dare dei voti aggiuntivi agli studenti che più ne hanno bisogno considerato il loro scarso impegno. Chi non vede lo zampino di Don Milani?

Nel quindicesimo capitolo le prostitute la fanno da padrone. Sono trattate come esseri immondi e perseguitati dalla buon costume, ma presto scopriamo che questa polizia non persegue affatto lo scambio sessuale bensì il semplice scambio di denaro. Infatti la prostituta che si dedica al baratto (sesso in cambio di cene, teatro, drink, discoteca…) diventa d’ incanto una verginella rispettata a cui rendere ossequio.

Quando il cittadino lavoratore viene messo al centro del sistema espellendo ai margini il cittadino consumatore, l’ ordine naturale è minato e tutto va gambe all’ aria. E’ normale che sia così: noi viviamo per consumare, mica per produrre. Il rovesciamento di questi termini realizza un’ alienazione e al mondo non esiste un posto più alienato di Corrumpia: non ci meravigliamo se qui il produttore è pagato per distruggere la produzione. In un paese tanto strano e tanto somigliane ai nostri, la cornucopia e l’ abbondanza – con i relativi prezzi bassi - diventano il vero nemico da combattere.

cornucopia

Nel capitolo successivo irrompe il Grande Inquisitore, finalmente uno che parla chiaro. Per lui Libertà = Schiavitù. Eccolo che arringa la folla: “… aprite gli occhi e guardatevi intorno! Un essere umano che deve affrontare scelte e decisioni puo’ sbagliare, ve l’ assicuro! Scelte e valutazioni sbagliate possono danneggiare voi e il vostro prossimo! Non solo, già solo la conoscenza di questo rischio è fonte di uno stress che deprime… pensateci e riflettete su tutta la sofferenza che la responsabilità è in grado di generare allorchè una società ne tollera la presenza…”.

Si prosegue illustrando la Legge del Perdente – secondo cui conviene perdere – il Caos Pianificato – l’ alternativa reale alla legge della giungla - la Banda Democrazia – che impugna l’ arma letale del voto selvaggio – e avanti con mendicanti, filibustieri, avvoltoi e tiranni, ovvero tutta quella fauna caratteristica che si addensa ogni volta che la regolamentazione s’ infittisce.

L’ equivoco che deturpa Corrumpia è evidente quanto devastante: i poveretti hanno smesso di considerare la legge come semplice “regola del gioco” sociale al fine di elevarla a strumento per risolvere  problemi specifici.

Il succo della seriosa introduzione: arrivato al culmine della sua evoluzione lo stato giacobino moderno cala la sua museruola sulla società e ci si accorge che non è affatto meno pesante di quella dell’ ancien régime. Corrumpia è già nel baratro, e molte anchilosate democrazie dell’ occidente sembrano correre in quella direzione.

A proposito… sorpresa!: la “seriosa introduzione” è curata da un Giulio Tremonti in fase libertaria, quello che ce l’ aveva su con lo stato criminogeno. Ora che il volubile ministro ha cambiato fase passando al “colbertismo”, ci piace ricordarlo così, compiaciuto di questa traduzione che rende disponibile il testo anche a quelli che considera “ben noti” cittadini onorai di Corrumpia quali Rosy Bindi e Luigi Berlinguer.

Ken Schoolland – Le avventure di Jonathan Gullible - Liberilibri

 

lunedì 9 maggio 2011

Lo snobismo liberato

Le poche volte che mi sono imbarcato nella lettura di un’ autobiografia, il libro mi è regolarmente caduto di mano. Che noia la storia di un altro!

Sarà il narcisismo. Sarà che sono pochissime le persone informate su cosa sia capitato loro.

Il gesto di scriverne una, poi, si presenta già di per sé di cattivo gusto.

Non sarà un caso se i migliori prodotti in questo campo sentano l’ esigenza di dedicare l’ apertura alle scuse che lo scrittore deve al lettore.

Di solito testimonianze del genere sono infarcite da ciance senili che non interessano nessuno.

Non riusciamo mai a renderci conto che il 90% della nostra vita l’ abbiamo in comune con il resto della razza umana, cosicché omettiamo i massicci tagli che renderebbero meno tediosa la storia, ed è normale che sia così: trattandosi della nostra vita sentiamo questi tagli come amputazioni.

Alla regola di lettura imparata sulla mia pelle,  ho fatto un’ eccezione per George Bernard Shaw, ma si tratta di persona con una vena umoristica tendente al paradosso che incanta. Sempre pronto ad “inventare” pur di non perdere il gusto “creativo” di una battuta che passa di lì per caso.

Aggiungo un’ altra regola: in questi casi la parte migliore è sempre l’ infanzia, limitarsi a quella.

Nel caso di specie fanno capolino  “mamme” portentose. Di solito la mamma del genio è anaffettiva, una tipa che non si vendica mai ma non perdona mai. Con lei non esistono litigi, e quindi neanche riconciliazioni: commetti un errore e lei si limita a classificarti per l’ errore che hai commesso. Più che accudirti ti osserva prendendo appunti. Con lei il genio cresce incorporando nel suo spirito la massima: “guardati dall’ uomo che non restituisce il colpo”.

Il padre invece è sempre uno spiantato e un perdente. Un tipo che dopo pochi mesi dal matrimonio non puo’ già più fare nulla per destare l’ interesse della madre. Qualche guizzo precario, subito soffocato dalla deboscia intermittente tipica dei marinai chiamati a sbarcare ogni due giorni. Cos’ è essenzialmente  l’ infanzia se non quel processo mentale nel corso del quale si realizza progressivamente questa spiacevole verità?

Eppure “lui” si era presentato a “lei” facendo ottima impressione: un po’ ciula ma scrupoloso e ben intenzionato.

Il racconto dell’ unione tra i genitori è un vertice. Non essendo presente e potendo inventare, GBS dà la stura alle sue passioni e si dedica con cura a piazzare trappole e contropiedi per sorprendere il lettore intrattenendolo.

Si procede in questo modo: dapprima si consacrano un paio di pagine convenzionali alla figura paterna pre-matrimonio dipingendola come incapace di mentire e di nuocere in generale; un po’ imbranata ma fondamentalmente onesta e con un futuro degno della sua ingenua onestà. Poi, nella famiglia di lei, cominciano a serpeggiare dubbi sulla qualità (economica) di quel matrimonio. Nulla di grave, ma meglio sarebbe, avendone l’ occasione, virare su partiti migliori. Siccome parlare esplicitamente di queste faccende è disdicevole, si procede ad esporre in modo sofferto alla figlia delle preoccupazioni di ordine morale, per lo più esagerate se non inventate:

… quando [i genitori] si accorsero che era impossibile che lei [la figlia] si rendesse conto della situazione finanziaria… i suoi famigliari giocarono un’ altra carta. Le dissero che GCS era un forte bevitore. Lei si rifiutò sdegnosamente di crederci, ricordando che loro stessi fino a quel momento non avevano trovato niente da obiettare sul suo conto. Ma davanti alla loro insistenza andò dritta da lui e gli chiese se fosse vero. Lui affermò solennemente che per tutta la vita era stato un astemio convinto.. E lei gli credette e lo sposò. Ma era vero. Beveva…

GBS è un rigorista nato. Rincorsa dalle sincopi ben dosate e contropiede esercitato guardando in modo impassibile il lettore-portiere. Cannonata e gol. Sono rassicurato, lo spirito e la letteratura, fortunatamente, non hanno nessuna intenzione di cedere il passo ad una cronaca credibile.

Un padre così - pieno di difetti ma anche ormai in ostaggio alla figura letteraria che il figlio si sta inventando – un padre così viene voglia di difenderlo, magari anche solo facendo osservare che:

… in linea di principio lui era veramente un “astemio convinto”. Sfortunatamente questa convinzione gli derivava dall’ orrore per la sua personale esperienza di alcolista occasionale, e fu del tutto incapace di metterla in pratica…

Da ricordare anche il giorno in cui il Padre – come tutti i padri – da perfetto e onniscente diventa un ipocrita alcolizzato:

… mi aveva portato a fare una passeggiata facendo finta di spingermi nel canale, ci mancò poco che mi ci buttasse per davvero. Quando tornammo a casa dissi a mia mamma con il tono di chi ha scoperto una cosa terribile: “Mamma, credo che papà sia ubriaco”… “e quando non lo è”… tanta sufficienza di fronte agli atroci sospetti che stavo faticosamente verificando contribuì ulteriormente a gelarmi il sangue…

Per il resto GBS racconta distaccato i suoi successi politici ed artistici, non sembra accalorarsi molto a questi soggetti; del resto sa fin troppo bene che, per colui che lo possiede, non c’ è niente di miracoloso in un miracoloso talento innato. In arte solo chi è incapace di creare – dilettanti, collezionisti… -  si entusiasma. In politica sono gli afasici che si spellano le mani nei comizi.

