sabato 9 dicembre 2017

Monetarismo di mercato

What's my core message?, by Scott Sumner http://econlog.econlib.org/archives/2017/12/whats_my_core_m.html

giovedì 7 dicembre 2017

Società del dono

Società del dono

Perché non lasciare che le tasse siano un versamento volontario?
Dono a vantaggio della comunità, anziché metodo-Corleone.
Comprendo lo scetticismo tipico di chi ha subito violenze per tutta la vita, ma il mondo non è solo quello in cui ha vissuto.
I vantaggi non mancherebbero. Innanzitutto, se ancora a qualcuno interessa, c’è quello eticonon esiste una giustificazione etica adeguata per un’azione coercitiva qual è di fatto il prelievo tributario.
C’è poi il problema della privacy che stiamo  perdendo ogni giorno di più anche e soprattutto in ambito fiscale: già in passato qualche Ministro ha minacciato di mettere on line le tasse pagate da ciascuno di noi. Considerato che questo prima o poi capiterà, l’introduzione di “tasse volontarie” anticiperebbe la mossa con uno sberleffo.
La tassa volontaria giustifica infatti l’utilizzo della trasparenza come metodo di pressione sociale. Ognuno dice a tutti quanto versa.
La privacy persa in questo modo è già più accettabile. O no?
Probabilmente verrà raccolto meno che ora, ma questo è solo un bene poiché la cosa dà modo di inaugurare finalmente un taglio consistente della spesa  pubblica (la politica delle politiche, a detta degli esperti).
Anche la burocrazia riceverà un duro colpo dal fatto che si rinuncerà alle violenze, mi sembra evidente. E voglio vedere chi non applaude.
Il metodo è inoltre graduabile: una parte della tassazione (per esempio quella sulla casa, meno invasiva in termini di privacy) potrebbe restare coercitiva prima di sparire del tutto.
Alcuni ritengono che il metodo intralci la programmazionedell’azione governativa. Ma questo, da un punto di vista liberale,  puo’ essere un bene: il governo si impegnerebbe solo in programmi meno ambiziosi.
Si puo’ comunque stabilire per ogni contribuente – salvo casi eccezionali – uno (generoso) spettro di oscillazione dei doni da un anno all’altro.
Inoltre, puo’ essere riconosciuta, a fianco della tassazione in denaro, una tassazione in natura. In questo senso i “programmi ambiziosi” sarebbero intrapresi dai privati che intendono dare in quelle forme il loro contributo.
Un sistema di tassazione volontaristico produrrebbe dei cambiamenti psicologici immensi nei cittadini: cesserebbe il loro malumore verso lo stato e la politica, e si ridesterebbe l’impegno sociale e comunitario.
In una società rimodellata sullo spirito del dare, il gesto della beneficenza diventerebbe sempre più comune, apportando alla fiscalità pubblica gran parte di ciò che oggi le serve per consolidarsi. La donazione a vantaggio del bene comune potrebbe dunque trasformarsi, nel tempo, in un’abitudine psicopolitica consolidata, impregnando le popolazioni democratiche di una sorta di seconda natura.
La storia ci dice che in molte occasioni i tipici problemi di free riding (opportunismo) sono stati superati grazie alla pressione sociale, al senso civico e allo spirito pubblico.
Per tutti noi la stima della comunità è estremamente importante.
Il senso di comunità lieviterebbe intorno a certi leaderparticolarmente generosi.
discorsi infiammati, l’esaltazione della magnanimità, e il richiamo alla generosità spingerebbero a donazioni ragguardevoli.
La buona reputazione è sempre stata l’ architrave delle società ben ordinate, perché non potrebbe continuare a svolgere il suo ruolo positivo anche e soprattutto in campo fiscale?
Oggi l’ammirazione va ai “furbetti”, e con parecchie ragioni. Chi non è infastidito dalla nota falsa che contiene la musica mielosa che invita alla correttezza fiscale? Chi non vede il vampiro dietro l’ ipocrita richiamo al senso civico? Chi non vi coglie l’insopportabile lato trombonesco? Chi ha la forze di trattenere la pernacchia? Giusto qualche indottrinato tutto d’un pezzo, ma pochi altri.
Nelle stime di fattibilità non confondiamo la stitica generosità anonima con quella che potrebbe essere la generosità pubblica. La prima è misurabile, per esempio, dai doni alle ONLUS, un flusso di ricchezza tutt’altro che disprezzabile. Ma la seconda sarebbe molto più cospicua. Perché? Ma perché conforme alla nostra natura più profonda.
La storia parla chiaro: se la generosità occulta ci fa aprire il portafoglio, la generosità pubblica ci fa dare la vita.
Noi siamo animali sociali, ma non siamo api. Il biologo evoluzionista ci ripete che la nostra inclinazione a cooperare è comunque spinta dalla prospettiva di un vantaggio individuale: l’uomo è un animale sociale perché è un individualista.
Per questo riconoscere e tributare onori alla generosità è essenziale. Sulla generosità anonima non si costruisce nulla ma su quella trasparente si puo’ costruire molto poiché compatibile con la nostra natura.

