sabato 14 agosto 2010

Senza la verità non resta che il moralismo arrembante

Sembra che ci sia un solido nesso tra relativismo e moralismo. Lo scontro è quello tra teorie vere e teorie utili:

"A partire dagli anni 60 si comincia a pensare, in circoli sempre più ampi di persone, che l' oggettività sarebbe un' illusione. Di qui deriva la convinzione che non ha alcun senso parlare di "sapere" e di "conoscenza", mentre si dovrebbe parlare solo di "punti di vista". Non di fatti ma solo di interpretazioni... E' con queste premesse che il "moralismo" ha cominciato ad espandersi presso gli intellettuali e gli insegnanti fino a diventare l' atteggiamento di gran lunga prevalente in questi ambienti... comiciano a diffondersi gli intellettuali organici, costoro non credono che il sapere possa essere fondato oggettivamente, cio' non toglie che le scienze umane possano giocare un ruolo politico importante... il concetto di "teoria utile" soppianta quello di "teoria vera"... Un episodio estremo ma emblematico di questa mentalità: in Quebec, all' università di Montreal, le femministe hanno proposto di diminuire gli standard di valutazione negli esami di dottorato a vantaggio delle candidate di sesso femminile, sostenendo che il sapere è sempre incerto mentre le esigenze morali sono indiscutibili... una conclusione che suona assurda ma in realtà in linea con le premesse... La svalutazione del sapere si accompagna quasi sempre con una sovravalutazione della morale o, più esattamente, con una esasperazione delle esigenze di uguaglianza... Già Hegel segnalava il meccanismo in questione parlando dell' intellettuale "buon anima". Le "buone anime" sono responsabili della sindrome della "conoscenza inutile" (J.F. Revel) o del "fallimento del pensiero" (A. Finkielkraut)... La proliferazione di "anime buone" spiega l' incredibile intolleranza intellettuale, spesso feroce quanto discreta, che vige in molte università. Un brillante professore italiano mi ha recentemente confidato che si sentiva implicitamente obbligato a sottolineare ai suoi colleghi, mettendolo fra parentesi, con discreti accenni o incisi, che era un "progressista". Da quando aveva smesso di conformarsi a questo obbligo, aveva l' impressione di essere trattato nell' indifferenza più totale, ci si dimenticava di "citarlo", di salutarlo perfino. La "fine delle ideologie" non era certo andata di pari passo con la fine dell' intolleranza..."

Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo - Rubettino

Mi tocca confermare: a Radio Tre, l' unico ambiente "colto" e vitale che frequento, aleggia sempre l' intemerata dal pulpito ( i poveri, gli ultimi, il modello imposto, la corruzione, la legalità...) e il sentimento di indignazione arieggia sempre quei corridoi.

Un altro fenomeno singolare è l' acerrimo moralismo che pervade i miei amici materialisti (Boudon li chiamerebbe "positivisti").

Ma come? Loro che, non ammettendo nemmeno l' esistenza di una coscienza e, per conseguenza, non dovrebbero dare alcun senso ad un concetto quale quello di Verità, come possono poi infervorarsi tanto? Coda di paglia?

Anche qui Boudon illumina.

venerdì 13 agosto 2010

Le accuse contro Nori

Qualche mese fa lo scrittore Paolo Nori fu attaccato perchè comincio' una collaborazione con il quotidiano "Libero".

Qui si difende, sembra avere in mano delle buone carte.

Ma dove tracciare una linea? Dove il Diverso si trasforma da semplice "controparte" in "nemico" da osteggiare con tutti i mezzi?

Spinoza vs. Cartesio

Di fronte al bias cognitivo si puo' prendere la strada di Cartesio (liberale) o quella di Spinoza (positivista). Boudon non ha dubbi.

"La psicologia cognitiva ha progettato brillanti situazioni sperimentali che fanno emergere l' esistenza di bias cognitivi. L' esistenza di queste distorsioni è interpretata dai positivisti come l' effetto di "montaggi" della mente di cui non si è esitato a supporre che siano l' esito dell' evoluzione biologica. Se si chiede ad un soggetto di prevedere i risultati di una partita del gioco che consiste nel lanciare una moneta dicendogli che la moneta è truccata in modo da far uscire otto "testa" a fronte di due "croce", costui farà una cattiva previsione optando per puntare otto volte su "testa" e due volte su "croce", così facendo vincerà con una probabilità pari al 68% mentre se avesse puntato sempre testa la probabilità sarebbe stata dell' 80%. Benchè la strategia scelta non sia ottimale è giustificabile con "buone ragioni". Queste distorsioni si spiegano facilmente se le si pensa come il risultato di "considerazioni ragionevoli" anche se poco approfondite, non c' è alcuna necessità di fare appello a effetti altamente speculativi dell' evoluzione biologica. Anche dire che "la terra è piatta" è perfettamente ragionevole quando parla la persona ordinaria che non approfondisce la questione, diverso sarebbe l' errore dello specialista su questo punto, ma questo errore è praticamente inesistente... E' legittimo quindi pensare che "Cartesio ha torto" e "Spinoza ha ragione", per il primo l' uomo pensa, per il secondo l' uomo agisce condizionato dall' ambiente. Più ragionevolmente, si possono attribuire a questi due giganti del pensiero occidentale due "programmi" efficaci, l' uno e l' altro indispensabili, ma la cui efficacia varia a seconda del fenomeno da spiegare. Tocqueville, Weber, Simmel, Pareto, Evans-Pritchard e altri, hanno anbbondantemente dimostrato la forza del programma di Cartesio... Spinoza è certamente fecondo quando è utilizzato dai biologi ma ha introdotto nelle scienze sociali concetti di dubbia veridicità quando non semplicemente banali..."

Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo - Rubettino

Salami all' uncinetto





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"Voi"

Relativista = Pacifista? Calma...

Secondo l' antropologia culturalista, non solo le norme variano da società a società ma tutte le norme, regole, credenze sono il prodotto della cultura dalla quale emergono; non vi è nulla di buono, vero e giusto in sè. Clifford Geertz, per esempio, sostiene che ci sono solo "verità culturali". Questa concezione è rinforzata dalla sensibilità "relativista" della cultura contemporanea. Ma non si creda che questo genere di relativismo diffuso ci ponga al riparo dai conflitti. Samuel Huntigton, forse il maggior rappresentante insieme a Levy Strauss di questo stile d' approccio allo studio dell' uomo, identifica nelle differenze culturali il germe di una inevitabile conflittualità. Il relativismo culturale (= i giudizi umani sono plasmati dall' ambiente culturale in cui il singolo cresce) ha ispirato e legittimato molte argomentazioni che hanno poi invaso le scienze umane come ad esempio quella secondo la quale "voi di destra" (o "voi di sinistra"), o "voi che provenite da quel posto", o "voi che avete quell' estrazione sociale", ecc. dunque "voi" non potete che avere in mente idee false e pericolose. Con il relativismo la domanda si sposta dal "che cosa" al "chi", la discussione spesso cessa per lasciare il posto al monologo. La rottura con l' ipotesi della razionalità umana viene definitivamente consumata..."

Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo - Rubettino

giovedì 12 agosto 2010

Dopo due anni...

E finalmente, dopo oltre un paio d' anni, approda anche in Italia sulla prima pagina di un giornale importante il racconto della crisi finanziaria come volevamo sentirlo da subito.

L a crisi finanziaria, di cui si compie un triennio, ha avuto una radice comune sia negli Stati Uniti che in Europa: la corruzione della politica. Oltre Atlantico si consentì che Wall Street diventasse il maggior finanziatore delle campagne elettorali americane e così acquisisse il potere di dettare le proprie regole al Congresso. Nel contempo i governi premevano sulle banche perché concedessero mutui a tutti, inclusi molti immigrati recenti. Consentire a queste famiglie di acquistare una casa e realizzare in pochi anni il loro «sogno americano» fu una priorità sia delle amministrazioni di Bill Clinton che di George W. Bush. Poco male se questo incrinava la solidità delle banche: bastava blandire i banchieri consentendo loro di attribuirsi compensi favolosi. In Germania i presidenti dei Länder spingevano le casse di risparmio, di cui sono i maggiori azionisti, a concedere prestiti a condizioni di favore alle aziende della loro regione. Poiché alla fine dell' anno gli stessi politici esigevano anche ricchi dividendi, i banchieri facevano tornare i conti investendo in titoli molto rischiosi: obbligazioni greche e mutui americani. Non è un caso che le poche banche che non hanno superato i test di solidità patrimoniale effettuati dalla Bce sono tutte pubbliche. La proprietà pubblica impedisce l' apertura al mercato e rende difficile rafforzare il patrimonio quando ciò si rende necessario: è la situazione del Monte dei Paschi di Siena, che pur avendo superato il test, rimane pericolosamente vicino alla soglia di capitale minima richiesta. Pensare che la crisi sia stata prodotta da un eccesso di mercato, dalla finanza, o dalla globalizzazione, è una sciocchezza, sostenuta da chi ha interesse a evitare che si sottolineino le responsabilità della politica

Non è che l' unica somiglianza con il 1929 consiste nella mitologia che ha circondato l' evento?

Liberal bias

C' è!

