martedì 31 gennaio 2017

Maledetti economisti!

C'è qualcosa che non va nell’economia (e nel cervello degli economisti), lo afferma senza perifrasi Deirdre McCloskey nel libretto "I vizi degli economisti, le virtù della borghesia".
L'immagine preferita con la quale rendere il lavoro degli economisti è quella dei bambinoni sulla spiaggia che litigano giocando con la sabbia.
... Oggi l’economia come materia di studio ha un grosso problema: i suoi metodi sono sbagliati...
Si affidano a metodi discutibili… 
... pretendendo di realizzare i dettami della nuova scienza teorizzata da Bacone...
Il sogno recondito è quello di fare dell'economia una scienza esatta.
Ma può esistere una scienza priva di scoperte scientifiche?
... Quasi tutte le presunte scoperte “scientifiche” dell’economia andrebbero completamente riesaminate con un altro metodo per ottenere un minimo di credibilità...
Il danno è moltiplicato perché l'economia è un po' la regina delle scienze sociali e le influenza tutte...
... Oggi le facoltà di giurisprudenza assumono economisti; le facoltà di scienze politiche sono imitazioni delle facoltà di economia; i sociologi apprezzano, correttamente, i modelli basati sulla scelta razionale; e i filosofi li usano per risolvere problemi secolari di giustizia. John Rawls, Robert Bates, Richard Posner, Robert Putnam, Robert Nozick e Jon Elster non sono degli sciocchi. L’economia è davvero speciale...
Eppure la sua “produzione scientifica”, quando non è banale, è sbagliata...
... Quasi tutta la produzione “scientifica” in campo economico, la maggior parte di ciò che appare sulle riviste di settore, non è solo banale – dopotutto, il grosso della scienza è banale, altrimenti avremmo tutti i giorni scoperte come quelle di Newton o di Einstein – è anche sbagliata...
tre vizi dell'economia...
... I “vizi” a cui mi riferisco nel titolo del libro sono le tre cattive abitudini intellettuali portate nell’economia moderna dai tre più grandi pensatori degli anni Quaranta: Lawrence Klein, Paul Samuelson e Jan Tinbergen. Sono i vizi dell’osservazione, dell’immaginazione e della politica sociale. Vale a dire: Primo, la convinzione kleiniana che la “significatività statistica”, nel senso tecnico dell’espressione, coincida con la significatività scientifica. Secondo, la convinzione samuelsoniana che le “prove di esistenza” sviluppate teoricamente alla lavagna siano scientifiche. Terzo, e più importante dal punto di vista pratico, nonché giustificatrice delle altre due, la convinzione tinbergeniana che la prima e la seconda componente della pseudo-scienza – significatività statistica e dimostrazioni teoriche – si possano applicare nella costruzione dell’economia politica, per ottenere una sorta di ingegneria sociale....
Potrebbero essere neutralizzati ispirandosi al mondo borghese che tanto ha studiato...
... Le “virtù borghesi” sono i valori del mercato, che rappresentano effettivamente quanto di meglio possa esservi per il mondo moderno. Costituiscono a mio avviso le virtù precipue della vita intellettuale – una vita fiduciosa, negoziale e dialettica, disprezzata da un’aristocrazia basata sulla nascita o sul merito...
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Partiamo dal "cancro" che ha generato una metastasi: l’abuso del concetto di  "significatività" statistica. Genesi...
...  Questo concetto fu introdotto nell’economia negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso da persone che conoscevano profondamente la statistica. Uno dei suoi più efficaci propugnatori è stato Lawrence R. Klein (1920-2013), economista della Università della Pennsylvania...
Facciamo il caso si debba valutare l'introduzione di un salario minimo. C'è una prima componente..
... Un “fatto” è che la vostra colf colombiana sarebbe più felice se voi foste tenuti per legge a pagarle 4,5 dollari all’ora anziché i 3 dollari che forse sarebbe disposta ad accettare....
Ma ce n'è anche una seconda...
... Ma esiste anche un altro “fatto” dello stesso tipo, che potete vedere se ci riflettete un attimo sopra. Più alto è il salario che dovete pagare, meno è probabile che vogliate assumere la colf...
I due fatti vanno in direzioni opposte. Come si schierano gli economisti?
