giovedì 13 marzo 2008

Regole contro Mercato. Rodrik contro De Soto?

La fama che circonda personaggi come Rodrik e De Soto spinge a riflettere.

Si tratta di due grandi economisti che si sono spinti a fondo nella ricerca inaugurata da Adam Smith: rinvenire il segreto che rende ricca una Nazione e povera l' altra.

Il primo si è spesso mostrato critico verso le ricette comunemente utilizzate per gestire la globalizzazione.

Poichè queste ricette, cucinate dall' FMI e dalla Banca Mondiale, vengono con faciloneria etichettate come neo-liberiste, va da sè che l' economista di Harvard venga ritenuto poco più che un social-democratico.

Mi è capitato di sentire parecchi no-global citarlo attingendo alla ricchissima messe di esempi che l' Illustre ha con dovizia sciorinato nelle sue preziose pubblicazioni.

Al contrario, De Soto, si è spinto a difendere le economie illegali di cui ribolle la suburbia dei paesi poveri. I suoi libri presentano nella controcopertina i giudizi sperticati di Coase e della Thatcher. Chiude ogni suo paragrafo con una perorazione del diritto di proprietà. Ha appena vinto il premio Friedman...Insomma, appare a molti come un mastino del mercato spinto.

Eppure, quando poi vai a guardare, non c' è una grande differenza nell' approccio dei due.

Entrambi, sulla scia dell' insegnamento neoclassico, vedono nella qualità istituzionale la chiave di volta delle questioni legate allo sviluppo. Entrambi predicano forme di decentramento nell' azione volta a costruire dette istituzioni.

Rodrik giudica questo decentramento come garanzia di un approccio molteplice da contrapporre al Modello Unico (e Neoclassico) degli organismi internazionali.

De Soto si spinge ancora oltre e invita a rintracciare l' esistente embrione di regole condivise che già è presente - spesso in forma illegale - nella vita quotidiana dei diseredati. Una volta rintracciato quello scheletro, la formalizzazione del diritto dovrà tenerne conto.

In fondo dicono qualcosa di molto simile.

C' è però un elemento meramente retorico che li differenzia e che forse crea un' ingiustificata frattura negli schieramenti in cui vengono poi collocati.

Nella prosa di Rodrik si tende a sottolineare l' importanza delle Istituzioni Non di Mercato. Viene usata esattamente questa locuzione in modo che il lettore resti colpito da quanto il fondamento di tutto non sia affatto il mercato. Rodrik ci appare subito come un non-fondamentalista, per lui contano le Regole. Il mercato viene dopo.

Altra storia per De Soto. Invitandoci a formalizzare dette Regole sulla base delle consuetudini, il peruviano non puo' enfatizzare l' estraneità di quelle Regole rispetto ad un fenomeno contrattualistico. La consuetudine infatti emerge hayekianamente da una miriade di interazioni umane, ovvero da qualcosa che assomiglia molto ad un mercato.

Personalmente attribuisco a Rodrik un' imprecisione retorica. Per i fini che si propone lo studioso è praticamente irrilevante ma per il giudizio ideologico che a me interessa ora, no.

Come distinguere infatti chi assume le Regole come fondamento contrapponendole al mercato, operazione che traspare dalla retorica di Rodrik?

In genere costoro prediligono soluzioni centraliste: esistono delle Regole e vanno poste a fondamento. Tutto deve girare intorno ad esse.

La soluzione "localista" in fondo cos'è se non un "mercato delle regole": esistono dei set istituzionali differenziati, che competano visto che sono entrambi legittimi. Ma optare per un "mercato delle regole" è un modo per asserire la superiorità del Mercato sulle Regole.

Poichè abbiamo visto che sia De Soto che Rodrik propendono per la soluzione istituzionale localista, allora entrambi, nella diatriba Regole contro Mercato, appartengono di diritto allo stesso schieramento.