Chiudo con un’ osservazione che s’ impone: com’ è facile perdonare lo snobismo una volta liberato dall’ ipocrisia!

In fondo è solo quest’ ultima ad essere veramente odiosa. Mi spiego meglio.

GBS fu un fervente predicatore del socialismo umanitario, membro della società fabiana, ne era anche il suo più brillante conferenziere e, in quanto tale, animatore indefesso dei salotti dove si radunava l’ intellighenzia più schizzinosa del pianeta. In quei cenacoli si raddrizzava il mondo reggendo la coppa di champagne millesimato e badando bene ad indossare il vestito giusto, si avanzavano con garbo soluzioni universali confezionandole in una voluta di fumo con il retrogusto al mentolo.  Insomma, avete presente quel genere di borghesia sempre intenta a declamare geremiadi contro la borghesia? Si trascina tutto nel fango (la patria, la nazione, l’ umanità intera) attenti ad evitare ogni schizzo. Conosciamo bene il potere elettrizzante della colpa!

snob 2

La covata di quel milieu è stata abbondante spargendosi per tutta l’ Europa, e se oggi penso all’ accolita dei nipotini italici che bighellona intorno a Repubblica o Micromega e che sermoneggia con foga puritana credendosi impegnata in battaglie epocali di civiltà, provo, al pari di molti connazionali, un naturale senso di antipatia trapuntato da nausee.

E allora, considerati i fatti oggettivi, una domanda s’ impone: come si è sottratto l’ eroe autobiografato al miasma che sempre emana quando vanità ed impegno civile sfilano a braccetto per la strada vogliosi di non passare inosservati?

Semplice, facendo calare lui stesso l’ inoccultabile velo d’ ipocrisia che il il puritanesimo più ingenuo usa invece come Burqa e non si sognerebbe mai di mollare.

Accortosi che la schiettezza sorprendeva, aveva rivalutato la schiettezza che di solito non appartiene al bagaglio del buon conversatore di corte, tutto concentrato sul “simula et dissimula”. Non incontrava così problema alcuno a proclamare la sua avversione estetica per la povertà e lo squallore. Riteneva che la sua natura fosse artistica prima ancora che politica, incline alla bellezza sommessa e alla discreta raffinatezza, una natura incapace di accettare il “cencioso” – in teoria il suo protetto - come un proprio simile senza subire gravi disturbi alla retina e alle narici.

Solo successivamente e solo su questa pianta si innestava l’ ideale socialista con tutto il fuoco che insufflava nelle vene di un passionale come lui.

GBS riconosce tranquillo l’ invidia come motore primo e immobile della rivendicazione socialista.

Ma soprattutto, riconosce che il socialismo non è affare che riguarda i poveri. A loro sta bene la povertà. Il proletariato è disperatamente conservatore. L’ operaio rispetta la borghesia e tende ad essere borghese. Il socialismo andò invece a ruba tra i figli viziati dei borghesi. Professionisti cadetti e squattrinati destinati al peggio. Gente con le pretese, i pregiudizi e le abitudini dei ricchi senza averne il denaro, e con la povertà dei poveri senza volerlo riconoscere sinceramente; gente che non va a teatro perché mancando dei fondi per la platea detesta farsi riconoscere in galleria. Cancellano i poveri cafoni dalla lista degli amici per poi scoprire che il resto del mondo ha eliminato loro (e non li votano!): questa è la povertà che genera odio. Il successo dell’ idea socialista nasce e si nutre di queste frustrazioni. Il cadetto l’ abbraccia stremato dall’ impegno quotidiano di salvare le apparenze. Che uno sia un mendicante o un riccone poco importa, è essere il parente povero di un milionario a renderti la vita un inferno.

Una volta compreso cosa sia la “vera” disperazione – e GBS lo ribadisce lucido ogni due pagine - allora possiamo affermare con conoscenza di causa e all’ unisono che l’ ideale Socialista sopraggiunse a difesa dei veri “disperati”.

George Bernard Shaw – Schizzi autobiografici - Archinto

 

 

 

 

venerdì 6 maggio 2011

Il colore del calore

IL COLORE DEL CALORE

… GP africanizza il sistema solare addobbandolo con la sua calda sporcizia fosforescente…

link

link

Lotta alla corruzione

Per Kaushik Basu legalizzarla in fondo è il miglior modo per combatterla:
    ... how to reduce the incidence of bribe taking in India by officials who require bribes to deliver (legal) services that they are supposed to provide as part of their government duties... the idea is to make it legal to give a bribe in such a case, while keeping it illegal to demand or receive one, so that after the fact the bribe givers could report/testify against corrupt officials without being treated as their partners in crime...
http://finmin.nic.in/WorkingPaper/Act_Giving_Bribe_Legal.pdf

giovedì 5 maggio 2011

Le “buone ragioni” del Cardinale

C’ è un famoso libro di Bertrand Russell che ha convertito frotte di gente alla moda. Ma per entrare nell’ eletta schiera era necessario girare al largo dall’ arci-nemico di quel testo: John Henry Newman. Io, che non nutro questa ambizione, posso abbeverarmi compiaciuto alle parole del Cardinale:

… la ragione per cui Bertrand Russell, ad esempio, era ateo non era che egli avesse provato per via logica o stabilito con indagine scientifica che il cristianesimo fosse falso, ma piuttosto il fatto che il suo atteggiamento nei confronti della vita e del mondo indicava o imponeva che non ci fosse la necessità di postulare un Dio… per Russell chiedere quale significato ultimo abbia la vita, era in se stessa una domanda ingiustificata, se non priva di senso… ma, mentre l’ ateismo era un risultato naturale e ragionevole dei suoi personali presupposti e principi, la sua negazione della fede è altrettanto indimostrabile e percio’ irrazionale quanto la fede dei cristiani… Per Newman non era concepibile una rigida separazione tra uomo e pensatore… riguardo all’ esistenza di Dio, Newman preferisce personalizzare il problema sottolineando l’ unicità della coscienza… riteneva che il pensiero umano, diversamente dal linguaggio, fosse un’ attività preminentemente personale: io posso pensare solo i miei pensieri, non quelli di un’ altra persona… per lui la certezza, lungi dall’ essere una verità accettata passivamente, era un’ attività di riconoscimento attivo…

Ian Ker – L’ originalità filosofica di John Henry Newman – Jaca Book

Secondo Newman, la fede in Dio riposa su un ragionamento che non è né deduttivo né induttivo. Niente di originale, solo un “ragionamento probabilistico”.

Ma per capire di cosa si tratta giova avere una concezione “soggettiva” delle probabilità e vederle così le “buone ragioni” sulla base delle quali la nostra libertà “scommette”.

De Finetti, il più grande matematico applicato nell’ Italia del secolo scorso, difende, contro la scuola “frequentista”, la definizione di probabilità come scommessa.

La probabilità soggettiva si forma dentro di noi in conformità al nostro vissuto pregresso, soppesando una miriade di avvenimenti e di feedback talmente densa e variegata da non poter essere ridotta a calcolo formale.

Noi non ci limitiamo a ragionare ma “siamo” la nostra ragione, siamo il sedimento che si arricchisce giorno dopo giorno, scoperta dopo scoperta, avventura dopo avventura. Siamo il cumulo di esperienze che si aggiorna comprimendosi in emozioni e intuizioni che giungono fino all’ evidenza immediata e che ci forniscono le “buone ragioni” affinchè la Libertà possa scegliere la Speranza.

Caio_Fern_05

In questo senso la Ragione si lega inestricabilmente alla Persona, la vita proba al lucido pensiero; in questo senso un giudizio sulla persona è già un giudizio sui ragionamenti pratici che svolge.

In questo senso verificare che il cristiano è persona più felice e più generosa dell’ ateo e del meta-ateo, è già un punto a favore dei ragionamenti con cui “dimostra” l’ esistenza di Dio.

mercoledì 4 maggio 2011

L’ individualismo rende felici

http://psychcentral.com/news/2011/06/15/some-items-more-important-than-money-for-happiness/26945.html

A person’s happiness appears to depend more upon the freedom to make choices rather than having money, at least according to a review of data from 63 countries…

… Across all three studies and four data sets, we observed a very consistent and robust finding that societal values of individualism were the best predictors of well-being,” the authors wrote. “Furthermore, if wealth was a significant predictor alone, this effect disappeared when individualism was entered….

Libertarianism A-Z: armi

Il controllo sul possesso delle armi viene richiesto per la loro pericolosità e per limitare i crimini.

Eppure il possesso di una piscina è molto più pericoloso del possesso di una pistola.

Tanto più che non esiste una correlazione tra il possesso di armi e il tasso di criminalità: c’ è persino chi sostiene che esiste una correlazione inversa.