... Curiosamente, gli economisti europei (soprattutto i francesi) tendono a schierarsi a favore del salario minimo; gli economisti nordamericani (soprattutto i canadesi) tendono a opporvisi. (Altrettanto curiosamente – ma qui vengono fuori i miei pregiudizi politici! – la disoccupazione è più alta in Europa che in Nord America)....
La domanda corretta da porsi:
... Quello che vuole sapere qualunque economista animato da spirito ingegneristico è: “Qual è il livello giusto?”....
Ma gli economisti non hanno un laboratorio. Questo di per sé non costituisce uno scandalo, molte scienze rispettabili ne sono prive...
... Ma gli economisti non possono chiudersi in un laboratorio e mettersi a lavorare sull’equilibrio quantitativo. Da questo punto di vista sono più simili agli astronomi che ai chimici. Devono fare affidamento sugli esperimenti della storia. Non è ancora una tragedia. L’economia è soprattutto una scienza osservazionale come l’astronomia, la biologia evoluzionistica o la storia. Non è mica uno scandalo....
Tuttavia, gli economisti hanno notato che tra i metodi “sostitutivi del laboratorio" c'è quello geniale della regressione statistica...
... Se rappresentate su due assi cartesiani i vari salari minimi imposti negli Stati Uniti, mettiamo, a partire dalla seconda guerra mondiale, e il livello di disoccupazione degli stessi anni, potete effettuare una “analisi di regressione”. Potete attraversare con una retta i punti del grafico. È la cosiddetta “regressione” (oggi la parola non ha più nulla a che vedere con la sua origine; indica semplicemente “la linea che interpola la distribuzione dei punti”). La pendenza della linea vi dice in che misura il salario minimo incide sulla disoccupazione...
Purtroppo, cio’ che doveva costituire un aiuto è diventata la tragedia della disciplina...
... La tragedia si è determinata, come accade spesso, in un minuscolo dettaglio... Il dettaglio sta nella formula che si accompagna alla regressione: “significatività statistica”...
Esempio… 
Supponete per ipotesi che, innalzando il salario minimo imposto dalla legge da 4 dollari a 4,5 dollari, la “pendenza” o “coefficiente di regressione” vi dia un incremento del tasso di disoccupazione dal 6 al 7 per cento della popolazione attiva. L’esercizio scientifico è terminato? Assolutamente no. Dovete ancora stabilire se quella variazione di un punto percentuale è importante o no... dovrà comunque esprimere un giudizio umano sull’importanza di quell’effetto... Il tragico errore è rivolgersi alla statistica per capire se un incremento dell’1 per cento nel tasso di disoccupazione a fronte di un incremento di 50 centesimi nel salario minimo sia un effetto grande o piccolo, “significativo” o no. Ciò trasforma il meccanismo statistico in qualcosa che si prende cura dell’intero processo scientifico, dall’inizio alla fine...
Quanto considero rappresentativi della realtà di domani i dati raccolti? Che peso assegnare loro? Le risposte a queste domande chiave sono giudizi soggettivi che richiedono una conoscenza più ampia del fenomeno: la statistica non risponde  anche se si finge di farlo. La statistica può giusto misurare la bontà dell'interpolazione dei soli dati a disposizione, ma non va oltre, cosicché si è trasformata questa semplice misura di qualità interpolativa in un indice sostanziale (anzi, l'unico) per sentenziare sul problema in esame...
... La statistica non è in grado di stabilire se un certo numero sia grande o piccolo ai fini della ricerca scientifica... A un certo punto dovrete staccarvi dal meccanismo scientifico e porvi una domanda di mero buonsenso: “Va bene, gente, ma conta, sì o no?”... I numeri sono necessari, ma non sono sufficienti a portare l’argomento a una conclusione scientifica... la “conclusione” è un concetto umano...
Analogia della temperatura...
... Un esempio banale ma pertinente è quello della temperatura. Supponete che qualcuno vi dica di aver rilevato con i suoi strumenti ipertecnologici una temperatura esterna di 32°. Fa freddo o fa caldo?...
Il concetto di "significatività" statistica è stato utilizzato impropriamente per espellere il soggetto dalla scena...
... Sfortunatamente per la scienza economica, e per alcune altre scienze come la medicina, proprio accanto a lui c’era uno strumento che sembrava promettere un processo infallibile per stabilire se un numero è grande o piccolo, all’interno delle statistiche, senza coinvolgere il giudizio umano. E tragicamente per l’economia, quello strumento veniva già chiamato, da ben settant’anni, “significatività statistica”...