Almeno in USA.

mercoledì 11 agosto 2010

Maestri del sospetto

La difesa del liberalismo va di pari passo con la difesa del buon senso, ce lo ricorda Raymond Boudon quando parla di psicologia:

"Il liberalismo concepisce l' uomo come un essere ragionevole mosso da passioni e interessi comprensibili, chiamerei questa psicologia "ordinaria". Da Aristotele a Smith l' approccio non cambia, anche Weber ha insistito sul fatto che le scienze sociali debbano considerare le credenze e i comportamenti come comprensibili. Secondo la psicologia ordinaria noi siamo in grado di "comprendere" le ragioni dei Romani come quelle degli Ebrei del I secolo, le ragioni dei calvinisti come quelle dei puritani, le ragioni dei santi e quelle degli assassini. Con Freud, qualcosa cambia, la "psicologia ordinaria" viene sostituita dalla "psicologia dell' inconscio": le credenze del soggetto verrebbero costruite dall' astrusa macchina dell' inconscio, la quale nasconde le sue astuzie al soggetto, ma non all' intellettuale. Anche il positivismo rafforzò questo genere di approccio: siccome la scienza si occupa solo del "visibile", non ha senso considerare gli "stati di coscienza". Il principio di fondo è lo stesso e consiste nel dire che le credenze e i comportamenti individuali hanno la loro origine in forze materiali che sfuggono al controllo del soggetto. Gli strutturalisti, in seguito, si uniformarono su questa linea: l' uomo è sovrastato da misteriose strutture sociali che lo guidano come una marionetta. C' è sempre qualcosa "dietro" quello che facciamo, i maestri anti-liberali sono sempre anche "maestri del sospetto e del complotto". L' antropologia non rimase indietro, e infatti la cosiddetta antropologia culturalista si appropria del paradigma anti-liberale postulando che l' essere umano sia il prodotto della cultura del suo ambiente. Per queste ragioni molti considerano oggi le scienze umane come mere discipline destinate a correggere il "senso comune". I "maestri del sospetto" hanno a lungo dominato la scena del Novecento scalzando i "maestri del liberalismo". Trascurando la nozione di "autonomia", tanto cara a Kant e al liberalismo, il positivismo sta dietro alla sua emarginazione. Si tratta di schemi di pensiero che valorizzano molto il ruolo degli intellettuali poichè solo l' intellettuale è in grado di superare gli illusionismi del buon senso e guidare le masse sulla retta via..."

Da quanto detto si capisce bene come mai gli economisti siano rimasti gli unici intellettuali a presidiare le posizioni liberali: l' Homo Economicus è l' uomo razionale per eccellenza.

martedì 10 agosto 2010

Il sorpasso

C' è un momento in cui Bruno Cortona non riesce più a "cambiar discorso", un momento in cui non riesce a "minimizzare"; in quel momento i "fastidi del reale" non sono liquidabili con una battuta o una faccina.

E' quando fissa la scarpata ligure dove è precipitata la spider con a bordo il Mariani.

Lì Bruno Cortona guarda in faccia la realtà, e la realtà gli dice forte e chiaro che doveva morire lui, che sarebbe stato perfetto se fosse morto lui, un cerchio giottesco si sarebbe chiuso tra gli applausi, tutto al posto giusto: la sua storia, la storia del Mariani, la storia dell' Italia rinascente dalla guerra.

Ma non sarebbe stato perfetto il film, che diventa un capolavoro grazie al sigillo di quella faccia, grazie alla fedeltà ad un reale che non ama le simmetrie.

Quando arriva il poliziotto Bruno ha già ripreso il suo controllo, sa di nuovo dire il suo "lasciatemi in pace", sa di nuovo farsi rimbalzare il mondo addosso: "è uno che ho conosciuto ieri". Sa di nuovo stare solo con il suo dolore, recupera da maestro l' unico vero istinto del coatto: non condividere.

Bruno Cortona è in esilio, la vita è dura e lui si è auto-condannato al confino. La superficialità, la fuga, il divertimento sono la prigione che si è scelto. Una prigione mobile: non puo' fermarsi se non vuole assistere al penoso spettacolo di una stima guadagnata artificiosamente grazie ad un gesto istrionico e quindi condannata a scemare sotto la minaccia di un rapporto umano che si approfondisce.

Bruno Cortona è un uomo spacciato, sa di essere spacciato, sa che deve scappare se non vuole perdere definitivamente cio' che lascia (per esempio la figlia), scappare verso luna park sempre più iridiescenti. Bruno Cortona è un uomo braccato, sa di essere braccato, è sapiente nella sua superficialità e si turba per un attimo solo quando si accorge che la sorte, in uno scambio di persona sconcertante, ha preso il Mariani anzichè lui.

Forse aveva capito che il Mariani costituiva la sua ultima missione nel mondo reale; l' occasione di farci una capatina dal suo faticosissimo esilio; e lui, come noi, aveva un gran bisogno di realtà, di mondo. Molto più che di divertimento.

Questa era davvero un' occasione d' oro: alla miscela perfetta del Mariani mancava solo l' ingrediente che lui possedeva in abbondanza. Il Mariani sarebbe stato il suo capolavoro nel mondo, la sua cratura.

Ma questa missione, anzichè annunciarsi all' inizio della storia, si annuncia alla fine, quando tutto è già bruciato. L' umanità di Cortona non possiede più la modalità del progetto ("alla giornata"), ma possiede ancora quella dell' illuminazione.

La faccia sconcertata del Cortona ai bordi dell' Aurelia è la faccia di colui al quale ora non resta altro che il tunnel inquietante del divertimento nella fuga. Un dramma contemporaneo scritto quasi mezzo secolo fa.

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Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo?

Alcuni intellettuali sono animati da una sorta di "libido sciendi", ma altri sono "militanti" (combattono per l' affermazione di alcuni valori), altri ancora sono alla ricerca di visibilità... Cosa succede, dunque? All' inizio si determinano nelle società liberali dei fatti che sono percepiti come "importanti" e che richiedono una spiegazione. Se questi fatti danno l' impressione di mettere in evidenza alcuni errori della società, l' intellettuale militante prende la palla al balzo per riproporre schemi esplicativi tratti dalle tradizioni illiberali.. Se la sua denuncia è SEMPLICE, corredata da "BUONE INTENZIONI" e difficilmente CONFUTABILE, circolerà ampiamente tra i media senza incontrare aperta critica: "E' tanto semplice che lo capirebbe anche un bambino" canta un celebre brano a firma BrechtWeill (Lob des Kommunismus)". Dovrei aggiungere che i più comuni schemi illiberali, nel non riconoscere autonomia all' individuo, hanno avuto anche i loro meriti: la psicanalisi ci ha insegnato come certe esperienze infantili si ripercuotano sulla personalità dell' individuo; il marxismo ci ha insegnato un deverso modo di scrivere la storia, lo srutturalismo ha chiarito le ragioni che stanno dietro certi divieti; il positivismo ha diffuso un certo ethos per la scienza...". Cio' che non ha funzionato, rispeto alle soluzioni liberali, è stata l' assolutizzazione dell' approccio..."

Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali odiano il liberalismo - Rubettino

lunedì 9 agosto 2010

domenica 8 agosto 2010

Sterilità degli arpedonapti

Quali sono le condizioni sociali che sollecitano lo sviluppo rigoglioso delle Scienze?

E qui ognuno dice la sua, esce di tutto e il contrario di tutto.

Ma alcune voci sono più autorevoli, si tratta di quelle voci comandate da cervelli che perlomeno conoscono a menadito la storia della scienza. Sentiamo allora Alexandre Koyrè:

"vedo tre condizioni: 1) molto tempo libero per gli uomini, 2) culto dell' astrazione e della verità e 3) prestigio sociale per chi si dedica al culto dell' astrazione e della verità. La storia ci insegna, per qualcuno potrebbe essere una sorpresa, che lo sviluppo scientifico è disconnesso dalle attività pratiche. Non sono stati gli arpedonapti egiziani, che dovevano misurare i campi della valle del Nilo, ad inventare la geometria: sono stati i Greci, i quali non avevano proprio nulla di significativo da misurare. I primi si sono fatti bastare rudimentali quanto ingegnose ricette pratiche. Del pari non sono stati i Babilonesi, che credevano fermamente nell' astrologia e nel suo vaticinio, a raffinare le leggi astronomiche, ma altri che avevano solo il gusto della conoscenza. Io so che le tre condizioni di cui sopra sono decisive, ma non so quale ambiente sociale sia più propizio per ricrearle, quindi direi che la risposta al quesito resta inevasa"

Alexandre Koyré - Filosofie e storia delle scienza - Mimesis

Interessante. Mi sembra che la diffusione della religione in tutti gli ambiti della discussione pubblica (culto della verità) e le continue sottili dispute teologiche (culto dell' astrazione), facciano della società medioevale un' incubatrice adeguata per lo sviluppo della scienza.

sabato 7 agosto 2010

Rocco e i suoi fratelli

Chesterton dice che il mondo non è logico, ma non è neppure illogico. Volendolo proprio definire in relazione alla logica, diremo che è una trappola per logici. Per questo, secondo lui, la visione cristiana s' impone.

Prendiamo un caso: non esiste modo di conciliare Giustizia e Perdono. Se perdoni, il colpevole non paga. Al contrario, la Giustizia non puo' che essere spietata.

Eppure, chi nega la grandezza del Perdono? E chi osa disprezzare la civiltà della Giustizia?

Ieri sera ho rivisto Rocco e i suoi fratelli. Non me lo lascio mai sfuggire, resta per me un grande capolavoro della settima arte.