Tuttavia, proprio per quanto appena detto, senza necessità impellente non c’è generosità: una volta istituito l’obbligo la generosità si estingue.
Lo scettico è vissuto in un mondo fondato sulla coercizione reiterata, non deve quindi sorprendersi per l’assenza di generosità che nota intorno a sé.
Rimuovi il requisito della volontarietà, e ogni istinto a cooperare si spegne. Introduci la coercizione e tutto quel che resta è puro egoismo.
In Grecia i cittadini più facoltosi di ogni città venivano chiamati a pagare i beni pubblici come l’equipaggiamento militare, le navi da guerra, i giochi atletici, i divertimenti pubblici, e raramente qualcuno si sottraeva a questo dovere, chiamato “liturgia”. Da ogni cittadino ci si aspettava una certa cifra, ma il più delle volte essi davano molto di più, anche il doppio o il triplo, per dimostrare l’attaccamento alla propria comunità (un fatto oggi impensabile!). È probabile, che in questo modo la comunità abbia ricevuto più averi dai ricchi nell’antica Grecia che nelle nostre democrazie a tendenza socialista.
Gran Bretagna e Australia hanno conosciuto le “Friendly society”, in America erano diffuse le Logge, noi ci ricordiamo ancora le “Società di Mutuo Soccorso” e le “Società operaie”. Tutte forme di autentica solidarietà sociale volontaria spazzate via da un anonimo welfare state.
Grazie a queste associazioni, vedove e orfani avevano un sostegno garantito. Le “FS” provvedevano poi anche alle cure mediche (nel 1911 in GB coprivano 9 milioni di persone). Si forniva anche uno stipendio ai malati, un’assicurazione sulla vita e un pronto ricollocamento per i disoccupati.
La loro gestione era improntata a principi democratici e il loro punto di forza erano le “scuole” e i “rituali”. Nelle prime si inculcavano valori quali il lavoro duro, la libertà, la tolleranza verso gli altri e la fraternità verso i compagni. I secondi erano realmente sentiti.
Tutta roba che si puo’ fare solo se non è imposta. Paragonate quelle scuole alla ridicola ora di educazione civica tenuta controvoglia da un professorino malpagato che pensa solo al trasferimento e ascoltata da una classe col pensiero fisso sul pezzo di carta!
Il moralismo diventa insopportabile se inflitto, ma è spesso necessario e benefico se adottato volontariamente. Nel solidarismo spontaneo gli anziani introducevano i novizi, si elevavano multe agli ubriachi e ai giocatori. Ma tutto faceva parte di quel gioco accettato all’atto di adesione.
L’aiuto, fondamentale, non era garantito a priori, solo gli sfortunati meritevoli” potevano accedervi, ma questo era possibile proprio per il carattere volontario della comunità. Queste associazioni sapevano benissimo che l’aiuto crea dipendenza, e possedevano l’antidoto.
L’aiuto elargito non umiliava poiché era visto come un “mutuo soccorso”: “oggi a te domani a me”. In questo senso creava anche un impegno in chi lo riceveva. La “fraternità” predicata rinforzava l’affidabilità e da questo legame nasceva l’autentica comunità.
Il solidarismo spontaneo era anche il veicolo primo utilizzato da chi puntava a ruoli di leadership sociale.
La volontarietà di queste associazioni è il punto cruciale: i soci supportavano la causa realmente motivati, e i leader eletti da “uomini realmente liberi” si sentivano veramente consacrati.
Si tratta di un mondo completamente spazzato via dall’anonimo e sprecone welfare state moderno che, per quanto appena detto, puo’ fornire risorse ma non certo una formazione morale, considerato anche come quelle risorse se le procura.
In America e in GB il passaggio ha fatto impennare crimine, disgregazione familiare e disoccupazione. Un caso?
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mercoledì 6 dicembre 2017