Gli anni ‘70 furono il periodo d'oro di queste pratiche...
... tutti gli economisti si convinsero che la significatività statistica coincidesse con la significatività scientifica, che si potesse saltare a piè pari l’ultima fase del lavoro scientifico: la valutazione umana della grandezza o della piccolezza....
Si badi bene che questa non è una critica all'utilizzo della statistica...
... L’adozione generalizzata della significatività statistica è stata una tragedia per la scienza. Non sto dicendo che l’adozione della statistica sia stata una tragedia. Tutt’altro. L’econometria, l’applicazione della teoria statistica al problema di ottenere numeri interessanti dai dati economici, era ed è ancora un’idea eccellente...
In un approccio eclettico la statistica fornisce un contributo ma in un approccio esclusivo inaridisce la disciplina.
L'analogia dell'ubriaco è pertinente...
... Questa situazione ricorda da vicino la famosa barzelletta dell’ubriaco scoperto da un amico mentre gira a quattro zampe intorno a un lampione in una notte buia. “Cosa stai facendo?”, “Sto cercando le mie chiavi. Mi sono cadute”. “Lascia che ti aiuti. Le hai perse qui?”, “No, mi sono cadute laggiù dove non si vede nulla… Ma qui c’è più luce”.... Guardare nel buio è più difficile, bisogna ammetterlo. Ma non è una buona ragione per restare sotto il lampione. Il fatto che la scienza sia difficile e la pseudoscienza sia facile non è un’argomentazione sostenibile a favore della pseudoscienza...
La statistica è uno strumento potente, illumina con la potenza del lampione, ma se ciò che cerchiamo non è lì inutile cercarlo lì, per quanto meticolosa e “scientifica” sia la nostra ricerca.
L'ingenuità è tutta degli economisti, gli statistici di professione hanno formulato per tempo le loro avvertenze. W. Allen Wallis e Harry V. Roberts in prologo al loro manuale...
... È essenziale non confondere l’uso statistico della “significatività” con l’uso che se ne fa nel linguaggio quotidiano. Nell’uso quotidiano, “significativo” vuol dire “di importanza pratica” o semplicemente “importante”. Nel linguaggio della statistica, “significativo” significa “indicativo di una caratteristica della popolazione da cui è tratto il campione [risolve il problema di campionamento]”, indipendentemente dall’effettiva importanza della caratteristica...
David Freedman, Robert Pisani e Roger Purves nel loro libro...
... Questo capitolo illustra i limiti dei test di significatività. Il primo [e l’unico che mette in rilievo zia Deirdre] è che “significatività” è un termine tecnico. Un test può accertare solo se una differenza è reale o se si tratta semplicemente di una variazione casuale [nella misura in cui esiste un errore di campionamento, come sottolineano ripetutamente nel libro]. Non è finalizzato ad accertare se la differenza sia importante...
Altre voci autorevole che si sono spese sul punto: William Kruskal, Edward Leamer, Arthur Goldberger eKenneth Arrow.
Un esempio del vizietto...
... Un esempio del vizio kleiniano che potrebbe esservi noto, e che non c’entra nulla con l’economia, concerne i sondaggi di opinione, come quelli che si tengono in vista delle elezioni o su qualche aspetto del dibattito politico. I sondaggisti finiscono sempre per chiedere a circa 1200 persone come voteranno alle prossime elezioni. È curioso. Perché sono sempre circa 1200? Per molti esperti di statistiche sociali, un “campione” di quella dimensione garantisce che la variabilità di campionamento dei risultati sarà molto limitata, nell’ordine di uno o due punti percentuali. Il campione viene poi definito “statisticamente significativo”, come sentirete dire al telegiornale. Ma non si sa nulla in merito alla rilevanza del risultato. Sia che le elezioni debbano tenersi tra sei mesi in un clima di grande incertezza, sia che debbano tenersi domani con un esito pressoché scontato, il sondaggio viene sempre definito “statisticamente significativo”. Sapete meglio dei sondaggisti cos’è che non funziona qui. Il fatto che un problema di campionamento venga risolto, non implica che il risultato sia “significativo” in termini di scelte politiche o di previsione. Non lo è affatto. Forse potrebbe apparirvi
Oppure il caso delle mammografie...