Sapete com' è, mi piacciono quei film dove ad ogni sequenza posso dire: "ecco quel sentimento che sembra tanto strano e mostruoso, l' ho provato anch' io". Mi piacciono quei film in bianco e nero dove, mentre li vedi, ad un certo punto puoi dire: "Ei, ma io abito là in fondo a destra!" "ei ma su quel ponte mi faccio un' ora di coda al giorno"...

In questo film il miracolo della conciliazione si compie: Ciro (Giustizia) e Rocco (Perdono) si amano, si rispettano, si capiscono e convivono miracolosamente nella stessa famiglia contribuendo a rafforzarla.

Simone è la pecora nera della famiglia, Rocco vuole perdonarla, Ciro vuole giustiziarla. Senza mai bisogno di dirlo, ciascuno comprende le ragioni dell' altro.

Rocco, in cui ribolle il sangue arcaico della Basilicata (a Milano meglio nota come "africa"), sa che ogni struttura sociale si fonda su un sacrificio. Simone è il capro e noi dobbiamo rendergli onore.

Forse ha letto Girard, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo del figliol prodigo.

Ciro, in cui stagna un sangue milanesizzato, sa che ogni struttura sociale si fonda sulla responsabilità. Simone ha mancato e deve pagare.

Forse ha letto Weber, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo dell' Apocalisse.

Dove, se non nel Vangelo e nella famiglia Parondi, si conciliano tanto bene Giustizia e Perdono?

Acthung: questa conciliazione non si realizza tramite pedanti armonie. C' è conflitto vivo e scoppiettante nel rispetto e nell' ammirazione reciproca.

---- un paio di dubbi regalati dal film dopo la dodicesima visione--------

Simone poteva salvarsi?

Io penso di sì: non ingannino i suoi comportamenti estremi, è il tipico istinto a degradarsi che l' immaturo prova non appena le cose non girano per il verso giusto.

Nadia ha delle colpe? Simone si mette con lei quando non è ancora una persona matura (sbuffa come una locomotiva mentre guarda i film d' amore con la fidanzata che sospira). Perchè Nadia non lo "aspetta"?

Sembrerebbe assurdo pretenderlo, eppure noi ammiriamo Rocco proprio perchè è sempre pronto ad attendere la maturazione del fratello. Il dovere dell' amore è forse richiesto più al fratello che alla fidanzata?

Non penso che un simile dubbio possa avere mai risposta; forse non è nemmeno giusto tentarla.

Ma c' è una cosa che colpisce: se Nadia vuole essere protagonista, allora deve accettare la macchia della colpa. In caso contrario diventa solo una circostanza ambientale, un elemento della scenografia. Un portato della Provvidenza al pari della nevicata notturna, tanto per intenderci, quella che mette di buon umore i terroni neo-immigrati: l' indomani in Municipio ci sarà lavoro per tutti come spalatori.

Certo che Nadia è il personaggio più disgraziato del dramma: deve sacrificarsi come e più di San Rocco ma deve farlo controvoglia, e quindi senza aurea di santità. Forse è lei il vero capro espiatorio: la persona che soffre di più e che noi possiamo permetterci ancora di accusare sui titoli di coda, come se il film non ci avesse insegnato nulla.

Nadia è un Cristo (e infatti muore in croce all' Idroscalo) che non puo' mai abbandonarsi nelle braccia del Padre dicendo un: "sia fatta la tua volontà", un Cristo che conosce solo le lacrime di sangue del Getsemani.

Qui sotto il film è visibile per intero.

venerdì 6 agosto 2010

Lo scienziato sociale

Uno scienziato ancora senza laboratorio.

Forse meglio affidarsi a "ragione" e "buone ragioni". Forse meglio limitarsi a spiegare che a prevedere?

I disperati

"Definire la scienza è impresa disperata e forse nemmeno auspicabile, il miglior modo per penetrare i suoi misteri è quello di dedicarsi allo studio meticoloso di singoli casi paradigmatici cercando di illustrarne il funzionamento"

Alexandre Koyrè - Filosofia e storia delle scienze - Mimesis

Interessante.

Ancor più interessante è andare a vedere a chi serve "definire la scienza", chi ha necessità di "imprese disperate" come questa.

Chi sono i "disperati", quelli per cui non esistono emoticons adeguate?

Non certo gli scienziati, a loro "definire la scienza" non serve.

Rintracciare i "disperati" è abbastanza semplice, sono quelli che anzichè "fare scienza" non fanno altro che alzare il ditino ammonendo che "lo dice la scienza". Sono i fanatici dell' ipse dixit moderno. Sono quelli che, per esempio, anzichè studiare l' evoluzionismo applicandolo nei loro campi, perdono tempo ad esaltare la "scientificità" della teoria. Anziche contribuire all' autorevolezza della scienza, la sfruttano. Hanno un disperato bisogno che la scienza sia "ufficiale" al fine di redigere programmi scolastici, programmi ministeriali e altre forme di indottrinamento e controllo. Più che la Scienza a questi "disperati" serve l' "ufficialità" con cui redigere le loro gazzette, serve come il pane per poterti dichiarare "ufficialmente" irrazionale, e successivamente pazzo da internare.

Il vero insegnamento della scienza non consiste nelle sue conclusioni (sempre da rivedere se non da capovolgere) ma nel diritto alla concorrenza, ovvero nel rispetto per l' opinione minoritaria, poichè in questa instabilità della conoscenza sappiamo che domani potrebbe rivelarsi vincente.

Un vero trauma per chi invece anela ad una "Gazzetta ufficiale della Scienza" proprio per affossare e reprimere l' opinione minoritaria conculdandole ogni diritto.

Tra parentesi, Alexandre Koyrè, forse il massimo epistemologo degli ultimi secoli, mostrò come la caratteristica saliente della Scienza moderna del XVII secolo (Galileo, Newton...) non sia affatto il legame con il metodo sperimentale. Sorpresa? La Scienza moderna è innanzitutto teoria, ricerca della Verità. La scienza moderna è matematizzazione del mondo: una vera rivincita di Platone su Aristotele e sui pragmatisti.

Io sono qui, voi dove siete?

Visti da vicino





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giovedì 5 agosto 2010

C' è Ulisse, ma c' è anche Gianburrasca

Ulisse oggi vuole tornare ad Itaca costi quel che costi, ma sa già che domani al ritorno preferirà di gran lunga il canto delle sirene.

Gianburrasca stasera vuole ardentemente partecipare ad una festa, per quanto domani lo aspetti un esame cruciale. Sa anche che in futuro il suo desiderio di spassarsela sarà oscurato da quello di ottenere il diploma.

Ulisse decide di evitare le sirene mettendosi i tappi di cera nelle orecchie ed esentando l' equipaggio dall' obbedienza.

Gianburrasca decide di stare a casa a studiare.

Sono due storie plausibili? A me sembra di sì. Non mi scandalizzerei se qualcuno me le raccontasse.

Eppure qualcuno si scandalizza, parlo di chi crede che noi siamo motivati solo dal desiderio.

Costoro trovano irrazionale la storia di Gianburrasca: se nel momento della decisione si desidera fare X, si farà X.

Infatti Ulisse, nel momento in cui architetta il suo piano, desidera tornare in patria e architetta un piano per conseguire il suo obiettivo.

Gianburrasca desidera invece andare alla festa. E' sconcertante che al termine di un semplice calcolo, decida di rinunciarvi.

Evidentemente, per quanto molti lo neghino, anche la ragione puo' motivare.

Inconvenienti del fanatismo

Letto in un recente dibattito nella blogsfera:

"... Io mi reputo relativista (forse). Son talmente intriso di relativismo, da non reputare neppure sicuro d’essere io a scriverti in questo momento...".

Mi ha fatto venire in mente un passaggio del buon Chesterton che infilza con grazia questa fauna:

"... intorno al Cristianesimo si assiste oggi ad un fenomeno curioso; la volontà dei suoi neminci di combatterlo con tutte le armi possibili, comprese quelle spade che tagliano le loro stesse dita, o quei tizzoni ardenti che bruciano le loro case. Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell' umanità e finiscono per gettare via sia l' umanità che la libertà, pur di combattere la Chiesa. Conosco un uomo così accanito nel dimostrare che non avrà nessuna vita personale dopo la morte da ridursi ad affermare di non averne neppure ora. Al fine di provare che non puo' andare in Cielo finisce per provare che non puo' andare neppure a Rogoredo. Ho conosciuto persone che protestavano contro l' educazione religiosa adducendo argomenti contrari a qualsiasi educazione, dicendo che la mente dei bambini deve crescere libera o che i vecchi non devono insegnare ai giovani. Ho conosciuto persone che dimostravano che non vi puo' essere un giudizio divino dimostrando come corollario che non vi puo' essere nemmeno alcun giudizio umano, nemmeno sulle questioni più pratiche. Pur di mettere a fuoco la Chiesa, costoro hanno dato alle fiamme il loro stesso grano, pur di sfasciarla hanno sfasciato i loro stessi arnesi, Noi non ammiriamo nè scusiamo il fanatico che distrugge questo mondo per amore dell' altro. Ma che dire del fanatico che distrugge questo mondo in odio all' altro?..."

mercoledì 4 agosto 2010

Proibire la corrida?

C' è chi lamenta una grettezza dell' approccio utilitarista in queste faccende.

