Visualizzazione post con etichetta effective altruism. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta effective altruism. Mostra tutti i post

giovedì 10 maggio 2018

MIGLIORA IL TUO ALTRUISMO.

MIGLIORA IL TUO ALTRUISMO.
Ci sono tanti modi per essere buoni e beneficiare l’umanità, ci si puo’ per esempio dar da fare per scoprire una cura del cancro o un modo di produrre energia pulita, in alternativa si puo’ condividere la nostra fortuna con gli altri. La cosa positiva è che comunque noi “vogliamo” essere buoni, almeno a parole l’intento di “dare” appartiene a tutti… a tutti tranne che agli economisti, di solito visti come gretti ed egoisti. Concetti come quello di PIL o espressioni come “massimizzare i profitti” non godono di una buona reputazione. C’è anche chi - Joel Waldfogel – se l’è presa con il Natale e i suoi sprechi occulti: solo negli USA l’economia perderebbe ogni Natale 4 miliardi di dollari. Come se non bastasse nei laboratori sperimentali degli psicologi si registra il maggior egoismo di chi studia l’economia. Alla domanda: “cosa economizza un economista?”, D.H. Robertson rispondeva sarcastico: “l’ammmmore”.
Ma questa diffidenza sull’ animo degli economisti è mal riposta, se danno tanta importanza all’egoismo è solo perché in questo modo è più facile creare dei modelli, solo una questione metodologica e nulla più quindi. La loro opera, al contrario, puo’ aiutarci ad essere degli altruisti migliori, degli altruisti che, almeno quando decidono di donare, pensano realmente al bene degli altri anziché al proprio, che pensando a “fare del bene” anziché a “sentirsi bene”. Nessuno meglio di un economista puo’ spiegarci, per esempio, come fare l’elemosina.
Alcuni critici sono fissati sul fatto che l’elemosina crei “dipendenza”, tuttavia questo è un problema secondario: nel mondo ricco un euro vale pochissimo mentre nel mondo povero vale tantissimo, in casi del genere donare comporterebbe comunque un piccolo sforzo contro il grande beneficio che produrrebbe. Il dono continuato, e quindi anche la dipendenza da elemosine, non rappresenta di per sé qualcosa di preoccupante. L’economista però ci fa notare che il mercato dell’elemosina è estremamente concorrenziale, tutti possono entrarvi liberamente da un giorno all’altro senza licenze né autorizzazioni, cio’ significa che non appena si crea una rendita viene subito “esaurita” dai nuovi ingressi. Tradotto: dando a chi chiede – ovvero a chi partecipa attivamente all’economia dell’elemosina - si rischia di fornire un sollievo effimero oggi al costo di una pena maggiore domani: elemosinare è infatti un lavoro già molto duro, se poi diventa redditizio la concorrenza sarà presto ancora più spietata, la gente ingolosita, tanto per dire, si farà mutilare pur d’imporsi (fino a poco tempo fa in India molti chirurghi denunciavano la forte domanda di mutilazioni artificiali) . Meglio allora dare a chi non chiede, a chi non se l'aspetta, a chi non partecipa attivamente al mercato delle elemosine. Ciò comporta però due difficoltà per la persona generosa: primo, bisogna aver cuore di negare a chi chiede; secondo, bisogna attivarsi e cercare i bisognosi che non chiedono. Non è facile, nella mia città ho in mente qualche vecchietta trasandata che gira con aria smarrita per il centro ma, personalmente, trovo più sicuro dare a chi dorme per strada, in questi casi basta mettere tra i cartoni la banconota e riservare così al barbone di turno un piacevole risveglio (una tantum).
AMAZON.COM
One of America’s most respected economists presents a quirky, incisive romp through everyday life that reveals how you can turn economic reasoning to your advantage—often when you least expect it to be relevant.Like no other economist, Tyler Cowen shows how economic notions—such...