... a che età le donne dovrebbero cominciare a sottoporsi periodicamente a una mammografia... i medici si dividevano invece sostanzialmente in due categorie: quelli che consigliavano di cominciare a quarant’anni e quelli che consigliavano di cominciare a cinquant’anni. I ricercatori che propendevano per la seconda ipotesi si affidavano ancora una volta alla significatività statistica. Su studi fatti allora sulla base di un vasto campione di dati tratti da operatori sanitari americani, essi non trovavano (a livelli convenzionali di significatività, come si dice tecnicamente) alcuna riduzione statisticamente significativa dei decessi tra le donne che iniziavano a fare la mammografia a quarant’anni rispetto a quelle che iniziavano a cinquant’anni. I fautori della tesi opposta, che consigliavano di iniziare a quarant’anni, rispondevano: “Un momento: quella che vogliamo conoscere è la significatività in termini di vite risparmiate; non ci interessa se la differenza nella percentuale di vite salvate corrisponde a un dato livello convenzionale della cosiddetta ‘significatività’ (statistica) sulle dimensioni del campione che abbiamo”. Un medico sperimentatore a cui sfugge che «l’uso di questi strumenti statistici deve essere lasciato al ricercatore», come spiegavano Neyman e Pearson, o che l’identificazione di ciò che debba intendersi per grande dipende per intero dalle «finalità specifiche della sua indagine», come ricordava Wald, uccide i pazienti...
Torniamo al caso del salario minimo: il 70% degli studi erano condotti in quel modo...
... Insieme a Stephen Ziliak abbiamo stimato che il 70 per cento degli studi più accreditati in materia si affidavano esclusivamente a una significatività statistica usata impropriamente per raccomandare delle politiche sul welfare e sul salario minimo, sul protezionismo e sul libero commercio...
L'American Economic Review è protagonista in negativo...
... Quasi tutti i 182 studi empirici pubblicati sull’American Economic Review negli anni Ottanta facevano la stessa cosa. Io e Ziliak li abbiamo esaminati approfonditamente riguardo all’uso che facevano dell’espressione “significatività statistica”. Il 96 per cento di quegli studi la usava impropriamente, mentre il 70 per cento che ho menzionato prima si affidava esclusivamente a essa...
Ma perché tanto entusiasmo? Ipotesi: perché il calcolo è facile...
... Io credo che c’entri molto il costo del calcolo. Negli anni Settanta il costo dell’analisi di regressione diminuì sensibilmente, insieme alla generazione dei coefficienti dotati di una “significatività statistica”...
Cosa ci salverà? Forse il comportamento che di fatto tengono gli stessi economisti: nessuno si è mai fatto convincere da conclusioni ottenute con le regressioni, per quanto fossero impeccabili. Magari un giorno ci si stancherà di pubblicare lavori che non cambiano le idee a nessuno… 
... Se guardate al comportamento degli economisti, anziché alle loro parole, appare evidente che nessuno crede al risultato “statisticamente significativo” raggiunto da altri. Nessuna proposizione importante in economia è stata confermata o rifiutata in maniera convincente con i metodi dell’econometria, e in particolare con la significatività statistica...
Un caso classico lo riscontriamo proprio sul problema del salario minimo: lo studio di Card e Krueger non ha fatto cambiare idea a nessuno. Altrove, I keynesiani restano keynesiani, e i monetaristi restano monetaristi.
Allora perché si va avanti così? Per pubblicare, pubblicare, pubblicare. O si pubblica o si muore...
... la risposta sembra essere che la significatività statistica e, temo, alcuni altri elementi della macchina statistica – e già che siamo in argomento anche gli altri due dei tre vizi – siano strumenti per la generazione di studi pubblicabili...
Siamo di fronte ad un vero culto...
... Il fisico Richard Feynman citava spesso la cosiddetta “cargo-cult science”, ossia una “scienza” paragonabile a quella degli indigeni della Nuova Guinea che costruivano aeroporti e aerei sulla sabbia, a imitazione di ciò che avevano visto durante la guerra. Quegli “aerei” costruiti mettendo assieme tre tronchi non trasportano merci. Non atterrano aerei nel loro “aeroporto” costruito sulla terra battuta, le cui “luci di atterraggio” sono delle candele....
