venerdì 18 giugno 2010

Strategie per difendersi dal postulante armato

Finiti i soldi che gli altri vogliono darci, tutti noi ci mettiamo in caccia dei soldi che non vogliono darci. Come prevede la "legge del bar", il capuccino finisce sempre prima della brioche, dobbiamo quindi trovare altre tazze in cui puciare.

Considerato che ormai le democrazie hanno adottato il principio per cui "la legge non è uguale per tutti", il modo più onorevole per "puciare" consiste nel puntare su una "leggina" su misura. E se proprio serve una foglia di fico, c' è sempre la solita parolina passpartout che apre (scardina) tutte le porte: "utilità sociale".

Ma sostenere che, guardacaso, proprio quello che facciamo noi è di "utilità sociale" non è facile, ci vuole una certa faccia tosta, molti potrebbero vergognarsi.

In questo periodo la "faccia tosta" più in voga è quella di professori e ricercatori in genere. Anche nel corso della recente manovra si è chiesto a tormentone di risparmiare la ricerca.

Ma quando è un professore che chiede soldi per l' Università o un ricercatore per la ricerca, io resto piuttosto perplesso; il mio primo pensiero, prima ancora che ai dati, va alla figura metaforica del bottegaio che loda la sua merce.

Il secondo va agli studi numerosi ma mai pienamente convincenti sulla vera utilità dei servigi resi da tali personaggi.

Se la credibilità di certi lavori che esaltano la "ricerca" fosse da prendere sul serio, allora sapremmo con certezza pressochè assoluta che la pena di morte è un deterrente efficacissimo (15/20 vite salvate per ogni esecuzione) e che "more gun less crime" tutta la vita!

Ma nonostante la debolezza delle pezze giustificative presentate, è difficile trovare materiale a discredito di tali studi, visto che dovrebbe essere fornito proprio dalla lobby che ne sarebbe colpita.

Eppure qua e là, di tanto in tanto, qualcosa affiora:

"... spending on science is one of the best ways to generate jobs and economic growth, say research advocates. But … the evidence behind such claims is patchy..."

Vale la pena, specie per i più invasati, di leggee tutto.

n.b. visto a cosa serve l' economia!

giovedì 17 giugno 2010

L' argomento di Mr. Reid: il trionfo del buon senso

Poche rughe, nonostante i secoli. Senz' altro il più solido in circolazione per giustificare la base razionale della credenza religiosa.

Eccolo servito.

Credenziali: tappò la bocca ad Hume. Basta?

Il caso Luttazzi

Luttazzi si avvita su se stesso, l' accusa di plagio sembra averlo colpito e affondato.

Non si tratta dei cigni di Baalal, non si tratta di casi estemporanei ma di un metodo su cui si è costruita una carriera.

Ormai è un caso-umano, un caso per Diana.

Ad andarci di mezzo non è più lo pseudo-rivoluzionario con pretese da stipendio fisso ma il comico stesso, quel comico che anch' io ho ammirato.

E da ammiratore mi tocca fare il topolino che abbandona la nave. In quanto tale ritrovo i miei sentimenti ben espressi dall' illustre (ex) concittadino.

mercoledì 16 giugno 2010

Polveroni ad uso e consumo

Se gli ospedali privati facessero concorrenza a quelli statali, la Sanità non puo' che trarne un beneficio complessivo.

E infatti la Lombardia, dove questa soluzione è stata adottata, vanta ora uno dei sistemi più efficienti del paese.

Eppure il sistema non produce ancora come potrebbe, delle pecche persistono.

No, non sarà certo la Gabanelli a parlarne, la cosa sembra non portare acqua all' ideologia che la ispira.

Molto semplicemente gli ospedali statali si ostinano a non stilare un bilancio conforme ai crismi della trasparenza richiesti al privato.

Come mai?

Bè, mi sembra logico: intorbidando le acque l' imbarazzante confronto diventa molto meno immediato. Questo garantisce la loro sopravvivenza.

Anarco-neo-colonialismo

Mischiando anarchia e neo-colonialismo, l' economista Paul Romer vuole sconfiggere la povertà nel mondo.

La sua idea si chiama charter city, prevede che nei paesi più ricchi si formino delle compagnie private in grado di produrre e applicare leggi. Questi soggetti, appena capita l' ocasione propizia, acquisteranno o prenderanno a nolo delle città-enclave nel Terzo Mondo, quelle che si offriranno a loro, si pensa le più disperate.

Acquistata la "materia prima" cercheranno di farla fruttare riscuotendo la loro commissione e rinnovando, se il caso, il contratto. In fondo governare bene e rendere prospero un territorio è un affare estremamente allettante.

L' idea è già all' opera in Magadascar, vediamo come andrà e cosa bisogna rettificare (qui un primo resoconto).

I problemi sono tanti ma come si puo' non fare il tifo per Paul e per la sua "truly win-win solution"?

The Horribly Slow Murderer with the Extremely Inefficient Weapon

Niente asce, niente motoseghe, niente mani di forbice... solo un cucchiaio.

Parte 1



Parte 2

Perchè credo nel soprannaturale

Esistono due tipi d' incorenza, una logica e una legata ai comportamenti (predicare e razzolare). Il pensiero "Naturalsta" detiene il triste primato di possederle entrambe.

Cominciamo dalla prima.

1.

"Se i miei processi mentali sono determinati interamente dal movimento degli atomi, non c' è ragione per supporre che le mie convinzioni siano vere... e dunque, tra l' altro, non ho nemmeno motivo di supporre che il mio cervello sia composto solo da atomi" Prof. Haldane.

Il Naturalista dichiara di offrire un completo resoconto della mente, salvo dirci che la mente ha ben poco a che fare con la comprensione di una verità, compresa la mente con cui lui sembra aver "capito" tante cose. Vorrebbe aver ragione dicendoci che la ragione non esiste. E come insiste!

I naturalisti più "disperati", in effetti, si rendono conto dell' impasse e si limitano a dire "il nostro pensiero è utile" rinunciando ad aggiungere sottovoce "e quindi è vero". La cosa puo' ancora passare inosservata nelle questioni pratiche, ma in questo modo dove finiscono le pretese appena appena elevate della ragione? Dove finisce la conoscenza per la conoscenza, la filosofia, l' ontologia, la teologia... ma sopratutto, dove finisce il Naturalismo!?

Passiamo all' incoerenza nei comportamenti.

2.

Per il Naturalista distinguere il bene dal male è come sbadigliare, è come gradire il formaggio. Le scelte etiche per lui sono solo una voglia, un capriccio, una vale l' altra. Oltretutto non sono nemmeno scelte nel senso in cui noi intendiamo comunemente questo termine.

Una simile visione, bisogna ammetterlo, farà anche venire i brividi ma non è del tutto incoerente.

Peccato che un momento dopo aver riconosciuto che l' etica è solo una pia illusione, ecco i Naturalisti tornare alla carica esortandoci a voler bene al prossimo, a vivere per i posteri, a non picchiare i bambini, ad educare la prole, eccetera. In queste "prediche" sono i più ardenti e sembrano davvero sinceri.

I naturalisti non dovrebberò il Lunedì distruggere la mia venerazione per la coscienza e aspettarsi poi di ritrovarmi in venerazione il Martedì.

Persino scegliere la sopravvivenza sottointende che la vita sia meglio della morte. "Meglio"? E cosa diavolo significa più una simile parola? In termini Naturalistici non sembra traducibile.

Un comando morale non era vero o falso quanto puo' esserlo una nausea o uno sbadiglio?

Forse se lo sono dimenticato e, devo dirlo, meglio così! Meno male che esistono i "Martedì", meno male che esiste l' incoerenza.

***

Si tratta di semplici obiezioni, e quando si tenta una risposta per forza di cose "sofisticata", quelle obiezioni tornano a riproporsi in una forma leggermente più sofisticata. Non si scampa, per me sono convincenti.

Infine, poichè chi non riesce ad essere Naturalista rientra all' ingrosso tra coloro che credono nel soprannaturale, penso che finirò in quella compagnia.

***

Per i tipi Lindau è uscita una nuova edizione di Miracoli di C.S. Lewis. Vale davvero la pena di rinfrescarsi le idee di base prima di entrare in una Chiesa.

martedì 15 giugno 2010

Riscrivere il New York Times

Bisognerebbe farlo fare nelle scuole ("Repubblica" s' incarica di non far mancare la materia prima).

A seguire, il testo politicamente corretto (e andato in stampa).

New York may soon become the first state to offer employment protection for nannies.

The state Senate passed a bill of rights for domestic workers this week, a measure that would require employers to offer New York’s approximately 200,000 household workers paid holidays, overtime pay and sick days.

Supporters say the step will provide needed relief to thousands of women — and some men — who are helping to raise the children of wealthier New Yorkers without any legal workplace rights beyond the federal minimum wage.


A seguire il testo logicamente corretto.

New York state may soon become the first state to restrict employment opportunities for nannies.

The state Senate passed a bill this week that would prohibit New York’s approximately 200,000 household workers from accepting any position that does not include paid holidays, overtime pay and sick days.

Opponents say the step will bring unnecessary hardship to thousands of women—and some men—who have found employment because of labor markets that operate freely, except for constraints imposed by the federal minimum wage.

No such evidence

Perchè un conservatore dovrebbe mai sostenere i matrimoni gay?

Bè, Ted Olson è un reazionario, e lo spiega bene:

If the government supplies and enforces a particular legal contract – marriage – it must do so equally for same- and opposite-sex couples unless it has compelling evidence that same-sex marriage harms an innocent third party (e.g., children). No such evidence exists

Cosa rispondere? Per il "libertatrio" sarebbe semplice: fuori lo Stato dal business dei matrimoni. Ma per il "cattolico"?

Nel bene e nel male

Studiare il ruolo giocato dalle tasse nella storia dell' umanità è molto istruttivo. stringendo all' osso s' impara che:

1. aumenti delle tasse hanno portato spesso a veri e propri collassi sociali (rivoluzione francese, rivoluzione americana, rivoluzione inglese, guerra di secessione americana...).

2. nulla del genere è mai accaduto in seguito ad una diminuzione della pressione fiscale (quasi sempre benefica in termini di ricchezza complessiva prodotta).

3. i collassi di cui al punto 1 sono puntualmente preannunciati da evasione diffusa.

4. non esiste civiltà senza tasse.

Dal punto di vista empirico direi che se ne ricava un chiaro insegnamento: ovunque viviate (nel tempo e nello spazio) reclamare una diminuzione delle tasse vi garantisce di stare dalla parte della Storia, specie quando l' evasione è alta.

E il punto 4? Faccio solo notare che non si dice: niente tasse, nioente civiltà. Più probabilmente: la convivenza prolungata porta necessariamente a forme di sopraffazione.