Ma è davvero così? Vediamo di approfondire, magari cominciando a dire che ci sono vari tipi di utilitarismo.

innanzitutto noto che l’ alternativa proibire/consentire non è mai simmetrica come sembrerebbe: se si proibisce la quantità dei tori ammazzati è ZERO, punto e basta. La soluzione caldeggiata dai proibizionisti è in effetti una soluzione grezza.

La soluzione anti-proibizionista è molto meno grezza: il numero dei tori ammazzati varia a seconda della felicità dei soggetti (umani). Si paga per partecipare alla corrida. E si puo’ pagare anche per boicottarla. Un penny, un voto.

Certo, bisogna accettare che l’ infelicità dei tori si rifletta e venga pesata dall’ infelicità degli animalisti, quelli che pagano per risparmiare i tori. Personalmente accetto questa ipotesi che per molti è invece problematica.

Gli animalisti non vogliono la corrida?: se la comprino. Gli hemigwayani ne vanno matti?: se la comprino.

Per sfuggire alla grettezza l’ esito dovrebbe soppesare le offerte, ma la premessa è l’ anti-proibizionismo

martedì 3 agosto 2010

La scelta

La mia fede è una decisione che prendo applicando certi criteri: guardacaso sono gli stessi criteri che adottiamo per eleggere la miglior teoria scientifica in campo. Tolomeo spiega esattamente cio' che spiega Copernico, ma noi consideriamo la teoria di Copernico vincente in quanto più semplice. La fede in Dio e il materialismo spiegano tutto, ma Dio offre spiegazioni più semplici.

Il materialista crede che la Scienza finirà, o che comunque potrebbe finire: esiste un algoritmo complessissimo ed ignoto che spiegherebbe tutto senza ricorrere ad entità sovraumane. Il credente pensa invece che la Scienza sia una ricerca continua: solo una mente dalle capacità infinite (ovvero sovraumane) conosce tutto e la esaurisce.

Per quanto ne sappiamo entrambi potrebbero avere ragione. E allora, chi privilegiamo?Poniamoci la domanda fatidica: quale tra queste due visioni è la più semplice?

Prendiamo a titolo d' esempio queste due affermazioni.

1) "Conosco (o potrei conoscere) X" (dove X è l' algoritmo complessissimo di cui sopra)

2) "Conosce tutto"

1 è affermazione più complessa di 2. X è già di per sè un concetto estremamente complesso. "Tutto" e "infinito", per contro, sono concetti molto semplici, comprensibili anche dai bambini.

Per le stesse ragioni per cui a Tolomeo preferisco Copernico, faccio prevalere la Fede sul Materialismo.


Richard Swineburne

A me il professore convince.

Sinceri democratici

C' è qualcosa che nella mia giovinezza non sono mai riuscito a capire, ovvero dove mai la gente abbia preso l' idea che la Democrazia sia in qualche modo opposta alla Tradizione. Per me è ovvio che la Tradizione non è altro che la Democrazia estesa attraverso il tempo, è una democrazia in cui il diritto di voto viene esteso ai nostri avi. La Tradizione non è una pratica del passato ma una pratica STABILE del passato: non puo' esserci stabilità senza consenso.

G. K. Chercheston

Libertà e tradizione. La libertà come valore, la tradizione come frutto della libertà passata. Si puo' essere sinceri democratici senza avere il culto della tradizione? A lume di logica sembrerebbe problematico.

Suicidio del pensiero

L' evoluzionismo è un buon esempio di quell' intelligenza moderna che distrugge se stessa. L' evoluzionismo è un' innocente descrizione scientifica di come avvengono certi fenomeni terrestri; oppure, se è qualcosa di più, è un attacco al pensiero stesso. Non alla religione, si badi bene, ma al pensiero. Se l' evoluzionismo vuole dirci che una cosa concreta chiamata scimmia si è mutata lentamente in un' altra cosa concreta chiamata uomo, allora è innocuo anche per il più ortodosso dei cattolici. Dio puo' benissimo fare le cose più lentamente o più velocemente (cosa cambia?), specialmente il Dio cristiano che è fuori dal tempo. Ma semmai significasse qualcosa di più, allora significherebbe che non c' è nemmeno una cosa chiamata scimmia da mutare, nè una cosa chiamata uomo in cui qualcosa d' altro potrebbe mutarsi; non esisterebbero più cose che siano cose pensabili, al limite c' è una cosa sola, un unico fluido in eterna mutazione, qualcosa che comprenderebbe il nostro stesso pensiero. Chiunque si accorge che questo non è un attacco alla fede ma alla mente: non si puo' pensare se non ci sono più cose da pensare, non si puo' pensare se non c' è un distacco minimo dalla cosa a cui pensare. Cartesio disse: "penso dunque sono", l' evoluzionista divenuto filosofo dice: "non sono dunque non posso pensare".

G. K. Chesterton

Le solite cose... ma dette con la classe di un maestro.

Già declina pur nel fiore

Non so a voi ma a me piace Puskin. Se mi sento romantico è alla sua stazione che oriento l' antenna: ha gli slanci funesti di un Byron e le tetraggini peripatetiche di Baudlaire. A volte ce li ha tutti e due in un rigo. Questo benedetto meridiano che era in edicola a 12.50 euro, sarebbe meglio darsi da fare per recuperarlo alla svelta. Ha bazzicato tutti i generi Puskin, perchè lui, essendo un Padre di letterature, non poteva specializzarsi, non poteva concedersi il lusso di amare un figlio più dell' altro. Io, pecorone lettore, condannato da una forsennata gravità a non alzarmi un millimetro da terra, io posso scegliere: e allora dico che il mio Puskin è quello appassionato e focoso dei poemi. L' ispirato puo' suonare la corda "poetica" o quella "poematica". In un poema non c' è niente che rischi di essere eccessivo. Il calibro puo' essere messo da parte. Dalla lunghezza del verso alla bestemmia più oscena, tutto, a certe condizioni, deve flettere un cuore magnanimo. Un poema è il luogo ideale dove formalizzare la perdita dei controlli, nel poema sei autorizzato a farti prendere la mano. E' un recipiente dove gli Omeri, i Puskin, i Peguy, i Pessoa, i Walcott, i Murray...si clonano tra loro e diventando moltitudine eletta. E' il campo di battaglia dove la scrittura combatte per la propria indipendenza da quella pedestre zavorra che è l' autore. Un punto alchemico che io ho visto raggiungere, l' ho visto con questi occhi. Una scintilla che ho visto scoccare di continuo nell' officina puskiniana. L' ho vista con questo rosso cuore. Un' acqua che si inaugura cheta ma piano piano la vedi che gorgoglia, ferve, irrompe. Lo Scienziato dell' amore si ferma, ci viene accanto e ammira stremato con noi la macchina mostruosa che ha messo in piedi e che procede inesorabile ed autonoma a sintetizzare l' universo in una parola. Una parola, un universo... Il linguaggio sfrenato per eccesso di ispirazione, così come certe urgenze del sangue, contrassegnano la grandezza. Puskin possiede questo crisma, e glielo vedi perchè lo porta prprio in mezzo alla fronte mentre ti passa davanti assorto in una mestizia che risplende. Per il resto, il passeggio tra le pagine di Puskin, è come visita in harem stracolmi di molli bellezze dove è fatto obbligo di procedere con atteggiamento prima annoiato, poi sventato e pronto all' amore. Quest' uomo chiuso, ambizioso, dall' immaginazione infuocata. Lo vedi al centro del party, motore immobile della festa, e poi, un attimo dopo, fare tappezzeria arrovellandosi in un corruccio solitario. E' un uomo talmente circondato ed inseguito da vaghe commozioni che lo costringono sempre alla fuga. Selvatico, acerbo, ora in lacrime per una fantasia, ora trascinante ozi meditabondi. Un uomo così non poteva certo badare a se stesso. Sposò la più bella e morì in uno stupido duello, vicenda sviscerata con bisturi acuti da Serena Vitale (Il bottone di P, Adelphi). Ma visto da lassù, dal Limbo dei Poeti, tutto quanto ci accade è piuttosto stupido.

Perorando la Torre d’ Avorio

Stillava sangue quel giornale. Lo presi, lo apersi e capii.
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:

 

"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."

Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali.

lunedì 2 agosto 2010

Problemi con la Trinità?

La dottrina della Trinità ci dice solo che Dio è un essere sovrapersonale. Chi la giudica assurda in genere è perchè non la comprende, ma chi non la comprende in genere è perchè non vuole farlo. Costoro capiscono benissimo che un cubo è un megaquadrato che racchiude in sè sei quadrati ma, chissà perchè, si rifiutano di capire che il Dio cristiano non è altri che una sovrapersona che racchiude in sè tre persone. Eppure il primo concetto è perfino più astruso del secondo

C.S. Lewis

Volendo approfondire la dottrina cattolica e non sentendosi all' altezza di abbordare la teologia più sofisticata, non restano che gli autori inglesi (Lewis, Chesterton, Belloc...).

Essere cattolici in Inghilterra significava portare a spasso lo stigma del ribelle, significava vivere fuori dal recinto e avere tutti contro. Tutto cio' sviluppava i muscoli della fede. L' unica via d' uscita praticabile infatti consisteva nel forgiare un linguaggio rigoroso (alla lunga mai contraddittorio) e facilmente comprensibile (la comprensione crea interazione ed evita l' isolamento). Anche per questo la sparuta bandella di Cattolici summenzionati era al centro della vita polemica e culturale di quel paese.