E’ una tradizione sana quella che sta alla base del possesso diffuso di armi: il popolo non deve stare sotto il ricatto dei governanti e dei suoi sgherri.

Proibire significa sempre danneggiare gli onesti: i collezionisti, i cacciatori, chi vuole una garanzia di sicurezza. Quasi sempre gente scrupolosa e responsabile.

Siamo sicuri poi che le proibizioni siano facilmente applicabili? In questi casi il delinquente che già vive al di fuori della legalità non ha problemi a procurarsi un’ arma al mercato nero. Resta allora solo chi vive rispettando le leggi, lui sì che avrà problemi.

Il balletto della retorica

Avete presente il concetto di “sostenibilità” e “sviluppo sostenibile”? Va per la maggiore in molti dibattiti e sarebbe meglio darsi una rinfrescatina in merito:
… The generally accepted definition comes from the Brundtland Report, which defines sustainable development as: "development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs….
Ora, David Friedman ha un dubbio: si tratta solo di un vuoto balletto retorico o siamo di fronte ad una vera e propria “cattiva idea”? Infatti:
… There are two problems with this definition. The first is that implementing it requires us to predict what the future will be like in order to know what the needs of future generations will be. Consider two examples:
1. The cost of solar power has been falling steeply. If that fall continues, in another couple of decades fossil fuels will no longer be needed for most of their current purposes, since solar will be a less expensive alternative. If so, sustainability does not require us to conserve fossil fuels.
2. A central worry of environmentalists for at least the past sixty years or so has been population increase. If that is going to be the chief threat to the needs of future generations then sustainability requires us to keep population growth down, as many have argued.
A current worry in developed countries is population collapse, birth rates in many of them being now well below replacement. With the economic development of large parts of the third world, that problem might well spread to them. If so, sustainability requires us to keep population growth up, to protect future generations from the dangers of population collapse and the associated aging of their populations.
It's easy enough to think of other examples. Generalizing the point, "sustainability" becomes an argument against whatever policies one disapproves of, in favor of whatever policies one approves of…


L’ università dove insegna David ha incaricato i professori di dedicare un’ ora di lezione per omaggiare questo concetto sensibilizzando la platea. Lui ha richiesto alle autorità accademiche di poter parlare “contro” una nozione tanto confusa. Purtroppo non in tutte le università ci sono professori così; non in tutte le Università si è in grado di infrangere la magia ipnotica di certi balletti retorici.
Se proprio si vuole ballare, lo si faccia seriamente.

La scuola forma o segnala?

Al de Mauro “utopista” non ho niente da replicare, ognuno si tiene le sue utopie. Ma al De Mauro che si aggrappa agli studi di Barro-Lee qualcosa va detto.

Il fatto è che questi studi non “controllano” i risultati con variabili come l’ assetto istituzionale ma soprattutto non “controllano con l’ IQ (mi rendo conto che specialmente il secondo controllo è particolarmente “scorretto”).

Ma purtroppo l’ IQ conta. Chi lo fa (qui e qui) giunge ad una rettifica sostanziale di quelle conclusioni. Al punto che la domanda diventa: perché i paesi avanzati sprecano tante risorse con l’ università di massa? 

Link al dibattito della scuola come segnalatore.

martedì 3 maggio 2011

Moneta, inflazione e banche

Cosa sappiamo in più di ieri?

Tante cose, tra cui:

George Selgin explored how the idea of neutral money fit with the fashion for inflation targeting among central banks. His monograph Less Than Zero argued that compared to the idea of neutral money, inflation targeting would tend to produce inflation that was too high during booms and too low during busts. Selgin also argued that free banking approached the ideal of neutral money more closely than central banking

E anche:

The ideal of neutral money provided a basis for researchers on free banking and fellow travelers among the Austrian economists to criticize the monetary policy of the Federal Reserve and some other central banks over the last five or six years. Before the global recession they were among the few to worry that monetary policy was too expansionary. After the recession began, they were among the first to be persuaded by Scott Sumner, or to conclude on their own, that the policies of the Federal Reserve and the European Central Bank in particular were too contractionary. Many researchers on free banking consider that nominal GDP targeting or something similar would more nearly approach the ideal of neutral money for central banking policy than inflation targeting does, though not as closely as free banking would. And now, a step down in importance from the top two ideas, two others

Organo con forza

Forse non c’ è disco migliore per farsi un’ idea delle spaventose potenzialità timbriche che lo strumento libera quando è ingaggiato dalla musica contemporanea.

organo con forza

Dopo l’ addomesticamento  haydniano, lo si credeva definitivamente mansueto, ma qui, in uno scatenato rodeo, l’ organo torna bestia pazza che mugghia e ruggisce: a stento il giogo di mani e piedi tra i più sapienti in circolazione, riesce a “tenerlo sotto” incanalandone  l’ imprevedibile energia.

Ieri il musicista/sacerdote lo chiamava ad intonare trionfante le lodi di nostro Signore, con le navate a fungere da corsia.

Ma oggi il compositore recita la parte dello scienziato: ora gioca a fare il metereologo, ora il biologo, ora il fisico, ora l’ otorino, ora il cosmologo… sulle molteplici tastiere ridisegna la configurazione delle nubi, la combinatoria cieca del processo evolutivo, i tentoni delle claustrofobiche entropie, gli arrossamenti gutturali e le statiche traettorie degli immensi pianeti. Nulla sembra più visibile in volto, vis à vis, tutte le visioni passano attraverso l’ allucinata rifrazione di mille specchietti ricurvi. Quando poi il Maestro recita la parte dello scienziato pazzo, allora sono furie inconsulte.

Ma nell’ un caso come nell’ altro, il Mistero di fondo – con tutta la sua ricchezza di senso - resta intatto e il vinile sul piatto sembra antropomorfizzarsi per versare una nera lacrima.

Angelo Bramanti and Giuseppe Siracusa

 

link

link

link

Organ Recital: Ericsson, Hans-Ola Ericsson (Organo con forza) – Phono Suecia

Elogio dell’ evasore fiscale

http://www.rischiocalcolato.it/2011/09/letture-consigliateelogio-dellevasore-fiscale.html

lunedì 2 maggio 2011

Libertarianism A Z: libertarianismo

Ci sono almeno tre approcci al libertarianism:

Libertari conseguenziali: il calcolo delle conseguenze conduce a soluzioni libertarie.

Libertari dottrinari: esistono dei principi etici propri del libertarismo.

Libertari fino a prova contraria: il calcolo delle conseguenze spesso è ambiguo: nell’ incertezza, libertà. In altri termini: l’ onere della prova spetta sempre a chi sceglie di coartare la libertà altrui adottando un doppio standard per uomini di governo e uomini governati.

la Ragione non è un Gendarme!