Il miglior modo d' interpretarlo forse è questo: non è mai esistita una civiltà di uomini perfetti, cio' non toglie che alla perfezione si debba tendere.

P.S. forse la migliore "storia della tassazione" su cui condurre le proprie riflessioni è quella scritta da Charles Adams: "Nel bene e nel mala. L' influsso della tassazione nella storia dell' umanità".

lunedì 14 giugno 2010

Fuori dal mio terreno!

Fuori dal mio terreno musi gialli!

Buoni confini fanno buoni vicini.

Continuando ad essere cio' che si è ci si presenta meglio agli altri.

La via reazionaria all' integrazione tra i popoli. La illustra bene Gran Torino, il film che abbiamo visto l' altra sera.

Sono sempre stato convinto che vivere e accettare l' immigrato non richieda grandi ideali, visto che conviene.

Mi è più simpatico chi si relaziona sfruttando questa convenienza che chi, animato da melensi ideali, al "diverso" si consegna mani e piedi avvinghiandosi a lui per una forma di esibizionismo.**

Clint racconta la "storia" che è nato per raccontare, è una storia western: fatti giustizia da solo e vedrai la Giustizia in faccia, capirai quanto è preziosa e complessa.

Clint racconta la solita magnifica storia del cavaliere solitario: per quanto abbia le mani sporche di sangue il suo animo fiuta il "bene". Per avvantaggiarlo vale la pena di compromettersi (imolarsi) sporcandosele un po' di più.

Con una storia tanto bella passa in secondo piano il fatto che Clint in fondo non è un regista e lo si vede: esempio, che Walt sia un burbero ce lo raccontano per filo e per segno i figli in un dialogo dettagliato all' inizio del film affinchè sia chiaro a tutti. Un vero regista - non è necessario essere Truffaut - si limiterebbe a farcelo vedere in una scena ficcante e breve per passare poi ad altro.

Difetto 1: Clint (Walt) chiacchera e spiega troppo, arriva addirittura a parlare da solo davanti allo specchio per favorire la comprensione di noi poveri spettatori. Proprio lui (Clint), lui che nasce inventato da Leone come contro-cowboy da opporre alla deriva psicologista del western hollywoodiano, come antitesi al pistolero chiaccherone che parlava, parlava e cominciava a far fuori qualcuno (pentendosi) solo nel secondo tempo. Già, ma lì sul set comandava Leone, un vero regista.

Difetto 2: doppiaggio di merda.

** A questo punto mi viene in mente mio papà. Mentre noi con i neo-immigrati facevamo sperimentazioni intrise di idealismo (per esempio ingoiare con il sorriso sulle labbra le porcherie provenienti da tutto il mondo e dire good, good), lui non era certo il tipo che "aprisse le braccia". Comincio' ad avere qualche contatto, ma solo per ragioni di lavoro. Dopo poco, mentre noi rimanevamo fondamentalmente dei corpi estranei, lui aveva trovato una lingua chiara per comunicare e relazionarsi con quell' esotico che a noi restava inaccessibile. Su un terreno per noi "volgare" aveva stabilito un contatto solido. Capirsi è importante e unisce, al di là dell' oggetto su cui si realizza l' intesa.

Due notti nella Casa Rossa

Tappa in Friuli

sabato 12 giugno 2010

Basta poco



Babies documentario di Thomas Balmes (aprile 2010)
Gli interpreti: Ponijao (Namibia), Bayarjargal (Mongolia), Mari (Giappone), Hattie (USA).
Un anno di vita, 400 ore di riprese.

Le due famiglie di Namibia e Mongolia scelte da Balmes non sono povere, anzi: per il numero di capi di bestiame che possiedono sono considerate ricche. "L'idea non era di confrontare famiglie povere e ricche, ma famiglie che vivono in paesi con un diverso livello tecnologico", spiega il regista, 40 anni, che vive a Parigi. "Ho scelto famiglie che erano felici e aspettavano con serenità l'arrivo di un bambino".

"Vediamo come ai bambini basti poco quando si tratta di beni materiali, come i giocattoli, o perfino della presenza dei genitori. Questi bambini sono costantemente affascinati da quello che accade intorno a loro - un insetto, una folata di vento, la lingua di un cucciolo. A volte può bastare molto poco."

(per ric e sara da diana)

Realtà virtuali

Il teologo Mancuso ci raccomanda di vivere una vita “autentica”. A quanto pare l’ autenticità è una qualità che non trova critici.

Ma Mancuso è un teologo, e per lo più un teologo europeo, leggere il suo libro non ci fa capire molto bene perché mai l’ autenticità è per noi tanto preziosa. Meglio rivolgersi a qualche filosofo anglosassone, meglio ancora se americano.

Soccorre allora Robert Nozick, forse il più noto difensore dell’ autenticità.

Nozick si è inventato la macchina dell’ esperienza, uno strumento immaginario in grado di farvi provare l’ esperienza che volete voi: vivere vite da eroi, avere mille donne, visitare il Grand Canyon... una volta che la macchina sarà accesa, tutto vi sembrerà reale, non vedrete più la squallida stanzetta dove invece siete seduti.

Nozick ora ci chiede, volete “vivere” o volete che vi attacchi alla macchina? E noi tutti in coro, VIVERE!

Ecco dimostrato l’ alto valore che diamo all’ AUTENTICITA’.

Cowen dice che la conclusione è viziata dall’ alternativa secca: la vita o la macchina. In realtà lui, Cowen, si attacca regolarmente ad una macchina del genere, la chiama MENTE e i suoi viaggi sono le fantasie e gli autoinganni con cui si intrattiene. Insomma, la sua vita interiore.

Ma questo non è tutto, si puo’ persino dimostrare che questo genere di " autoinganni" sono utili a noi e agli altri. L’ umanità ha fatto grandi conquiste grazie ad essi.

Neanche l' autenticità puo' essere santificata, bisogna piuttosto scegliere una miscela giusta tra autenticità e fantasia, tra realtà esterna e vita interiore. E’ una scelta economica ed è studiata dagli economisti della mente.

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Se tento di difendere la “rete” presso i miei amici di tendenze religiose, sento scetticismo: sono afflitti dal mito dell’ autenticità (come il teologo Mancuso) e disprezzano la "realtà virtuale".

La “realtà virtuale” è uno spauracchio, cosicché ho cominciato a parlare di “realtà mentale”. In fondo è facile travasare il primo concetto (odiato) nel secondo (forse più rispettato). Ma anche “realtà mentale” ha un sapore di medicamento e di patologia.

Ora proverò a proporre “realtà spirituale”. Il "travaso" è ancora possibile e conto molto su questa innovazione lessicale.

giovedì 10 giugno 2010

L' ultima trincea: l' istruzione

Un grave rispetto circonda chi si presenta come apologeta dell' "istruzione delle masse", al punto che qualcuno ci marcia.

Anche in occasione dei recenti tagli al bilancio nazionale, una voce eroica si è levata ostentando l' idignazione dei giusti: "tagliate tutto, non l' istruzione, ne va del nostro futuro". Silenzio e giù la testa.

Ma i soldi spesi nell' istruzione, specie oltre una certa soglia, servono veramente a qualcosa?

Purtroppo non ci sono ricerche approfondite in merito.

[... i dubbi vengono guardando la storia dei paesi più avanzati (non l' Italia, che in questo campo insegue e imita da sempre): l' istruzione (obbligatoria) è sempre comparsa dopo che tutti erano già istruiti. E chi l' ha voluta attraverso "dure lotte"? Gli insegnanti, non certo le famiglie...]

Ma come non ci sono ricerche?, dirà qualcuno, sbattiamo ogni giorno addosso a ricerche e ad evidenza lampante.

Calma e gesso.

In campo medico, oggi si sa bene che l' effetto di una medicina reale deve essere comparato a quello di un medicinale placebo, invece che ad un semplice non far niente in termini di cure.

Gli effetti del placebo sono potenti.

Prima dei scoraggianti studi imperniati sul placebo, le "evidenze" in ambito sanitario sembravano conclamate.

E' così che abbiamo scoperto invece quali e quanti tagli potrebbe permettersi in campo sanitario un popolo razionale.

Ebbene, la triste verità è che nessuno ha mai messo a confronto l' istruzione moderna con un placebo.

Le canizie di Don Giovanni

Poche opere come il Don Giovanni di Mozart e Da Ponte riescono ad esprimere una vasta gamma di emozioni: dalla tragedia all' umorismo, dall' amore al sublime e tante altre.

Rappresenta cio' che c' è di più potente nel canone occidentale.

Oggi difficilmente vedremo mai tanta ricchezza in una singola opera d' arte e il motivo è evidente: l' estrema facilità di accesso ad una moltitudine di opere ci consente di prelevare il meglio da ciascuna di esse.

Il lavoro di "concentrazione" non spetta all' artista, siamo ormai in salvo da questo genere di sprechi: è come se il pizzaiolo decidesse per noi la pizza che ci tocca... che incubo!

L' ascolto del Don Giovanni richiede ore, un tempo interminabile e difficilmente immune da sprechi. La cosa proccupa chi vuole godere della bellezza in modo efficiente. Molti ormai preferiscono, per esempio, assemblare e concentrarsi sui vertici del Don Giovanni, magari accostandoli e confrontandoli con altri vertici operistici altrove reperiti.

Il taglia e cuci è d' obbligo quando si ha a che fare con l' Opera lirica, una realizzazione del passato che presa com' è mostra tutti i suoi limiti.

Quando ascolto musica sinfonica o da camera del passato, mi capita sempre più spesso di limitarmi ai tempi lenti. La maestosità, la sublime calma, il misticismo di quei frammenti resta insuperato.

Ma se si passa ad altri stati d' animo - furioso, rabbioso, agitato, affaticato, grottesco, patetico, frustrato... - ecco che sono altri generi ed altre musiche in grado di esprimerli più compiutamente e ad esse mi rivolgo per un assemblaggio più efficace ed un' esperienza esteticamente più elevata.

Le mie pretese non sono un capriccio. Anche se richiedono impegno e disponibilità alla fatica, realizzarle non è più così dispendioso vista l' abbondanza infinita di arte ed il facile accesso che oggi ci viene offerto.

Sarebbe ingenuo stare fermi senza adeguare i modi d' incontrare la bellezza quando fuori dalla nostra porticina tutto si è rivoluzionato. Non si tratta quindi di "fare la rivoluzione", si tratta di adeguarsi per cogliere nuove opportunità sorte in seguito ad una rivoluzione che si è prodotta indipendentemente da noi. Una rivoluzione tecnologica prima ancora che artistica.

In fondo anche in questo caso parlo della cultura come playlist: raccogliamo ovunque i mattoncini per costruire la casa della nostra cultura. Una casa su misura che sarà inevitabilmente diversa da tutte le altre.