Auguri e figli maschi

Auguri e figli maschi

A quanto pare preferiamo avere figli maschi.
Se mi guardo dentro non riesco a rintracciare in modo nitido un simile desiderio, anche se dopo la prima femmina ammetto che speravo senza dirlo in un maschietto.
Ho come la sensazione che una figlia femmina non possa mai condividere i miei reali interessi.
Esempio: mi piace il jazz, ed è notorio che… “le donne non capiscono il jazz”. Sarà uno stereotipo ma è accurato. E Non vado oltre.
Oltretutto, mi interessano le cose di cui parlo in questi post e, francamente, non riesco davvero ad immaginarmela una donna che legga in modo appassionato un mio post sui marziani, o sull’ibernazione, o sulla compravendita dei reni, o sui metodi di defecazione in India, o sulla costituzionalità dell’inferno. Alle donne piacciono le cose che accadono tra massimo 3 mesi a massimo 3 km di distanza, a me interessano le cose che accadranno tra 300 anni a 3 anni luce di distanza.
Tuttavia, io non sono nemmeno particolarmente interessato a quelli come me. Il diverso mi affascina. Per questo che, nemmeno con un rigoroso esame di coscienza, riesco a verificare la tesi per cui “le persone preferiscono avere figli maschi”.
Ma l’introspezione è solo il primo passo dell’analisi, vediamo allora di inoltrarci nella materia.
***
Innanzitutto: è così certo che le persone preferiscano avere figli maschi?
Per la Cina direi di sì, c’è una lunga tradizione di infanticidio femminile a comprovarlo.
Ma per noi qui ed ora?
Ci sono indizi. Parecchi. Troppi, per essere trascurati.
C’è innanzitutto un fenomeno piuttosto inquietante e difficile da negare che ci riguarda: in ogni parte del mondo occidentale più avanzato la nascita di una femmina mette a repentaglio la stabilità della coppia.
Un europeo a cui nasce una femmina, tanto per dire, ha più probabilità di divorziare (+5%). Poco, ma solido, e non sparisce mai.
Tre figlie? Più dieci per cento.
I fatti sono chiari, veniamo alle spiegazioni tentate.
La più semplice: le femmine non sono molto gradite e finiscono per creare tensioni nella coppia. E’ la tesi del post: bingo!
Tuttavia, le cause possano essere altre, puo’ esserci cioè un terzo fattore che balla.
***
Forse lo status: i ricchi e famosi hanno più figli maschi di noi. Lo sapevate? Il 15% in più della media (Robin Baker: Sperm Wars). E’ un fatto.
C’è una ragione per tutto questo: il figlio maschio dà (potenzialmente) molti più nipoti, per questo è più ambito nelle famiglie di prestigio.
Il figlio maschio della famiglia povera, invece, ha addirittura meno figli della sorella.
Per questo ci attendiamo che i ricchi preferiscano il maschio e i poveri la femmina.
Uno dice: un conto è “preferire”, un altro “generare”.
Sta di fatto che il meccanismo ottimale prevede che nel corso della gestazione le energie investite dall’organismo femminile tengano conto del sesso del nascituro: chi appartiene a famiglie di prestigio produrrà maggior nutrimento per l’embrione maschio che per quello femmina.
Ma come puo’ questo processo spontaneo sintonizzarsi con un’informazione esterna come lo “status” della gestante?
Puo’! Vediamo continuamente cose del genere: anche sudareè un processo spontaneo che si realizza coordinandosi con informazioni che arrivano dall’esterno.
Se le famiglie prestigiose sono anche le più stabili, il cerchio si chiude e capiamo perché non siano i maschi la causa della “stabilizzazione”.
Un altro candidato a “terzo fattore” è lo stress.