Puo’ esistere una truffa senza che esista una chiara volontà di truffare?
La mia ansia di “denuncia” puo’ finalmente liberarsi per il semplice fatto che rinvengo, per esempio, pubblicità dall’ apparenza inequivocabilmente truffaldina?
Per molti sì, a costoro basta il “dato oggettivo” per poter parlare di truffa e di truffatori.
In questi casi l’ esempio è sempre la via maestra per capirsi: chi vende a terzi i numeri del Lotto vantando un particolare intuito è un truffatore oggettivo per il semplice fatto, dicono i censori, che non esistono in natura doti del genere e chi le spaccia, quand’ anche in buona fede circa i suoi super-poteri, instaura un negozio truffaldino che andrebbe denunciato alla svelta o comunque impedito.
Insomma, quando la “ragione” (che a volte chiamiamo “scienza” ) ci dice che il contenuto di una certa promessa è “impossibile”, il promittente, al di là della sua predisposizione psicologica, è “censurabile”.
La rete è zeppa di segnalazioni preoccupate circa l’ infondatezza di alcune credenze messe in circolo dalla pubblicità, dalla moda o da qualche guru (qui, quo, qua…).
Non è mia intenzione prendere di mira un caso specifico, piuttosto un’ attitudine preoccupante che ci spinge ad agire da censori facendoci credere nello stesso tempo di essere alfieri di una malintesa modernità. Il “proibizionista” in questi casi vede se stesso come un condannato alla lucidità, lui non vorrebbe “censurare”, non è nelle sue corde, ma chi se non lui puo’ portare il fardello di chi è rimasto indietro? Peccato che il suddetto fardello spesso sia solo un peso immaginario sotto di cui è dolce farsi opprimere…
Aakash Nihalani INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI COLORI
… il proibizionista è spesso un sottile “ragionatore”, a lui piace “ragionare” e “calcolare”, solo che vorrebbe usare la Ragione per “censurare” anziché per “conoscere”, come se le due attività fossero facilmente intercambiabili.
E invece nello “scambio” sorgono gravi problemi, perché la Ragione funziona benissimo quando viene impiegata come strumento conoscitivo, ma funziona assai meno bene quando viene piegata a strumento di censura.
I problemi nascono dal fatto - curioso e non sempre registrato - che una “regola razionale” che accresce il benessere di tutti, spesso implica proprio l’ adozione di “comportamenti irrazionali”. E’ la ragione stessa che ci chiede di non censurare comportamenti irrazionali.
Il Nobel Robert Aumann fu il primo a tracciare una distinzione tra “atti razionali” e “regole razionali”: un atto puo’ non rientrare nei primi ma essere compiuto nell’ ossequio delle seconde: un caso esemplare è rappresentato dall’ ultimatum game.
Esempi ancor più tersi vengono dal mondo della finanza scrupolosamente indagato da Eric Falkenstein; qui la gente, contrariamente alle assicurazioni e a quanto predetto dalle teorie ortodosse - si accolla taluni rischi senza pretendere “premi”. Anzi, talvolta paga del suo pur di poterlo fare: molti di noi sentono infatti l’ insopprimibile esigenza di rischiare laddove si sentono “vocati”:
“… come regola, avere un sogno, prendersi un rischio sulla base di una speranza, è un’ attitudine sana e diffusa un po’ ovunque, persino nel mondo della finanza… anche se cio’ implica il tenere comportamenti ritenuti irrazionali dalla maggioranza… questo virtuoso sconfinamento nell’ irrazionalità è una sonda utile per indagare meglio la propria vocazione, è utile per fare scoperte inaspettate, magari su aspetti non direttamente attinenti con quelli prevedibili in partenza… la regola di prendersi un rischio irragionevole quando si è ispirati è una buona regola… almeno dal punto di vista strategico…”
Eric Falkenstein – Finding Alpha -
Questo (sano) istinto spiega come mai i titoli di borsa più rischiosi abbiano un ritorno atteso più basso anziché più alto come sarebbe logico attendersi con operatori avversi al rischio. Si rischia sperando, non si rischia calcolando. Possiamo censurare un calcolo denunciandolo come scorretto ma non possiamo censurare una speranza.
Sul punto ci si limita a riecheggiare il buon Ray Bradbury:
“… ogni tanto ognuno di noi è chiamato a “saltare il burrone” costruendosi sul posto le ali necessarie, e per farlo bisogna rischiare sulla base delle speranze che ognuno di noi culla nel suo cuore…”
La “speranza”, questa sconosciuta che miete vittime e manda avanti il mondo.
Molti grandi “innovatori” a cui dobbiamo il nostro benessere – fortunantamente per noi - erano dotati di uno spiccato “coraggio intellettuale”, ovvero di quella particolare resistenza contro il disprezzo intellettuale proveniente dal Sapere Ufficiale che marchiava le loro idee come “irrazionali” se non ridicole. Questa accusa non scalfiva il loro ego e cio’ ha consentito di perseverare nell’ irrazionale  intrapresa in cui erano coinvolti. Ma i “ridicolizzatori” di ieri sono un ostacolo secondario rispetto ai “censori” di oggi.
Dal punto di vista evolutivo sembra vincente una società con parecchi membri che ragionano all’ incirca così: pretendere di indovinare i numeri del Lotto non è ragionevole, ma io sono “speciale” e posso farlo; pretendere di fondare una nuova religione è da matti, ma io posseggo il carisma necessario per riuscirci; pretendere di rivoluzionare le teorie della fisica è impresa folle, ma io sono Einstein e ci riuscirò! Tutti atteggiamenti irrazionali ma “sani”, atteggiamenti che moltiplicano le prove e gli errori consegnando ai posteri il saldo positivo.
Innovare, molto spesso, è come fare un salto nel buio, occorre una grande fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Anzi, diciamola tutta, occorre un’ irrazionale fiducia in se stessi! Forse per questo la natura equipaggia la nostra mente con un robusto “overconfidence bias” (in ogni settore delle attività umane la maggioranza degli operatori si crede più dotato della media).
Un mondo che si affida solo al freddo calcolo delle probabilità è un mondo statico che si consegna alla ruggine.
Non voglio con questo dire che sul campo non restino dei “cadaveri”, voglio solo dire che non ha molto senso dispiegare il preservativo universale tanto amato dai proibizionisti perchè “avere sogni”, “avere speranze”, “accollarsi il rischio della propria vocazione”, sono tutti atteggiamenti che, pur conducendo a comportamenti irrazionali che fanno parecchie vittime, seguono pur sempre una “regola socialmente ottima” che non andrebbe disincentivata.
Una buona società, quindi, non vessa i suoi componenti reprimendo e censurando taluni  atteggiamenti solo perché sono palesemente irrazionali, una buona società sa che dietro un atto razionale puo’ nascondersi una regola razionale, una buona società sa che la ragione è fatta per conoscere non per censurare, e si guarda bene dall’ assumerla come Gendarme al proprio servizio!
p.s. link

sabato 30 aprile 2011

Canzoni illustrate

Prendetevi tre minuti di pausa per “guardare” una canzone super classica di Louis Armstrong: “What a Wonderful World”.

What a wonderful world The Painting from Dan Berglund on Vimeo.

L’ artista è Dan Berglund e lavora con inchiostri su vetro.

Qualcuno poi penserà che siccome Matteo Negrin non scrive canzoni ma solo musica, non ci sia niente da illustrare, ma si sbaglia di grosso.

venerdì 29 aprile 2011

La Marghe si "suda" la giornata (alle terme)

... se vuoi rilassarti e sul posto trovi solo tedeschi decrepiti che non si reggono in piedi barcollando tra la sauna, il bagno turco e il golf, allora, forse, è il posto giusto...

 

... anche se ad un tratto, da un divano in fondo alla sala, si alza un urlo verso la reception: "... ammariöööö ... mi prenoti li scrovegni che domani... 'riva mi fija..."

p.s. come da prammatica, le immagini riguardano gli ultimi dieci minuti della vacanza, quando ti dài una botta in testa e dici: "cavolo, non abbiamo fatto neanche una foto!!".

Elogio di invidia e vendetta

Falkenstein riabilita la vendetta:

… Il sentimento della vendetta è una motivazione che bene o male  tocca tutti noi… tuttavia è considerato dai più qualcosa di stupido e di anacronistico… un virus malefico che appesta la razza umana… I leoni, per esempio, non ce l’ hanno… ma questo consente al leone maschio sopravvenuto di uccidere tutti i cuccioli del branco al fine di accoppiarsi con le femmine… se queste ultime, dopo l’ ecatombe, covassero sentimenti di vendetta, la tattica “stragista” non funzionerebbe così bene… sono grato di appartenere ad una specie che coltiva i sentimenti di vendetta… cio’ mi consente di vivere in società relativamente poco violente…

E poi anche l’ invidia:

… anche il sentimento dell’ invidia non và sprezzato, pensate solo a come si combina con un sentimento nobile come quello dell’ empatia: un carattere empatico è molto sensibile alla condizione di povertà e di bisogno del proprio vicino, eppure un povero degli Stati Uniti è infinitamente più ricco e meno bisognoso rispetto ad un povero di altre parti del mondo… evidentemente cio’ che compatiamo non è tanto la povertà o il bisogno ma l’ invidia che origina nel vicino da una condizione di povertà relativa che è costretto a soffrire, se trascurassimo l’ invidia, magari disprezzando questo sentimento, saremmo autorizzati a disinteressarci di lui…l’ invidia è un sentimento necessario affinchè ci sia compassione nei paesi economicamente sviluppati… la nostra “empatia” per l’ invidia altrui fa di noi dei “vicini” più pronti all’ aiuto reciproco…

Eric Falkenstein – Finding Alpha - Wiley

martedì 26 aprile 2011

Austriaci e neoclassici

Ecco un buon modo per riconciliarsi: i “neo” si occupano di “statica”, gli “aus di “dinamica”.

I “neo” si occupano d’ individuare i punti di arrivo, fli “aus” del modo tramite cui arrivarci.

L’ esempio preclaro riguarda l’ economia del benessere e l’ equilibrio generale: Walras e poi Arrow Debreu stabiliscono con metodi neoclassici che in in un sistema di mercato a libera concorrenza esiste un equilibrio efficiente. Hayek si occupa di dimostrare come un libero mercato vi giunge spontaneamente.

E’ chiaro che Hayek deve adottere una razionalità differente, diciamo bayesiana.

I modelli dinamici sono poi molto complessi, al punto da non poter essere risolti analiticamente. Tutto cio’ ha penalizzato gli “aus” nel dibattito. Ma oggi si puo’ ricorrere alle simulazioni del pc, e questo cambia le cose.

L’ equilibrio di Gintis (2011), con confutazione di scarf, raggiunto con razionalità bayesiana:  http://www.umass.edu/preferen/gintis/markovexchange.pdf

sabato 23 aprile 2011

Libertarianism A-Z: aiuti esteri

I meriti dell’ aiuto ai paesi poveri sono davvero pochi.