Dedicato a...

Cio' che i cristiani intendono dire non puo' essere identificato con le loro raffigurazioni mentali. Detto questo qualcuno potrebbe proporre: e allora non possiamo toglierle di mezzo? Costoro non hanno notato che quando, per seguire il loro tentativo, accantonano immagini antropomorfe riescono solo a sostituirle con immagini ancora più ingenue. "Non credo in un dio personale - dice qualcuno - ma in una grande forza spirituale". La parola "forza" lascia spazio a tutti i tipi di immagine che abbiano a che fare con venti, onde, elettricità e gravità. "Non credo ad un dio personale - dice un altro - ma credo che tutti facciamo parte di un grande Essere. Costui ha solo scambiato l' immagine di un padre buono con quella di un gas o di un liquido di vasta estensione. Ha perso o guadagnato? A una ragazza che conoscevo, i genitori di "mente elevata" avevano insegnato che Dio era la sostanza perfetta. Più tardi capii che la piccola vedeva Dio come un enorme budino. Volenti o nolenti se vogliamo parlare di cose che trascendono i nostri sensi dobbiamo farlo ricorrendo all' immagine di oggetti sensibili. L' assurdità delle immagini non implica affatto l' assurdità delle dottrine e, dopotutto, l' uomo è quanto di più elevato incontriamo nella nostra esperienza sensoriale.

C.S. Lewis

Dedicherei il pensierino ad Odifreddi, l' unico teologo (naturalmente improvvisatosi tale sui due piedi) che se nei testi legge "... si assise alla destra del Padre..." pensa davvero che il Padre abbia una destra e una sinistra, anzi, pensa che il Padre abbia uno sgabello a destra e uno sgabello a sinistra... e magari cerca pure di avvistare gli sgabelli con il telescopio. Poi, quando non li vede, dice che l' umanità è un branco di cretini, tranne lui e qualche suo amico che gira sempre con il telescopio sotto braccio. Il tutto con la serenità che sa mantenere chi non è mai sfiorato dal dubbio.

venerdì 30 luglio 2010

Naturalmente artificiali





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Vivivivi? Gangangangang!

Per ventinove giorni Konrad Lorenz ha covato le sue venti preziose uova di oca selvatica. Finalmente è arrivato il gran giorno, ed eccola qua, la prima ochetta:

A lungo, molto a lungo mi fissò l'ochetta, e quando io feci un movimento e pronunciai una parolina, quel minuscolo essere improvvisamente allentò la tensione e *mi salutò*: col collo ben teso e la nuca appiattita, pronunciò rapidamente il verso con cui le oche selvatiche esprimono i loro stati d'animo, e che nei piccoli suona come un tenero, fervido pigolio.

Fin qui tutto bene. Lorenz ha già un piano: affiderà le ochette, e questa in particolare, all'oca domestica che si è piazzata nella cuccia del cane sfrattato, poraccio.

Infilai la mano sotto il ventre tiepido e morbido della vecchia e vi sistemai ben bene la piccina, convinto di aver assolto il mio compito.

Seee, macché. Non funziona così.

(...) Pochi minuti, durante i quali meditavo soddisfatto davanti al nido dell'oca, quando risuonò da sotto la biancona un flebile pigolio interrogativo: 'vivivivivi?'. In tono pratico e tranquillizzante la vecchia oca rispose con lo stesso verso, solo espresso nella sua tonalità: 'gangangangang'. Ma invece di tranquillizzarsi come avrebbe fatto ogni ochetta ragionevole, la mia rapidamente sbucò fuori da sotto le tiepide piume, guardò su con un solo occhio verso il viso della madre adottiva e poi si allontanò singhiozzando: 'fip... fip... fip... '.

Lorenz ci riprova, la ficca di nuovo sotto la biancona, ma niente: 'fip...fip...fip...' L'ochetta Martina non molla. Una 'madre' ce l'ha già, e non è la biancona. Lorenz si arrende.

Posai la cestina con la culla riscaldata proprio in un angolo della camera e mi infilai anch'io sotto le coperte. Proprio nell'attimo in cui stavo per addormentarmi udii Martina emettere, già tutta assonnata, ancora un sommessso 'virrrr'. Io non mi mossi, ma poco dopo risuonò più forte, come in tono interrogativo, quel richiamo 'vivivivi?' che Selma Lagerloef nella sua stupenda storia del piccolo Nils Holgerson, che ha avuto su di me tanta influenza quand'ero bambino, traduce con geniale, penetrante intuizione nella frase: 'io sono qui, tu dove sei?'. 'Vivivivi?: io sono qui, tu dove sei?'. Io continuai a non rispondere, rannicchiandomi sempre più tra le coltri, e sperando intensamente che la piccola si sarebbe addormentata. Macchè! Ecco di nuovo il suo 'vivivivivi?', ma ora con una mincciosa componente tratta dal lamento dell'abbandono: un 'io sono qui, tu dove sei?' pronunciato con il viso atteggiato al pianto, con gli angoli della bocca abbassati e il labbro inferiore voltato in fuori; cioè, presso le oche, con il collo tutto ritto e le piume del capo arruffate. E un istante dopo ecco uno scoppio di striduli e insistenti 'fip... fip... '. Dovetti uscire dal letto e affacciarmi sul cestino; Martina mi accolse beata salutandomi con un 'vivivivivi'. Non voleva più smettere, tanto era il sollievo di non sentirsi più sola nella notte. La posi dolcemente sotto la coperta termostatica: 'virrrr, virrrr'. Si addormentò subito, deliberatamente, e io feci lo stesso. Ma non era passata neppure un'ora (erano circa le dieci e mezzo), quando di nuovo risuonò il 'vivivivivi' interrogativo, e si ripetè la sequenza di cui sopra. E poi di nuovo alle dodici meno un quarto, e all'una. Alle tre meno un quarto mi levai e decisi di cambiare radicalmente la disposizione degli elementi nell'esperimento. Presi la culla e me la posi a portata di mano presso la testata del letto. Quando, secondo le previsioni, alle tre e mezzo si fece sentire il solito interrogativo 'io sono qui, tu dove sei?', io risposi nel mio stentato linguaggio di oca selvatica con un 'gangangangang' e diedi qualche colpetto alla coperta termostatica. 'Virrrr,' rispose Martina 'io sto già dormendo, buonanotte'. Presto imparai a dire 'gangangangang' senza neppure svegliarmi, e credo che ancor oggi risponderei così se, nel profondo del sonno, udissi qualcuno sussurrarmi sommessamente 'vivivivivi?'.
da L'anello di Re Salomone, di Konrad Lorenz (1949)

giovedì 29 luglio 2010

Il costo della scelta

Scegliere costa: http://en.wikipedia.org/wiki/Search_theory

E questo costo forse ci dice qualcosa anche sul ciclo economico: http://econlog.econlib.org/archives/2010/07/the_recalculati_2.html

Ma scegliere ci rende felici: Life goals and choices have as much or more impact on life satisfaction than variables routinely described as important in previous research, including extroversion and being married or partnered. http://www.bigquestionsonline.com/blogs/heather-wax/goals-religion-and-personal-choices-can-affect-long-term-happiness

sabato 24 luglio 2010

Due buone ragioni

Il matematico Antonio Ambrosetti ci parla dei saggi antireligiosi che sono tornati di moda in questi ultimi anni, Odifreddi, Paulos...

Questi autori si definiscono spesso come "matematici", ma la cosa andrebbe controllata.

Prendiamo Paulos, pur insegnando matematica non lo si puo' certo definire un "matematico": ha pubblicato pochissimo (due lavori), con scarsi riscontri e in ambiti diversi da quello matematico.

La sua attività principale consiste nella cura di testi anti-religiosi e nella partecipazione a dibattiti televisivi.

Il caso di Odifreddi non si differenzia granchè.

Ambrosetti prosegue spiegando quando una persona puo' definirsi "matematico": un laureato che insegna al Liceo o all' Università è fuori dal consesso. almeno quanto un laureato in economia che lavora in banca non puo' essere considerato un "economista".

Bisogna invece partecipare attivamente e con risultati di sostanza alla ricerca matematica. Non basta qualche lavoro estemporaneo.

Infine Ambrosetti spiega perchè le dimostrazioni matematiche hanno poco a che vedere con l' esistenza o l' inesistenza di Dio: ogni dimostrazione implica assiomi indimostrati e dipende da quelli. ma ci sono anche ipotesi e definizioni a complicare la faccenda.

Se non siamo tutti atei o tutti credenti non è certo a causa dell' irrazionalità dilagante, manca un accordo unanime su assiomi, ipotesi e definizioni. Per evitare di essere stucchevoli, meglio lasciar perdere le "dimostrazioni".

Da ultimo Ambrosetti spiega perchè il suo lavoro di matematico (vero) lo ha avvicinato alla fede.

I motivi sono essenzialmente due.

1. la ricerca matematica ci fa toccare con mano la finitezza delle nostre conoscenze: solo la mente divina possiede la conoscenza infinita.

2. la ricerca matematica ci fa toccare con mano la non arbitrarietà della nostra conoscenza: solo un Dio puo' star dietro e condividere un significato tanto forte.

