lunedì 16 novembre 2009
Il prezzo del giornale
A pagarlo sono state queste righe che Galli della Loggia indirizzava in risposta a Gherardo Colombo:
... il dottor Colombo si intrattiene su quello che a suo giudizio sarebbe il carattere parziale e limitato della cultura che si insegna nelle scuole italiane. Perché, egli scrive, si tratterebbe esclusivamente della «cultura nord-occidentale», la quale, aggiunge, «manca, talora, di parti importanti del pensiero che non del tutto si confà con il cattolicesimo». In verità non capisco bene che cosa sia questa «cultura nord-occidentale». È per caso la cultura che partendo dalle radici greco-latine si è riversata poi nello stampo cristiano e attraverso l' Umanesimo, il Rinascimento e l' Illuminismo è arrivata fino a noi? Ma se è questa (dove però il Nord, mi permetto di osservare, c' entra come i cavoli con la merenda), quale altra cultura, mi domando, bisognerebbe secondo il dottor Colombo studiare nelle nostre scuole? E a quale altra cultura, del resto, appartengono i libri che solitamente pubblica la casa editrice Garzanti di cui il dottor Colombo stesso è Presidente? Alla cultura degli Inuit? A quella islamica? E quali sono, mi chiedo ancora, «le parti importanti del pensiero che non si confà con il cattolicesimo» che la cultura «nord-occidentale» insegnata nelle nostre scuole ignorerebbe? Lutero e Spinoza, Nietzsche e Freud, Marx e Darwin, Foucault e Lévi-Strauss mi pare che qualche posto ce l' abbiano. E allora? O forse tutto si riduce a un semplice cedimento alla voga anticattolica che oggi va per la maggiore in certi ambienti?
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mercoledì 11 novembre 2009
Tutta colpa di Dewey
Galli Della Loggia coglie perfettamente il punto quando parla di un’ideologia che concepisce la scuola non come luogo di istruzione ma luogo di educazione...la grandezza di una società liberale sta nel lasciare ciascuno “libero” di prendere la via che preferisce, dandogli lo strumento principe per tale scelta: la conoscenza.
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lunedì 9 novembre 2009
Istruzione, cultura, sapere, competenza, educazione.
E' un articolo che prende duramente posizione contro la recente decisione di introdurre nelle scuole un' ora di Cittadinanza e Costituzione. Roba seria, che fa media, mica l' "educazione civica" incorporata con altre materie. Roba voluta dai paternalisti progressisti, questa volta in salsa Cattolica nella persona del prof. Corradini. La sventurata Gelmini rispose apponendo inconsapevole la propria firma.
Perchè opporsi, secondo il Galli?
Per non scambiare la scuola pubblica con un "percorso formativo"; la scuola non deve conferire identità ma solo gli strumenti per costruirsela liberamente.
Deve essere una scuola dei saperi, dove si torni ad imparare, dove l' unico valore sia la cultura. Non deve dunque educare, nemmeno ad essere un buon cittadino. Che non osi. Queste funzioni sono assolte da famiglie e scuole private (applausi).
La bontà della nostra Costituzione, per questa via, assurgerebbe a verità scolastica, alla pari dell' uno-più-uno-uguale-due. Sbagliato. E sommamente pericoloso.
La visioni del Galli seduce, non c' è che dire, chiama ad un approfondimento. Ma funziona? Puo' esistere in natura qualcosa che tenda in quella direzione? Lo spero.
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Israel sul trittico conoscenza/abilità/competenza: link è anche un' ottica diversa: la formazione finalizzata crea "motivazioni"; la motivazione è un ingrediente essenziale per combinare al meglio abilità e conoscenze e produrre quindi una competenza. Ok, ma questo è piuttosto un argomento per liberalizzare la scuola che non per l' indottrinamento unico.
martedì 3 novembre 2009
La sveglia
Ottimo! Sarà difficile per gli ambienti cattolici non udire il trillo argentino di questa sveglia! Speriamo li ridesti dal sonno inciucista (vedi ora di religione) di questi ultimi anni e li riconduca su uno dei pochi fronti in cui hanno sempre combattuto come vera "avanguardia" di libertà; parlo naturalmente della lotta per dare anche da noi un ruolo centrale alla scuola privata.
mercoledì 14 ottobre 2009
Cosa deve fare la scuola
La scuola deve sollecitare domande di senso o insegnare dei metodi per risolvere problemi concreti?