Un esempio di discussione infinita
... La dottrina della scuola di Chicago a cui appartengo dice: “Sì, ci sono degli elementi monopolistici, così come la resistenza dell’aria incide leggermente sul moto discendente della palla da cannone. Ma rilassatevi: la loro presenza è un fattore pressoché irrilevante. Possiamo usare dei modelli competitivi, come le curve dell’offerta e della domanda”. La scuola marxista dice: “Aspettate un momento. Non è evidente che le corporation di oggi sono monopoli giganteschi? La resistenza che offrono è enorme, molto più simile a quella del fango che a quella dell’aria. Le normali logiche della domanda e dell’offerta non funzionano”...
Ma esistono alternative? Eccome!...
... Il crollo dei costi di elaborazione è proseguito, come sembra destinato a fare ancora per alcuni decenni, e a questo punto gli economisti possono usare agevolmente il loro strumento più antico e più importante dal punto di vista scientifico: la “simulazione”. Significa mettere alla prova diversi numeri per capire qual è quello che funziona meglio. È ciò che fanno abitualmente gli ingegneri nei loro esperimenti...
Simulare, sperimentare, studiare la storia, sentire chi ha esperienze sul campo... si tratta di vie alternative che debbono per lo meno convivere con le regressioni statistiche. L'eclettismo è la vera alternativa.
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Passiamo ad un altro vizietto, ovvero  all’inutilità dell’economia “alla lavagna”...
... Il secondo vizio, quello samuelsoniano, è credere che il compito principale dell’economista teorico sia quello di fare dimostrazioni alla lavagna...
Tra i leader...
... Kenneth Arrow, insieme a molti altri, come leader del vizio samuelsoniano... Samuelson e Arrow hanno in comune un nipote, Lawrence Summers...
Una punta dell'astrazione: la teoria dei giochi. Giochi sulla sabbia, ovviamente.
Esempio di adorazione della lavagna: le esternalità...
... Un tema cruciale per la politica economica è l’inquinamento. Un argomento che viene utilizzato per giustificare l’intervento pubblico in materia è quello delle “esternalità”, dette anche “effetti di vicinato” o spillover. Questi effetti non entrano nel mercato. L’idea di base è semplice. “Benissimo”, dice l’economista che vuole l’intervento pubblico, “ammetto, a beneficio di voi sostenitori del libero mercato, che, se funzionano, i mercati si possono lasciare in pace. Ma come la mettiamo con tutte le cose che non entrano affatto in un mercato, come il fumo che esce dalla ciminiera di una fabbrica o i liquami scaricati da una nave in transito? Quelle hanno bisogno certamente dell’intervento dello Stato”. Si possono fare dimostrazioni alla lavagna, come fece Samuelson negli anni Quaranta, per poi includerle nel proprio popolarissimo manuale di economia... Un momento: c’è una tragedia intellettuale che si nasconde dietro i vari CVD. Se indosso un abito straordinariamente brutto, di un verde pallido che mi sta malissimo, lo Stato potrebbe intervenire per bloccare l’effetto estetico negativo... Tecnicamente, gli spillover sono necessari, ma non sufficienti, per giustificare l’azione del governo...
L'imbarazzo degli adoratori della lavagna...
... Se l’esistenza di una esternalità non basta a giustificare l’intervento pubblico, non potete fare la vostra bella dimostrazione alla lavagna e andarvene tranquillamente a casa... In altre parole, la prova fornita alla lavagna dimostra un po’ troppo...
L'imbarazzo ha un nome e un cognome: Ronald Coase...
... Come ha detto un altro premio Nobel, Ronald Coase, una dimostrazione effettuata alla lavagna sulle esternalità non prova di fatto nulla – assolutamente nulla – sulla desiderabilità dell’intervento pubblico...
Anche qui, attenti a non confondere: non stiamo condannando l'uso della matematica in economia...
... Notate che non ho fatto il benché minimo riferimento alla matematica. Opporsi al predominio della teoria economica che si basa sulle dimostrazioni alla lavagna non significa opporsi alla matematica.... L’economia ha fatto progressi senza la matematica, ma ha fatto progressi più rapidi con la matematica. Questa materia ha reso più chiari centinaia di interrogativi economici...
Ma la matematica ha un problema: dà il prestigio del rigore anche laddove è un prestigio del genere è insensato...