Non si tratta di dimostrazioni matematiche, è vero, ma sono comunque DUE BUONE RAGIONI per cui un matematico puo' sentirsi chiamato verso la fede.

Antonio Ambrosetti, Giovanni Prodi, Ennio De Giorgi - e mi fermo qui - sono forse le nostre menti matematiche più creative ed hanno seguito proprio quel richiamo.

Tutto cio' è rassicurante.

Antonio Ambrosetti - la matematica e l' esistenza di Dio - Lindau

venerdì 23 luglio 2010

Il creazionista giuridico

Il creazionista giuridico crede che al di fuori della legge di governo ci sia solo il comando morale. Il diritto si occupa della prima, l' etica dei secondi.

Chi si oppone alla legge puo' farlo solo in nome dell' etica.

Cosa è in grado di provare l' infondatezza di questa posizione?

Innanzitutto il fatto che esistono fior di diritti senza governi.

Recentemente leggevo Moby Dick, in particolare le pagine in cui Melville si dilunga sul diritto che regola la caccia alle balene.

Non esisteva un "governo" dei balenieri, eppure esisteva un diritto. Il diritto che tanto appassiona lo scrittore si era sedimentato nella pratica concreta dell' esecizio di quella professione.

E non parliamo certo di "norme etiche": parliamo del diritto ad inseguire la balena per 8 miglia che acquisisce chi scaglia il primo arpione che attinge la bestia.

Si possono fare decine di esempi simili al diritto dei balenieri. Decisamente troppi per non considerare tutto cio' un' "overwhelming evidence" contro l' ipotesi del creazionista giuridico.

Per il creazionista giuridico non puo' esister un ordine giuridico senza un dio. Pardon, senza un legislatore che tenga tutto sotto controllo dall' alto.

Il creazionista giuridico non riesce a concepire che l' evolouzione relazionale tra i soggetti è in grado di produrre ordini sofisticati. Eppure disponiamo ormai di una lunga serie di esemplificazioni concrete. Quella che in passato poteva essere considerata un' ipotesi, oggi è poco più che una superstizione.

Un testo che esprime al meglio questi concetti è il classico di Bruno Leoni: "La libertà e la legge". Purtroppo per molti anni da noi il creazionista Bobbio ha oscurato l' evoluzionista Leoni.

Vorrei solo aggiungere una cosa.

A volte mi capita di auspicare che una certa legge giuridica possa venir trasgredita, anche se so in anticipo che cio' condurrà Tizio alla rovina.

Facciamo un esempio che ci capiamo meglio: auspico che l' uso della droga sia liberalizzato anche se so che in questo modo Tizio si distruggerà.

Francamente non penso che questo mio auspicio abbia natura etica, al contrario. Eppure sono pronto alla disobbedienza civile per perorare quella causa. Ma a cosa mi appello se non mi appello all' etica?

giovedì 22 luglio 2010

Macabri gioielli





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Come uccide l' italiano?

Per calcolo.

Occorre mandare segnali a destra e a manca, la colpevolezza della vittima è secondaria.

Per passione.

Occorre sfogare l' odio che inietta il sangue negli occhi, e che vada in malora il test kantiano dell' universalità.

Per disperazione.

Compromesso il valore supremo (la Famiglia), tutto è perduto e muoia sansone con i filistei.

Ma dove trovare un' adeguata illustrazione degli omicidi italian style?

Come vertice propongo "Fratelli" di Abel Ferrara.

mercoledì 21 luglio 2010

Discriminazione statistica

Tutto quel che c' è da sapere sul razzismo razionale.

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Arredamento carcerario

Come farsi una porta nel muro con uno specchio ad "L".

L' antimiracolo di Lourdes

Lourdes.

E' Dio ad essere muto o è il credente ad essere sordo?

Di certo tra i due, in questo lugubre film, la comunicazione sembra irrimediabilmente compromessa.

Se il black out di cui sopra fosse una presa d' atto, le simpatie dell' ateo sarebbero giustificate; se fosse un monito, ad essere giustificato è l' omaggio reso dai credenti che hanno premiato il film (pur senza colpi d' ala, resta dignitoso).

Ma forse non siamo di fronte ad un Dio muto: il miracolo c' è.

Forse non siamo noi credenti ad avere i sensi ottusi: il miracolo lo vediamo eccome.

Dio è pronto a rispondere, noi abbiamo orecchie per ascoltarlo...

... Purtroppo non abbiamo più bocche e cuore con la voglia giusta di "chiedere". La nostra ambizione di felicità si è debilitata e non va oltre Al Bano e& Romina.

I prodigi dell' Altissimo ci interessano relativamente: lui ci risolleva dalle carrozzelle... e noi ci ricadiamo pesantemente dentro, è troppo comodo farci spingere, è troppo comodo spingere.

martedì 20 luglio 2010

E la musica classica?

Mai stata così bene come oggi.


Perchè sono diventato anti-meritocratico

Perchè, gratta gratta, ho scoperto meglio cosa intendono per "meritocrazia".

Intendono "Meritocrazia".

C' è uno che non c' entra niente con te, chiamiamolo "burocrate", che ti "misura ufficialmente" e ti dice quanto vali. Quello è il tuo valore e nessuno deve metterci becco.

In un mondo del genere vige il Metodo Unico e le maiuscole abbondano: il burocrate deve essere chiamato Burocrate, la misurazione si scrive Misurazione; l' ufficiale è Ufficiale e il valore deve essere pensato come Valore.

Preferisco essere valutato dalle persone che mi vedono all' opera e per cui faccio qualcosa. Sarà una valutazione con la minuscola, varrà solo per quelle persone, ma io mi fido di più.

Al "Valore" preferisco il "valore", ma soprattutto al mondo che sta intorno al "Valore" preferisco il mondo che sta intorno al "valore".

Il pensiero di Dio "serve" anche a questo, serve a dire al "burocrate" che non abbiamo bisogno quaggiù di gente dedita alla costruzione della maiuscole.

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Come capire se non si capisce l' economia

Tizio e Caio vengono messi in isolamento, dopodichè a Tizio vengono dati 20 euro: dovrà proporre a Caio una ripartizione di quella somma. Se Caio accetterà, si terranno i soldi; in caso contrario se ne andranno a casa tutti con le pive nel sacco.

Di solito non si offre oltre il 50%, sebbene un' offerta di quel tipo sarebbe prontamente accettata. Considerando solo le offerte realistiche, le persone accettano per ripartizioni pari al 50% o di poco inferiori, altrimenti declinano e perdono tutto.

Il giochino è noto come "the ultimate game" e molti lo considerano come una prova sperimentale in grado di confutare la razionalità umana. L' uomo non sarebbe davvero come lo dipingono gli economisti.

Non mi interessa tanto l' ultimate game, quanto chi conclude come ho detto. Si tratta di un modo molto diffuso di equivocare il lavoro degli economisti.

Secondo chi interpreta come ho detto gli esiti sperimentali dell' "ultimate game", se raccolgo un euro da terra e lo restituisco al legittimo proprietario che se l' era perso, io sarei una persona "irrazionale".

L' attacco ai diritti

Come riconoscere chi minaccia più da vicino i diritti fondamentali dei cittadini?

In genere si tratta di gente dedita ad inventarsi un "diritto" al giorno.

Ieri il ministro Brambilla si è inventato il "diritto alle vacanze" per tutti.

[sito dedicato al buono vacanze]

lunedì 19 luglio 2010

Chi proibisce di più?



Per un libertario la tabella qui sopra è in qualche modo indicativa?

Non penso proprio, l' unica cosa che conta è il gradi di laicità che ciascuna religione è disposta a tollerare.

Tenuto conto del parametro fondamentale le cose potrebbero ribaltarsi.

Storia d' Italia

Limitiamoci alla storia finanziaria.

Limitiamoci alla storia dagli anni sessanta.

Limitiamoci ad una storia con un solo "cattivone" (il centro-sinistra).

Limitiamoci alla storia che più riesco a condividere.

Ecco, con tutti questi limiti, la migliore che riesco ad immaginare è all' incirca così.

Le puttane della lettura

Pagare gli studenti migliora le loro prestazioni?

Non si capisce bene: non sembra che chi legge un libro a pagamento abbia un profitto superiore rispetto a chi lo legge gratis.

Però chi è pagato è più probabile che legga rispetto a chi lo deve fare gratis.

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Questa pancia non è un albergo!

sabato 17 luglio 2010

La Classe

"Amici", il programma TV di Maria De Filippi, è tacciato di essere altamente diseducativo. Ne intuisco i motivi senza capirli appieno.

Dapprima si additava la competitività: lo strss ambientale che crea finisce per macinare i ragazzi.

Ma questa accusa non ha retto a lungo, aveva i piedi d' argilla.

Si è passati a qualcosa di più calibrato: il programma mostra l' allievo in perenne conflitto con l' insegnante. Le due

figure non ricoprono con chiarezza il ruolo canonico, questo puo' confondere e spiazzare il ragazzo che guarda ed assimila.

Però anche un film quotato come "La Classe" mostra allievi che si mettono sullo stesso piano dell' insegnante ed entrano in perenne conflitto con lui.

Come distinguere allora l' "autentico" dalla "spazzatura". Cos' è che "edifica" e cos' è che "mortifica"?

Non sarà mica solo un affare di "movimenti di macchina", spero?

La forma è davvero tutto? E se la forma non è tutto, aiutatemi a distinguere la sostanza.