sabato 14 ottobre 2017

Far bene del bene


Far bene del bene


Volete far del bene?
Occupatevi innanzitutto di cosa è bene occuparsi.
Qual è il problema più importante che abbiamo?
Tre criteri possono aiutare.
1. La scala
Occupatevi di problemi che si presentano su larga scala.
Difficilmente il candidato riguarderà i paesi ricchi dove abitate: siamo una minoranza irrilevante rispetto alla popolazione mondiale.
C’è gente ossessionata dallo stand-by del televisore, oppure dal coperchio da mettere sul pentolino quando bollono le patate. Inezie trascurabili.
Il nostro intuito non ci aiuta nel valutare l’entità di un problema: se una petroliera fa naufragio spendiamo per salvare 2000 uccelli imbrattati quanto basta per salvarne 20.000 finanziando programmi standard. La scala del nostro intervento ci sfugge.
Ci interessa il “qui ed ora”, ma nel “qui ed ora” il bene possibile è minimo.
Leggere meno i giornali – il trionfo del “qui ed ora” – fa bene al “bene”.
Lasciate perdere il cancro e dedicatevi piuttosto ai vermi parassiti che colpiscono molte più persone e hanno cure efficaci.
2. L’interesse
Il problema più importante è un problema negletto. Quelli su cui l’attenzione è vigile hanno già una schiera di adepti indaffarati.
Possiamo declassare questioni come il riscaldamento globale, di cui si parla un giorno sì e l’altro pure.
Ai problemi di salute nei paesi ricchi si dedica già una miriade di medici, inutile unirsi alla folla. Molto meglio guardare ai paesi poveri.
Quanta più gente si dedica ad un problema, tanto meno è probabile che voi facciate la differenza.
E’ come raccogliere i frutti da un albero: se altri sono già passati di lì probabilmente non ci sarà più nulla da raccogliere nei rami bassi, dovreste avere inusuali doti di arrampicatore per contribuire in modo significativo allo spoglio.
I problemi più negletti sono quelli che si manifestano raramente. Faccio un esempio: l’impatto di un asteroide con il nostro pianeta sarebbe realmente disastroso, ma poiché non ci sono precedenti vicini nessuno se lo fila e i “frutti bassi” abbondano.
Anche qui ripeto l’ovvio: leggere meno i giornali – il trionfo del male modaiolo -fa bene al bene.
2. La soluzione
Dare la precedenza ai problemi facili da risolvere.
Ridurre la criminalità giovanile è impresa ardua, non abbiamo una ricetta. Meglio lasciar perdere.
I crimini passionali non rispondono bene alla deterrenza, come affrontarli? Boh. Penso alla violenza sulle donne, come affrontarla? Magari bastassero pene più pesanti. L’unica cosa razionale da fare è far scivolare questi problemi in secondo piano nell’agenda del benefattore.
Ci si dedichi piuttosto alla malaria installando nuove zanzariere: è un’operazione facile ed efficace fin da subito nel salvare vite umane.
Un problema diventa più meritevole quando è facile da risolvere.
***
Sulla base dei tre criteri isolo sei questioni da mettere in cima all’agenda.
***
1. Sanità globale
Dopo quanto detto capiamo tutti che l’unica sanità sulla quale vale la pena investire è quella del terzo mondo, magari procurandosi le risorse tagliando la nostra.
Lo sapevate che ogni anno muoiono tre milioni di persone in meno per diarrea rispetto a 40 anni fa? Di fronte a successoni del genere direi che vale la pena di insistere e darci dentro.
Vaccini, antibiotici, cibo e acqua salubre… questa è roba che serve sempre.
2. Future generazioni
Noi siamo assillati sul presente e il secondo principio ci impone di concentrarci su ciò che è negletto.
Nessuno è più negletto di chi non esiste, per esempio le “future generazioni”.
Prevenire la sofferenza di una persona ora è 100 volte meno efficace che prevenire la sofferenza di 100 persone tra 100 anni.
Chi non esiste non vota e non puo’ far sentire la sua voce. Per questo la sua “non voce” deve essere per noi più stentorea di qualsiasi voce reale.
I problemi di chi non esiste sono molto astratti, inadatti ad essere colti dai “buoni superficiali”. Occorre una “bontà profonda” per intercettarli: un  problema astratto non crea empatia, non richiama aiuti.
Le future generazioni saranno oltretutto più numerose delle nostre vista la tendenza della popolazione mondiale a crescere, e qui interviene il primo principio.