... Il punto è che nelle mani di Samuelson e in particolare dei suoi seguaci (come me), la matematica ha accresciuto il prestigio scientifico delle dimostrazioni alla lavagna, giustificandone con una sorta di sufficienza l’applicazione a questioni politiche...
E’ folle spazzare meticolosamente lo sgabuzzino quanto l’intera casa è un letamaio.
Lo sapevate che in economia si teorizza 5 volte più che in fisica?...
... Nel 1982 uno degli allievi di Samuelson, il professor Wassily Leontief (guarda caso, anche lui un premio Nobel) calcolò che almeno metà degli articoli pubblicati sulle principali riviste di sociologia ed economia erano totalmente teorici (oggi la percentuale sarebbe più elevata). Qual era la percentuale di articoli teorici pubblicati sulle riviste di chimica e di fisica? Il 10 per cento. In economia si teorizzava cinque volte più che in fisica...
Leggere Arrow è frustrante quanto leggere l’ Etica di Spinoza...
... Come osservava ironicamente il teorico Michio Morishima, «Gli studenti che hanno letto opere [di economia teorica] sulla scelta sociale o il testo monumentale di Arrow e Hahn General Competitive Analysis resteranno sorpresi dalla straordinaria somiglianza tra questi lavori e l’Ethica Ordine Geometrico Demonstrata [1677] di Spinoza»....
Ma le scienze sono qualcosa di molto diverso dalla matematica, spesso ne prendono le distanze...
... Le scienze non ragionano così. Usano spesso la matematica (meno, finora, in campi come la geologia, la biologia evoluzionistica e la storia), ma non adottano i valori intellettuali del dipartimento di matematica...
Feyerabend sulla deriva di certe scienze sedotte dalla matematica...
... Come ha osservato il filosofo della scienza Paul Feyerabend, «Bisogna ammettere che alcune scienze (talune parti della fisica, grandi parti delle scienze sociali) si trovano oggi anche in una fase di ristagno. Esse sono di fatto molto simili alla squallida immagine che i filosofi si fanno della scienza. Bisogna ammettere che alcune scienze che stanno attraversando un periodo di stagnazione presentano attualmente i loro risultati in forma assiomatica [come l’economia teorica], o tentano di ridurli a ipotesi di correlazione [come fa la significatività statistica]...
Feynman sulla differenza tra matematici e fisici...
... i matematici e i fisici hanno valori intellettuali diversi: «I matematici si interessano principalmente a come si dimostrano i vari fatti matematici […] Non sono particolarmente interessati ai risultati di ciò che dimostrano»...
Il Feynman matematico...
... Richard Feynman era un brillante utilizzatore della matematica applicata. Ma le cose che faceva con la matematica, comunissime in fisica, avrebbero fatto rizzare i capelli in testa a un matematico “puro”...
Riformuliamo l'accusa agli economisti...
... Quello che è accaduto in economia durante la carriera di Paul Samuelson (lo ripeto: è una tendenza antichissima nella disciplina) è uno spostamento progressivo dai valori scientifici ai valori matematici...
La strana paura della contraddizione in un dialogo altamente istruttivo tra Turing (matematico puro) e Wittgenstein...
... Nel 1939 il matematico britannico Alan Turing ebbe una raffinata discussione su questo contrasto tra valori matematici e valori scientifici con Ludwig Wittgenstein, il filosofo che aveva studiato ingegneria aeronautica e pedagogia:   Wittgenstein: La domanda è: Perché la gente ha paura della contraddizione? Turing risponde: “Perché qualcosa potrebbe andare storto nell’applicazione”. Ma non c’è nulla che dovrebbe andare storto. E se qualcosa va per il verso sbagliato – se il ponte crolla – il vostro errore consisteva nell’utilizzo di una legge naturale sbagliata. Turing: Non puoi fidarti dell’applicazione dei tuoi calcoli finché non sai che non vi è alcuna contraddizione implicita nel sistema. Wittgenstein: Mi sembra che qui ci sia un errore colossale… finora nulla è mai andato storto in quel modo... Tuttavia, Alan non si la sciava convincere. Per un matematico puro, la bellezza dell’argomento restava pur sempre il fatto che, per quanto si potesse discutere sul suo significato, il sistema rimaneva lì in piedi, completo, autosufficiente, sereno. Cara e amata matematica! Mondo certo e sicuro, in cui niente può andare storto, in cui nessun guaio può accadere, nessun ponte crollare! Tanto diverso dal mondo di quel 1939»...