Ciascuno vede la superiorità di una sartoria su misura rispetto a quella standard dei supermercati.

Il Padrino parte prima

mercoledì 9 giugno 2010

La cultura come playlist

Per parlare di "cultura" (musica, libri, arte), partiamo da tre considerazioni:

1) Oggi la cultura è molto più accessibile, a pochi "clic" mondi meravigliosi si aprono e tutta la bellezza prodotta nella storia dell' umanità ci si riversa addosso.

2) Un tempo i concerti musicali duravano anche cinque o sei ore per compensare i lunghi viaggi degli ascoltatori. Oggi autoassembliamo la nostra "dose" di cultura quotidiana pescando all' istante nel florilegio immenso dell' offerta. Imbandiamo su misura il nostro "pasto" quotidiano ordinando minuscoli ma ghiotti "bocconcini" di cultura dalle provenienze più disparate.

3) Molti di noi considerano la cultura contemporanea scadente.

Come fare in modo che le tre affermazioni di cui sopra si armonizzino tra loro in una teoria?





Il teorema Alchian-Allen ci dice che gli australiani consumano vino italiano di qualità mediamente migliore rispetto a quello consumato dagli italiani stessi: per forza, esiste un costo di trasporto che è identico per ogni qualità di vino e che quindi incide meno sui più pregiati.

In epoche passate le occasioni di cultura erano rare, non esistevano "costi di scelta". Oggi invece esistono e sono i medesimi a prescindere dalla scelta finale. In base al teorema Alchian-Allen è lecito pensare che la cultura "consumata" oggi sia mediamente di più alta qualità e che la nostra vita interiore sia dunque più ricca.

Questa familiarità con la cultura fa sì che essa perda gran parte della sua "aurea" e molti scambiano questa de-sacralizzazione con uno scadimento. In merito Tyler Cowen usa una metafora eloquente basata sull' amore matrimoniale.

La cultura del passato è come l' amore a distanza: non intraprendiamo lunghi viaggi per un bacetto. Ogni incontro deve avere la sua messa in scena adeguata per non deludere le aspettative: grandi discorsi, notti infuocate, pranzi a lume di candela. Insomma, un amore del genere spinge al "pompaggio".

La cultura di oggi assomiglia invece al matrimonio: dal di fuori spicca il tran tran, non sempre il sesso è appassionato, a volte vi beccherete del cibo in scatola, i piatti sporchi riempiono il lavandino e il prato vi guarda ogni sera perchè vuole essere falciato, eppure, anche se da fuori non tutto apparirà splendido, anche se è faticoso assemblare i mattoncini (playlist) con cui costruire questo genere di amore, vi assicuro che in molti casi la coppia ha una vita interiore più che soddisfacente.

Il matrimonio probabilmente è meglio delle relazioni a distanza, così esposte all' ipocrisia della retorica; anche le scienze sociali confermano che le persone sposate sono anche più appagate.

Per la stessa ragione la vita culturale contemporanea probabilmente è migliore di quella passata.

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Incidentalmente entriamo ogni giorno in contatto con la cultura più disparata, cosa mai successa nella storia. Mike Patton ha ascoltato per caso su internet l' assurdo rock italiano degli anni sessanta e se ne è innamorato al punto di omaggiarlo in Mondo Cane. Poichè, secondo lo spirito dei tempi, non vale la pena di ascoltare l' intero disco, prendiamone solo un bocconcino prelibato: l' improbabile e imperdibile Urlo Negro.

lo sai che cosa hai fatto? a me!!
lo sai che cosa hai fatto? a me!!
non farti più vedere!! da me!!
non meriti più niente!! da me!!

Ti odierò finchè il Signore non mi porterà con sè...
non voglio più un padrone per raccogliere caffè


martedì 8 giugno 2010

Il segreto della musica atonale

La malattia mentale è descritta e diagnosticata sulla base delle "debolezze" comportamentali di chi ne è affetto, e questo vale anche per l' autismo.

Le "lacune comportamentali" dell' autistico derivano da un "saldo" negativo tra alcune disabilità ed altre abilità.

Già, non bisogna dimenticare che questi malati mostrano anche parecchie abilità sorprendenti e sopra la media.

Sono persone "informivore", con spiccata abilità nell' incontrare e schematizzare l' informazione caotica. Purtroppo sono prive di "filtri" in grado di orientare e limitare il loro incessante lavorio: noi non abbiamo bisogno della loro enorme capacità tassonomica visto che siamo in grado di scremare gran parte del superfluo, magari sfruttando attraverso la nostra "soacialità" il lavoro altrui.

Come un Sisifo l' autistico spinge il masso sulla cima del monte, ogni volta il masso rotola giù e deve ricominciare. E' un tormento penoso. Noi, per fortuna, siamo in grado di vedere come stanno le cose e ci riparmiamo l' inane fatica. Bene. Purchè sia chiaro che non avremo mai i muscoli di Sisifo.

Mia mamma è vissuta in un altro pianeta. E' un pianeta lontano nel tempo più che nello spazio. Lontano decine d' anni. In quel pianeta si "risparmiava" su tutto, sul cibo, sui vestiti e anche sull' informazione. Con una "Domenica del Corriere" tiravi avanti un mese. Si investiva invece molto nella conservazione e nella custodia. I sacrifici erano tanti ma si sapeva bene la direzione da percorrere: produrre e risparmiare.

Nel nostro pianeta le cose si sono rovesciate, almeno per cio' che riguarda la risorsa chiave dell' informazione. Ogni giorno una valanga di "informazioni" (musica, libri, cultura, tele, facebook, twitter, concerti, wikipedia...) ci travolge e ci disorienta. Il mondo di fronte a noi è caotico, non dobbiamo conservare cio' che abbiamo in tasca (facile!), dobbiamo eliminare (difficilissimo). Ma cosa?

Ecco, di fronte al mare della complessità siamo nella condizione in cui l' autistico si trova ogni giorno, non sappiamo bene da dove iniziare. In più non possediamo nemmeno le sue doti avendo da sempre abitato un vecchio pianeta dove ordinare il caos non era così necessario, in gran parte qualcuno lo aveva già fatto per noi.

Non è dunque una coincidenza se nella società contemporanea tra i casi di successo spiccano parecchie personalità con tratti chiaramente quando non dichiaratamente autistici.

Nel suo ultimo libro Tylor Cowen raccoglie questo genere di storie. La sindrome di Asperger fa soffrire molti ma fortunatamente il mondo contemporaneo è andato incontro a questi disabili al punto che alcuni di loro godono oggi di uno status notevole e inaspettato.

Se la luce si fosse oscurata i ciechi avrebbero avuto opportunità inattese. Invece è arrivata la rete, e sono gli autistici a sperare.

Tra le molte storie, Tyler (economista della cultura) ce ne racconta una che ci parla della "musica contemporanea". L' argomento mi interessa.

Quando all' inizio del secolo scorso Schoenberg e Webern presentarono le loro prime composizioni atonali ci fu un certo interesse ma anche un rifiuto istintivo per quelle partiture. Si disse che dovevano maturare i tempi, in fondo anche Mozart e Chopin furono dapprima ostracizzati. Ora, un secolo e mezzo dopo, i tempi dovrebbero essere stramaturi, eppure la sgradevolezza di quei suoni permane. A cosa si deve questo persistente rifiuto generalizzato?

Probabilmente è di ordine neurologico: la nostra fisiologia incontra male quel genere di realtà sonora.

La "nostra" fisiologia? Già, la "nostra", perchè gli "altri" invece godono e si rilassano con la musica atonale.

Gli "altri" in questo caso sono le persone con tendenze caratteriali autistiche. La loro particolare capacità di ordinare i suoni caotici fa considerare loro più stimolante il caos di una musica seriale senza alcun punto di riferimento nella storia e nella tradizione rispetto al "noioso" ancoraggio dell' ordine tonale.

Ecco l' esempio di una disabilità miracolosamente trasformatasi in abilità.

Ne volete un altro? Andy Wahrol ha trasformato in oggetto artistico la scatola del lucido "Brillo". Anche Duchamp ha divelto un orinatoio per esporlo al museo. Prima di lui veniva usato, dopo di lui veniva ammirato. Ma come è avvenuto questo passaggio?

Nel suo famoso saggio Arthur Danto spiega il procedimento: si tratta di creare un contesto culturale e sociale appropriato, in fondo è anche il contorno che realizza l' arte, in questo caso è solo il contorno.

Ma Danto non spiega quanto deve essere ampio il contesto necessario alla trasfigurazione: deve includere un intero Paese? Basta un gruppo di persone? Basta... una persona sola?

Una persona con tratti autistici, grazie alle sua abilità/disabilità d' isolamento e concentrazione, è la persona ideale per creare esclusivamente su di sè un "contesto" appropriato che le consenta di fare esperienze estetiche con qualsiasi "ready made" incontrato per strada. Non ci meraviglia quindi che l' autistico Hugo Lamoureux racconti di aver ammirato per giorni il bulldozer che distruggeva l' edificio di fronte a casa sua con l' emozione estetica riservata di solito ai capolavori di Van Gogh.

Queste storielle non sono aneddoti singolari, parecchie ricerche confermano una sensibilità maggiore degli autistici all' arte, specie a quella contemporanea. Non solo, in quei mondi sempre più spesso diventano costoro diretti protagonisti e riscuotono successo.

Morale: se veramente vogliamo parlare dell' autismo come di una piaga, allora dovremo continuare a ridefinirlo in modo da escludere via via tutti gli autistici di successo che ci capiterà di incontrare nella rete e nell' arte. Cowen ci dice che il lavoro diagnostico diverrebbe sempre più improbo.


Molti consigliarono al Nobel Kenzaburo Oe di sopprimere suo figlio, in effetti Hikari naque mezzo cieco, scoordinato e autistico. Oggi, sebbene non potrebbe mai vivere da solo, Hikari Oe individua la composizione mozartiana (sono oltre 600) che sta ascoltando dalle prime tre note, è un compositore di fama e una star assoluta in giappone. La sua musica è facile ma molti la odiano, per esempio il critico Jamie >James: "... odio questa musica... la trovo assolutamente sospetta... mi sembra priva di ogni contenuto emotivo... è come scritta da uno schizofrenico che cerca di imitare la situazione emozionale di una persona normale... non c' è nulla di autentico... non c' è alcuna sorpresa..."

Tagli o lotta all' evasione? Il dilemma dell' analfabeta.

1. La pressione fiscale italiana è al 43%, limite considerato ostativo alla crescita persino nella vecchia Europa.

2. Il sommerso italiano è poco meno del 20%. Ammettiamo che sia così, e chi lo sa?

3. Il PIL su cui è calcolata la pressione fiscale incorpora il sommerso.

4. Se tutti "pagassero" la pressione schizzerebbe al 60%, sarebbe la sentenza capitale per il nostro e per qualunque Paese.