In molte specie animali le femmine stressate partoriscono femmine. In Germania est, dopo il crollo del muro, durante lo stressante periodo di transizione, nacquero molte più bambine.
Naturalmente lo stress è anche causa di divorzi e rotture.
Il problema di stress e status è che la loro azione dovrebbe essere imponente per spiegare in modo adeguato la correlazione tra divorzi e figlie femmine. Purtroppo, quando si passa alle verifiche quantitative le due variabili in questione spiegano solo una frazione minima del collegamento.
Ultimo tentativo: nei divorzi i figli vanno generalmente alla mamma. Potremmo allora riformulare la questione così: perché le mamme fanno più resistenza al divorzio quando il figlio è maschio? Forse perché pensano che il maschio necessiti di un modello maschile in famiglia? Forse perché il maschio risente di più della separazione? Puo’ darsi tutto, ma non mi risulta che ci siano evidenze in merito.
E se stiamo sul piano delle congetture possiamo anche lanciarci con la psicologia evoluzionistica: nelle coppie instabili manca l’autostima, è un fatto. Ora, questa caratteristica è ereditata dalla prole e, mentre un ragazzo senza autostima tende a trincerarsi in se stesso evitando i contatti con l’altro sesso, una ragazza senza autostima tende invece ad avere una sessualità promiscua e sovrabbondante. La convenienza, per le coppie meno stabili, ad avere una figlia femmina è dunque evidente.
Altra congettura: ai ragazzi serve uno status elevato per avere un successo riproduttivo, alle ragazze, spesso, basta l’avvenenza. E’ normale che le famiglie più povere – ovvero le meno stabili – prediligano le figlie.
Dopo tante congetture è tempo di passare a ipotesi più concrete e suffragate dai fatti.
***
A quanto pare, la semplice ipotesi per cui le persone preferiscono i maschi resta la più credibile.
Sia chiaro che uso il termine “preferenza” in modo generico, ovvero, l’organismo efficiente puo’ svilupparle “a nostra insaputa”. Anzi, quelle sviluppate “a nostra insaputa” sono le più efficienti poiché non sono ostacolate da dubbi e sensi di colpa.
Vediamo ora qualche elemento a supporto della tesi.
Il primo illumina sulle preferenze (di lei) ma non spiega molto le separazioni (anzi): le divorziate con figlie hanno meno probabilità di risposarsi.
La figlia è un peso sul mercato delle seconde nozze. Non solo: le risposate con figlia al seguito hanno più probabilità di fallire anche il secondo matrimonio.
Forse le mamme con figlia temono una possibile predazionedel patrigno, evento molto meno probabile nel caso il figlio sia maschio. Oppure le figlie sono più recalcitrantinell’accettare  il nuovo consorte.
Un caso del genere, da un lato illumina sulle preferenze di lei, ma dall’altro si oppone alla correlazione figlie/divorzi. Possiamo trovare di meglio? Sì.
Altro dato: quando un figlio è concepito fuori dal matrimonio, le possibilità di sposarsi aumentano se si tratta di un maschio. Qui l’allusione alla preferenza è chiara.
Ma il dato più importante è ancora un altro: i genitori di una bambina hanno più probabilità di fare un altro figlio. Non solo: se l’ultimo nato è femmina, sale la probabilità di avere un altro figlio. In altri termini: la probabilità di fermarsi è più alta quando arriva il maschio.
Altro dato: nel mercato delle adozioni le bambine sono le più richieste.
E’ normale che sia così laddove si preferiscono i maschi. In un mondo del genere, infatti, il maschietto viene abbandonato solo quando ha, o si pensa che avrà, seri problemi.
L'immagine può contenere: una o più persone e spazio all'aperto