Come diceva (lo scienziato) Einstein, l’eleganza è roba da sarti.
L'economista gioca a fare lo scienziato ma a tradirlo è stato il suo amore per la matematica... 
... gli economisti non si sono presi la briga di andare a vedere come funziona in realtà la fisica... nel 1989 la rivista Science riferiva che i fisici erano «allibiti dal rigore matematico [ricordatevi che per loro non è un valore assoluto] degli economisti teorici»...
Il fisico non è affatto innamorato della matematica...
... Un economista ha chiesto a un fisico: “Dove sono le tue dimostrazioni?”. Il fisico è rimasto sorpreso dal tono iper-accademico della domanda, e gli ha risposto: “Tu puoi sviluppare dei teoremi, ma io li lascio ai matematici”...
Ma molti si ostinano a difendere l'economia matematica, per costoro l'economia non è una disciplina sperimentale... 
... Che difesa ci potrebbe essere per un approccio così ascientifico? Debreu ha offerto un’argomentazione usata spesso dagli economisti teorici, ma non per questo meno superficiale: l’economia è una disciplina non sperimentale. (La sua tesi difensiva glissa sul fatto che l’astrofisica, la geologia e la biologia evoluzionistica sono materie non sperimentali ma che non si affidano alle dimostrazioni teoriche...
Eppure, un argomento del genere fa acqua da tutte le parti...
... La perorazione di Debreu in favore dei valori del dipartimento di matematica non è rigorosa. È puramente emotiva. Secondo lui, l’approccio accademico basato sull’assioma e sulla dimostrazione porterebbe a una comprensione “più profonda”. L’aggettivo “profondo” è diventato un mantra...
Altra difesa...
... «una struttura deduttiva che tollera una contraddizione lo fa al prezzo di diventare inutile, perché qualunque affermazione si può derivare impeccabilmente e immediatamente da quella contraddizione»...
Insoddisfacente: nelle scienze il problema non è mai stata la contraddizione teorica, come si evince dal dialogo tra Turing e Wittgenstein...
... Come osservava Wittgenstein nella sua conversazione con Turing, «Supponiamo che io riesca a convincere Rhees del paradosso del mentitore, e allora lui dice: “Io mento, quindi non mento, quindi io mento e non mento, quindi abbiamo una contraddizione, quindi 2 x 2 = 369”. Ebbene, il fatto è che questa non dovremmo chiamarla una “moltiplicazione”, tutto qui»...
Il discorso scientifico entra e esce come crede dal discorso formale...
... Le contraddizioni della scienza non vengono gestite in base alle regole ingenue della logica formale...
Il culto della coerenza andrebbe demistificato, ha già fatto troppi danni...
... E in qualunque caso la storia della fisica, e della stessa matematica, dimostra nuovamente che la coerenza non è affatto una virtù cardinale, necessaria per l’utilità di una teoria scientifica...
Ma perché tanta matematica in economia? Perché è facile! Facile da insegnare, facile per costruirci su un corso universitario... dieci corsi universitari… 
... La matematica è più facile da insegnare, rispetto alla capacità di usare il pensiero economico a fini scientifici...
Ma i veri scienziati non hanno un grosso interesse alla dimostrazione da dipartimento di matematica. Confrontatevi con la letteratura scientifica...
... Quando si studia la letteratura scientifica in questo campo, occorre che il lettore, specie l’economista cresciuto nella tradizione della teoria astratta dell’equilibrio generale, si renda conto che molti esperti di scienze naturali non si lasciano impressionare dalle argomentazioni matematiche intese a dimostrare che in un sistema sostanzialmente disciplinato da assiomi generali “può accadere qualunque cosa”. La semplice dimostrazione dell’esistenza di possibilità logiche [derivanti da una serie infinita di assunti alternativi: A, A’, A’’, …] non è sufficiente per convincere questi scettici. I parametri del sistema necessari per ottenere il comportamento erratico devono conformarsi ai valori di riferimento definiti da studi empirici, oppure il comportamento va documentato effettivamente in natura...
Con la teoria possiamo dire di tutto...