C’è chi pensa che il miglior modo per aiutare il mondo sia metter via un lascito vincolato a 100 anni lasciandolo a disposizione delle generazioni future. Non è un’idea peregrina: cento anni fa questo genere di aiuto sarebbe senz’altro stato tra i più meritevoli.
3.Biosicurezza
Vi ricordate quell’inchiesta giornalistica in cui tramite internet ci si procurava dei segmenti di DNA del virus del vaiolo? Assemblati opportunamente e inoculati in 10 persone avrebbero ucciso 10 milioni di vittime, a detta degli esperti di salute pubblica.
Il problema delle pandemie future si candida ad essere tra i più seri e negletti.
Nel prossimo secolo potrebbero morire più di 100 milioni di persone a causa della mancata biosicurezza.
All’anno oggi spendiamo circa 300 miliardi di dollari per fronteggiare il riscaldamento globale e 1 miliardo per prevenire le pandemie.
Quello della biosicurezza è un problema su cui si puo’ agire: regolamentare i laboratori, predisporre kit pratici di diagnosi sul posto…
4 Intelligenza artificiale
Probabilmente il prossimo secolo vedrà una svolta nella storia umana di entità pari a quella della rivoluzione industriale: l’intelligenza artificiale sembra alle porte.
Come minimizzare i rischi di catastrofe? L’umanità potrebbe essere schiavizzata dagli emulatori! E’ il cosiddetto “control problem”.
Affrontare il “control problem” è un filone di ricerca importantissimo quanto al momento negletto.
Merita sforzi maggiori.
5. Prediction market
Gran parte dei problemi che ci colpiscono derivano dal fatto che la politica sceglie male.
In particolare è la democrazia sceglie male, i politici democratici sembrano spesso folli continuamente vittime di derive populiste.
Quale alternativa proporre? L’idea dei “prediction market” sembra allettante, si tratta di vincere l’apatia e le resistenze di casta.
Ce ne sono altre, uno sforzo in questo senso è quanto mai prezioso.
5. Meta
Ricordate quella barzelletta?: Poiché avevo 99 problemi ho capito che era necessario stabilire una priorità. Ora ho 100 problemi.
Ebbene, il centesimo problema è senz’altro il più impellente, quello che merita più attenzione.
Come capire l’importanza di un problema? Questo è il problema più importante.
Piuttosto che donare ad una ONLUS che “fa”, donate ad una ONLUS che valuta quel che fanno le ONLUS. Piuttosto che donare a chi si impegna su un problema urgente, donate a chi valuta quali sono i problemi più urgenti.
6. Immigrazione
La libera immigrazione è il programma anti-povertà più efficiente mai concepito.
L’immigrato medio migliora in modo spaventoso la sua condizione materiale e, quando si integra, acquisisce anche una mentalità più appropriata.
Le sue rimesse al paese di origine (anche quelle immateriali in termini di mentalità) sono un ulteriore sollievo per l’umanità.
Il problema dell’ “aiutarli a casa loro” è che l’abbiamo già fatto ripetutamente nella storia post-coloniale e abbiamo fallito ripetutamente. Aiutarli facendoli venire qui invece funziona. Insistiamo con la soluzione che funziona anziché con quella fallimentare.
E poi ci sono molti modi per farlo.
Esempio: molti piani regolatori limitano l’edificabilità facendo schizzare i prezzi delle case, specie nei quartieri di lusso. Si tratta di un trasferimento di ricchezza ex-lege dai nullatenenti ai proprietari. I primi vengono espulsi dal cuore della città che è anche il cuore dell’attività economica, il che li penalizza nella ricerca di un lavoro redditizio. La classe media dei paesi ricchi beneficia di queste leggi a discapito dei più poveri e degli immigrati.
7. Fumo
Il pedaggio in vite umane che chiede il tabacco è altissimo. Uccide più dell’ AIDS e della malaria messi insieme. Tuttavia, il numero di fumatori nel mondo cresce.
In questi casi il problema è che se uno vuol suicidarsi, salvargli la vita non aumenta la felicità nel mondo, cosicché l’aiuto profuso è di fatto pari a zero.
La cosa migliore è proporre alternative al fumo.
La sigaretta elettronica potrebbe salvare un numero elevatissimo di vite umane aggirando brillantemente il problema di cui sopra.
Anche se l’efficacia di questo strumento specifico è al momento controverso, indica comunque la direzione verso cui muoversi.