La scuola deve instillare valori o deve far "apprendere come apprendere"?
La scuola deve presentare una visione del mondo o deve proporre un sapere operativo?
La scuola deve educare o formare?
La scuola deve trasmettere un sapere disinteressato o un sapere che si confronti con i problemi della realtà?
La scuola deve trasmettere un sapere qualitativo o un sapere in qualche modo quantificabile?
La prima ipotesi è fortemente sostenuta dalla CEI in questo libro, la seconda rappresenta la vulgata oggi di gran lunga dominante.
La visione della CEI parte dall' osservazione che l' Uomo è un soggetto di libertà e non un uomo-macchina che agisce secondo procedure determinate.
Questa distinzione non puo' comunque essere decisiva, poichè l' Uomo è entrambe le cose.
Ancora pieno d' incertezze, esprimo la mia idea sul tema: la visione educativa della CEI probabilmente è più vicina alle mie corde, ma poichè si è fatto della scuola un bene pubblico che solo una "burocrazia" centralizzata è in grado di produrre, la seconda visione s' impone necessariamente per evitare degenerazioni. I motivi sono ovvi: ad un sistema burocratico è applicabile qualche incentivo solo se le prestazioni sono misurabili oggettivamente.
Attenzione a non intendere il riferimento ai "burocrati" in senso dispregiativo; in realtà ho in mente gente a cui non resta che incentivarsi mediante l' autoresponsabilizzazione. Giù il cappello quindi a chi ci riesce, mi chiedo solo se un sistema dove l' autoresponsabilizzazione riveste un ruolo tanto centrale potrà mantenersi su alti livelli a lungo?
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martedì 13 ottobre 2009
Come valutare un docente universitario?
Per valutare l' ateneo esistono criteri meno problematici: per esempio si guarda alla sistemazione lavorativa dei laureati che sforna in relazione al numero di matricole che iscrive.
martedì 15 settembre 2009
Offensiva contro la charter school
Tolleranti alla riscossa. Nuove vite blindate in arrivo?
La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia. In realtà, l'artefice dietro le quinte di essa, il puparo, è
l'ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta...Chi è Giorgio Israel?...Ti è venuto il prurito a leggerne il cognome?
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mercoledì 9 settembre 2009
Ora di Religione
E per quale motivo? Innanzitutto per lo stesso motivo per cui preferisco che mio figlio conosca gli affluenti del Po' piuttosto che quelli del Brahmaputra.
Secondo poi... bè, lasciamo perdere.
Eppure, lo sappiamo bene, qualcuono opina su questo punto come su molti altri relativi ai programmi scolastici.
E allora?
E allora W l' autonomia, purchè responsabilizzata.
Che ciascun fornitore scelga cosa offrire e ne sopporti le conseguenze.
Più facile di così.
lunedì 7 settembre 2009
Quando l' Apartheid funziona
La Harris risponde ai dubbi di una vecchia discussione: classi separate no; classi separate ed isolate sì.
Quando l' Apartheid funziona
La Harris risponde ai dubbi di una vecchia discussione: classi separate no; classi isolate sì.
venerdì 24 luglio 2009
Scuola: tentativo di discorso articolato
- Qual è la funzione della scuola? Trasmettere cultura.
- Cos' è la cultura? Un sapere utile nel tempo.
- Cosa deve intendersi per "sapere utile"? Un sapere che realizza l' individuo emotivamente, socialmente ed economicamente.
- Per quanto ne sappiamo ora, cosa predice al meglio la realizzazione socio-economica-affettiva dell' individuo? IQ e Big Five.