5. Chi dice: MENO tagli, PIU' lotta all' evasione, non sa di cosa parla: le due vie non sono alternative qualora si punti alla crescita. Considerarle tali significa aumentare ulteriormente l' asfissiante pressione fiscale.

6. Più recupero d' evasione non puo' implicare meno tagli, sarebbe una logica perversa.

Fin qui Alesina. Da qui io.

7. Poichè "stanare gli evasori" e "tagliare" la spesa sono entrambe cose sgradite al Politico (gli fanno perdere voti), difficilmente ce ne sarà uno che farà con impegno entrambe le cose.

8. Se tra le due bisogna scegliere, facciamo in modo che il Politico s' impegni nell' operazione più utile.

9. Il taglio della spesa innesta un circolo virtuoso = - spesa, - tasse, - evasione, saldi di bilancio che migliorano e crescita garantita. Solo il primo elemento è sgradito alla politica.

10. La lotta all' evasione, per contro, non solo fa rimanere imprescindibile un taglio della spesa ma addirittura, come spiega Alesina, l' analfabetismo economico ben descritto da Alesina diffonde nel Paese l' idea che esso sia evitabile. Ora, secondo voi un Politico taglierà mai la spesa qualora 1) questa manovra gli faccia perdere voti 2) esiste un clima sociale che lo esenta dal farlo 3) ha in mano un surplus temporaneo (recupero evasione) che gli permette di pagare la spesa che dovrebbe invece tagliare?

*************

La via dei tagli, come abbiamo visto, è dettata soprattutto dall' analfabetismo economico diffuso. Questa settimana compie 209 anni (la maggior parte gli ha compiuti sottoterra) Frederic Bastiat, l' uomo che più di altri ha illustrato cio' di cui parliamo in un saggio intitolato: "Cio' che si vede e cio' che non si vede".

In quel saggio spiegava il "paradosso della finestra": un monello scaglia un mattone rompendo il mio vetro di casa. Dopo aver imprecato chiamo il vetraio disoccupato per la sostituzione e lo pago con 100 euro. Per l' analfabeta economico la disgrazia è un sollievo: il vetraio non è più disoccupato e riceve un compenso. Già, l' analfabeta giudica per quello che vede. Ma c' è anche quello che non si vede, ovvero il bel paio di scarpe che avrei comprato con quei 100 euro. Chi considera cio' che non si vede sa che la gente vuole scarpe, non vetri e la riconversione dei vetrai in scarpivendoli è ritardata dalla disgrazia con grave danno per l' intera società.

Ah, inutile aggiungere che gran parte della politica economica in tempo di crisi del secolo scorso, ispirata da Mr. Keynes, si è basta sul finanziamento dei "monelli".

link

lunedì 7 giugno 2010

Buh!

Come ve lo immaginereste un film horror girato da Olmi?

Nel suo "La casa dalle finestre che ridono" (1976) il cattolico Avati provò a scrostare le fastidiose patine di Argento in modo che emergesse quella familiarità e quell' empatia con l' ambiente che servono per poi far esplodere lo shock. Con la nebbiolina padana cercò di rendere le tinte pastello in modo che risaltasse meglio il rosso del sangue.

L' orrore si annida impensabile tra i ruspanti paesaggi dell' amata Bassa e la calda giovialità emiliana, parente forse di quell' orrore innocuo evocato nei giochi dell' infanzia e che faceva correre nelle vene lo stesso infantile e perverso piacere con cui Lidio spaventa la maestrina.

Il film è vecchio e si sente, il genere non mi piace e in più la storia ammassa tutti gli stereotipi del genere, eppure 1) certi scorci sembrano delle foto di Ghirri, 2) fa davvero paura. Quindi, da vedere.

Per un bel po' potete scaricarvelo qui per poi vederlo sul pc o alla tele.

Vecchio comunistone...

... che era comunque bello ascoltare.

Quasi un anno fa moriva Ivan Della Mea, se vivere volesse solo dire leggere, scrivere e pensare, niente mi unirebbe a lui. Ma se le poche canzoni che so a memoria sono le sue, forse non vuol dire solo quello.

Il fatto è che sapeva parlare...

... di lotta...



... di disperazione...



... d' amore...




Senza dimenticare el me gatt.

sabato 5 giugno 2010

Il trisavlo dell' uguaglianza

Non tutti sanno che la nozione di peccato originale è uno sviluppo agostiniano del cristianesimo. Gesù non ne parla.

Già Paolo invece parlò parecchio di "peccato", specie nella sua epistola ai Romani.

Per lui non è rilevante che tutti abbiano PECCATO, quanto che TUTTI abbiano peccato.

Il suo progetto è quello di stabilire un piano di gioco uniforme per Ebrei e Gentili.

La nozione di "peccato originale" prefigura nella storia quella di "eguaglianza" tra gli uomini.

Lo Sguardo

L' incontro di ieri sera si chiamava "La sfida educativa", a parlare era don Eugenio Nembrini, un bergamasco tosto.

Nel suo discorso traboccava una fede in cui le parole dell' osteria (si sente il missionario in Khazakistan) rimpiazzavano quelle della teologia; i concetti scoppietavano uno dietro l' altro tra un "minchia" e un "cazzo".

Sebbene espresso in forma tanto sanguigna mi è sembrato di accertare una compatibilità tra quanto detto e il poco che ho appreso dai testi scientifici che ho accostato sul tema.

Ha cominciato dicendo di non preoccuparsi, tanto è certo che passeremo tutti i nostri difetti ai bambini. Forse era un suo modo per dire che la genetica conta.

Ha proseguito enunciando il cuore del suo discorso: un buon genitore è un buon genitore per quello che "è" non per quello che "fa".

I ciellini hanno un modo loro non tanto facile da capire per dire questa cosa, parlano di "sguardo": un bambino si educa con lo "sguardo" (appassionato).

Nonostante il linguaggio particolarmente creativo dei ciellini, il concetto mi sembra suffragato dalle ricerche statistiche di Leavitt: un figlio cresce bene in una casa piena di libri, il numero di libri che gli viene letto è invece ininfluente.

Già, una casa "piena di libri" probabilmente testimonia la presenza di genitori interessati, appassionati. In quella casa ci sarà lo "sguardo" giusto, ed è cio' che conta.

Poi si è passati alla parte che m' interessava di più: è impegnativo educare?

A prima vista si direbbe di no: se uno è un buon educatore per cio' che "è", cosa c' è di più facile che essere cio' che si "è"? La cosa è coerente con la letteratura raccolta da Caplan: essere un buon genitore è un impegno sopravvalutato che porta ad immotivate rinunce.

E infatti i ciellini hanno almeno 4/5 figli, entrando nelle loro case i genitori non sembrano badare molto a loro (che nel frattempo si arrampicano sul lampadario). Lo stesso don Eugenio è il quinto di dieci fratelli, non avrà ricevuto enormi attenzioni ma sembra venuto fuori bene.

La donna è fertile per una trentina d' anni, cio' significa che potrebbe comodamente fare una quindicina di figli. Se la natura non fa male le cose, forse l' educazione e l' attenzione ottimale è quella che i genitori riservano ad un bambino con quattordici fratelli. I genitori sfortunati che hanno un solo figlio dovrebbero sforzarsi di educarlo ed accudirlo come se fosse uno qualsiasi dei quindici, ne più ne meno. Non facile, devo ammetterlo, immaginarsi l' esistenza dei quattordici fratellini mancanti.

La via caplaniana alla diffusione nel mondo del libertarismo non è forse la strategic fertility? Caspita, adesso capisco!

C' è poi stata la domanda decisiva: "scusi don Eugenio, se l' educazione dipende da cio' che "sono" siamo nelle canne perchè io sono "una merda", specie in questo periodo".

Se "essere" cio' che si "è" è la cosa più facile del mondo, per essere cio' che non si "è" bisogna... minchia... farsi un culo così (sic). E infatti la risposta è stata all' inizio poco incoraggiante.

Poi però l' inattesa apertura: ma non si preoccupi, se lei è una merda suo figlio si troverà presto compagnie più interessanti... mi fanno ridere i genitori che credono di poter fare la felicità o l' infelicità dei propri figli. Questa risata è in buona parte condivisa anche da Caplan. Bisogna impegnarsi un casino ma veramente un casino per rovinare l' esistenza al proprio figliolo!

Morale, se siete persone appassionate, vogliose di scoprire il mondo e con un bello sguardo siete a cavallo, se siete mosci e annoiati perchè credete di saper già tutto, o 1) recuperate la vostra passione o 2) ruzzate vostro figlio, se già non ci pensa da solo, in un ambiente più stimolante.

Per i "mosci saputelli", la soluzione numero 1 è quella caldeggiata dal Don, per l' altra simpatizzano gli atei Harris e Caplan. Ma tutte le vie, a detta di tutti, sono aperte.

La divergenza nelle simpatie è comprensibile, serve per l' apologetica.

Cosa ci appassiona? Da piccoli viviamo nell' attesa della mamma, dei regali di natale, del giocattolo, dello scudetto, della bici, dell' auto, del fidanzato, della casa, della fama. Sono le cose che ci appassionano. Da grandi l' attesa di molti s' inaridisce, e non hanno tutti i torti, non si puo' restare per sempre inviluppati in quel circuito, alla fine l' illusionismo materialista stanca e consuma gli appetiti. Per creare attesa nei grandi ci vuole un senso grande, smisurato. Chi tra coloro che incontriamo puo' offrirlo?... Inutile continuare.

Ah, dimenticavo: le Regole.

Le regole sono il contorno e mai il cuore dell' educazione, vostro figlio mangia sul divano imbrattandolo? Pesta il fratello minore e le prende dal maggiore? Visita siti porno e aggira bellamente altri divieti? Non disperate, l' essenziale è che si cibi con il companatico. Mettere dei paletti è la base della convivenza, per carità, ma ricordate che il loro effetto è indiretto: servono più che altro al vostro quieto vivere (e chi ha voglia di lavare tutte le settimane il divano?) e il quieto vivere dei genitori li migliora come educatori. Nel momento in cui è più oneroso far rispettare la regola che tamponare i danni delle violazioni, rinunciate senza sensi di colpa.

E poi, mi raccomando, la Casa deve essere sempre aperta: i Nembrini a casa erano in dodici e quando suonava il campanello la mamma andava ad aprire dicendo "vediamo che faccia ha oggi Gesù".

venerdì 4 giugno 2010

Statale = Pubblico

Guardatevi dai pervertitori del linguaggio e vigilate sulla proprietà dei termini.

Da tempo l' instancabile azione dei "pervertitori" si adopera per identificare la parolina "Stato" con la parolina "Pubblico".

Un "bene pubblico" è un bene che favorisce l' intera comunità. Un "bene statale" è invece un bene realizzato ricorrendo a tassazione.

