lunedì 20 novembre 2017

3 La ricchezza rassicurante

La ricchezza rassicurante

Conoscevo un brillante imprenditore/innovatore che aveva trovato il modo di convertire il grano in automobili.
Sì, avete sentito bene: il grano in automobili.
Era un vero innovatore. Ma era anche un imprenditore in grado di valorizzare le sue scoperte.
A questo fine costruì la sua immensa azienda proprio sul mare mantenendo un grande riserbo circa i processi produttivi adottati, evidentemente temeva lo spionaggio industriale.
Per i consumatori fu una pacchia: le auto che uscivano da lì erano di qualità superiore ma soprattutto avevano prezzi stracciati rispetto a quelli di mercato.
Anche gli agricoltori esultavano: in passato, mai ordinativi di grano tanto massicci erano arrivati. Per loro fu un periodo di vacche grasse come mai prima.
Ad essere scontenti erano i costruttori che adottavano il metodo tradizionale: come competere contro un’innovazione tecnologica tanto spinta?
in generale, però, si era disposti a riconoscere il fatto che un progresso tecnologico del genere faceva bene alla società, la migliorava e non andava frenato. Se castighiamo chi ha una brillante idea che fine faremo?
Un giorno però le Iene riuscirono ad intervistare un operaio licenziato dalla famosa fabbrica il quale – forse perché in preda al risentimento – rivelò un segreto sconvolgente: la fabbrica era vuota. La fabbrica non era altro che un grande “buco” che dava su una banchina portuale costruita ad hoc dall’imprenditore.
L’uomo ribadì la sua versione alla Gabanelli.
Il grano entrava dai portoni della fabbrica e veniva imbarcato su navi che lo portavano a destinazione in paesi esteri che poi saldavano il loro debito con le famose automobili rivendute in patria a prezzi tanto convenienti.
Lo choc della rivelazione trasformò in breve tempo l’imprenditore da eroe civile a nemico pubblico numero uno.
***
L’apologo serve ad evidenziare come noi consideriamo l’innovazione superiore al commercio quando in realtà sono nella sostanza la stessa cosa.
Se un risultato viene ottenuto dalla ricerca applaudiamo, se lo stesso risultato viene ottenuto con il commercio storciamo il muso.
Al progresso conferiamo il Nobel, al liberismo solo colpe.
Eppure entrambi perseguono il medesimo obbiettivo: l’efficienza.
L’efficienza si puo’ raggiungere con un’idea o con uno scambio. Che differenza fa?
Quando si diventa più efficienti, gli inefficienti si lamentano, è ovvio. Meno ovvio è il fatto che noi diamo peso a queste contestazioni quando scaturiscono dallo scambio mentre non ne diamo molto quando scaturiscono dal progresso.
Vietare l’innovazione ci sembra assurdo mentre vietare l’importazione plausibile.
Forse quando la ricchezza implica diversità è sospetta, non ci va più bene. Mentre la ricchezza che viene da un’idea è più rassicurante: ci evita la convivenza con l’altro.
***
P.S. La parabola dell’imprenditore che trasformava l’acqua in vino… pardon: il grano in auto, è stata raccontata per la prima volta da James Ingram, professore presso la North Carolina University.
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Come cambia idea la Chiesa?

Come cambia idea la Chiesa?

