sabato 8 dicembre 2007

Quello che resta

Un libro sulla dolorosa esperienza dell' aborto. Si scopre come il dolore sia onnipresente: prima (si sapeva), durante (si sapeva), dopo (non si sa abbastanza!!).

Una volta richiuso il libro, resta molto.

Per esempio la singolare impostazione: non si contesta il diritto a scegliere, si constata il peso schiacciante di quella scelta.

L' introduzioni militante di Francesto Agnoli. Il sacro fuoco di un talento consegnato alla causa ravviva la lettura, qualsiasi siano le nostre opinioni.

"Scegli tu", ed è l' inizio dell' inganno"

Sta scritto sul portale d' accesso al libro. Una bella provocazione per chi ha sempre pensato alla scelta come fattore moltiplicativo delle opportunità.

Il pensiero della donna ci smentisce, l' incertezza ha la prerogativa di tramortirle:

"...passivamente mi facevo guidare, mi faceva comodo che ci fossero altri
a pensare per me, visto il mio stato di apatia..."

"...divenni insicura e autolesionista..."

"...ma possibile che nessuno riesca a gioire per la mia
gravidanza?..."

"...sono stanca...sono stanca di sentire che tutto pesa sulle mie
spalle..."

"...stanotte non dormirò, già lo so..."

Sembra quasi un grido di dolore per richiamare uno Spirito guido. I miracoli dell' "opportunità" si dissolvono appesantiti come sono dalla responsabilità che porta sempre con sè. Anche l' economista rifletta.

L' assenza dei padri

Altro capitolo d' interesse in cui viene data la parola allo psicologo Claudio Risè.

"...la figura del Padre è sata in Occidente separata dalle sue funzioni
educative e sociali...i prevedibili risultati sono evidenti: insicurezza e
difficoltà di iniziativa nei figli, incapacità ad accettare il principio di
autorità, solitudine e fatica nelle donne madri..."

"...chiedo che al padre sia consentito di assumere le responsabilità che
gli toccano in quanto co-autore nel processo produttivo, per il bene dei figli e
della società..."

Nessuna proposta concreta ma premesse accettabili che rappresentano un riflusso della marea dominante.

La gravidanza come la più vergognosa delle professioni

Un' iperbole ma che ha avuto il suo diritto di cittadinanza. Usciva con disinvoltura dalla forbita bocca di Katherine Mansfield.

Fa parte del bel capitolo di chiusura incentrato sui significati che nella nostra cultura ha assunto il concetto di maternità.

I nemici sembrano essere, oltre alla Mansfield: un certo femminismo, Nietzsche (che non manca mai) e Stirner.

Niente paura, a nostra difesa e a difesa della Madre possiamo schierare niente po' po' di meno che: Martin Buber, Emmanuel Levinas e Paul Ricoeur. Oltre, evidentemente, a GPII.

...passivamente mi facevo guidare, mi faceva anche comoto che ci fossero
altri a pensare per me, visto il mio stato di apatia...

...divenni insicura e autolesionista...