Non c’ è da stupirsene, i paesi avanzati faticano a governare le loro economie, figuriamoci cosa combinano in paesi che hanno una cultura a loro estranea.

Ci sono paesi che ricevono aiuti da decenni senza apparenti progressi. Anzi, il più delle volte hanno sviluppato una sorta di dipendenza. o comunque una loro economia (magari criminosa e corrotta) tutta intrecciata agli aiuti che ricevono con regolarità da sempre.

Eppure un aiuto davvero fruttuoso esiste: aprire all’ immigrazione delle genti che vengono dai paesi più poveri.

Libertarianism A-Z: tassa successione

Molti caldeggiano una tassa di successione, il loro motto è: partire tutti alla pari.

Ma la tassa di successione non è una buona idea: ci si dimentica che colpisce anche le volontà del cuius che probabilmente non ha goduto si nessun vantaggio “partendo alla pari”.

Colpisce una ricchezza già tassata, magari progressivamente.

Disincentiva il risparmio a tutto vantaggio del consumo, magari dello sperpero.

E’ facile da eludere, specie da parte delle grandi ricchezze. Non sarà un caso se dalle tasse di successione si raccoglie sempre poco.

Ci sono paesi come la Svezia che tengono in gran conto l’ eguaglianza ma non hanno mai avuto una tassa di successione. E’ solo un caso?

La scelta giusta

Mi assento qualche giorno, ci vediamo verso la fine di settimana prossima… Buona Pasqua, e… nel giorno delle uova… l’ artista delle uova (Franc Gromm):


eggshell


 


P.S. Nel frattempo, i commenti a questo post mi fanno riflettere sull’ influsso pervasivo dell’ ideologia proibizionista.


Non ci limitiamo a simpatizzare con la risposta proibizionista (divieti, controlli…) ma non riusciamo nemmeno a concepire il problema al di fuori di quello schema. E’ proprio la seconda incapacità che detta la prima risposta.


Chissà perchè ma sembra che il concetto di “dipendenza” non possa andare scompagnato a quello di “denuncia”.


Eppure, se una persona è “dipendente” da certi consumi, fino a prova contraria, è solo un drogato, mica un truffato nè tantomeno un “debole”. Non c’ è nessuno da “denunciare”.


La “dipendenza” non è di per sè disdicevole, ma bisogna uscire dal paradigma proibizionista per capirlo.


ashlandscape01r-500x397


“Drogarsi” puo’ essere la scelta giusta, non una debolezza: solo l’ “onnisciente” che legge come un libro aperto la mente altrui, non si rassegna a questa conclusione.


Una persona puo’ scegliere razionalmente di divenire “dipendente”; perchè no? Basta che il piacere di oggi sia maggiore degli inconvenienti di domani (opportunamente scontati). E per molti probabilmente è proprio così.


Un modello coerente e alternativo a quello canonico del proibizionismo esiste, bisogna solo vedere in un confronto quale dei due spieghi meglio i fatti.


Il confronto è in parte stato fatto e il primo modello, oltre che più semplice, sembra vincente anche sul piano dell’ evidenza.


Ci si è ingegnati a disegnare esperimenti vari, giungendo a sapere che: il drogato reagisce ora a cambi di prezzo annunciati e che si verificheranno in futuro, per un consumatore normale cio’ sarebbe assurdo ma per un consumatore in “dipendenza” la tattica è corretta; il drogato, per smettere, sceglie la crisi di astinenza, il che è razionale: quando il prezzo dell’ alcol cresce molto, è soprattutto la domanda degli alcolizzati a crollare, per loro non ha senso diminuire, ha senso solo smettere e lo sanno; la diffusione di pubblicità che promettono rimedi per smettere è sempre legata ad aumenti nei consumi. Eccetera.


E allora, perchè anche la persona ben intenzionata non riesce nemmeno a concepire un simile paradigma?


Forse si è impressionati dalla reale sofferenza del soggetto in “assuefatto” giunto a fine corsa. La psicologia ci fa sragionare.


Sì perchè, non solo la sofferenza, anche la rendita che deriva dalla sua ostentazione rientra nel calcolo iniziale. Presentarsi come “vittima” fa parte di un piano coerente. D’ altronde, il potenziale soccorritore non se la sente di infierire preferendo vedere di fronte a sè un ”debole”: il piano funziona e incentiva ulteriori consumi della sostanza.


Altro punto: dichiararsi “insoddisfatti” della propria vita o del proprio lavoro, non smentisce certo il carattere razionale delle scelte fatte. Ho in mente Diana quando dice: … non ho problemi con le porno-attrici che si dichiarano soddisfatte…. E se una si dichiara insoddisfatta?


Se una scelta è vincente lo si giudica dopo (“dopo”, tutti sono professori), ma se una scelta è giusta lo si giudica prima.


Si badi bene, non sto parlando di un “calcoli a tavolino” fatti con la penna in bocca; sì perchè magari qualcuno non vedendo il “tavolino” pensa ingenuamente di provare l’ infondatezza dell’ ipotesi “rational addiction”. Sto parlando invece di come gira il fumo nel mondo dell’ uomo “animale razionale”, o comunque non stupido. Se la “ragionevolezza” ci favorisce nell’ evoluzione, allora tutti noi l’ ereditiamo nei cromosomi.


Chiudo sottolineando quanto contino le “alternative”. Facciamo il caso delle ragazze che cadono nella “trappola” del porno. Chissà come mai è ben difficile incontrare ragazze che hanno superato l’ esame da notaio, o che hanno rinunciato ad una brillante carriera di agente di borsa o che siano punte di diamante nell’ equipe del prof. Rubbia. Di solito, per loro, l’ alternativa è fare la cassiera all’ Esselunga. Altro indizio che ci rassicura sulla possibile razionalità della scelta. La droga non è una “debolezza” ma una scelta calcolata dei caratteri deboli.




Chiudo rivolgendo la mia attenzione a chi pensa di lavarsi la coscienza invocando “più controlli” (si parlava del “porno”) Puo’ essere un’ opzione, ma, visto che abbiamo a che fare con soggetti razionali, valutiamo bene le conseguenze. Ammettendo che i controlli a tutela degli attori, oggi pari a 2, vengano portati a 5 grazie ad un’ imposizione. Cosa succederebbe? Più giovani spinti ad entrare nel mondo del porno e più set con controlli pari a 0.


 


 


Libertarianism A-Z: gioco

Il vizietto del gioco è diffuso in ogni epoca e il governo non puo’ rimanere indifferente.

Lo è tanto poco che le sue politiche a volte sembrano schizofreniche: si va dal bando alla promozione in prima persona.

Il bando consegna l’ affare nelle mani della criminalità facendola prosperare.

La promozione di un vizio sembra invece contrario ai più elementari principi etici.

Perché non lasciarlo libero tassandolo?

In fondo chi gioca non è pazzo e la tassa potrebbe incentivarlo a smettere o a rallentare.

Già, chi gioca in genere non è né pazzo né malato, ha solo delle “preferenze estreme”. Ma chi siamo noi per cambiare le preferenze altrui? La vita non è poi così meravigliosa come si crede, e per molti abitanti della "valle di lacrime" anche un gratta e vinci puo' consolare. Sarà triste ma è comunque più realistico e meno pericoloso che credere di aver a che fare con una massa di malati mentali da accudire.

venerdì 22 aprile 2011

Nel giorno dei chiodi…

Nel giorno dei chiodi… l’ artista dei chiodi (Marcus Levine)…

MarcusLevine1-500x507

link

link

p.s. leggenda per seguire il ‘Cristé varesotto: i “cavalee” sono i bachi, i “galeett” sono i bozzoli, i “marciunn” sono i bachi malati.

Bromuro

Nessuno guarda male chi si lancia in intemerate contro l’ università italica. Sparare a palle incatenate contro un nemico astratto e vago è uno sfogatoio che raccoglie sempre consensi.

Girando per la rete, poi, noto che si tratta di un leitmotiv suonato un po’ in tutti i maggiori paesi.

Che bello, dopo la lettura degli ultimi dati OCSE, potersene uscire trionfanti con l’ annuncio che “stiamo peggiorando” La gioia di suonare questo allarme ci pervade come un brivido. E se “stiamo migliorando” possiamo sempre omettere di dar conto del rassicurante segnale per concentrarci sulla poco dignitosa posizione in classifica. Qualcosa di “vergognoso” si troverà, anche se magari saremo costretti a rovistare tra le appendici.

Più difficile osare l’ inosabile. Per esempio dire che c’ è “troppa istruzione superiore”. Al punto che chi lo fa deve in qualche modo dissimulare l’ argomento per trasfigurarlo, che ne so, nell’ elogio del lavoro manuale.