Poiché la chiesa intende essere (anche) un’istituzione razionale deve seguire un processo razionale per “cambiare idea”.
In questo senso ha da sempre elaborato un metodo per revisionare le sue dottrine. Come possiamo descriverlo? Mi limito ad elencare cinque caratteristiche.
Primo, il metodo di revisione delle dottrine non è una dottrina ma una teoria, in questo senso è sempre sottoposta al libero giudizio dei cattolici.
In altre parole: si puo’ essere buoni cattolici anche senza aderirvi.
Quando John Henry Newman (sempre sia lodato) propose la sua teoria molti eminenti cattolici si smarcarono. Lui stesso affermò che si puo’ filosofare oltre la rivelazione ma solo “in prima persona”.
Secondo, la revisione non cambia la dottrina precedente ma la aggiorna in base a nuovi fatti intervenuti.
Ergo: la chiesa dei primordi credeva le stesse identiche coseche crediamo noi oggi.
La dottrina cattolica è cambiata? No, risponde deciso il cattolico! Anche se il catechismo ci sembra molto diverso.
La dottrina cristiana è stata data una volta per tutte all’atto della rilevazione, anche se noi la stiamo capendo un po’ alla volta.
La rivelazione è come una spinta benefica che ci indirizza correttamente ad ogni crocicchio. Cio’ significa che la nostra traiettoria non è una linea retta ma cambia e cambierà di continuo. I crocicchi non finiscono mai…
La dottrina è oggettiva ma la ricezione è soggettiva. Uomini che vivono tempi diversi percepiscono la realtà in modo diverso, da cio’ deriva l’esigenza di risontonizzarsi.
Esempio: quando Pio IX introduce il dogma dell’Immacolata Concezione è sua premura avvertire che una simile verità ci è stata consegnata dalla Tradizione.
C.S. Lewis reputava mentalmente squilibrato chi ritenesse di dire qualcosa di nuovo in campo morale. Forse esagerava ma ci accorgiamo meglio cosa intendesse.
Terzo punto, se le cose stanno in questi termini la comunionenella chiesa è garantita: tutti dicono la stessa cosa.
Se il prodotto revisionato resta il medesimo non possono esserci dissidi di portata rilevante.
Se Tizio ha una credenza che viene revisionata da Caio, tra Caio e Tizio non puo’ intercorrere disprezzo poiché entrambi credono comunque alla medesima verità. Basta una chiarificazione dei termini per riportare tutto all’ordine.
Revisionare una dottrina non significa quindi rettificarla in modo da entrare in contraddizione con la versione precedente. Significa invece “ampliarla” in modo che ci parli anche della nostra realtà presente.
Esempio: la chiesa ha combattuto il prestito a interesse, non perché lo condannasse di per sé. Temeva la schiavizzazione del debitore. Non appena si è reso disponibile un sistema finanziario competitivo, la condanna è stata ritirata senza che cio’ costituisca una contraddizione nell’atteggiamento di fondo.
Esempio: le parole di San Paolo sulla soggezione della donna all’uomo sono oggi inaccettabili in senso letterale. Ma se noi andiamo oltre scopriamo che la chiesa con quelle parole afferma la differenza – anche psicologica – tra i sessi: una verità ancora oggi valida e fruttuosa. Per esempio, l’uomo è particolarmente a suo agio nella dimensione pubblica e politica (la dimensione delle leggi a cui assoggettarsi) mentre la donna predilige la dimensione intima relazionale.
Da queste considerazioni arriviamo al quarto punto: la revisione di una verità affermata in passato deve includere anziché contraddire.
Questo processo inclusivo dà luogo a cio’ che i cattolici chiamano mistero.
Esempio: il bene include anche il male, e questo genera il mistero del male.
Dio include anche la natura umana: e questo dà origine al mistero di Cristo (l’uomo-dio).
Un’unica natura puo’ includere tre persone, e questo dà origine al mistero trinitario.
Sostituire la contraddizione all’inclusione significa distruggere il “mistero” cristiano.
Quinto e ultimo: la revisione è “passiva”. Non interviene mai in assenza di eventi esteriori.
L’ortodossia, per esempio, emerge dalla presenza di eresie che la minacciano.
L’ortodossia è il vecchio ritoccato in seguito all’emergere di fatti nuovi. In assenza di tali fatti la “vecchia versione” sarebbe restata la migliore.
***
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Mica stupido il ragazzo