ADD1. A chi si infervora nel proclamare in astratto la necessità di un' imprescindibile gabbie di regole a fondamento della vita civile e a barriera di un mercato pervasivo e corruttivo, fate pure presente che sono in molti a ritenere la Costituzione come un contratto su cui gli italiani fondano la loro convivenza. Poi fate anche presente che "il contratto" costituisce l' atto di mercato per eccellenza. Dopodichè attendete risposta.

mercoledì 12 marzo 2008

Grandi Anime

William Parker, con il suo Ensemble, si è messo a frugare nientemeno che nell' anima di Curtis Mayfield per cavarne dai precordi l' eco più intima. L' anima è grande, il vagabondaggio infinito, ma alcune pepite sono già state rinvenute, per esempio questa.

Da William Parker - The Inside Song of Curtis Mayfield - Live in Rome.

Sulle piste di Calhoun e Tocqueville

Ah, questi liberali...sempre sulle piste di Calhoun e Tocqueville alla ricerca della formula aurea per limitare l' ipertrofia democraticista. Ecco di seguito una delle tante.

Sostituire il criterio di maggioranza semplice con uno di maggioranza qualificata (o unanimità) + eventuale sorteggio in caso di mancato accordo.

E' una delle proposte che Miglio avanza documentando i successi storici di questa soluzione: nelle democrazie greche, nella repubblica fiorentina prima di Savonarola...Nella repubblica veneta poi, il sorteggio delle cariche impedì la lottizzazione a capo della flotta. Guicciardini considerava il sorteggio come il modo "normale" di scelta all' interno di una Repubblica ben ordinata. Con l' avvento dei Parlamenti settecenteschi e la creazione di nuove oligarchie, di sorteggio non si parlerà più. I concetti di Popolo, di Mandato e di Volontà Generale, lo rimpiazzeranno.

Il sorteggio è considerato anti-elitario, ma questo è anche il suo limite. Senza contare che rimane il problema di individuare le alternative e di limitarne opportunamente il campo d' applicabilità.

Per una trattazione storicistica del sorteggio da affiancare alle pratiche negoziali vedi il libro di Bernard Manin, La democrazia dei moderni, Anabasi. Per una sua trattazione economicistica ai limiti del paradosso, vedi il libro di Antonio Martino, Semplicemente liberale, Liberilibri.
GM+AB, FS p.106

lunedì 10 marzo 2008

Libertari nei mondi virtuali

E' sorprendente quanto la gente sia disposta ad accettare disparità di condizioni anche pesanti quando i punti di partenza sono i medesimi. Un esperimento di massa in proposito è fornito dai "mondi virtuali" che proliferano su internet. Ne parla Castronova.

Negli USA la diseguaglianza cresce

Qualche argomento per dire di NO.

Hugo Chavez, l' amico dei poveri

Sì, certo...Hugo sta disastrando l' economia del suo Paese...però sta facendo del bene ai poveri...

SBAGLIATO!!!

Ricchi per sempre?

L' ultimo libro di Pierluigi Ciocca ha il merito di darci le proprorzioni della recente crisi di produttività che attanaglia l' Italia (nel 2000 la produttività congiunta dei fattori è diminuita). Le si possono sentire anche qui al minuto 17.15. Cio' è meritorio e ci sottrae dalle urla catastrofiste del politico di turno.

Inoltre, la meticolosa analisi della storia economica italiana dal 1796 ad oggi, mette in luce i 4 fattori che sono centrali per lo sviluppo economico del nostro paese (vedi link di cui sopra al minuto 18.45):

  • infrastrutture materiali;


  • infrastrutture giuridiche;


  • concorrenza e dinamismo d' impresa;


  • finanza pubblica in ordine.


Volgendosi alla parte più prettamente storica, si nota come lo sviluppo italiano è sempre stato determinato da grandi emergenze. Sembrerebbe quindi che da noi le strategie "starve the beast" siano destinate a funzionare. Si analizzano alcune fasi ben precise.

  • Il decennio post-unitario e la politica della Destra Storica.


  • Il decennio giolittiano.


  • La politica economica della Ricostruzione (Einaudi-De Gasperi).


  • Il superamento della crisi mirtifera del 1992 (Ciampi).


Salvo poi scoprire che, eccezion fatta per il periodo della Ricostruzione, non si puo' dire che gli altri periodi siano caratterizzati da virtuose politiche di sviluppo, semmai da un risanamento dei bilanci nazionali, quasi sempre orientato sul fronte delle entrate. Le grandi spinte allo sviluppo arrivarono acchiappando al volo occasioni che spesso provenivano da fuori. Due esempi: rivoluzioni tecnologiche nel campo dello sfruttamento energetico, Piano Marshall e inserimento nel circuito delle economie capitaliste.