Un bene di stato puo' essere in teoria un "bene privato" ad uso e consumo della burocrazia o dei politici, puo' persino essere un "male pubblico" anzichè un "bene pubblico". Un rischio che non si corre usando parole drogate che identificano fin da subito il bene statale con il bene pubblico.

Nella Favola delle Api, il dottor Bernard de Mandeville ci spiegava che spesso a vizi privati corrispondono pubbliche virtù; traduciamolo pure dicendo che spesso i beni privati possono anche essere beni pubblici. Ecco, lo abbiamo tradotto. Ma questa traduzione non è possibile nel linguaggio che vorrebbero spacciarci i "pervertitori" della lingua.

Se un datore di lavoro fosse disposto ad assumere un clandestino purchè in nero, entrambe le parti trarrebbero dal contratto un "bene privato". Ma se il clandestino in mancanza di quel lavoro avesse deciso di delinquere mettendo a repentaglio la comunità, allora il bene prodotto dal contratto in nero sarebbe anche un "bene pubblico".

In questo racconto, come si è visto, ci sono tanti "se" e tanti "ma", è dunque onesto considerare "privati" i beni prodotti in quel modo e non parlarne più. Ma cio' che noi facciamo per prudenza i pervertitori lo fanno per necessità, la perversa gabbia del linguaggio che si sono inventati non dà scelta.

Una scuola che funziona ed educa Giovanni produce un bene privato: l' istruzione di Giovanni. Ma taluni ritengono che produca anche un bene pubblico: la gente istruita rende la società più prospera e sicura. Questo è vero sia che si tratti di una scuola statale, sia che si tratti di una scuola privata.

E qui i pervertitori li sgami subito: per loro "scuola pubblica" e "scuola statale" si identificano. Se questa identificazione vale, una scuola privata non potrà mai essere pubblica, ma questa conclusione, proprio per quanto detto più sopra, è assurda.

Oltretutto molto spesso la scuola statale è una "scuola privata" messa su ad uso e consumo dei sindacati e degli insegnanti. Ma anche qui notiamo che nell' Utopia linguistica dei "pervertitori" la cosa non puo' essere vera già in via di principio, visto che in quel caso una scuola statale è pubblica per definizione. Infatti, Statale = Pubblico.

Per i pervertitori vale l' equivalenza a priori Rai = Servizio pubblico. Ma è assurdo postularlo a priori visto che la cosa si puo' verificare solo a posteriori, cosa che un linguaggio corretto renderebbe immediatamente comprensibile.

Spesso il TG5 non si discosta molto dal... TG3 (risatina), eppure avete mai sentito parlare di servizio pubblico con riferimento al TG5? No, i pervertitori hanno colpito.

Se RAI = Servizio pubblico, dunque, si verificherà forse a posteriori, e spesso nemmeno questa verifica è possibile, su questa impossibilità campano i rent seeker del... "servizio pubblico".

Bisogna infatti ricorrere a dei controfattuali, mica facile: come sarebbe stato il panorama televisivo senza la Rai? I più ritengono che sarebbe stato più pluralista e meno inchiodato al duopolio. La Rai, quindi, probabilmente è solo il bene privato dei Santoro, dei partiti e di pochi altri ma nel linguaggio dei pervertitori una simile conclusione non è nemmeno concepibile. Logico, per loro "Televisione di Stato" = "Televisione Pubblica". C' è poco da studiare e verificare, bastano le cattedratiche imposizioni dall' alto.

Domandina. Fahrenheit dà manforte ai Pervertitori del linguaggio? io personalmente li vedo costantemente sdraiati sulle sue poltrone... da anni e irremovibili!

E' proprio vero: la disonestà comincia a segnalare la sua presenza maltrattando il linguaggio.

altre perversioni

La "vilification" in scena tutti i giorni a Fahrenheit

Poichè guardo alla secessione come ad uno dei Diritti Fondamentali dell' Uomo, sarò sempre grato alla Lega, unico movimento politico che l' ha messa a tema.

D' altro canto non potrò mai essere un leghista, non posso soffrire il loro atteggiamento avverso all' immigrazione. E del resto è da lì che traggono gran parte del loro consenso politico.

Come si origina un tale consenso lo spiega bene Timur Kuran ricorrendo al concetto di "falsificazione delle preferenze" applicato alla parabola del sottosegretario americano Moinyhan.

L' uomo politico scrisse un famoso saggio titolato: "The Negro Family. The Case for National Action".

In esso si sosteneva che la famiglia media dei neri era particolarmente lacerata: divorzi, separazioni, abbandoni funestavano l' educazione e l' autostima dei bambini che crescendo perpetuavano poi il circolo vizioso. Nel 1960 ben 1/4 delle famiglie faceva capo alla sola mamma! Praticamente sempre di bassa istruzione e povera. I bambini di queste famiglie avevano uno scarso rendimento scolastico un destino da disoccupati cronici. Conclusione: ogni aiuto alla razza era destinato a fallire senza una stabilizzazione della cellula sociale fondamentale, la famiglia.

L' accoglienza del report fu negativa: la "sottile" condanna del comportamento dei neri costò a Moinyhan il titolo di "sottile razzista". Il merito fu presto dimenticato per lasciar posto ad una corsa allo smarcamento; l' accusa era troppo infamante.

Si disse che quelle righe erano la benzina di un nuovo razzismo. Si disse che erano analisi cervellotiche per evitare lo smantellamento del sistema capitalistico, unico vero nemico dei Neri.

Man mano che la discussione si scaldò, parecchi leader neri che avevano espresso un timido consenso alle tesi del Sottosegretario si riposizionarono: non era accettabile discutere delle patologia della famiglia Nera senza coinvolgere le patologie della famiglia Bianca (!?).

Impauriti dall' infamante accusa di "razzismo" gli intellettuali bianchi si unirono al coro degli attacchi, mentre i liberal non aspettavano altro i più pavidi vi furono costretti per ragioni di opportunismo. Per tutti risultava insopportabile l' implicito contenuto della ricerca, ovvero che i neri tollerassero la promiscuità, i figli illegittime eccetera. La stessa Amministrazione tentò poi di dissociarsi dal lavoro del suo membro, e, nella comica finale, perfino l' impaurito Moiniyhan parlò di sopravalutazione di taluni effetti.

Il paper fu bollato e censurato in tutte le maniere, nel frattempo gli anni passavano e i problemi che sottoponeva all' attenzione del lettore s' incancrenirono: siamo nel 1990 e le famiglie con un solo genitore donna, poco istruito e povero passano al 50%! I figli di quelle famiglie ingrossano le gang e la delinquenza suburbana. Insomma, le patologie erano conosciute ma di esse non si poteva parlare. A meno che non si fosse Dave Dukes.

In quei mesi Clearence Thomas fu "udito" in Parlamento. Uscendo disse che non si sentiva affatto libero nell' offrire la sua versione.

James Coleman lavorò ad uno studio critico sull' esperimento del "busing" (una forma di facilitazione coercitiva dell' integrazione scolastica) concentrandosi sui suoi effetti perversi (withe flight). Subito il presidente dell' Associazione dei Siociologi Americani lo censurò e in fretta e furia venne organizzato dall' Associazione un congresso ad hoc per processare questo studio e il suo autore, i poster con Hitler ricoprivano le pareti della sala, le memorie dello studioso in merito sono eloquenti.

Kuran passa poi al vivido resoconto della "passione" che dovettero sopportare i pochi e coraggiosi critici dell' affirmative action (Sowell, Sleeper, Loury...), assimilati al KKK quando erano bianchi, dipinti come lo Zio Tom che lecca il bastone, quando erano Neri.

non potendo pronunciarsi nemmeno con i numeri alla mano, figuriamoci quando si trattava di dare una semplice impressione.

Ma quel che l' Accademia e il discorso pubblico nascondeva pervertendo il linguaggio e sviando la discussione era chiaro ed evidente a tutti gli americani i quali non osavano parlarne chiaramente (falsificazione delle preferenze) limitandosi a sfogarsi nelle 4 mure della casa domestica e ad elaborare dentro di sè un enorme risentimento.

Fu così che quando Goetz fece fuori i Neri che tentavano di rapinarlo nel Metro, il risentimento esplose ( il battito d' ali della farfalla) e l' uomo venne prosciolto da ogni accusa a furor di popolo. Da allora la musica cambiò, almeno un po'.

La Lega spara le sue pistolettate come le sparò Goetz, traendo gran parte della sua rendita politica dalla dabbenaggine e dalla perversione del linguaggio adottata in molte sedi, e a noi viene subito in mente il salotto perbenista di Farhenheit. Lì l' accusa di "razzismo" è sempre pronta e quasi sempre usata a sproposito da chi non osa nemmeno parlare dell' evidente legame tra clandestini e criminalità.

Questo circuito si chiama vilification: qualcuno fa osservazioni fastidiose ma fondamentalmente vere; altri che maneggiano al meglio il linguaggio (uomini di cultura) lo infamano pensando che malattie tanto scabrose possano essere guarite con una "cura" di decostruzione linguistica; intanto questa censura della Realtà fa montare il risentimento di chi, nonostante gli sforzi, non riesce proprio ad eludere i fatti, talune forze poilitiche capitalizzano questo stato delle cose; i "censori" di cui sopra fanno apparire "sorprendente" e minaccioso il successo di queste forze. Quando la trappola linguistica esplode nelle mani dei costruttori non resta loro che la sterile indignazione e il ritiro sull' Aventino dove possono sognatre in pace la loro Civiltà Perfetta e Artefatta, i casini che hanno scatenato con le loro Utopie parolaie non saranno certo loro a doverli curarli.

***

Per chiudere segnalo solo gli esiti che secondo Kuran hanno avuto 30 anni di quote razziali:

1) vantaggi per i neri che stavano già bene;
2) indifferenza per i neri poveri;
3) cloud of sospicious: anche i neri meritevoli sono sospetti di favoritismo;
4) rilassatezza: i privilegi non stimolano certo l' impegno;
5) risentimento, specie tra i bianchi più meritevoli ma esclusi;
6) disarmonia generalizzata tra le razze.

giovedì 3 giugno 2010

"Mettere le mani nelle tasche degli italiani"

L' espressione non è delle più galanti ma non si puo' negare che parlando di Tasse renda una fedele descrizione cronachistica di quanto avviene in scena.

Ci sono delle tasche? Sì. Ci sono delle risorse in esse contenute? Sì. Ci sono delle mani che si allungano e - una brandendo armi da fuoco in modo da vanificare ogni dissenso, l' altra agitando dita spigolatrici - traslano una parte del contenuto? Sì. E allora?

Eppure a qualquno l' espressione dispiace (ancora oggi si è alzato il laio di parecchi morning-free a Prima Pagina): sono i pervertitori del linguaggio, sempre intenti a decostruire i problemi anzichè a risolverli.