Mica stupido il ragazzo

Totò gestisce una bisca in periferia. Lo fa con competenza e sensibilità, non è uno stupido.
Gli affari vanno bene, ci si incontra almeno due notti a settimana e il denaro scorre a fiumi.
Totò sa il fatto suo e i giocatori si fidano di lui.
Recentemente alla sala principale si è affiancata una sala secondaria dove è possibile scommetterein modo clandestino. Vista la fauna che frequenta il locale è facile prevedere che sarà allettata da questa nuova opportunità.
Anche in questo caso Totò non è stato affatto stupido, l’ ha pensata bene, altroché: alla gente che gioca piace anche scommettere, impacchettare i due prodotti è una genialata.
Per Totò i rischi sono tanti ma ne vale la pena, sta mettendo via un bel po’ di soldi e riesce pure ariciclarli facendo affidamento su banchieri compiacenti del Nord con cui è venuto in contatto grazie ad un tizio di Milano che frequenta la sua bisca.
L’ illegalità è un mondo irto di mille pericoli ma ora che Totò ha imparato a muoversi su quel terreno capisce che ci sono anche mille opportunità da sfruttare, specie se sei un tipo sveglio. E Totò non è affatto stupido.
Da qualche tempo alcuni dicono che nella sua salacircolano donnine che allietano le serate dei vincitori e consolano quelle degli sconfitti.
E’ proprio così, Totò, che non è stupido, ha fiutato l’ affare contattando Pippo che gli ha fornito la “materia prima”. Chi ama giocare, ama anche scommettere e andare a donne: quel che cerca è la gratificazione immediata. Totò lo sa e offre tutto in un’ unico pacchetto.
E da dove spunta Pippo? Bè, è un ceffo loschissimo, e nell’ ambiente ci si conosce un po’ tutti, specie se non si è dei fessi.
Pippo è un tipo poco raccomandabile ma gli affari sono affari e questi sono affari veramente notevoli. In più Pippo è una via per arrivare a killeraffidabili e Totò ha sempre intorno scocciatori che di cui è bene liberarsi prima che possano fare veramente danno. Bisogna farlo presto e con discrezione.
Ora poi il buon Pippo ha avanzato anche proposte per una nuova joint venture, si parla di droghe, roba che rende, non bruscolini. I due vogliono allargarsi, mica sono degli stupidi.
E’ un campo minato, il rischio è alto. Ma Totò è già dentro fino al collo, quel rischio non lo spaventa come spaventerebbe un principiante, lui ne gestisce già parecchio e questo è solo una giunta che, anzi, contribuirebbe a diversificare il rischio complessivo. Razionale il nostro Totò, nevvero?
E poi ormai Totò è uno del ramo: la sua consumata esperienza nel mondo dell’illegalità gli consente di ridurre considerevolmente un rischio di per sé notevole.
Ma le assicurazioni non bastano mai e la migliore assicurazione in questi casi consiste nelcorrompere un politico di alto rango. Con la corruzione ti assicuri su tutto.
Totò già “stipendiava” la polizia di quartiere, ora, per essere lasciato in pace, guarda in alto, allapolitica, e comincia a reinvestire lì una parte dei profitti. Ne vale la pena e Totò, non essendo stupido, lo sa.
Le nuove conoscenze gli consentono di manovrare anche gli appalti, ne girano parecchi in una Regione come quella in cui vive ed opera Totò, una Regione alluvionata da sempre con l’ elemosina di altre Regioni. Nessuno si sorprenderà se dirò che Totò, da un giorno all’ altro, diventa uno specialista nell’accaparrarsi questi soldi facili.
Il lavoro non manca di certo ma le scartoffie lo opprimono e le tasse limitano la rendita. La soluzione è subito pronta: un bell’ unguento ad Agenzia Entrate e Ispettorato del Lavoro e il gioco è fatto. Totò non è scemo, per altre ragioni possiede tonnellate di quel miracoloso unguento e nessuno come lui sa somministrarlo. Lo fa da sempre e le economie di scala per certe cose pesano.
Ora finalmente si puo’ lavorare in nero cosicché i ricavi lievitano. Al resto ci pensa la concorrenza sleale di cui Totò puo’ godere. Mica stupido il ragazzo.
Totò è ricco e felice, oltretutto non manca l’ opportunità di arrotondare.
Le banche abbandonano proprio le imprese più bisognose, che vigliacche (pensa Totò)!
Nessuna paura! C’ è Totòi, lui presta… con tassi a doppia cifra (mica è stupido)… con un ufficio recupero crediti particolarmente “efficace”. Ma presta, non abbandona.
Ma come puo’ una persona ricca e felice vivere in un quartiere tanto malfamato e infestato dalla microcriminalità?
Ci pensa Totò: con una minuscola tassa che preleva dai commercianti della zona intende garantire a tutti tranquillità. E la garantisce per davvero!: ieri hanno trovato appeso al lampione quel tale che ha tentato di rapinare la tabaccheria!
Alle frontiere diversi disperati chiedono di entrare, e sono pure carichi di denaro. Non saranno carichi d’ oro ma loro sono in tanti e portano con loro i risparmi di una vita. Totò subodora l’ affare e si butta nel ramo dell’ immigrazione clandestina. Le conoscenze giuste le ha già e si fanno soldi a palate.