Scarso da noi il contributo del capitalismo privato.

Piccolo è di nuovo bello

E non parlo dell' Italia ma degli USA. Dopo evidenze contradditorie ora sembra assodato: sono i piccoli a creare lavoro.

Placebo al quadrato

Che l' effetto placebo esista lo sanno anche i sassi, e qui potete trovare gli studi più aggiornati in merito. Ma che lo si possa rinforzare facendo pagare salato il falso medicinale, questa è una novità reperibile nel link indicato.

Filantropia for profit

Due casi di successo e altro materiale.

Fine dello Stato

Per dimostrare l' incompatibilità tra Federalismo e Secessione si ricorre spesso all' argomento per cui non siano mai esistite Costituzioni federali che prevedano, regolandoli, processi secessionistici.

A rigore questo non è vero. Le Costituzioni di URSS (art.77), Etopia e Birmania, prevedevano questa eventualità, per quanto fossero formulazioni astratte e di mera convenienza. La secessione dell' Irlanda nel 1921 non era prevista dalla Costituzione, ma lo stesso non puo' essere affermato tanto perentoriamente per la secessione della Slovacchia e per i referndum secessionisti del Quebec.

John Caldwell Calhoun volle basare la Secessione statunitense sulla Costituzione. Fu sconfitto nei suoi intenti grazie alla valorizzazione del concetto di Sovranità. La Sovranità Popolare è sempre unica.

Del resto fu il grande giurista tedesco Carl Schmitt ha individuare una derivazione diretta tra i concetti teologici e quelli politici relativi allo Stato: la Sovranità non puo' che essere unica e indivisibile poichè tale è la sovranità divina.

Accogliendo l' intuizione di Schmitt si sarebbe portati ad affermare, non tanto l' incompatibilità tra federalismo e secessione costituzionale, quanto quella tra secessione e statualità.

Il giorno in cui si riuscirà ad introdurre una regolazione dei processi secessionistici all' interno delle Costituzioni, potremmo dire che sarà arrivata la fine dello Stato. Da notare che la cosa prevede una relativamente semplice fattualità formale. Che l' istituzione statuale abbia un suo inizio e una sua fine è sempre stato negato da chi ricorre alla concettualistica teologica indicata da Schmitt.

Già in passato gli studiosi si divisero circa la possibiòità di prevedere clausole scissioniste nel patto costituzionale. Altusio era favorevole, Hobbes no. Locke e Grozio le ammettono in circostanze eccezionali come varianti del famoso "richiamo al cielo".
GM e AB: FS

sabato 8 marzo 2008

Centro-sinistra e miracolo economico

L' associazione recentemente proposta da Veltroni è fuorviante e consente a Salvatore Carrubba una messa a punto sul Sole del 7.3.2008 p. 12.

Il boom fu generato da governi centristi, le date non lasciano scampo. Carrubba considera produttività, stabilità monetaria, export, produzione, supermercati, auto.

Gli illustri da riverire sono, secondo lui: Marshall, De Gasperi, Einaudi, Menichella, Merzagora, Pella, Vanoni e il primo La Malfa.

Al contrario, fu il centro-sinistra, a creare le condizioni di quella crisi che pudicamente andò sotto il nome di "congiuntura".

Non solo, molte leggi di spesa che oggi non sappiamo più come arginare (es. pensioni a ripartizione), furono forgiate nella loro impostazione di fondo da quei governi. Che lo Statuto dei lavoratori, poi, non sia questa gran conquista, oggi è molto più evidente. L' energia elettrica divenne un ferreo monopolio da cui non ci si liberò più, l' interventismo e la spesa crebbero.

Ciononostante il centro-sinistra mise nel piatto intelligenze liberali di primordine: Mondo e Rossi in primo luogo. Ma furono poco influenti visto che subirono l' emarginazione da chi il capitalismo non lo voleva riformare ma rovesciare.

cartellina blu

Vite a buon mercato

Occhio per occhio, dente per dente. Oggi ci ripugna venire a contatto con quelle idee che stanno comunque alla base del nostro sistema giudiziario. Preferiamo ammantare il carattere compensativo della pena con altre sue più presentabili funzionalità. Eppure la matrice di una buona giustizia resta pur sempre quella. Dove lo scambio non funziona la vittima si sente tradita.