mercoledì 23 dicembre 2015

L'amore che trasforma

"La bella è la bestia" è una fiaba con una morale abbastanza chiara: cio' che è amato si rende amabile. Si potrebbe continuare aggiungendo che cio' che è amabile è realizzato e felice. Scopriamo con questa fiaba che aiutare l'altro a sentirsi felice consiste essenzialmente nell'amarlo. La cosa non sembra presa molto in considerazione dall'effective altruism.

lunedì 14 dicembre 2015

Una critica all'altruismo razionale

Prima di diventare altruisti razionale bisogna diventare altruisti. Per diventarlo occorre un'educazione che insista su questa virtù fin da bambini. A quell'età l'educatore lavora prevalentemente su un'emozione e per farlo al meglio si concentra sui casi dove l'emozione è centrale. Il bambino diventato adulto conserverà sempre un residuo di questa educazione. Non demonizziamo troppo gli altruisti irrazionale perché l'alternativa potrebbe essere il puro e semplice egoismo.

lunedì 21 settembre 2015

Dickens e la città desolata

Dickens descrisse la vita tormentata di tanti personaggi sofferenti all'epoca della rivoluzione industriale.

La soluzione contro tanto male? La beneficenza privata o filantropia. Non si fidava dei grandi e anonimi programmi governativi.

Nemmeno della cosiddetta beneficenza telescopica: manca di quel rapporto diretto che consola realmente chi è beneficiato.

https://www.youtube.com/watch?v=BTs9R_-irCI

giovedì 18 giugno 2015

Derek Thompson sull' effective altruism

Derek Thompson:

  1. di cosa si tratta? della scienza e razionalità combinate con la filantropia, di una specie di generosità autistica
  2. vuoi essere generoso? cerca lavoro a wall street anziché in una onlus. poi doni metà del tuo stipendio. un caposaldo dell'e.a. consiste nel produrre la ricchezza che si vuol donare
  3. e.a. sembra contraddire i principi egoistici dell'evoluzione e in effetti il dilemma permane. imho: e.a. è un' esibizione di intelligenza più che di generosità
  4. i più ricchi possono fare la differenza. guadagni più di 45000 euro? allora prendi coscienza di essere nell'1% più ricco della popolazione mondiale. prendi coscienza anche del moltiplicatore 100? il moltiplicatore ci dice che se l'1% più ricco donasse l'1% della sua ricchezza raddoppierebbe i redditi e la felicità nel mondo.
  5. esperimento mentale di peter singer: un bimbo affoga in un lago. vi buttate sapendo di indossare il vestito buono? naturalmente direte di sì ma sappiate che tutti i giorni vi si presenta l'occasione ma non lo fate per il semplice fatto che vi girate dall'altra parte per non vedere.
  6. altro principio: la scienza fa la differenza. esempio: come rinforzare la partecipazione scolastica in kenya? mandando testi migliori? mandando insegnanti migliori? costruendo scuole migliori? no: deverminizzando i bimbi. solo grazie ai random trials abbiamo potuto saperlo. eppure le onlus di deverminizzazione ricevono molto meno di quelle per il supporto scolastico.
  7. critica a e.a.: così si privilegiano le cause facilmente quantificabili. anche se in teoria tutto è misurabile in termini probabilistici la critica appare in buona parte fondata. come misurare l'impatto della libera stampa, dei diritti alle donne, dei...
  8. terzo principio: non conta sapere qual è la causa più preziosa ma sapere dove è più utile il dollaro che ho in mano e intendo donare. meglio harvard o il congo? per questo non vale mai la pena di donare in caso di disastri naturali: già donano gli altri.
  9. il problema morale è sempre dietro l'angolo: meglio salvare una vita in congo o alleviare la povertà in india? ognuno ha le sue preferenze, anche il rischio è una preferenza. per ogni donatore ci vorrebbe un' unità di misura e dei calcoli su misura.
  10. givewell è meta-filatropia: misura 8con tutti i limiti) l'efficacia della filantropia altrui. i migliori sono givedirectly e againstmalaria. in molti casi il modo più efficiente di fare filantropia è donare ad enti meta-filantropici.
  11. le storie motivano più dei numeri, questo ci è ovvio. mostrare il volto di un bimbo sofferente vale 100 statistiche. ecco allora un' altra critica all'approccio e.a.: toglie empatia e quindi demotiva. risposta: puo' essere vero ma d'altra parte sapere di fare del bene vero puo' essere altrettanto motivante.
continua.