A proposito di conoscenze, visto che Totò ha dovuto approfondire i rapporti con la polizia di confine, già che c’ è mette su un bel contrabbando. Uno solo? Visto che non è stupido ne mette su due, anzi tre, anzi quattro…
Eppure Totò è preoccupato: c’è sempre quel maledetto PM che non lo lascia lavorare in pace, forse è invidioso, Totò non sa spiegarselo, sta di fatto che questo tale vorrebbe sbatterlo in gabbia e buttare via la chiave. Totò lo fa saltare in aria con la sua scorta. E’ legittima difesa!: se ognuno si facesse i suoi affari queste spiacevoli cose non accadrebbero.
Domani ci sono le elezioni ma Totò snobba la politica, non snobba invece i politici, che foraggia regolarmente ricevendo in cambio i loro servigi.
Purtroppo per lui prevale un outsider: vince Bronko che entrerà in carica l’ indomani.
Alle 8.00 di mattina, appena dopo l’ insediamento, viene emanato un decreto legge urgente di sole 11 righe. E’ un “decreto anti-mafia” e Totò lo legge con attenzione.
– bische liberalizzate;
– scommesse liberalizzate;
– prostituzione liberalizzata;
– usura liberalizzata;
– droga liberalizzata;
– elemosina tra Regioni azzerata;
– reati corruttivi aboliti;
– tasse decimate;
– deregolamentazione del commercio;
– lotta alla microcriminalità potenziata;
– tariffe doganali abolite.
Quand’ anche Totò non si interessi di politica, capisce all’istante che questo genere di politica si interessa di lui: rischia la rovina.
La sua destrezza di criminale lo portava ad essere il migliore in quei campi, ora che la destrezza da criminale non serve più per certi affari, sarà ancora il migliore?
Cosa resta a Totò? Il campo delle estorsioni? I commercianti hanno cominciato a vederlo male, non collaborano – e i costi di riscossione si sono impennati – non hanno più bisogno dei suoi servizi. E poi è inutile rischiare la galera per quattro misere lire, Totò non è uno stupido.
Cosa resta a Totò? Il campo del riciclaggio? Ma praticamente nessuno ha più niente da riciclare dopo la legge di Bronko?
Forse gli resta la sua capacità di corrompere. Mmmmm con così poche regole il grasso non cola più da quelle bistecche. Con 11 regole ci sono 11 motivi per corrompere ma se la regola è una sola?
Le regole sono diminuite e gli anni di galera sono aumentati, meglio lasciar perdere.
Le regole sono diminuite ma la polizia è rimasta la stessa e si dedica in massa a far rispettare le poche regole rimaste. Le regole da violare sono diminuite e violarle è sempre più difficile: meglio guardare altrove.
Totò non è stupido, e l’ ha capito.
In realtà a Totò qualcosa è rimasto: la sua intelligenza.
Nei settori dove lavorava prima aveva maturato un’ abilità che andava al di là delle protezioni criminali di cui godeva. Sono mercati giovani e gli ex-onesti non possono essere esperti quanto gli ex-criminali come lui.
Lui sa scegliere la “roba” migliore, le sue donnine sono uno schianto e i suoi locali sono sempre i più accoglienti. Si è dimostrato umano con i mutuatari e loro ancora si rivolgono a lui. Totò conosce come nessun altro i suoi “polli”.
Totò non era uno stupido, ci sa fare in quei mercati e oggi si dà da fare all’interno della legalità.
Se non si è stupidi si capisce al volo quel che conviene e a Totò conviene diventare un ex-criminale a tutti gli effetti. In fondo non fa cose molto diverse da prima: è ancora un imprenditore.
Paga poche tasse per il semplice fatto che le tasse sono poche, i suoi affari prosperano anche più di prima poiché puo’ farli alla luce del sole risparmiando parecchio.
Oggi è uno dei maggiori contribuenti del Paese, un Paese che va avanti grazie anche a Totò, un Paese che deve dire grazie a Bronko ma anche al fatto che Totò non sia affatto uno stupido.
Era un demonio ed è diventato un eroe civile. Gli è bastato fare quattro conti: mica stupido il ragazzo!
***POST SCRIPTUM***
Conoscete Roberto Saviano? E’ uno scrittore importante che ci ha raccontato la Mafia.
In fondo la Mafia che ci racconta Saviano la conoscevamo già.
Eppure una cosa nuova Saviano ce la dice, ci dice: i criminali mafiosi non sono degli stupidi.
Saviano ci narra di questa intelligenza del crimine parlandoci in lungo e in largo dei suoi investimenti e della capacità di fare affari.
Saviano è molto allarmato quando dice che il crimine non è stupido.
Strano perché nel mio apologo è proprio facendo leva sulla non-stupidità del crimine che si trasforma l’ inferno in un paradiso.
Io, al contrario di Saviano, tiro un sospiro di sollievo sentendo che il crimine non è stupido. Anzi, reputo che sia abbastanza stupido non capirlo e non rallegrarsi a questa buona notizia.
Meglio puntare sull’ intelligenza dei criminali o sulla loro “conversione”? Saviano e Bronko fanno in merito scelte differenti, non c’ è che dire. Io sto con Bronko perché penso che una legge da violare in meno è meglio di mille prediche.
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Gli statali pagano le tasse?