Possiamo dire tra gli applausi che siamo “male educati” ma non possiamo dire che siamo “iper-educati”.

Alla fine, anche per chi ammette le due verità, il paradigma più rassicurante è offerto da quelle storielle in grado di rendere interdipendenti i due capi d’ accusa: la democratizzazione del sapere universitario ha abbassato il livello rendendo la frequenza delle nostre università scarsamente produttiva, sia per chi ambisce ad una qualità più elevata, sia per chi si ritrova a passeggiare nei lunghi corridoi degli atenei solo perché soggetto a “pressioni sociali” che arrivano da tutte le parti.

Una simile visione è gradita ai fans della “meritocrazia”: basterebbe in qualche modo alzare la qualità dell’ istruzione selezionando i frequentanti. Non è facile, ma per lo meno avremmo un lavoro da fare e dei fondi da allocare.

Cosicché tutti ripiegano su questa storiella pur di non considerare un paradigma ben più inquietante, eccolo: quand’ anche si ponesse rimedio alla “mala-educazione”, non è detto scompaia la “iper-educazione”. Facciamo un esempio: il paese delle “università da sogno” – USA - ha scoperto quanto poco i suoi atenei formino chi intende sbarcare preparato nel mondo del lavoro. In altre parole, il capitale umano che si accumula in quei santuari del sapere è minimo: un semestre potrebbe comodamente sostituire i quattro anni canonici. Conclusione: lì – dove qualità docet - più che altrove la bestia grama della “overeducation” fa sentire il suo morso.

Come darsene ragione? Secondo Arnold Kling andare all’ università è un modo per far capire al datore di lavoro da cui saremo esaminati quanto si è in grado di rispettare la “gerarchia”, per questo bisogna restarci tanto: solo un tempo prolungato offre un test attendibile delle proprie capacità di ossequio:

in hierarchy, signaling respect for the hierarchy is very important…That is, part of the process of getting ahead in academia is showing respect for the academic hierarchy.

I think this offers a potential insight into the signaling role of education. It does not just signal intelligence or conscientiousness, which could be signaled more cheaply in other ways. It signals respect for hierarchy. Thus, large organizations will tend to value educational credentials, while small organizations may not need to do so.

There is no cheap alternative to educational credentials if you want to signal respect for hierarchy. … Any attempt to evade the educational credential system inherently signals a lack of respect for hierarchy!

Gli studi accademici sarebbero dunque una specie di bromuro.

christinejones_01

Strano, perché noi di solito siamo portati a vederli come un fattore “liberante”, una spinta al criticismo più irrequieto; pensiamo, ad esempio, che sia fatale per un paese autoritario ed arretrato garantire un livello educativo elevato alla gioventù locale.

Davvero? Eppure:

Counter to modernization theory, increased human capital [from education] did not produce more pro-democratic or secular attitudes and, if anything, it strengthened ethnic identification.

A quanto pare, anche su questo fronte, la versione accademia/bromuro esce indenne. E’ il caso di approfondire.

 

 

giovedì 21 aprile 2011

Libertarianism A-Z: Grande depressione del 1929

Le prediche anti-capitalistiche hanno tutte un punto in comune: la Grande Depressione.
L’ “instabilità del sistema” sembra provata dalla crisi americana del 1929.
Ma se la crisi fu tanto dura dobbiamo ringraziare soprattutto le cattive politiche messe in campo innanzitutto dal presidente Roosvelt.
L’ attivismo fiscale del governo è già di per sé una fonte d’ incertezza pericolosa, se poi andiamo a vedere le aree d’ intervento, peggio mi sento.
Politiche protezionistiche, politiche pro sindacato, politiche di alti salari, politiche inclini alla regolamentazione. Tutta roba che incapretta l’ economia di un paese fino al collasso.
Buona ultima, ma decisiva, la politica restrittiva decisa dalla FED proprio in un momento cruciale.
Se questo fosse vero anche solo al 10%, allora, altro che fallimento di mercato!

Meditazioni libertarie su “L’ amaca” dell’ 8.4.2011

Il clima è così mefitico che uno, pur di migliorarlo, sarebbe anche disposto ad ascoltare le ragioni altrui. Per esempio si legge sul giornale che un deputato della Lega, Buonanno, vorrebbe imporre una tassa dell'uno per cento sulle rimesse degli immigrati. «Si tratta di otto miliardi di euro all'anno - spiega Buonanno - che frutterebbero ottanta milioni da destinare al volontariato». L'obiezione sarebbe che se l'immigrato (e il suo datore di lavoro italiano) sono in regola, quei soldi sono già tassati. Ma la proposta, messa così (soldi al volontariato) potrebbe anche essere discussa.

Solo che, due righe sotto, lo stesso Buonanno definisce gli immigrati «furbi che piangono miseria qui e poi magari si fanno la casa nel loro paese».E subito si chiude lo stretto varco dell'ascolto, perché anche la migliore proposta del mondo, se servita in una salsa così guasta, condita dalla solita dose di razzismo, ha un sapore ripugnante.

Nessun dialogo, nessuna collaborazione è possibile con chi fonda la sua prassi sul disprezzo sociale e sul pregiudizio etnico. Imparino a parlare la lingua della civiltà e della res publica, questi signori, e vedranno che improvvisamente le loro parole assumeranno un altro peso politico. Sono sotto esame tanto quanto gli immigrati. Ci facciano capire se hanno capito che abbiamo regole, qui in Italia, che non consentono deroghe per nessuna tribù: neanche la loro.- MICHELE SERRA

Ecco una vivida illustrazione di un atteggiamento comune: c’ è una cosa che possiamo fare insieme con reciproco vantaggio? Mi rifiuto poiché mi ripugni.

Pur di danneggiarti mi infliggo un male.

La defezione e il boicottaggio sono l’ abituale modo di procedere del moralista. Il suo sguardo non si degna di incrociare quello altrui e se capita è comunque presto sopraffatto dallo sdegno.

Elinor Carucci  boom sguardi

Ora, l’ ossessione per la purezza sembra ormai aver fatto stabile breccia nel pensiero progressista, e questo lo sapevamo, ma c’ è qualcosa in più che trapela: la sfiducia nel proprio progetto. Infatti, se entrambi ci avviciniamo alle rispettive mete ed io sono convinto che la mia visione sia vincente, allora la collaborazione, il “percorrere un tratto di strada insieme” diventa una strategia razionale.

Chiudo accennando ad un modo opposto di procedere, e mi rifaccio ad un’ intervista concessa da Harold Bloom a Repubblica:

Lei afferma di dover molto, culturalmente, a Robert Penn Warren, ma scrive che molti dei “suoi amici erano miei nemici”.
«Robert Penn Warren era un eccellente poeta a scrittore, ed un uomo meraviglioso. La battuta che cito è relativa all´ostilità dell´ambiente anglosassone che io, ebreo, ho trovato nel mondo accademico negli anni Sessanta. Era fortissima l´influenza di Eliot, che era certamente un grande poeta, ma un antisemita».
Riesce ad apprezzare sinceramente un autore in casi del genere?
«Certo, e ho fatto di questo principio un cardine del mio insegnamento»

Ok, Eliot e Buonanno non sono la stessa persona, eppure…

Libertarianism A-Z: pubblicità

Lo Stato ci protegge dalle frodi, comprese quelle pubblicitarie, e fin qui va tutto bene. Ma lo Stato s’ intesta spesso anche una missione paternalistica: il cittadino, secondo lui, non è in grado di decriptaretare certi messaggi pubblicitari e va quindi protetto.

Ma il consumatore ha accesso a mille fonti di controinformazione che provengono sia dalle associazioni dei consumatori che dai competitori.

Ma lo Stato non demorde e finisce per far danni: quando va bene, infonde false sicurezze e incuria nei consumatori che regrediscono a bambini. Quando va male s’ imbarca in vere e proprie campagne contro la libertà d’ espressione.

Per risolvere problemi del genere basta il buon senso, risorsa che scarseggia solo laddove lo Stato, magari a fin di bene, si comporta da padre-padrone con i propri cittadini.

Libertarianism A-Z: stimolo fiscale

Ogni volta che il ciclo economico ci butta in recessione, ecco che resuscita il grande economista J. M. Keynes e le sue politiche dello stimolo fiscale.

Attraverso il mitico “moltiplicatore” tali politiche dovrebbero far “ripartire” l’ economia stimolando anche la spesa privata.

Purtroppo le evidenze empiriche che qualcosa del genere sia all’ opera sono scarse per non dire nulle.

In più la teoria trascura l’ analisi costi-benefici. Dove investire? Sembrerebbe che scavar buchi e ricoprirli possa bastare. Un arbitrio del genere, inutile dirlo, spiazza l’ investimento privato.

Il politico sprecone non vede l’ ora di spendere, niente di meglio per lui che una giustificazione teorica col pedegree.