Un mondo dove ci si paga scambiandoso "pezzi di corpo" è un mondo che la lezione cristiana non tollera: un mondo incompatibile con il reale valore della vita umana.

Non la pensa così l' erudito giurista William Ian Miller. Nella sua appassionata ricognizione sulle "culture dell' onore", conclude che il loro mancato sviluppo dipendesse da un eccessivo valore dato alla vita e al corpo in genere. Una vita soppressa o diminuita, costava parecchio al colpevole, troppo. Cio' impediva la necessaria accumulazione di capitali. Tanto per fare un esempio: immaginate se ogni incidente mortale dovesse costare la vita all' imprudente. In queste condizioni il capitale era sempre precario e poco disponibile ad essere indirizzato verso impieghi produttivi di lungo periodo. Anche la separazione della società in caste (Signori, plebe...) è forse volta a porre un freno alla repentina mobilità sociale che da simile sistema di giustizia si scatena.

Oggi noi rinunciamo a tanta meticolosa compensazione giustificando razionalmente la nostra denuncia e dicendo che gli inconvenienti che mi colpiscono oggi a causa della tua improvvida azione, domani potrebbero vederci protagonisti a parti rovesciate.

WIM EFE p. 55

venerdì 7 marzo 2008

Le 4 inutili eresie di Vito Mancuso

Aderisco in pieno al modo in cui Vito Mancuso imposta il suo discorso teologico e al modo in cui concepisce la fede: l' esperienza di fede è intimamente legata a quella razionale; la leva della fede è tanto più potente quanto più si concentra in un punto ristretto facendo il più possibile largo alla ragione umana.

Detto cio' non riesco a seguirlo allorchè deriva le sue conseguenze eretiche da questo punto di partenza. Esistono, secondo me, discorsi compatibili con la premessa che evitano le magagne in cui il Mancuso si impegola.

Faccio l' esempio del seguente atto di fede: Dio con un atto di giustizia espelle Adamo ed Eva dal Paradiso marchiandoli con il Peccato Originale; dopodichè, con un atto d' amore, regala alla loro genia (l' Umanità tutta) il dono della libertà che comporta possibilità di salvezza.

Veniamo ora alle difficoltà su cui Mancuso chiede una revisione dell' ortodossia.

  1. Il problema del Peccato Originale. Perchè dovrebbe soffrirne anche la stirpe di Adamo? Le colpe dei padri, secondo giustizia, non dovrebbero ricadere sui figli!

    Comicio con il dire che il Peccato Originale segnala un limite sostanziale nella condizione di chi ne è affetto.

    Anche la Ragione ci parla continuamente dei limiti di cui soffre la condizione umana. Le due visioni convivono dunque in pace.

    Venendo alle questioni di giustizia. Si puo' tranquillamente evitare di pensare al Peccato Originale come all' eredità di una colpa. Consideriamolo come una conseguenza del comportamento di un nostro ascendente. Se perdo metà del mio patrimonio in borsa non potrò farne oggetto della mia eredità. Nessuno si sognerebbe di dire che i miei figli abbiano subito un' ingiustizia.


  2. Il problema del male. Perchè il male?

    Poichè Dio ha reso libero l' uomo, il male si presenta come opzione necessaria.


  3. Il problema del male innocente. Perchè deve soffrire anche chi, secondo la ragione, è senza colpa?

    La libertà donata all' uomo è di natura radicale. Anche l' onniscenza di Dio arretra di fronte ad essa. Ma un giudizio sull' uomo è necessario. Affinchè Dio possa giudicare l' uomo deve quindi metterlo alla prova, per farlo, a volte, è necessario metterlo di frinte a situazioni sconvenienti che implicano un male innocente. L' innocente ha la salvezza garantita, ma per salvare anche il libero è necessario che la sofferenza innocente esista prima di essere redenta.


  4. Il problema dell' eternità dell' inferno. Perchè una punizione infinità, cio' è contrario alla Ragione? Tutto cio' non comporta una diminutio dell' Amore divino?