In genere - si capisce - sono anche tra coloro che si spartiscono il bottino una volta prelevato (l' elenco dei beneficiari delle munifiche elemosine rilasciate da quelle stesse "mani" è sterminato).

I "pervertitori" non si limitano all' umile difesa di un' operazione del genere, magari cercando di convincerci che in fondo l' elemosina che ricevono, chissà per quali vie, possa essere utile al benessere di tutte le "tasche", costoro vorrebbero invece negare l' evidenza raccontando che un' operazione del genere non esista o che non si svolga come si svolge sotto i nostri occhi (che a questo punto si deve ritenere siano collegati a cervelli difettosi)!

Per (non) fare i conti con l' ineludibile realtà dei fatti, la congrega comicia a fare cio' che sa fare meglio e a cui sempre più spesso affida le sue sorti, ovvero coltivare una chirurgica perversione del linguaggio nella speranza che la bambagia del politicamente corretto plasmi ex nhilo una nuova realtà che abbia il loro consenso. Chi sa fare fa, chi non sa fare "perverte".

E' proprio vero: la disonestà comincia a segnalare la sua presenza maltrattando le parole che usiamo. Difenderle è un' operazione di civiltà.

La politica delle strizzate d' occhio

"Un ambito politico dove la "falsificazione delle preferenze" imperversa è quella relativa alle relazioni tra le razze. La paura di essere bollati come "razzisti" impedisce di affrontare seriamente la questione. Anche tra gli elettori si stenta ad esporre pubblicamente il proprio pensiero, in privato, per esempio, le quote razziali sono malviste mentre in pubblico non si osa dirlo a chiare lettere. Ma il silenzio imposto dai taboo non è salutare, è un silenzio frustrante che si trasforma spesso in risentimento per le razze privilegiate dall' affirmative action; si capisce quindi da dove nascano gli imprenditori politici del risentimento: a costoro basta strizzare l' occhio all' elettore senza fare nulla poi per smantellare l' impalcatura che sorregge l' odiata istituzione, perchè quello puo' essere solo un odio privato. Tra il 1968 e il 1988, l' elettorato americano si è mosso verso "sinistra" su temi quali aborto, diritti degli omosessuali, ambiente... tuttavia il partito democratico, vessillifero di certe posizioni vincenti ha perso 5 delle 6 elezioni presidenziali... i repubblicani, probabilmente, hanno capitalizzato al meglio il risentimento degli americani, incluso quello sulle quote razziali dilaganti...".

Timur Kuran - Public lies, private truths.

Già, ecco un altro frutto perverso delle quote razziali: il risentimento.

Quanto al genere d' imprenditoria politica che fomenta - quello dove le strizzate d' occhio bastano a rimpiazzare l' azione - mi ricorda qualcosa.

Finali contestati

Quanto giova rinvenire un cantuccio dove comprimere, stoccare, mummificare e dimenticarsi il peggio di se stessi!
Un cantuccio dove interrare le più venefiche scorie della nostra radiante personalità.
Come circoleremmo alleggeriti da un simile sgravio.
Se ne accorge persino chi è investito unicamente dall' umile compito di "tirare a campà" limitandosi ad eludere le ordinarie tagliole della vita quotidiana.
Figuriamoci un giovane di belle speranze.
Figuriamoci un giovane di belle speranze in epoca vittoriana.
Fifuriamci un giovane assassino di belle speranze in epoca vittoriana.
Figuriamoci Dorian Gray.
Proprio ieri mi sono tardivamente imbattuto nelle incantevoli capriole di questo spiritualizzatore dei sensi.
E' arcinoto: Dorian aveva trovato come ricettacolo di tutte le proprie nefandezze nientemeno che un oggetto estetico (un quadro. C' è chi si purga nel forum e c' è chi...).
Oscar Wilde, il padre cartaceo di Dorian, come molti scintillanti conversatori, non era un grande scrittore; la sua pagina è troppo ricca, troppo densa, al punto che "respira" affannosamente (mi viene il caso gemello di Chesterton).
Ciò non impedisce ai suoi minuscoli pori di trasudare abbondantemente. In questo caso trasudano morbosità e edonismo anti-puritano. Anche per questo, dagli e ridagli, il deflagrante finale mi è apparso del tutto naturale se non telefonato...
Eppure lo respingo.
Ma possibile che chi è riuscito a piegare l' opera d' arte servendosene ai propri fini personali (Dorian) debba poi precipitare nel baratro con un simile tonfo? Debba meritare come colonna sonora del proprio fallimento il preludio del Tannhauser?
Trovo arbitrario impartire punizioni apocalittiche a chi si macchia di mancanze tali da meritare niente più che un' infamante gattabuia con indultino allegato.
E invece il povero Basil, che si fa soggiogare dall' arte, che si fa rintronare dal capolavoro, che si fa sterilizzare da una contemplazione reiterata, che incappa in un reato di idolatria condannato sdegnosamente sotto tutti i cieli...Il povero Basil viene invece tenuto colpevolmente sullo sfondo.
Liquidato nell' acido come un mafiosetto di mezza tacca.
Senza che possa ascendere nemmeno al ruolo di deuteragonista.
Senza che possa nemmeno cantare una romanza tutta sua.
Senza che possa essere trionfalmente inghiottito da un tenebroso abisso a lui solo riservato.
Eppure è proprio lui ad esperire sul serio l' arte che, come lo stesso Wilde riconosce, paralizza l' agire con la sua "magnifica sterilità".
Non ci sto. La mia esperienza è differente. Trovo tutto ciò diseducativo come minimo.
A proposito - se davvero la morale della parabola fosse difettosa - questo potrebbe consolare il povero Wilde, così abbattuto dal constatare e confessare che il più famoso racconto uscitogli dalla penna, nonostante i suoi sforzi, contenesse pur sempre una morale

 

Ma qui, caro Matteo, oltre alla "morte" del protagonista, c' è la grandezza della cerimonia con tanto di gran cassa e strascicatissima marcia funebre ad accompagnamento delle esequie.
E tanto phatos bisogna meritarselo (anche nell' ottocento)! Per esempio producendo o impersonificando un male in grado di secernere realmente succhi ad alta tossicità.
Chi merita questa pubblica e sfarzosa morte? Chi puo' permettersi di abbinare il proprio trapasso ad una scarica di ceffoni-memento assestata agli imberbi?
Qui, dietro il mascherone delle belle metafore, in ballo ci sono i mille modi aberranti di relazionarsi con l' arte (in questa sede direi con i libri).
E tra queste storture si tratta di eleggere la più contorta. Vasto programma per un semplice decodificatore di righi neri.
Di seguito chiarsco meglio la mia posizione riesumando un post che avevo cassato mettendolo in naftalina.
...........................
Non è poi così facile condividere la propria casa con un altro essere umano.
Dovresti vedere, caro Matteo, quante richieste è pronto ad avanzare costui e quante spossanti discussioni sia necessario intavolare affinchè si indirizzi anche solo una parvenza di risoluzione.
Pure la bestia ti chiede molto, con tutti quei guaiti-miagolii-grufolii che ti spezzano il cuore se non corri ad imolarti.
Quello che veramente non mi aspettavo è la lunga teoria di guai che puo' implicare la convivenza con dei libri. Peggio ancora con il capolavoro.
Dopo aver sposato (letto) un capolavoro è dura scrollarselo di dosso.
Ti occupa e ti possiede con una tigna forsennata. E' come avere una insistente tempesta elettromagnetica nel cervello.
Così ti tocca girare e sbrigare le tue faccende con questo grande handicap che nessuno vede e nessuno ti accredita.
Privato della qualifica di martire, che centuplica le forze, da te ci si attende la piena forma, ogni piccola defaillance diffonde delusione & scandalo, pregiudicando interessi e cointeressenze.
Vorresti sempre appartarti per lasciarti investire dal benefico influsso che le trovate geniali del "capolavoro" ancora emanano a distanza di mesi.

 

Ma le bollette scadono e non tollerano dilazione, devi darti una mossa e liberarti dalle tue ubbie.
La bellezza è dunque un demone seduttivo pronto a ferirti sviando e conducendo alla rovina i tuoi preziosi affari ordinari, inceppando il tuo fluente e concentrato trading on line?
Dal mio ancora fresco contatto con la filosofia esposta ne "Il Ritratto di Dorian Gray" traggo tre possibili turpi modi di relazionarsi con l' arte (con i libri):
1-Basil: l' arte (il libro) è un Cristo che ci chiama chiedendoci di tutto lasciare. Per noi Pescatori di parole stampate comincia un' esperienza estetica ed ascetica totalizzante che implica il nostro ritiro dal mondo.
2-Dorian: l' arte (il libro) è un elmo di ferro in grado di proteggerci dalle bassezze e dalla grettezza della realtà che, così bardati, potremo sorvolare a debita distanza.
3-Harry: l' arte (il libro), con il breve godimento che offre, ci disincanta verso la vita reale mostrandoci il luogo che ci compete, ovvero la poltroncina dello spettatore da cui espettorare i nostri giudizi arguti quanto amarognoli.
L' ultima cristiana osservazione consisterebbe nel ritenere le ragioni di cui sopra esposte secondo la gravità del peccato.
***
Da quanto detto vedi bene come, cedendo a questa ottica, sia Basil a guadagnarsi la fiamma più torrida dell' inferno, come sia lui a meritare il Tannhauser come colonna sonora alla sua caduta.
Per Dorian vedo bene una Bolgia parecchio più tiepida, quando non il Purgatorio.
Ma la novella di Wilde non sembra rispettare questa graduatoria cosicchè mi sono permesso di esprimere lo spiacevole fatto ricusandone il finale.
Sarà che la nostra sensibilità contemporanea ci fa sentire più minaccioso il richiamo del tetro "sottosuolo" rispetto a quello dell' eudemonismo sfrenato...

Il grande Gatsby


Il grande Gatsby l' ho letto senza pentirmene. Fitzgerald sa rendere bene alcune atmosfere. Nessuno racconta una festa come la raccontare lui. E' un vero professionista del "party", quelli dove scorrono un mucchio di parole che potevano non essere dette, quelli dove ci si guarda senza mai vedersi veramente, dove si ride molto per combattere il silenzio, nemico di ogni divertimento, dove si aggira trafelata in cerca di fortuna anche Holly Golightly (vero Miriam?). Questa sensibilità al vacuo ha calamitato su di lui l' attenzione di chi veniva da un altro pianeta (vero s68?). Poi, se devo essere sincero fino in fondo, la storia comincia a snodarsi più nitidamente accompagnata dal mio interesse calante.