Meglio “stimolare” abbassando le tasse: per lo meno gli investimenti non saranno arbitrari.

Si dice: è la trappola della liquidita?

Di quella, al limite, si occupi la banca centrale creando l’ inflazione necessaria.

Buone notizie: il sud cresce quanto il nord (grazie all’ evasione)

Inutile enumerare le numerose zavorre che appesantiscono da sempre il meridione d’ Italia, tuttavia ora veniamo a sapere che negli anni tra il 1996 e il 2007 la sua crescita economica non ha proprio nulla da invidiare a quella del ricco Nord.

Come si spiega un simile exploit? Semplice, si sono autoridotti le tasse (evasione) traendone un beneficio collettivo notevole, specialmente in anni di pressione fiscale crescente.

A questo punto, come fare ancora meglio ognuno lo capisce da sè, ma lo dico ugualmente: un bel taglio alle tasse darebbe più slancio alla già buona performance comprimendo i notevoli costi che l’ evasore è costretto comunque a sobbarcarsi; pleonastico aggiungere che un simile taglio non intaccherebbe in alcun modo la spesa sociale esistente.

Randall Rosenthal denaro di legno

Per chi vuole approfondire la cosa leggendo: qui.

Per chi vuole approfondire la cosa ascoltando: qui.

Per chi invece è interessato solo ai dollaroni scolpiti nel legno da Randall Rosenthal: qui.

mercoledì 20 aprile 2011

Libertarianism A-Z

La flat tax vanta di sicuro alcuni vantaggi.

1. Semplicità: sai subito quanto paghi; vengono eliminate poi alla radice le distorsioni che riguardano i redditi famigliari.

2. Incentivo: diminuendo l’ aliquota marginale per tutti opera un incentivo al lavoro e alla produzione.

3. Responsabilità: in presenza di aliquote progressive si creano gruppi sociali che spingono per spese finanziate da terzi; l’ aliquota unica fa si che chi propone una spesa sia sempre coinvolto anche nel suo finanziamento.

4. Equità: la legge è uguale per tutti senza distinzione tra bianchi, neri, ricchi o poveri.

Pornoeffettistica

La pornografia della rete ha tre caratteristiche: è tanta, è gratuita ed è discreta. Cosa puo’ pretendere di più l’ erotomane del 2000?

Le combinatoria orgiastica di quel logoteta che fu il “divin marchese” impallidisce di fronte alle combinazioni della pulsantiera di un pc connesso ad internet. Ad ogni posizione delle dita corrisponde una pletora di posizioni corporali.

Rabbit Heart not

Prendiamo adesso due tipi umani differenti e chiamiamoli Proibizionista Istintuale (PI) e Libertario Istintuale (LI); mettiamoli di fronte alla novità. Come reagiranno?

Un’ offerta tanto generosa sprigionerà due effetti:

1. viene fornito un bene per soddisfare un bisogno masturbatorio (effetto principale EP). Il mondo migliora.

2. viene fornito un modello per soddisfare un bisogno identitario (effetto collaterale EC). Il mondo peggiora.

LI vede prevalere EP, ci sarà un motivo se si chiama così! PI non si lascia scappare l’ occasione per apostrofarci sulla decadenza del mondo moderno e si fisserà su EC, per lui non esiste altro.

Ma forse esiste un modo con cui LI e PI possono per un attimo liberarsi dai loro istinti. Forse esiste una verifica pratica delle loro opinioni.

Vediamo. Se prevale EP i bollori del segaiolo saranno moderati più facilmente impedendogli di combinar danni in giro. Tradotto: meno stupri (mondo migliore anche per gli altri).

Se prevale EC gireranno tra noi parecchi vitelloni con le occhiaie ansiosi di volgere la loro identità virtuale in un’ identità reale, con le buone o con le cattive. Tradotto: più stupri (mondo peggiore anche per gli altri).

Lo dico con cautela ma sembrerebbe che LI abbia vinto il primo round.

Eppure LI non ha requie, sente già alzarsi una lamentosa richiesta di sovvenzioni “XXX” per stalloni doc, sente già aprirsi un altro fronte. Viviamo o no in piena “cultura del piagnisteo”? Se non è il piagnisteo proibizionista sarà quello assistenzialista, ma sempre con il falso bordone di un pianto dirotto ci tocca intonare la breve nota liberale.

martedì 19 aprile 2011

Capitomboli rilassati

Scorrono senza una gerarchia nelle molecole, migrano verso il finale in quiete folate prive di punti di riferimento, ondeggiano in un rassicurante liquido amniotico … ascoltare queste canzoni è come camminare sui pavimenti di Heike Weber. Si perde l’ equilibrio senza perdere la rilassatezza.

Heike Weber

Composte secondo le tecniche della musica concreta, non sono concepibili indipendentemente dalla loro esecuzione, in esse dialogano felicemente pop e impro radicale.

Che bello scoprire che anche la sperimentazione più ardita non deve necessariamente restare appesa come un caciocavallo ma può sfociare in esiti artistici compiuti e di prim’ ordine.

Elio Martusciello – Concrete Songs – Ticonzero

link

lunedì 18 aprile 2011

Kafka o Ionesco?

Perchè in Italia il sistema giuridico è un groviglio inestricabile di leggi, leggine e decretini che sembrano stratificarsi uno sull’ altro con l' unico scopo di renderne difficile l' ossequio? Lavorando nel settore, so bene quel che dico; ma del resto la cosa è risaputa e mi basta richiamarla senza impegnarmi a convincere nessuno.

Alcuni ritengono che un simile mostro sia funzionale a chi trae una rendita dalla sua proliferazione (burocrati, amministrazioni, faccendieri, caste professionali...). Ipotesi plausibile: un commercialista, per esempio, fa salti di gioia quando i moduli si moltiplicano complicandosi. I loro sindacati invocano una sempre maggiore giustizia fiscale: conoscono bene la natura chimerica di questa pretesa ma sanno anche che nel tentativo di perseguirla un sistema semplice verrà “migliorato” con il miraggio di renderlo certosino e l’ effetto pratico di renderlo caotico, dopodiché il caos sarà l’ ideale “via libera” per l’ agognata caccia a rendite e truffe.

Altri lo ritengono un maligno portato del nostro cattolicesimo; se dài un comando ineseguibile avrai un doppio potere: quello di comandare e quello di perdonare (ieri nel confessionale, oggi negli uffici dell' Agenzia delle Entrate).

Ma l' ipotesi che io sento più nelle corde è ancora diversa e concerne il guasto influsso della dottrina giuspositivista importata con entusiasmo dai nostri più valenti filosofi della politica e del diritto.

Tale dottrina di contrappone a quella giusnaturalista per il modo in cui liquida bellamente la domanda “perché obbedire?”. Un sistema giuridico, ci viene detto, si fonda sulla forza, inutile speculare oltre. Inutile cioè discorrere di "giustizia" e quant’ altro se poi si fa quello che decide il più muscoloso; e per fortuna che esistono i muscoli: meglio un ordine qualsiasi che il marasma.

Una simile impostazione non è certo fatta per chiedersi "a chi obbedire"? Il concetto di "compliance" le è estraneo. Il giurista, in quest’ ottica, puo' fare un buon lavoro anche trascurando i problemi di lana caprina posti dalla “giustizia”, ma soprattutto puo’ giocare al gioco che più spopola nelle accademie: quello dello “scienziato avalutativo”.

[… piccolo intermezzo di bassa polemica da cui vanno doverosamente esclusi i padri nobili del giuspositivismo: quando un semplice “esperto” assurge alla carica di “scienziato avalutativo” significa che puo’ tenere un corso universitario a cui è diritto/dovere che la cittadinanza partecipi composta. Diritto perchè un diritto in più non guasta mai, dovere perchè l’ oggettività di quel sapere lo rende valevole per tutti. In altri termini: esiste il diritto/dovere di stipendiare lo “scienziato” di cui sopra…]

Si sarà capito che quando al giuspositivista chiedi l' ingrediente base per realizzare un sistema giuridico (e quindi uno Stato), lui risponde: procurati la "Forza", dopo ripassa e ti mostro la mercanzia.

La risposta del negletto giusnaturalista è un po’ più articolata: affinché le cose funzionino, alla forza del governante deve affiancarsi un sentimento di legittimità nel governato. Il diritto prodotto dal primo, in altre parole, deve ricalcare le consuetudini (diritto naturale dei popoli) professate dal secondo, affinché non sia sentito come un corpo estraneo quando viene calato nel corpo sociale. In caso contrario avremo leggi criminogene.

Al primo giurista basta una parola: legalità; il secondo è costretto ad aggiungere un’ altra: legittimità.