Faccio la mia ipotesi: mentre nel film la selvaggia vis polemica viene da fuori e "La Classe" è un ambiente dove si cerca di arginarla/ordinarla/indirizzarla, nel programma TV si ha l' impressione che l' insolenza sia un prodotto endogenamente crato.

Ma una differenza qualitativa tanto abissale puo' fondarsi solo su "impressioni" tanto fuggevoli?

Nel frattempo propongo un passaggio su argomenti noti: la misurazione delle competenze.

venerdì 16 luglio 2010

La pecora verde




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Sine die

Fino a che età si possono ascoltare gli sfrigolii di DJ Rapture? Le musiche hanno una scadenza?

Non riesco francamente ad immaginare un settantenne alle prese con DJ, eppure, tanto per fare esempi, 40 anni fa non era certo concepibile un 50 enne concentrato su Pink Floyd o Jimi Hendrix, invece oggi è la norma più normale.

Ma senza andare tanto lontano, se vent' anni fa mi avessero fatto scommettere su quale musica avrei ascoltato vent' anni dopo, la chitarra anarco-punk di Andy Moor avrebbe goduto di una posta molto vicina allo zero.

E invece eccomi qua con il loro disco, Moor+Dj Rapture. Certa musica, per quanto brutale e avida di presente da deturpare, non ha scadenza, purchè si esponga senza paura a tutti gli influssi ancorandosi saldamente alla tradizione.



Oh, povera Holly, che brutta fine ha i fatto... lascia che versi una lacrima per te.

giovedì 15 luglio 2010

All' inferno fa davvero così caldo?

In Somalia, come sapete, dal 1991 regna l' anarchia.

Signori della Guerra, Corti islamiche, crimini, violenza... Ogni tanto il telegiornale ne parla.

Quel che non ci dice è che in Somalia si sta meglio rispetto a quando c' era il governo, e meglio anche rispetto a parecchi Stati governati che erano nelle medesime condizioni di partenza.

Il TG non lo dice, ma il Ben Powell versione 2006 lo diceva chiaramente:

Although Somalia is still poor, the ordered anarchy that has existed since the mid–1990s has actually translated into improved living standards

E lo ribadisce nel 2010 in formato podcast.

P.S. epitome del tutto è il passaggio sulle telecomunicazioni: l' esistenza di numerose zone off limits ha sviluppato una tecnologia wireless che non ha pari nel continente africano.

martedì 13 luglio 2010

Elogio del Senso Comune

Essendo un fan del "senso comune", Thomas Reid è forse il mio filosofo preferito, almeno tra quelli mummificati.

Tanto per cominciare gli scozzesi sono simpatici: parlano come fossero al bar e complicano le cose solo quando non ne possono fare a meno.

I tedeschi, ovvero i loro dirimpettai, sono professori che parlano a professori usando il gergo dei professori.

Il senso comune è quella facoltà della ragione per cui noi abbiamo accesso diretto ad alcuni dati della realtà. Vogliamo chiamarli dogmi?

Thomas Reid era ossessionato dall' ossessione dei filosofi di "dimostrare". Non riusciva a spiegarsela, ma perchè non la lasciavano ai matematici?

In particolare notava come i filosofi s' incaponiscono spesso a dimostrare l' ovvio, e questo quando andava bene, perchè molti erano animati dal sacro fuoco di voler dimostrare l' assurdo.

E' il senso comune a farci dire che se una cosa ovvia è ovvia e da lì che bisogna partire senza tante dimostrazioni a supporto. Ma ecco le sue parole:

When we attempt to prove, by direct argument, what is really self-evident,
the reasoning will always be inconclusive; for it will either take for
granted the thing to be proved, or something not more evident; and so,
instead of giving strength to the conclusion, will rather tempt those to
doubt of it who never did before.


Chi non coglie il punto presto o tardi fa la fine di Hume e finisce cotto nella padella dello scetticismo. In alternativa fa la fine di Kant, che nel disperato e lodevole tentativo di salvare baracca e burattini mette in piedi un enorme sistema filosofico zeppo di contraddizioni.

La filosofia del senso comune è una buona alternativa sia a Hume che a Kant, sia all' empirismo che all' idealismo. Ve la vendo volentieri. Comprate?

Reid è stato molto criticato, c' è chi ha fatto notare come l' opera della scienza sia una continua guerra al senso comune.

Penso che una critica del genere vada a vuoto poichè l' attività scientifica deve pur sempre partire da dati di senso comune, ovvero dogmi.

Qualcuno sostiene che se ci mettessimo nelle mani di Reid la terra sarebbe ancora piatta.

Ma perchè? Il fatto che la terra sia rotonda è perfettamente compatibile con il fatto che la vediamo piatta. Il senso comune ci porta ad affermare che la vediamo piatta, nulla di più.

Oso dire che se un essere venisse precipitato sulla terra all' improvviso e non ammettesse la sua "piattitudine", forse non avrebbe nemmeno le facoltà cognitive per scoprire domani che è (quasi) sferica.

L' empirista crede solo a quello che vede per cui se Giovanni butta Giorgio sotto il treno non potrà mai affermare che Giovanni è la causa della morte di Giorgio, questo per il semplice fatto che la "Causa" è un fenomeno invisibile.

Forti del senso comune superiamo con un saltello il crepaccio dove s' inabissa l' empirista.

Il senso comune ha come nemico solo se stesso: si sente minacciato solo quando entra in conflitto con un altro dato ancora più basilare del senso comune. Ecco allora che diventa legittimo rivedere le sue indicazioni.

La filosofia del senso comune ha un punto debole: come ci accorgiamo degli errori?

Alcuni trucchetti ci sono, ma l' obiezione di fondo resta.

La trovo comunque innocua: con un po' di rischio la vita diventa anche più bella! Se poi l' alternativa è quella di consegnarsi ad uno scetticismo ancor più arido ed improbabile.

Penso tutto sommato che Thomas Reid sia una buona guida per chi vuol fare escursioni sicure negli impervi territori della filosofia. Tra quei deserti e quelle foreste ci si perde puntualmente, se poi ci mettete le mille arguzie di professori annoiati che si divertono a confondervi... Ma voi fate un fischio, l' agile Reid arriva con il suo ufficietto portatile e in quattro e quattr' otto vi ricalcola le coordinate consenstendovi di procedere spediti.

... l' ufficio portatile di Thomas Reid

lunedì 12 luglio 2010

Land of Kush

Quando le bande di Sam Shalabi attaccano non promettono mai bene.

Il canone che sono chiamate a chiosare ha sempre l' aria di essere troppo rigido: un ritmo martellante che precipita presto in un' antivitalistica ipnosi, in una scabra parola che domanda solo obbedienza.

E' dura guidare un popolo nel deserto, l' unico comando che dà frutto richiede una spoglia semplicità al limite del crudele. E il deserto della metropoli non è molto diverso dagli scatoloni di sabbia che conosciamo.

Ma ecco che nei momenti più creativi la varietà dei commenti si muta in un' insospettata infiorescenza: vederla stagliarsi sulle dune è uno spettacolo. Il verbo desertico viene vivificato dalla frescura di un' oasi.



Un disco che comunque non riesco a promuovere.

LAND OF KUSH - Monogamy - Constellation 2010 -

Per percussioni ed orchestra



Il percussionista Martin Breinschmid esegue un pezzo del compositore Leroy Anderson (1908-1975): "Il dattilografo".

sabato 10 luglio 2010

Bambini fra le note

Il bambino urbanizzato di Casella gioca con un eccesso di frenesia. Sarà che gli resta poco tempo dopo la piscina e la lezione di scherma...



Il bambino campagnolo di Kodaly ha tutti gli oggetti legati al naso da un filo invisibile: ora guarda un falco veleggiare sui pollai. Ancora non si capacita di esser capitato dentro un mondo tridimensionale.



L' ingegnoso bambino di Mendelssohn smonta i giochi, separa le viti dai bulloni e conduce con lo scrupolo di un adulto le sue indagini...



Il bambino idolatrato del Klimperei vive sprofondato nei suoi giocattoli pensando che non esista altro, gioca solo in casa con il pigiama... sarà facile ingannarlo.



Il bambino vanitoso di Schumann gira come un galletto impettito per il cortile sperando che si noti la marsina nuova di zecca.



Robert Schumann - 12 Piano Pieces for Little and Big Children, Op. 85 - Jörg Demus (Piano), Norman Shetler (Piano) - Demusica

Ziltan Kodaly - 7. Children's, youth and female choruses - Cantemus, Dénes Szabó - Hungaroton Classic

Alfredo Casella - 11 pezzi infantili, Op. 35 - Sandro Ivo Bartoli (Piano) - ASV

Felix Mendelssohn - Kinderstücke for Piano Op. 72 - Benjamin Frith - Naxos

Klimperei - 25 songs looking for ears - acidsoxx

Sorridi!

La Mancuso fotografa Scurati.

venerdì 9 luglio 2010

Il fisco ideale in due mosse

Come costruirlo tenendo sotto controllo iniquità, inefficienza e sopraffazione?

Primo, l' imposta cardine dovrebbe essere sui consumi, cio' garantisce equità ed efficienza: comprime l' odioso arbitrio delle aliquote progressive e non colpisce la voglia di investire.

Purchè ci si ricordi sempre che IGE o IVA non sono imposte sui consumi.