Il volo di un ammasso di carne sanguinolenta

In questo film all' inizio tutto sembra chiaro: da un lato c' è l' artificio dei lustrini e delle luci della ribalta, dall' altro la vita con le sue ruvidezze insopprimibili; la prima è una droga irresistibile, la seconda è inaccessibile senza il buon viatico di un' amara medicina che disintossichi a dovere.

I confini tra i due regni sono netti e riproposti più volte con virtuosismo, come quando Randy arriva con il suo Van strapieno di energetiche schitarrate anni '80; gira la chiavetta per il parcheggio: sale subito il silenzio squallido dei campeggi d' inverno (è costretto a vivere lì questo mitico wrestler fuori stagione); rigira la chiavetta per la marcia indietro correttiva: riparte la giostra del rock estrogenato; ririgira per lo spegnimento definitivo: fine del sogno, c' è l' affitto da pagare.

Magari fosse così semplice l' etichetta da apporre. Questo è un gran bel film e le soluzioni portatili non funzionano.

Innanzitutto scopriamo che il "fallito" è un uomo coscienzioso, scrupoloso, conscio della propria situazione, professionista onesto, dai sentimenti veraci, benvoluto e persino ammirato dai colleghi che lo aiutano e si fanno aiutare da lui: il wrestling in fondo è un vero lavoro e lui lo fa al meglio, anche quando il suo meglio è ormai di infimo livello.

Ma è un lavoro maledetto, come quello del boia, della prostituta e del soldato; e lui è ormai un "reduce" dentro una ballata di Tom Waits. E' commovente assistere ad una prestazione mediocre sapendo che è realizzata "al meglio". E' la commozione che vi assale quando un bambino vi regala il suo scarabocchio. Tra l' impotenza dei bambini e quella dei vecchi c' è del resto un legame sotterraneo.

C' è una passione che ci arricchisce e ci ispira, grazie ad essa diventiamo amorevolmente meticolosi e diamo tutto quello che abbiamo dentro; c' è poi una passione selvaggia che ci fa sperperare il meglio di noi stessi. Nel film compare solo la prima ma si capisce che in passato ha soffiato il turbine della seconda scompigliando le anime più fragili, quelle che non sanno fare i conti con il tempo.



Questo cuore e questa passione costruttiva si infiltrano tra i lustrini inquinando i due piani che credevamo nitidamente separati. Il regno delle tenebre contiene qualcosa di inaspettato e noi dobbiamo sospendere la nostra maledizione. Non sappiamo più bene se qui il wrestling sia la droga o la medicina.

D' altronde ho avuto la sensazione che la regia simpatizzi con Randy, con la sua scelta, con il suo volo finale.

Mickey Rourke giganteggia con la sua faccia da preservativo usato trovato in una pozzanghera in una notte di pioggia. A proposito, a chi non bastasse la folla di suggestioni già presenti ce n' è una in più: il film doppia la vita del suo protagonista, anche lui ha conosciuto i bei giorni nei profondi '80. Il doppiaggio è penoso ma ce ne vuole per rovinare un film così.

P.S. in realtà il film mostra una caduta di Randy: il mancato appuntamento con la figlia. Ma è una piccola scena, marginale. Mi sarebbe piaciuto che non ci fosse stata.

P.S. C' è poi la rubrica "diatribe con la Sara": ma alla fine Lui vede che Lei non è tra il pubblico? Come valuta la cosa e perchè?

P.S. Desperado: lasciati amare prima che sia troppo tardi.

martedì 1 giugno 2010

Programmino

Allora siamo d' accordo, si fa tappa sul solito cornicione del belvedere e poi tutti al Central park a mangiare vermetti!

... dopo, a mezzanotte, vi porto ad assaggiare la carne in quel posto dove si perdono tutti i bambini...

Scegliamoci il Patrono!

Approfitto del travaglio di un berlusconiano.

Pera si sfoga:

"... eravamo garantisti e ora siamo un po' perdonisti, un po' forcaioli. Eravamo laici, ora siamo clericali. Eravamo per la riforma della Magistratura e non l' abbiamo neppure tentata. Volevamo modificare la Costituzione... e ora siamo ancora a zero. Da ultimo, eravamo per il liberalismoe ora siamo tornati al lapirismo, la celebre dottrina sociale che prende il nome da quel Santo fiorentino che dava ai lavoratori prendendo dalle casse dello Stato, anche se le loro fabbriche erano fallite (spesso a causa dei loro sindacati che ne avevano assunti troppi...). Tanto poi lui si confessava... Quando le cose vanno bene il Lapirismo alza l' unsegna dell' "uguaglianza": tutti, meritevoli o incapaci; laboriosi o sfaticati, devono star bene allo stesso modo. Quando le cose vanno male, il Lapirismo sventola la bandiera della "SOLIDARIETA'": tutti hanno diritto ad essere aiutati a spese della comunità poichè tutti sono figli di Dio. Il vero vessillo del Lapirismo è lo Stato Etico: voi cittadini non siete nessuno non avete diritto ad una vostra autonomia, non dovete prendere nessuna iniziativa, nello Stato ci sarà chi vi rappresenta e decide per voi. Sembra una filosofia perversa e naturalmente lo è. Ma piace. Piace al popolo perchè gli consente di invocare e biasimare lo Stato anzichè se stesso. Piace a Sinistra perchè è l' ultima eredità di Marx. Piace alla Destra perchè gli ricorda l' ultimo Mussolini... piace ai Sindacati perchè rispecchia la loro ragion d' essere... piace a tanta Chiesa Cattolica perchè (Dio la perdoni!) ci vede riflessa la giustizia senza rendersi conto che più "giustizia sociale" si diffonde più il cittadino si consegna anima e corpo ad uno Stato che fa diventare irrilevante la Chiesa stessa...".

In coda arriva una provvidenziale tirata d' orecchie ai cattolici. Io, perlomeno, la condivido.

Molti Cattolici cincischiano approfittando di una Dottrina Sociale della Chiesa che sembra fatta apposta per nascondersi tra le nebbie.

Si tratta spesso di vaghezze anche giustificate, la Chiesa non entra nel merito di parecchie questioni mancando delle competenze adeguate.

Disturba però quell' ambiguità così sfruttata da molti, specie quando prende a pretesto la condanna dell' ideologia per condannare chiunque abbia qualche idea che si opponga al comodo pseudo-pragmatismo dilatorio fatto su misura per non dire niente prima ed imbastire predicozzi interminabili ed incomprensibili dopo.

E allora che i cattolici si scelgano il patrono alla svelta: Sturzo o La Pira? Tutti e due non possono stare sulla stessa torre, mi sembra evidente.

E magari, per ponderare meglio la loro scelta, ne approfittino per leggere quest' aureo libretto dove la rovente polemica tra i due giganti è ben rassunta.

Tutti più ricchi, e di molto.

Una difesa convincente del neo-liberismo.

Un' altra.

Abusi della ragione

Ho sinceramente goduto dell' ultimo articolo di Israel sui "feliciometri".

Anche per me taluni tentativi di "misurazione della felicità" segnalano un "abuso della ragione".

Purchè non si tralasci mai di segnalare che anche la sentenza a priori sull' inadeguatezza di tali misurazioni ci fa ricadere nel medesimo "abuso". E Israel spesso "tralascia".

Una volta messi da parte gli "abusi della ragione", una volta messa al centro la nostra ignoranza, non resta che il Metodo della libertà.

Parole molestate

Il Presidente Obama vorrebbe ridefinire la povertà:

"una persona è povera nel momento in cui si trova ad una certa distanza dal vertice della "piramide", e questo indipendentemente dalla sua ricchezza".

Strano che la povertà di qualcuno sia "indipendente dalla sua richezza". Ma poi per il concetto espresso nel virgolettato esiste già una parola: diseguaglianza. Capisco poi che aiutare gli invidiosi non garantisce gli onori che spettano a chi aiuta i poveri.

E' proprio vero: la disonestà comincia a segnalare la sua presenza maltrattando il linguaggio.

C' è poi chi non si limita a segnalare le perversioni linguistiche ma, e ne vale sempre la pena, spinge nel merito la sua critica: link

lunedì 31 maggio 2010

Il sorriso del centenario

Con studiata perizia Parise lascia che le sue "sillabe" sgocciolino sulla pagina, dietro la scabra semplicità delle vicende narrate si sente l' alacre lavorio di una lima che non cessa un attimo di rifinire il cristallo.

Sono storie sospese nel vuoto, alla Sara non sono piaciute molto: troppo vuoto e poca storia. Si rasenta l' astrazione.



Le storie raccontate come fossero fotografie sono sempre piene di buchi, e se uno ci sa fare in quei buchi il lettore atterra e ridecolla sentendo le farfalle nello stomaco.



Raccontini di un paio di pagine l' uno.

Spesso più che finiti sembrano abortiti, non consentono ulteriori sviluppi e il loro pregio maggiore si risolve nell' accordarci il privilegio di una presa diretta sulla scrittura, quasi lo scrittore ci consentisse di accompagnarlo nel corso della creazione: una volta va bene, una volta va male.

Il "c' era una volta" dell' attacco si contamina subito con lo sguardo tattile che cala sui particolari realistici dell' ambiente. Bell' effetto e grande letteratura, non c' è che dire.

E' l' Italia post-bellica, l' italiano odora del fieno delle campagne, chiamato a parlare ha la bocca impastata. L' errore fatale: scambiare la timidezza per supponenza.

Ma puo' un' esistenza racchiudersi in un banale gesto? Puo' il "poco" simboleggiare adeguatamente il "tutto"? Si tratta di poesia falsificante o di espressione dell' autentico? In queste minuscole biografie l' insignificanza dei particolari è talmente messa al centro che si propaga presto a tutto fino a minacciare l' esistenza stessa di noi lettori: se tutto s' incardina sulla contingenza come sembra, se anche la nostra vita potrà domani essere raccontata in quel modo, allora anche i tesori più preziosi che ci sembra ora di custodire saranno minati da quell' insignificanza di fondo.

INNAMORAMENTO: "... l' uomo che guardava dal tavolo vicino sentì aumentare comicamente le pulsazioni...".

SENSO DI COLPA:"... si sentì investire da una vampata ammaccata da un dolore imprevedibile e ingiusto che non capiva...".

UN RACCONTO NELL' INCIPIT: "... Un giorno un uomo ricco che conosceva la vita anche grazie alle cose futili entrò nella sua immensa casa nell' improbabile tentativo di far capire alla moglie che non l' amava più pur amandola moltissimo...".

AMORE NELL' ODIO: "... una volta provò perino un tuffo al cuore quando lei inciampò e stava per cadere come una bambina miope...".

LUSSO AL DANIELI: "... sia il Maitre che i camerieri sapevano benissimo che non c' era bisogno di alcun cenno ma i cenni si facevano lo stesso...".

ESTRANEITA': "... e lei tentò di accarezzarlo con la fredda estremità di un lunghissimo arto...".