    Se il peccato mortale è un danno reso a Dio, la ragione puo' tranquillamente considerarlo un danno dal valore infinito. La pena è dunque equa. L' inferno è eterno perchè Dio prende sul serio la Libertà dell' Uomo e lo sottopone a scelte radicali. L' Amore divino si esprime nel dono della libertà.

Concludo rapidamente: se le tracce fiutate qua sopra fossero percorribili, le revisioni che il teologo chiede sulla base di argomenti ragionevoli sarebbero in realtà inutili.

Altri acrostici che Mancuso tralascia, sembrano invece incalzare con maggiore veemenza l' approccio ragionevole alla fede: come coniugare il Perdono e la Giustizia?



P.S. evito persino di segnalare il best seller del teologo, se volete ascoltarlo in viva voce potete cliccare qui

giovedì 6 marzo 2008

Il Leviatano allarga il suo mascellone

E', in una battuta, la storia dei bilanci italici negli ultimi 15 anni, così come ce li raccontano i "rumoristi".

"...di ciò che è mangiabile - che è cresciuto molto poco - il settore pubblico si è andato prendendo, dal 1990 al 2006, una fetta sempre più grande: dal 14% al 24%. Il che spiega perché i redditi disponibili delle famiglie siano aumentati, in media, di quasi niente. Quando usciranno i dati per 2007 e 2008 la fetta del settore pubblico sul PIN risulterà essere ancor maggiore, azzardiamo il 25-26%.

...sgombriamo il campo da un ultimo dubbio: non è che son gli interessi sul debito che si mangiano il reddito disponibile del settore pubblico, mentre la spesa al netto dei medesimi è stata messa sotto controllo? Magari! Purtroppo è vero quasi tutto il contrario: guardate il primo grafico...

...riassumendo: l'(op)pressione fiscale è cresciuta, eccome. La spesa pubblica è cresciuta, eccome. Entrambe son cresciute più, molto di più, del reddito nazionale. Di conseguenza, lo stato controlla oggi quasi il 60% della torta. A chi lavora nel settore privato rimane solo il 40%. Le conclusioni tiratele voi, che a noi per una volta mancano le brutte parole..."

La fortuna di essere europei

Nel suo articolo più recente Sabino Cassese tira un sospiro di sollievo: fortunantamente è nato in Europa. Dalla lettura si ricava tutta una serie di indizi che segnalano quanto la civiltà giuridica europea sia all' avanguardia rispetto a quella poco più che barbara dei mai citati USA. Con l' autore si è parlato da poco in una puntata di Fahre.



Le parole di Cassese hanno anche un contenuto che merita considerare. Purtroppo perdono di autorevolezza nel momento in cui ostentano le categorie di "Europa" e "America".



Basta allungare l' occhio e sappiamo bene cosa ci dice la storia recente dell' Europa. Ci dice di una terra che nella prima metà del Novecento ha messo in piedi uno dei più terrificanti mattatoi mai visti. E nella seconda parte ha vissuto sotto tutela sfruttando opportunisticamente e a costo zero l' ombrello difensivo di chi, tra l' altro, come se non bastasse, l' aveva salvata già in precedenza. Da questa campana di vetro i suoi fini intellettuali hanno riversato una marea di critiche capziose e di distinguo sofistici sull' azione di chi era seriamente impegnato a fare i conti con la storia. I più recenti verdetti, crollo del muro ecc., hanno poi confermato come gli ideologhi in pantofole avessero torto rispetto ai cowboy. Da vent' anni ci divertiamo assistendo alle retromarce più grottesche e ai ricicli più impudenti.



Ora che si apre una nuova stagione, Cassese viene subito a spiegarci quanto il terrorismo islamico sia combattuto male dagli unici che lo combattono per tutti. Bene, su molte cose posso essere anche d' accordo in toto. Ma che per favore non tiri fuori, sobillato da Sinibaldi, le categorie di "Europa", "America" e "Barbarie", con quell' eredità a cui accennavo nel precedente paragrafo, finirebbe per screditarsi da sè.

Un mondo senza infortuni? Accontentiamoci di un mondo senza INAIL

Recentemente sono venute alla ribalta parecchie storie strazianti legate ad infortuni occorsi sul lavoro.