Concludo subito: la democrazia italiana, per quanto sgangherata, è abbastanza solida ormai, la Forza è saldamente concentrata nelle mani dello Stato. Il legislatore non si sente limitato nella sua azione, e forte dei dettami giuspositivisti con cui è stato imboccato fin dalle prime pappe, non ha remore nell' impapocchiare un sistema giuridico purchessia, che, quando va bene, rivaleggia con le sconclusionate commedie dell' assurdo, quando va male con gli incubi kafkiani.

Chiudo con una curiosità.

Vivendo in Italia abbiamo il privilegio di osservare come reagisce il giuspositivista allorché si ritrova tra le mani un paese costruito seguendo i suoi dettami,  in cui - non a caso - ognuno va per conto suo. Ovvero, come tenta il “luminare” di mettere una pezza sul buco che ha contribuito a trivellare?

Bè, vale tutto, a partire dall’ indottrinamento a suon di “lezioni di legalità” da tenersi nelle classi italiche. Ma devo dire che i predicozzi moralistici sono particolarmente graditi.

E qui si rinserra il paradossale cerchio: come nella miglior tradizione delle stalle chiuse a buoi fuggiti, chi dapprima aveva schifato il concetto di “giustizia” ritenendo sdegnato che inquinasse il “puro diritto”, ora si ritrova a fare ricorso crescente a dosi massicce di moralismo indigesto che sembra fatto apposta per convincere fino alle lacrime i già convinti e schifare (o divertire) i restanti.

E tra poco, dopo le “lezioni di legalità” in classe, verremo a sapere che chi non paga le tasse sarà scomunicato, i giuspositivisti alla frutta hanno già fattivamente attivato i loro gruppi di pressione in Vaticano. 

********

p.s. le considerazioni tra il serio e il faceto di cui sopra mi sono state ispirate da una rilettura degli scritti di uno dei pochi giusnaturalisti italici: Alessandro Passerin d' Entrèves

sabato 16 aprile 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 27.3.2011

Vangelo secondo Giovanni 8, 31-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Una lunga sequela di equivoci impedisce a Gesù di entrare in contatto con i suoi interlocutori; se ci avvaliamo del medesimo “telefono senza fili” questa triste sorte toccherà anche a noi, vediamo di evitarlo.

Prendo in considerazione solo il primo corto circuito, tanto per chiarire cosa intendo con un esempio.

La “verità vi farà liberi”, dice Gesù.

Ora, giova in questi casi fermare l’ attenzione su un fatto: se non posso rendermi invisibile, non per questo non sono libero; se non posso volare sbattendo le braccia, non per questo non sono libero; se i miei desideri non si realizzano immediatamente al solo pensarli, non per questo non sono libero.

Eppure, se potessi divenire invisibile all’ occorrenza, se potessi volare, se potessi realizzare all’ istante i miei desideri, sarei più… “libero”.

Ecco, la verità di Gesù mi consentirà tutto questo, seguendolo potrò liberarmi da ogni condizionamento a cui il mondo mi “condanna”.

La libertà rossa è la libertà sociale, la libertà azzurra è esistenziale.

La risposta che riceve Gesù - “il popolo ebraico non è mai stato schiavo” – è del tutto incongrua perchè confonde le due libertà.

Ancora oggi molti ritengono che subire un condizionamento diminuisca la nostra libertà. Ma costoro sono afflitti dalla medesima daltonia che il Vangelo documenta così bene.

venerdì 15 aprile 2011

Il giorno che Darwin ritirò la sua teoria

Pixiv user

 

link

link

Crisi d’ abbondanza

La “crisi d’ abbondanza” cinge d’ assedio l’ intellettuale italiano che ora si sente fagocitato da cio’ che avrebbe dovuto stare sulla sua scrivania: le carte. Ora le “carte” assumono la becera neutralità della plastica, prendono vita autonoma, si moltiplicano in continue esplosioni demografiche fino a soffocare chi è designato a curvarsi su di loro. 

Giulio Ferroni è un caso paradigmatico, osserviamolo mentre come un ectoplasma passeggia tra i banchi di un festival del libro qualsiasi:

… mi metto a vagare per gli stand… gli incontri sono molteplici, spezzati, ripetuti, tra agnizioni e ricognizioni… solidarietà e ostilità… e libri dappertutto, proliferanti ammonticchiati, sparpagliati, in ordine geometrico o rizomatico, con tute le possibilità di conoscenza, di esperienza, di contemplazione, di curiosità, di esaltazione, di esibizione, di vitalità… cerco editori noti e meno noti, mi oriento e mi disoriento, perdo la strada e la ritrovo… scopro editori e attività che ignoravo ma che inevitabilmente dimenticherò… e vago, continuo a vagare… la costipazione e l’ eccesso di libri mi rende allucinato, per i colori, per i rumori… esco da questo luogo fisicamente stordito… con qualcosa che mi ottunde la visione, la capacità di controllo dello spazio…di fuori, sul piazzale d’ ingresso del Lingotto… ora si accalcano i taxi… tanti libri, tante automobili, tanto di tutto…

Giulio Ferroni – Scritture a perdere - Laterza

Sembra di vederle quelle suole consumate dall’ augusto professore in disarmo mentre orbitano intorno alla poltiglia della microerudizione festivaliera. Assomigliano un po’ a quelle che Umberto D si trascinava in giro per Roma.

Poverino, fa quasi tenerezza: sopra, gli occhi da leprottone abbagliato; sotto, bronzee borse che denunciano la vetustà di chi non puo’ più raddrizzare un legno storto.

Ovunque si rechi, il malcapitato s’ imbatte in “brusii crescenti”, in “scorrevoli nulla che avvelenano il paese”, in “paradisi imbecilli”, in “eccessi di produzione”, in “zapping nevrastenici”, in “modalità dilapidatorie”, in “gare d’ apparenza”, in “violenze disgreganti”, nel “piacere di unirsi al degrado”, nell’ “incanaglirsi del reale”  e altre insulsaggini di vario tipo al traino di “tortuosi e occulti poteri economici”.

Nella requisitoria contro l’ Italia “berlusconizzata”, in pochi scampano l’ autorevole frusta: giusto Zanzotto e il padre di Eluana, con quel loro riserbo fuori dal tempo in cui avvolgono pudici un sentimento da preservare contro l’ offesa di una realtà che vorrebbe ingurgitare e rigurgitare anche loro.

Non ne parliamo poi quando accende la TV e sbatte contro la voce da camionista di Maria De Filippi. Quella gara a prendere la parola senza esclusione di colpi, gli riporta in casa quel mondo sguaiato che credeva di aver chiuso fuori, un mondo che ci offende, un mondo…  dove anche l’ assuefatto operaio vuole il figlio dottore.

Inutile dirlo, il problema c’ è. Davanti al lato anti-estetico che ci rovescia addosso ogni giorno la cornucopia della modernità, possiamo reagire in due modi:

1. cowenianamente. Ovvero, mettendosi di buzzo buono, imparando a navigare sulla monnezza traendone le gioie di un zio Paperone in panciolle nel deposito. Affinare l’ arte della selezione, mettere a punto il pescaggio fior da fiore, specializzarsi nella costruzione di bussole… e ripassare di continuo il teorema Alchian Allen.

2. pasolinianamente. Ovvero, cercando il brividino dell’ apocalisse, maledicendo con alata invettiva l’ arricchito, fare l’ elogio ditirambico della deflazione invocando un salvifico depauperamento con annessa decrescita felice.

La prima soluzione è una gran iattura, c’ impone di lasciare le luci della ribalta per “lavorare duramente su noi stessi”, c’ impone di ri-formarci, di ri-educarci, di re-integraci.

Meno male che c’ è la seconda via. Grazie a lei possiamo concentrarci sugli altri, esigenza essenziale per incanalare al meglio quell’ impulso autoritario che cova sempre dentro un depresso. La decrescita è essenzialmente la decrescita altrui: ovviamente, la nostra non farebbe la differenza. Eppure “lui” non lo capisce, si ostina, non “rinuncia”, non “decresce” mai come vorremmo. 

Poco male, con l’ “altro” nelle nostre mani – come fosse plastilina - possiamo cambiare il mondo tra la digestione e la pennica stando qualche minuto in più a tavola dopo pranzo, bastano quattro pensierucci sulla “bellezza”. Rassicuro subito i perbenisti che hanno qualche problema di coscienza: non c’ è niente di più facile che imbellettare queste interferenze nella carne altrui, basta nobilitarle formulandole in termini di “cura ecologica” o di “scatto critico” o di…

Con l’ “altro” nel mirino potremo finalmente perorare una “causa persa”, quelle più confacenti all’ esibizionismo avvocatesco; potremo espettorare la nostra condanna quasi fosse un “do” che piove da una scena sapientemente illuminata. E noi saremo lì, su quella scena, condannati dalla lucidità, spettinati da un vento che ci piega senza sradicarci, sofferenti di un dolore consapevole, flebili come il lume dell’ ultima lucciola sul pianeta.