LEZIONI DI VITA: "... perchè le cose felici non si ripetono (e invece si ripetono e non si ripetono, non c' è una regola)...".

ANIMA: "... una domenica di giugno un cane di nome Bobi che aveva e non aveva un padrone cominciò una corsa errabonda ma piena di pause per le strade di una città italiana...".

IL PADRONE DI BOBI: "... gli aveva fatto un casotto con le scatole della pasta Barilla senza compromettersi più di tanto con lui... Bobi aveva aspettato fino a quell' ora nel suo casotto colui che credeva fosse il suo padrone ma questi, che non veniva quasi mai, non arrivò neanche quel giorno cosicchè Bobi si sentì libero a malincuore...".

BOBI: "... camminava su zampe corte ma con la testa alta... solo di rado galoppava come se temesse le infinite conseguenze di una nascita incerta... non era snob come i cani di razza ma nemmeno rabbioso o ansiosamente felice come i bastardi... era un indipendente... devio' a destra del camion-rimorchio barcollando e in quel momento fu investito da una motocicletta che frenò, sbandò e riprese la corsa. Il colpo gli fece molto male ma arrivò piano piano fino al casotto e lì, senza più aspettare il padrone che non arrivava mai, morì...".

IMBARAZZO PER UNA SCENATA LEGITTIMA DI CHI NON HA DIRITTO DI PAROLA: "... il parroco la guardò esprimendo approvazione ma anche disapprovazione...".

ANTIPATIA: "... un giorno un uomo che non si era mai interessato di politica sentì il proprio telefono squillare in un modo che gli parve antipatico... chi chiamava non si stancava di aspettare mostrando una sorda tenacia... finalmente rispose e nel discorso che ne seguì venne usata l' espressione "piattaforma di lotta" che gli risultò odiosa, quasi che fosse stata preannunciata da quel genere di squilli...".

A QUATTR' OCCHI: "... ti fissava distogliendo nervosamente lo sguardo, in lui non c' era l' inquietudine umana e conoscitiva bensì l' ansia animalesca delle scimmiette..."

SPECULAZIONI POLITOLOGICHE: "... ci fu una pausa durante la quale l' uomo indovinò esattamente l' obiezione dell' altro che infatti arrivò pochi secondi dopo ed era la seguente: guarda, pensaci perchè il tuo è un tipico lapsus, significa che sei un qualunquista per non dire fascista..."

ANTIPATIA REDENTA: "... girò gli occhi furbi e voraci qua e là, bevve una sorsata di Brunello come fosse un vino qualsiasi... nello stesso tempo si ficco in bocca con la forchetta una pomme soufflee e con le dita un pezzo di pane (due cose che non vanno d' accordo) in un certo modo curvo tra l' umile e l' ingordo, di un' umiltà e di un' ingordigia così antiche, irredimibili e lontane da ogni speranza futura, al punto che ogni antipatia verso di lui dovette cessare in quel momento...".

MORTE: "... quell' inverno il bambino sembrava destinato a morire. Invece non morì, si trattava solo di un comico verme...".

PRIMA VOLTA: "... accadde in un pomeriggio pieno di cicale nei granai... qualcosa con molta lotta, sudore e graffi... lei da quel giorno diventò triste e diversa...".

QUELL' ARROGANZA CHE ERA TIMIDEZZA: "... l' alterità si trasformarono in un comico pianto che sorprese molti... si aciugò gli occhi e quando il fazzoletto s' inzuppò, usò le nocche delle dita di persona vecchia..."

CASA: "... dal buco della serratura entrava il freddo delle cose ignote...".

DIFETTI BELLISSIMI: "... cercò di spalancare i suoi occhi a mandorla... quello sinistro si fece un poco strabico... pochissimo...".

SOLO COME UN CANE: "... dopo le gite a cavallo con la famiglia dei vicini l' uomo si sentiva sempre stanco nel modo giusto: le cosce e le braccia stanche e il cuore stanco perchè era stato in compagnia. Dormiva fino all' alba e il cuore ritornato solo durante la notte gli diceva: "resterai per conto tuo come un cane fino alla fine", e si girava dall' altra parte con il muso... lui se ne rimaneva lì con tutta la sua intelligenza intatta ad ascoltare nell' immensa casa il silenzio dei parquets (i parquets non sono fatti per essere silenziosi)...".

COMPAGNIE STIMOLANTI: "... poi ce n' era un altro nato con sei dita in un piede ma non aveva altro d' interessante...".

FINALE CON MACACO: "... "guarda, le oche selvatiche... ma non hai portato la carabina, macaco!". E a quella parola, "macaco", cominciò a nevicare.".

AFRICA: "... tra un temporale e l' altro correvano intorno negri vestiti con pezzi di nylon...".

WEEK END IN LIGURIA: "... la stanzetta della pensione conteneva tutto l' odore grigio, chiuso e ostico della Liguria che gli era completamente estraneo e lo spingeva fuori per l' inospitalità...".

PRIMA USCITA INSIEME: "... "Hai freddo?" chiese l' uomo alla donna sperando che dicesse di no, non avrebbe saputo cosa fare...".

AL GRAND HOTEL: "... al Grand Hotel non sapeva dove infilare la borsa, nulla le sembrava abbastanza educato... la mise sul tavolo, sulla sedia... e poi in terra... il suo gesto non era timido, nè vergognoso o imbarazzato ma furtivo, furbo, sembrava l' avesse appena fatta ai nullafacenti camerieri che la fissavano...".

MOSTRO: "... aveva qualcosa d' impercettibilmente deforme, un po' donna un po' nano, ma non si vedeva se non osservando attentamente in seguito ad un' impressione di disagio... ma la gente ha fretta... nessuno vedeva, eppure lui sospettava che tutti vedessero...".

FUCILAZIONE: "... lo portarono contro il muro della chiesa già rovente, le lucertole vaganti dileguarono...".

DOMANDE IMBARAZZANTI: "... "E' straniero?" l' uomo ebbe un momento, pochi secondi, di pausa durante i quali il suo sorriso sparì e subito ricomparve come capita con certe piccole nubi sulla luna... "Sono baltico"...".

WORKING POOR: "... le sue necessità erano molte perchè nonostante il lavoro era povera...".

TIMIDEZZA: "... chiese la lista nel modo seccato e selvatico che hanno i timidi di chiedere...".

Non si creda che il fuggevole impressionismo di questa penna sia sinonimo di vanità. Sentire come viene reso il battito sordo del martello della FAME africana, non lascia dubbi in merito.

sabato 29 maggio 2010

Juno, ovvero il soccorso della Parola

Per confrontarli, abbiamo visto in sequenza due film sull' aborto: Juno e 4 mesi 3 settimane e 1 giorno.

Formalmente sono molto differenti, Juno è una scorrevole (e piacevole) fiaba americana piena di uccellini e canozonette deliziose, l' altro è girato nel solito stile realista che i Maestri Italiani hanno insegnato al mondo, l' unica colonna sonora sono quindi i motorini taroccati che passano fastidiosi in lontananza sulla camionabile.

Juno padroneggia da maestra il proprio discorso, con l' ironia e l' eresia eccentrica domina l' interlocutore mettendolo quasi in soggezione, trova anche parecchie controparti solidali, il mondo che la circonda in fondo è il piccolo acquario dove un vispo pesciolino come lei ha sempre nuotato. Tutto è un' immensa zona pedonale costruita per il tempo libero dei sedicenni.

Otilia - vittima di malintesi, reticenze, insicurezze - non riesce nemmeno a prenotare una camera d' albergo per telefono, soffre molto perchè, come si sa, metà del dolore se ne andrebbe "dicendolo" ad orecchie attente, ma le uniche orecchie attente sono quelle di noi spettatori e lei non puo' sognarsi che esistono. E l' "acquario" di Otilia?Anche lei avrà un suo acquario! No, Otilia è una studentessa "fuori sede", completamente "fuori sede". Da vera "fuori sede" continua a sbagliar strada quando con l' asciugamano nella borsetta scorazza sugli asfalti privi di marciapiede tra i latrati dei randagi rumeni alla ricerca di un cassonetto.

la voce di Juno è ferma ed ironica, spesso chiosa sarcastica le sue disavventure alleggerendole. La voce di Otilia è schermata al modo dei servi, una voce che parla solo per chiedere e tremare nell' attesa che l' ingiunzione venga accolta, in ogni conflitto le tocca impugnare il coltello dalla parte della lama cosicchè gli altri si divertono a taglizzarla prima di trafiggerla, sono gli sfizi meschini che dà un Piccolo Potere.

Juno arriva puntuale e precisa ai suoi drammi, Otilia è sempre in affanno, non è mai al suo posto, non è mai dove dovrebbe essere, nemmeno nella sceneggiatura del film è dove dovrebbe essere: pensate che non le tocca nemmeno la parte della ragazza incinta in procinto di abortire; già, quest' ultima è troppo terrorizzata per farne il vero personaggio tragico del racconto, e così Christian Mongiu ha deciso saggiamente di caricare proprio su Otilia - l' "amica" - le croci più pesanti.

venerdì 28 maggio 2010

Senza nessun senso della misura

Dicono che l' ebreo medio abbia un orientamento "liberal". Si organizzano anche simposi sul tema: "Why Are Jews Liberals?"

Sta di fatto che la sproporzione più vistosa di presenza ebraica sta invece tra i libertari.

Mi limito a quelli che comunemente vengono considerati i più insigni sostenitori dell' ideologia liberale nel XX secolo: Ludwig Von Mises, Fredrick Von Hayek, Any Rand, Milton Friedman, Murray Rothbard, Robert Nozick.

Unico gentile della compagnia: Hayek.

giovedì 27 maggio 2010

A cosa mi serve l' economia?

Poichè qualsiasi persona di buon senso è disposta a deviare dai suoi dogmi ideologici qualora gli si presentino le classiche "buone ragioni" per farlo, l' economia serve a dimostrare che le "buone ragioni" comunemente avanzate per deviare dai principi libertari sono quasi sempre poco più che pretestuose.

Esperimenti mentali

Il miglior modo per confutare la teoria etica dell' utilitarismo consiste nel presentare casi concreti che ne denuncino l' assurdità: esempio, se un riccone è particolarmente avido la teoria prevede che il poco posseduto dal povero spensierato venga trasferito nelle sue disponibilità.

A questo punto all' utilitarista non resta che mettere in sospetto la validità dello strumento che avete usato: l' esperimento mentale.

Ma: "... weird hypotheticals are philosophers' equivalent of controlled experiments. When a scientist wants to test a physical theory, he sets up weird laboratory conditions that make it easy to find an exception to the theory. Similarly, when a philosopher wants to test a moral theory, he sets up weird examples that make it easy to find an exception to the theory..."

Il resto continua pure a leggerlo qua.