Cominciamo con il dire che, su questo fronte, la situazione italiana non è poi peggiore di altre. Anzi, a leggere i dati sembrerebbe che i lavoratori se ne stiano relativamente al sicuro nei luoghi di lavoro protetti dalla 626, per poi rischiare veramente quando escono e si mettono alla guida delle loro vetture percorrendo le nostre strade.

Vale la pena di aggiungere che un rischio zero non esiste in nessuna delle attività umane, specialmente in quelle produttive.

Nemmeno la minimizzazione dei rischi è auspicabile. La vita umana, checchè se ne dica, ha un suo valore economico, un valore che puo' essere ragionevolmente sottoposto a dei calcoli.

In un momento di forte sensibilità emotiva la Politica non trova niente di meglio che inasprire le pene e rafforzare i controlli. Probabilmente cio' è buono e giusto, ancora più probabilmente questo è il comportamento "politicamente razionale" da assumere di fronte ad un' opinione pubblica indignata. Ma a noi qui interessa invece il comportamento più conveniente per la comunità.

Sappiamo che le istituzioni democratiche non hanno una adeguata struttura di incentivi nè per qualificarsi, nè per legiferare razionalmente, nè per controllare in modo consono l' osservanza delle leggi. Ci affidiamo ad esse in assenza di alternative ma forse, in questo caso, le alternative ci sono.

Per i noti morivi la politica puo' sottoprodurre o sovraprodurre il bene della sicurezza, difficilmente pagherà il prezzo di simili errori.

I suoi controlli possono cadere vittima sia della corruzione che del formalismo esasperato.

A pagare queste inefficienze è spesso l' anello debole della filiera, quello su cui tutti i costi possono venir traslati: l' operaio meno produttivo, o l' operaio in nero, o il disoccupato.

Meglio affidarsi a dei professionisti, meglio affidarsi alle assicurazioni che operano sul mercato. Quanto più il mercato sarà reso concorrenziale, tanto più i prezzi allocheranno in modo opportuno il bene della sicurezza.

Alle assicurazioni sarà d' uopo appaltare anche gran parte della "legislazione", in modo da poterla costruire su misura rendendola flessibile per settore ma anche, laddove si ritenga, anche per singola azienda.

Le assicurazioni avranno un ruolo centrale anche nel controllo e nel sanzionamento. La sanzione costituirà il compenso per questa attività.

La selezione avversa sarà neutralizzata dall' obbligatorietà della polizza. Cio' renderà ancor più urgente un pluralismo dell' offerta.

Ricordiamoci sempre che il rapporto di lavoro deriva da un contratto volontariamente stipulato. Sarebbe meglio valorizzare questo fatto, a costo di rendere coercitivo il passaggio di alcune informazioni importanti.

Per fare cio' l' offerta assicurativa dovrebbe articolarsi in tre proposte (è un esempio) alternative. Qualora nel contratto settoriale si opti per una formula più rischiosa, il differenziale dei premi dovrà essere corrisposto in busta paga al lavoratore.

Manuale di bar-conversation: Euro & Condono

EURO. Che l' introduzione dell' euro abbia bastonato alcune categorie sembra certo. Individuo alcune possibili cause.

PRIMA. In concorrenza le merci vengono offerte al prezzo più alto consentito dal mercato. Questo prezzo non puo' cambiare per un formalismo come l' introduzione di una nuova unità di conto. Se così non è, allora paghiamo il fatto che il prezzo non sia determinato dal mercato ma da regole ad esso esterne. La soluzione consiste nel liberalizzare.

SECONDA. La psicologia umana introduce degli automatismi acritici per cui si spende di più senza volerlo, dopodichè ci si ritrova in braghe di tela. La soluzione consiste in espedienti quali l' euro di carta o in altre forme di tutoraggio.

TERZA. L' euro non è stata una riforma isolata. In generale, i modelli di fine secolo, ci portano verso una società dove la diseguaglianza è più forte. La soluzione (di lungo periodo) consiste in una educazione maggiormente orientata al rischio.