mercoledì 17 giugno 2015

David Stove: Darwinian fairytales. I

  • Darwin ha un problema. Spiegare l'altruismo. Per lui la vita è una competizione per sopravvivere. Ma allora, perchè gli ospedali? Perchè i sussidi di disoccupazione? Forse Darwin può spiegare in termini di scambio l'altruismo tra vicini ma quello puro dell'"effective altruism"? Deriva genetica? La religione cristiana è davvero contronatura?
  • C'è chi reagisce dicendo che la lotta darwiniana riguardava i nostri antenati. Ok ma il darwinismo nn era una teoria generale? Huxley ci invita a guardare alla lotta degli stati per le colonie, oppure alla lotta ferina tra i poveri, laddove la pressione è più acuta. Conclude dicendo che comunque la Storia presenta anche degli intervalli. Le sue osserva. Le sue osservazioni nn sembrano molto convincenti.
  • Forse la "via ipocrita" offre qualche spunto in più: se i fatti contraddicono Darwin allora peggio per i fatti. Essi non esistono, sono mere illusioni. Certi comportamenti nascondono una profonda ipocrisia, l'uomo è essenzialmente ipo rita. I darwinisti so iali aderiscono a qs. indirizzo e chiedono di togliere di mezzo le ipocrisie per giocare a carte scoperte. Ma sono loro i primi a schermirsi dicendo che aiutare i poveri è controproducente anzichè dire che è contronatura. Inoltre nn si vede una rabione valida che giustifichi la loro battaglia: perchè mai dovrebbero promuovere l'inevitabile?  Considera i promotori dell'eugenetica, si preoccupano che "i più adatti" nn si riproducano abbastanza.
  • Infine ci sono i distratti. Sono acculturati e scolarizzati, sanno bene che si DEVE credere al darwinismo ma nemmeno vogliono negare che esistano ospedali e sussidi ai più bisognosi. Ma come risolvono il dilemma? Semplicemente se ne disinteressano, tirano dritti per la loro strada, la cosa in fondo nn è affar loro.
  • IMHO: il dilemma proposto non mi sembra mettere all'angolo la posizione "ipocriticista". Essa riesce a giustificare anche l'altruismo più radicale, il cosiddetto "altruismo nerd" o "effective altruism". In questi casi il soggetto intende essere altruista in modo astratto, ovvero scegliendo i beneficiari sulla carta senza farsi coinvolgere dall'empatia che anzi, per una scelta razionale diventa un ostacolo. Ebbene, l'ipocriticista può sempre dire che questi soggetti non intendono esibire la propria bontà ma la propria intelligenza (e nn c'è dubbio che anche questo è un attributo apprezzato), in particolare il proprio dominio sulle emozioni: non è facile trattare il mio bambino alla stregua di uno sconosciuto africano che rovista nelle discariche di Nairobi, ci vuole una certa freddezza e doti del genere venvono spesso utili nella lotta per la sopravvivenza cosicchè diventa vantaggioso farne mostra.