Giornali molesti


Giornali molesti


Le vittime delle molestie sessuali sono tante: e il30% sono uomini.
Anche i molestatori sono parecchi: il 20% sono donne.
In alcuni sondaggi la percentuale di chi si dichiara “molestato” raggiunge il 60 per le donne e il 20 per gli uomini.
Per altri è di 20 e 7.
Per altri ancora è di 43 e 12.
Dipende come fai le domande, ma la sostanza è quella.
Sui molestatori le cose sono meno chiare, c’è chiquantifica le donne nel 21%chi nel 25%. Diciamo20 per essere prudenti e chiudiamola qui.
Chi si delizia con le storie, l’aneddotica sullamolestia al maschione non manca.
***
Sapevate tutto questo? Conoscevate queste info di base da cui deve partire ogni sano dibattito?
Forse sì, forse no.
Il paradosso è che persino se le conoscevate, la campagna d’informazione contro le molestie sessuali tende a farvele dimenticare. O perlomeno a dubitare.
Purtroppo, campagne di questo tipo disinformanocome neanche un battaglione di fake news virali schierato.
Parlo di giornali rispettabili, i principali, quelli che dedicavano paginate ai vari Weinstein e Brizzi. Non di siti oscuri dediti alle falsità e al pettegolezzo.
Viviamo in un mondo in cui l’informazione disinforma senza mentire, ma siccome è così ovunque e da sempre, la cosa passa inosservata. A questo punto… viva le menzogne. Sono meno insidiose.
Lo slogan “CREDI ALLE DONNE” la dice lunga sul taglio adottato dalla campagna.
Gli uomini sono stati fortemente scoraggiati dall’unirsi al coro dei “molestati”, le acque non andavano intorpidite, il messaggio doveva uscire nitido e senza residui.
Persino le vittime maschili erano d’accordo nell’astenersi e non turbare l’atmosfera: per il bene delle donne, non  racconterò la mia storia.
La scusa addotta per il trattamento differenziato: la violenza degli uomini sulle donne è strutturale, le altre no. Urca!
***
Che poi non è nemmeno vero: il gruppo in proporzione più vessato dalle molestie sessuali è costituito da uomini, mi riferisco agli omosessuali maschi.
In proporzione, gli omosessuali maschi molestano i maschi più di quanto gli eterosessuali maschi molestino le femmine.
Certo, in questo brutto affare esiste comunque delle asimmetrie, 80/20 non è 50/50.
Ma probabilmente l’ 80% dei molestatori è maschio per lo stesso motivo per cui l’80% dei vandali è maschio, l’81% dei ladri di macchine, l’85% deirapinatori.
Eppure, quando parliamo di vandalismo, di furti o di rapinatori, non ne facciamo una questione di genere. Finora.
Ma perché nei rapporti di coppia gli uomini omosessuali sono molestati più frequentemente delle donne?
Forse perché la società percepisce la molestia contro le donne come un crimine orribile, e quella contro gli uomini come un divertimento di cui ridacchiare.
In questo senso le “vittime strutturali” dovrebbero essere gli uomini (omosessuali).  Non vi pare?
***
Nonostante tutto questo, ogni tanto salta fuori una denuncia: la guardia del corpo di Mariah Carey ha detto di essere stato molestato dalla diva.
Ah ah ah.
Senz’altro avrete letto i paginoni con cui Corriere e Repubblica hanno coperto la notizia per una settimana intera. Vero?
Vero!?
No?
No, è impossibile.
Infatti, in linea con quanto dicevamo,  non c’è mai stato nessun paginone, non c’è mai stato nessun articolo. I trafiletti potrebbero essermi sfuggiti.
***
Davvero strano come vengono trattate leminoranze dai giornali: se c’è una rapina in villa guai a chi menziona la nazionalità dei rapinatori ma in caso di molestia tutto DEVE essere rigorosamente “genderizzato”.
Quasi quasi non puoi più distinguere le bambole dai soldatini, il rosa dall’azzurro, tutto deve essere neutro. Poi, si affronta il tema delle molestie, e la distinzione tra i sessi diventa di colpo un imperativo inderogabile.
Ma il rapporto 3:1 giustifica forse tanta focalizzazione esclusiva sulla donna?
In casi simili, di solito, la risposta è un sonoro “none”!
Nemmeno possiamo più dire che “una donna èincinta” per paura di offendere le donne col pisello!
Cos’è tutta questa ipocrita venerazione per le minoranze quando poi siamo disposti a buttare allegramente nel cesso una cospicua minoranza del30%? E’ forse troppo poco minoritaria?
***
Ammettiamo che qualcuno dica: “dobbiamo fare di più per le vittime del terrorismo”.
Tutti d’accordo.
E poi aggiunge: “per le vittime cristiane, intendo”.
Gelo.
Ma questo messaggio – mutatis mutandis – non è altro che quello che continuano a dirci i giornali da tempo.
E se dicessi che dobbiamo aiutare le vittime della criminalità?
Applausi!
Specificando poi che dobbiamo concentrare il nostro zelo sulle vittime bianche della criminalità dei neri?
Orrore!
Ma questo orrore è pratica comune per i giornali da un mese in qua.
E se dicessi: “E’ necessario che tutti i neri riflettano sulle rapine e i vandalismi”?
Non è un po’ come dire: “E’ necessario che tutti gli uomini facciano i conti con il problema delle molestie”?
Assurda la prima uscita e assurda anche la seconda. Ma la seconda l’ho sentita pronunciata più volte in un clima di grande rispettabilità e assenso.
Un conto è riflettere su un problema (esempio le rapine in città), un altro è tentare di affrontarlocriminalizzando un’ intera minoranza (esempio i neri).
I nostri giornali hanno scelto la seconda via. Bravi!Complimenti.
***
Forse sarebbe meglio evitare la divisione in gruppi e puntare sulla costruzione di un mondo composto da persone libere e uguali. Libere anche dagli stereotipi, senza scivolare nel macchiettistico.
Il femminismo contemporaneo sembra invece prediligere una via alternativa: poiché si ritiene svantaggiato da taluni stereotipi (vero), cerca di costruirne altri ancora più caricaturali per prendersi un’inutile rivincita.
E’ una strategia ottusa, anche quando trova l’appoggio di grandi giornalisti (ottusi).
E comunque, a me, sembra anche una viaeticamente sbagliata. (E spero che questo rigo ramingo nel post non mi faccia passare per moralista).
Perché non trattare la molestia come il terrorismo islamico? Sappiamo che è qualcosa di sbagliato, sappiamo che gli islamici sono più inclini di altri a cadere in tentazione, ma sappiamo anche che accusare l’Islam o generalizzare il problema non porta da nessuna parte.
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