QUARTA. Disabitudine alla scelta. Con Naxos ti fai una discoteca eccellente spendendo due lire, con Ryan air vai in tutto il mondo a costo semi-zero, con Ikea arredi la casa senza sforzo, con le offerte dei dicount ti tirano dietro lavatrici, televisori e computer, con le assicurazioni telefoniche e telematiche i costi sono crollati. Bisogna però informarsi e saper scegliere. Noi eravamo abituati alla pappa pronta sullo scaffale. Io stesso spendevo una valanga di euro per la bolletta telefonica. Poi, un giorno, con due click ho scaricato un programmino che non mi ha abbassato i costi: me li ha azzerati! da un giorno all' altro. Quei due click arano a due passi da me anche un anno fa. La soluzione consisterebbe in un più facile accesso alle informazioni comparative e alle opportunità.

Personalmente ritengo che tutte queste ipotesi, tranne la seconda, abbiano una validità strutturale. Quanto alla politica. Le soluzioni (+ concorrenza e informazione) non le aveva contemplate il primo Prodi, non le ha applicate il successivo Tremonti, ha cominciato molto timidamente e in ritardo Bersani quando ormai era facile vista che il fenomeno si era ormai delineato chiaramente.

***



CONDONO: si vituperano tanto i condoni tremontiani e non ci si rende conto che tutta la nostra macchina fiscale si sta centrando proprio sui "condoni". Cos' è il condono se non uno sconto: tu, evasore o meno, paghi una certa somma e io, controllore, ti vendo l' immunità fiscale su una certa materia o annualità. Visco, nella sua opera, si è avvalso in modo massiccio, direi quasi esclusivo, di strumenti quali il "concordato", l' "accertamento con adesione", "la riduzione delle sanzioni per pagamenti pronta cassa". Valentino Rossi cosa ha fatto: ha accettato di pagare una certa somma affinchè gli fosse CONDONATA la sanzione piena. Chiamalo "concordato" anzichè "condono", la logica che sta sotto non si discosta granchè. Hai voglia ad aspettare il processo tributario, quello non funziona, se si vuole cavare un ragno dal buco è meglio che il fisco si accordi prima con il contribuente al costo di condonargli la sanzione piena. Tremonti a scelto un condono di massa (opinabile) e ha introdotto gli strumenti di flessibilità di cui sopra (meritorio), Visco si è avvalso al meglio degli strumenti tremontiani. Per concludere, non dimentichiamoci che anche Visco è ricorso a forme di condono di massa: nel settore agricolo e in quello previdenziale.

Parlando in astratto il condono non è il male assoluto. Dipende dal sistema fiscale in cui si inserisce. La confessione e il perdono nella religione Cattolica sono un male? No, perchè la religione Cattolica pretende molto da noi, pretende la santità. E' del tutto naturale, quindi, che queste pretese siano controbilanciate dall' istituto della confessione, della ragionevole penitenza e del perdono. Allo stesso modo il nostro sistema fiscale era tra i più impossibili da rispettare, al punto da sembrare solo un pretesto ricattatorio per avere un controllo sociale, la stessa accusa rivolta nel seicento ai controriformisti, un sistema che consentiva alla politica di dire all' economia: "sei nelle mie mani, quando voglio ti bastono, tanto so di averti dato regole impossibili da rispettare e sanzioni iperboliche anche per formalismi poco significativi". Se il condono allenta questa presa tanto meglio.

mercoledì 5 marzo 2008

Soft paternalism

Le regole di default incidono eccome sui comportamenti. Prendi il caso di una regola relativa al silenzio assenso.

Ci sono però buoni motivi per ritenere che la loro influenza duri poco qualora tocchi persone realmente interessate alla scelta in questione.

Direi che costituiscono un prezzo accettabile per molte riforme.

Tenere insieme ambientalismo e lotta alla povertà

Certo, certo...le contaddizioni che si sviluppano all' interno delle coalizioni sono interessanti...la Binetti con Pannella, Di Pietro con quell' altro. Vuoi mettere.

Eppure, se restiamo nell' alveo degli schieramenti progressisti, esistono trade off epocali che mi stimolano in maniera leggermente superiore. Per esempio quello che contrappone ambientalismo e lotta alla povertà.

Per andare sul concreto: come giudicare l' addensamento di capitali e fuliggine causato dal boom cinese e indiano?