- Che influsso ha la genetica su questi fattori? Più alto di quanto si creda comunemente, specie per l' IQ.
- Quanto incide la scuola su IQ e Big Five? Non molto, specie nel primo caso. Deve comunque agire presto. Ancora prima di presto.
- Come dovrebbe diventare la scuola pubblica, date queste premesse? Un meccanismo selettivo piuttosto che formativo.
- E per la residua parte formativa come si dovrebbe agire, almeno nei primi anni? Puntare sui contenuti piuttosto che sull' abilità a pensare. Più sul "cosa" che sul "come".
- E più avanti? Puntare sul sapere specialistico piuttosto che su quello interdisciplinare.
- Perchè? Perchè IQ ha una radice genetica forte ed è meglio non sprecare lì troppe risorse. Un bambino riceve più aiuto se impara le cose giuste. Cio' diventa ancor più vero nel proseguo della sua carriera scolastica.
- Meglio non perder tempo nemmeno con i Big Five? Su quel versante qualcosa in più è giustificato. Ma considera che concentrarsi sui contenuti favorisce la memorizzazione e cio' incide positivamente sul Big Five ai nostri fini più importante: "scrupolosità&perseveranza".
- E il resto? Fare della scuola un ambiente amichevole e motivante, non sarà mai una perdita di tempo.
- Arriveremo mai ad una scuola del genere? No, è una scuola che costerebbe 1/3 di quella attuale. Una democrazia non puo' permettersi risparmi del genere.
- Come possono non emergere verità tanto elementari? Colpiscono gli interessi della classe docente, ovvero di quel gruppo di persone in grado di mettere in campo la retorica più convincente a loro difesa.
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giovedì 16 luglio 2009
Perchè siamo diventati quel che siamo?
Do' le percentuali: 45-5-50.
Spiego la mia scelta: è quella che meglio si puo' giustificare in base ai fatti, il resto non conta.
Bene, divagando qua e là, sarebbe bene ragionare tenendo per ferma questa premessa.
E il libero arbitrio in tutto cio' non c' entra nulla, mi raccomando.
martedì 14 luglio 2009
Laurea insensata
Per la maggior parte delle persone il problema non si pone, un solido pregiudizio parla per loro: no! E' semmai vero il contrario.
Qualcuno approfondisce e giunge al "no" canonico con buoni argomenti.
Ma molti cominciano a sussurrare di sì!
Beninteso, parliamo di istruzione superiore: intraprenderla rende allo studente in termini di compensi (college premium)- specie all' estero - ma rende ben poco in termini di produttività. La società non trae vantaggi dalla massa di "laureati". I fatti parlano chiaro, la preparazione di chi lavora difficilmente puo' dirsi un frutto degli anni dedicati allo studio.
Il fatto è che "studiare" serve per farsi un' "immagine" più che per coltivare le proprie competenze. Insomma, frequentare certi corsi "fa figo", come indossare certe griffe. Anche la ditta imbottita di laureati e "masterizzati" strapagati la si spiega solo pensandola intenta a coltivare il proprio look. L' alternativa è che siamo di fronte a degli stupidi che buttano i loro soldi.
Gran parte dei nostri "universitari" potrebbe essere immediatamente dirottata senza danno nel mondo del lavoro. Detto sottovoce: sono anche individuabili abbastanza facilmente e senza grandi costi (a 16 anni IQ e test psicometrici sono ottimi predittori del futuro di questi ragazzi).
La mia esperienza è abbastanza conforme a quanto detto: nella sostanza le mie competenze e la mia intelligenza sarebbero le stesse anche senza nessun studio superiore. Volendo essere meno drastici diciamo che tutto si sarebbe potuto ridurre a qualche mese di frequenza. Eppure sono i miei titoli a garantirmi certe entrate. C' è anche un minimo di deferenza se sciorino il mio curriculum. Mi chiedo solo perchè gli altri abbiano dovuto pagare la mia Università solo per consentirmi oggi di avere un po' più di autostima e di indossare un "abito" più elegante.