Secondo, per ridurre l' incivile spionaggio fiscale (vera piaga del mondo moderno) ci si affidi a tributi indiretti. Il reddito sarebbe derivato presuntivamente da stime ed indici.

Oggi già esiste un redditometro (tiene conto di casa, auto, assicurazioni...) che viene calcolato a nostra insaputa. Ma si possono introdurre nuovi indici sempre più sofisticati: statura, IQ... purchè lo si faccia senza disturbare il contribuente.

Praticamente ho già finito.

Ricordo solo che i Consumi, ovvero l' imponibile, sono dati da Reddito meno Investimenti. Il Reddito è presuntivo e gli investimenti effettuati nell' anno devono essere documentati dal contribuente.

Accenno solo ad una conseguenza della riforma: sparirebbero d' incanto commercialisti, tributaristi e Agenzia delle Entrate. Basterebbero pochi catasti e un pugno di burocrati.

Le imprese nemmeno sarebbero tenute ad un bilancio fiscale.

C' è poi la questione delle aliquote: per non ricadere in pratiche estorsive direi che non si puo' andare oltre il 10% sul reddito. Penso che tutti pagherebbero volentieri lasciando la mancia.

Utopia? No, solo doverosa segnaletica per chi è in cammino e non sa che direzione prendere.

giovedì 8 luglio 2010

Rimetti a noi i nostri debiti

Un tempo, in questo periodo, sarei stato in spiaggia sulla sdraio, magari dopo un bel bagno, quando godi anche dell' afa, con la settimana enigmistica tra le mani e il naso che palleggia qua e là mentre scruta in alternanza un paio di vignette per scoprire cos' abbiano in comune.

In epoca adulta, invece, a palleggiare sono io, nella frescura di un treno pendolari. Guardo Magnolia e tento di scoprire il filo rosso che lega tutte le storie.

Tento di non farmi sviare dall' esordio programmatico della pellicola: non penso proprio che ci si limiti ad esporre i ricami del caso, per quanto spettacolari essi siano. Con il caso ci dobbiamo fare i conti, ok, ma non puo' esser tutto lì.

Tento di non farmi sviare dall' ovvio: sono tutte relazioni avariate tra padri e figli. Ma non puo' essere solo un catalogo di brutture.

Tento di non farmi sviare dalla Saretta: solo la lealtà conta e risolve. Non posso uniformarmi passivamente ad un' idea per quanto brillante.

Tento di non farmi sviare neanche da me stesso e dalla vocina nel film che dice "tu ti dimentichi del passato ma lui non si dimentica di te": cerco di spiegarmi.

Il film dura tre ore, per almeno due ore lo studi, ma poi devi concludere e verificare.

Io pensavo di averlo in pugno, avevo concluso che fosse un film sull' Anima.

Cos' è l' anima? Oggi mi alzo e so con certezza che sono la stessa persona di ieri, questa continuità esiste grazie all' Anima.

Chi rinnega la sua anima la paga cara, non creda.

Chi fa a fette la sua vita, e impacchetta le fette più sgradevoli credendo di farle sparire occultandole sotto il tappeto, non s' illuda, il passato torna alla guida di un bulldozer.

Ho guardato tanti film western e queste cose le so bene.

Una sostanza del genere godeva poi anche del supporto formale: tante storie tagliate a fette ed isolate, con l' arte registica in grado di farle interagire in una polifonia: ora la fuga si stringe (una sola immagine per racconto), ed ora si allarga (intere sequenze). Una musicalità avvolgente al punto di trasformare quell' insieme eteroclito in un tutt' uno, al punto da conferire un' Anima all' intero film.

Ma c' era pur sempre Stanley a non far quadrare i conti: un bambinetto, uno che non aveva "pezzi di vita" buttati che tornavano nella notte come zombi a visitarlo. Al limite, quei "pezzi di vita" se li stava vivendo proprio ora nella brutta storia che lo riguardava.

Stanley era una tessera che non entrava nel puzzle. Dicevo, fa niente, c' è sempre una tessera mal sagomata.

Ma poi vennero le rane. Così come Altman fece venire la scossa di terremoto, qui vennero le rane.

Vennero le rane a farmi cambiare idea, a farmela cambiare in senso quasi opposto: dopo le "rane" mi sono convinto che il passato non è tutto, che lo si puo' annullare o perlomeno ridimensionare.

Insomma, si puo' ricominciare.

A me, in piccolo, è successo: mentre litigo con un amico comincia a grandinare, ma parlo di chicci grandi così. Guardo la grandine, poi ci guardiamo per tornare a quella grandine pazzesca. Alla fine di quello strano fenomeno atmosferico, chissà perchè, non ho più voglia di litigare, sono tutto rilassato e pure il mio "nemico". Bene, sta smettendo, devo andare, alla prossima.

A volte una risata vale quanto grandine e rane. Dovete incontrare quel tale con cui avete da sempre rapporti molto tesi, ma nel corso dell' incontro a base di frecciatine succede qualcosa - lui inciampa buffamente, oppure alla tele danno un film di Toto' e una battuta surreale s' insinua tra voi - fate insieme una crassa risata del tutto casuale, la fate insieme e dopo sentite che non puo' e non deve essere più come prima.

A volte sono i micro-traumi a congiungere ancor più di una risata. Quando facevo l' istruttore militare dovevo andare alle quattro del mattino nelle camerate a dare un' immotivata sveglia con un paio di petardi. Era un trauma per tutti. Quel micro-trauma insensato vissuto insieme serviva per unire la truppa, per livellarla, per creare cameratismo. E funzionava di brutto. Cos' è un raudo sotto il letto alle quattro del mattino? Lo sappiamo solo io e il mio vicino di branda, c' intendiamo con un' occhiata e non riusciamo a dire niente in merito, tu non potrai mai saperlo.

Con le rane interpretate così si giustifica persino un difetto del film: la recitazione sovraeccitata, direi quasi "mucciniana". Serve per far esplodere meglio la bomba distrattiva dello straordinario, nonchè a diffondere la rilassatezza che ne è la conseguente radiazione.

Padre e figlio si confrontano senza considerarsi, chiusi nei propri dolori ed ostili come sempre. Cade la prima rana e già la linea del sopracciglio paterno muta leggermente, non ha più la stessa ostinata curvatura, quella curvatura che per i due era di dovere stando al reciproco cospetto; ora invece cambia, si addolcisce, forse si puo'...

Le rane sono il segnale: ora! Ora è il momento buono, il momento buono per cominciare o per ricominciare, approfittane, fallo, i tuoi debiti sono rimessi.

Un momento buono che grazie alla misericordia di chissà chi arriva sempre, anche in punto di morte.

La dinamica dei bilanci pubblici

Un' assurdità comunemente sostenuta è che l' evasione obbliga il contribuente onesto a pagare di più. Ma non è così. Gli oneri fiscali che vengono evasi o elusi non vengono assunti da altre persone. Se il mio vicino lavora in nero, le mie aliquote fiscali non aumentano.

Charles Adams

Da un punto di vista statico Adams è inappuntabile, ma da un punto di vista dinamico?

Anche.

Questo per la buona ragione che qualsiasi aumento di entrate viene inevitabilmente speso dalla politica, persino prima che si sia realizzato. Volete qualche esempio?

Se siamo arrivati a far spendere dal burocrate il 50% delle ricchezze prodotte quando un tempo non si azzardava oltre la soglia del 10%, un motivo ci sarà. Magari la retorica della "lotta all' evasione" un ruolo nello sfacelo ce l' ha.

mercoledì 7 luglio 2010

Alla ricerca del nulla

Dicono che la Ricerca, ancor più che la Sanità, sia un focolaio di spreco dei fondi pubblici. Forse si approfitta della prosopopea che molti montano ad arte intorno al concetto di "ricerca".

Certo che ascoltando Frati, rettore alla Sapienza, la tesi accresce la sua credibilità:

"Il 30% dei ricercatori a Giurisprudenza non ha prodotto nulla nell’ambito della ricerca scientifica, e in generale alla Sapienza il 10% dei ricercatori non ha prodotto nulla in 10 anni... Queste persone vanno cacciate dall’Università"

Fasciodemocrazia

Il decreto sulle intercettazioni mobilità i giornalisti a difesa della libertà d' espressione. I giudici si uniscono solerti alla lotta.

ma sentite questa.

Scrive Bartolomeo Di Monaco:

Lo confesso: a vederlo e a sentirlo parlare, quel Luca Palamara, il presidente cioè dell’Anm, dà una sensazione sgradevole. Ha una espressione troppo furba per potergli credere. Dovessi stipulare un accordo con lui, mi farei assistere (avendone i mezzi, e non li ho) dai migliori specialisti internazionali. E non sarei sicuro lo stesso...

Insomma, Di Monaco ci rende noto che secondo lui Palamara ha una faccia "da furbetto".

Palamara querela chiedendo 100.000 euro di risarcimento e facendo chiudere il sito.

A quanto pare Di Monaco non puo' pensare che Palamaro abbia la faccia da furbetto.

Pensare certe cose è reato. Riferire il proprio pensiero è un crimine diffamatorio, come se il pensiero di Tizio appartenesse a Caio.

Io, povero ingenuo, credevo che la diffamazione si configurasse come una truffa. No! E' una vero e proprio limite alla libertà di pensiero. Una delle tante continuità tra democrazia e fascismo.