Gli statali pagano le tasse?

Nella sempiterna guerra sul fisco i lavoratori “dipendenti” fanno da sempre notare quanto siano integerrimi: non potendo evadere pagano tutto fino all’ultima lira, per questo vanno considerati come i maggiori contribuenti del paese!
Tra loro però c’è una categoria che probabilmente non paga un bel nulla: gli statali.
Si tratta di “evasori” totali. Legalizzati, ovviamente.
Per capirlo, ricordiamoci innanzitutto che “versare” e “pagare” sono cose ben diverse: se io “verso” delle tasse con soldi che non sono miei non sto “pagando” delle tasse.
Entriamo nel merito. Sì, so bene che nella busta paga degli statali compare una ritenuta, ma si tratta di un mero formalismo: le tasse che pagano sono in realtà un ristorno a favore del loro datore di lavoro.
Il meccanismo si presenta quindi molto diverso rispetto a quello del settore privato in cui la trattenuta in busta paga non va al datore di lavoro ma a un terzo soggetto estraneo al rapporto tra le parti.
Un esempio può chiarire meglio le cose. Ammettiamo che un certo servizio sia valutato 100 dal  datore di lavoro e che le tasse dovute sullo stipendio di chi lo fornisce siano pari al 20%.
Qualora il datore di lavoro fosse un privato offrirebbe al potenziale lavoratore uno stipendio lordo di 100, e il lavoratore si ritroverebbe in tasca 80.
Per contro, il datore di lavoro pubblico potrebbe offrire uno stipendio lordo di 125 sapendo che 25 tornerebbero comunque nelle sue casse attraverso la tassazione. In questo modo il lavoratore incasserebbe un netto di 100 (che è praticamente lo stipendio esentasse del lavoratore privato).
In altri termini, nel settore pubblico il datore di lavoro ha un esborso di 100 con il  lavoratore che riceve 100 mentre nel settore privato l’esborso del datore è di 100 con il lavoratore riceve 80.
Questa considerazione ci fa capire che le tasse sono doppiamente distorsive: 1) colpendo il lavoro lo disincentivano, e questa è la distorsione classica denunciata da sempre da tutti. Ma 2) distorcono anche la composizionedella forza lavoro poiché l’impiego statale spiazza quello privato.
Come rimediare?
Proposta: togliere il diritto di voto agli “statali”.
Si coglierebbero due piccioni con una fava. Oltre a compensare la distorsione di cui sopra si sanerebbe un patente conflitto d’interesse: è chiaro che uno statale vota privilegiando il buon datore di lavoro al buon governante.
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