P.S. Teorie alternative: Università come agenzia matrimoniale, Università come indottrinamento. Università come marchio.
P.S. link
P.S. contro la "visione romantica" di katz e Goldin.
giovedì 9 luglio 2009
Metafore improprie
In questo articolo Giorgio Israel sembra attaccare l' autonomia scolastica. Solo quella "spinta" (anarchia) naturalmente, quella che è un male in sè, un modo per avere ragione a priori.
Per me comunque lo fa prendendo una cantonata sulle metafore.
Perchè mai dovrebbe istituirsi un parallelo con la politica, innanzitutto? Ma poi la parentela tra "autonomia scolastica (spinta)" e "democrazia diretta"?
La "democrazia diretta" è un modo per aggregare le preferenze compatibile anche con sistemi centralizzatissimi, anzi, totalitari!
Se proprio si cercano abbinamenti, l' "autonomia scolastica" andrebbe collegata con il "federalismo". Ma forse la soluzione federale funziona troppo bene e la gaffe sarebbe stata inevitabile.
lunedì 29 giugno 2009
La cultura dei quiz
D' altronde la valutazione qualitativa espressa dagli insegnanti si presta ad obiezioni insuperabili: chi controlla i controllori laddove non c' è concorrenza?
Che fare? Si potrebbe passare ai fatti instaurando una competizione tra i sostenitori dei due approcci: quale valutazione è più predittiva del rendimento universitario futuro dell' allievo, il SAT o la valutazione finale della scuola superiore così come è espressa dagli insegnanti?
Non conosco l' esito, mi insospettisce però che all' atto dell' ammissione, le varie Università diano sempre più peso al SAT. Perchè dovrebbero farlo se ci fossero responsi più affidabili.
Ci sono poi studi che confermano il maggiore potere predittivo dei giudizi quantitativi.
fare riferimento all' Università è buona cosa? Fortunatamente la reputazione di un' Università è un asset non trascurabile, anche perchè agiscono in ambito più competitivo e più interconnesso con il mondo del lavoro.
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Le discussioni in questo ambito sono interminabili. Sarebbe bene non proseguirle allo sfinimento finchè chi è coinvolto non motivi il rifiuto ad accettare scommesse quale quella di cui sopra
lunedì 15 giugno 2009
Neo-meritocrazia
Non sono incentivi da poco ed è sempre un bene se lo studente meritevole riceva un premio; non devono essere premi importanti, piuttosto premi che "faccia figo" desiderare. All' inizio dell' anno potremmo distribuire enciclopedie in alcune classi e sigarette in altre lasciando che gli studenti si iscrivano alla classe che desiderano.
giovedì 11 giugno 2009
Stress da srutinio
Non sono tensioni da sottovalutare, a volte producono uno strazio paragonabile a quelle sopportato in trincea dai ragazzi del novantanove.
C' è poi un altro problemino: scale diverse di valutazione comportano una perdita di informazioni.
Soluzione: dare a ciascun insegnante un budget di voti da distribuire agli alunni.
Raffinamento: distribuire un budget anche per dare un voto alle classi nel loro complesso. Oppure, fissare la possibilità di uno scambio dei voti tra insegnanti, purchè ciascun insegnanti rientri dal suo debito (o credito) entro tre anni.
Gli inconvenienti sono molti. Ma senza questo accorgimento sarebbero di meno?
giovedì 28 maggio 2009
Diplomati e dropout...
workers with below high school education are perfect substitutes for those with a high school education
martedì 3 febbraio 2009
"Buoni" o "Imparati"? Costituzione o tabelline?
Per sapere a che serve la "scuola di Stato" puo' essere utile sapere a che serve lo "Stato".
Un adagio risaputo recita che l' uomo lasciato a se stesso ha vita breve, brutale e misera. Lo spiegò con dovizia di particolari il geniale teorico dei governi assolutisti: Hobbes.
Detta così è facile saltare a conclusioni indebite: ma quanta cattiveria in questa bestia selvaggia che è l' uomo! E quanto genio sprigiona invece se un benevolo monarca si prende cura di lui sottraendolo al darwinismo sociale!
In effetti il tritacarne del darwinismo sociale, anche se rivalutato qualche secolo dopo, non ha mai goduto di buona fama. Si è sempre pensato che alimentasse egoismi e, quindi, l' autodistruzione della comunità.
In realtà diana ci ha spiegato che non è così, anzi, l' uomo allo stato di natura sviluppa anche sentimenti altruistici, forme forti di simpatia verso i suoi simili, l' uomo lasciato a se stesso, tramite l' evoluzione naturale, rinvigorisce anche il suo spirito etico. Dal "tritacarne" esce pure un istinto fondamentale: l' immedesimazione con l' altro e la disponibilità a comprenderlo. A che serve più allora il nostro benevolo monarca?
Se le relazioni con il prossimo si limitassro a dover dosare altruismo ed egoismo, una bella anarchia sarebbe sufficiente, sa produrre entrambi gli ingredienti mettendoli a disposizione di tutti. Ma la cofigurazione dei rapporti non si esaurisce purtroppo in questo dosaggio.
Liofilizzando intere biblioteche tento di ridurre a due le relazioni interpersonali possibili:
Fattispecie lineare: osservo il mio prossimo agire e giudico le sue sensazioni, i suoi pensieri ecc. Lo faccio come se fossi lo spettatore di un film; sulla base dei miei giudizi agisco nei suoi confronti;
Fattispecie speculare: osservo il mio prossimo sapendo che agirà a seconda del giudizio che mi formo su di lui, proprio come faccio io nei suoi confronti. E in queste condizioni sono chiamato a deliberare.
La prima parte di questo intervento l' ho scritta per rassicurare tutti allorchè si rientri nella prima fattispecie. Gli scetticici non temano assalti o azioni brutali; per quanto le eccezioni siano parecchie, saprò nel complesso adottare decisioni rispettose che non destabilizzeranno l' equilibrio comunitario. In fondo al cuore sono più o meno simpatetico con il mio prossimo (mica è un vanto, me l' ha detto Iacoboni).
La seconda fattispecie invece è tremenda. Purtroppo in quel caso l' esito felice non dipende più dalla mia bontà. Se si va a fondo (cosa qui impossibile, ma si può sempre chiedere alla beautiful mind di Nash) si scoprirà che due persone mediamente buone (non parlo dei santi) potrebbero finire a legnate sulla testa. Una mega rissa tra "boni de core", e la società affonda.
Per capire un po' meglio cosa intendo con la seconda fattispecie faccio solo un puerile esempio formale (famoso però perchè oggetto di memorabili studi): quando esco alla sera mi piace frequentare locali che non siano troppo affollati, d' altro canto vorrei evitare anche il "deserto", è proprio deprimente. Sapendo che paraticamente tutti in città hanno questa esigenza, in quale giorno della settimana programmerò le mie uscite?
Ogni cittadina sviluppa dei suoi segnali per dare indicazioni. Mentre il MIT batteva a tappeto la Frisco Bay in cerca di lumi, io ricordo che nella Mondovì di quand' ero militare si usciva misteriosamente il Giovedì sera (i motivi non sono stati mai appurati).
Inutile comunque arrovellarsi, una soluzione razionale non esiste. Però un problema del genere serve a dar conto razionalmente dell' esistenza di tradizioni, simboli, mode, rituali... e anche del monarca! (il "benevolo" puo' ora finalmente cadere).
Un governo serve per "coordinarci", non per farci diventare più buoni (a quello ci pensano i neuroni specchio di Diana e Iacoboni). Avete capito adesso perchè brandire la Costituzione in classe come il decalogo del Monte Sinai non mi piace? Perchè la scuola di Stato ha un' altra funzione. Siamo già "buoni", dobbiamo diventare "imparati".