... È fondamentale ricordare ciò che sanno tutti, che si può sempre escogitare una serie di connessioni logiche per ottenere conclusioni C da assunti A, se si è liberi di scegliere... Per ogni insieme di assunti A che implicano una conclusione C, e per ogni conclusione alternativa C’ (e così via) arbitrariamente lontana da C (per esempio, disgiunta da C), c’è un insieme alternativo di assunti A’ arbitrariamente vicini all’assunto originario A, per cui A’ implica C’....
Quando con l’assiomatizzazione puoi dire di tutto e le verifiche poi le fai con il “vizietto” appena visto delle regressioni statistiche, la “scienza” si degrada in “disciplina” che si degrada i giochetto da spiaggia.
Validità e Verità: una confusione perniciosa...
... La grandissima tragedia del vizio samuelsoniano è stata quella di combinare la validità con la verità, di immaginare che esplorare tutte le possibili connessioni tra tutti i possibili assunti, A, A’, A’’, A’’’, … e tutte le possibili conclusioni, C, C’, C’’, C’’’, … sia scienza...
Feynman nel dipartimento di matematica...
... È ancora Richard Feynman a fornirci un caso illustrativo. Quando studiava fisica a Princeton, si divertiva a sbalordire i colleghi del dipartimento di matematica sfidandoli a sottoporgli qualsiasi teorema, di cui avrebbe invariabilmente accertato la veridicità o la falsità...
Hal Varian contro la "modellizzazione" della realtà...
... Tanti economisti si lamentano dell’elevata modellizzazione dell’economia, come hanno fatto, per esempio, Robert Heilbroner e William Milberg.{54} Questa lamentela è diventata così comune che la si potrebbe considerare maggioritaria fra gli economici, se non fosse che i dipartimenti di economia continuano ad assumere persone il cui presunto contributo al progresso scientifico è principalmente l’adozione dei valori del dipartimento di matematica...
Rigore e rilevanza confliggono troppo spesso...
... Nel suo ottimo libro Truth versus Precision in Economics, Thomas Mayer scrive che «esiste un trade off tra rigore e rilevanza...
Il “trauma infantile” di Samuelson...
... I vecchi teorizzatori come Samuelson sono rimasti traumatizzati, in gioventù, dalla stupida opposizione all’uso della matematica. Portando avanti negli anni Novanta le battaglie già vinte negli anni Cinquanta, hanno continuato a sostenere argomentazioni qualitative anziché quantitative per l’introduzione nell’economia di principi sempre più tipici del dipartimento di matematica....
La marginalizzazione delle domande interessanti...
... Il risultato è stato il venir meno dei valori ingegneristici o storici. Invece di chiedersi: “Quanto?”, “Funziona?”, o “Cosa accadde quando gli ateniesi sbarcarono a Siracusa?”, il tipico economista moderno ben attrezzato dal punto di vista concettuale si domanda: “Dov’è la tua dimostrazione [alla lavagna]?”, o “Come puoi modificare i tuoi assiomi?”...
Teoria dei giochi, ascesa e declino… 
... Analogamente, la teoria dei giochi, che non a caso è stata inventata da un matematico, John von Neumann, è entrata da qualche tempo nella fase discendente del ciclo...
Che spreco di tempo!...
... E come la significatività statistica, anche la flessibilità degli assunti ha il costo-opportunità di un lavoro serio che si potrebbe fare ma non si fa...
Un esempio...
... Un piccolo esempio tecnico è lo spreco ventennale (tra il 1935 e il 1955) di risorse intellettuali nello sterile dibattito tra utilità ordinale e utilità cardinale. Persone come lo stesso Samuelson, nonché John Hicks e Hendrik Houthakker e altri ancora, sarebbero state utilizzate più proficuamente in altri compiti, come lavare le tazze nel cucinino del dipartimento di economia...
Altro esempio: l'equilibrio generale...
... Un altro esempio, più eclatante, è la teoria astratta dell’equilibrio generale, il caso più macroscopico di valori del dipartimento di matematica eretti a principi ispiratori. L’esempio più recente – la teoria dell’equilibrio generale ha perso il suo primato nel momento in cui i suoi sostenitori hanno ottenuto la cattedra ad Harvard – è la teoria dei giochi...
Alternativa: sperimentare. Per quanto possibile...
... Gli esperti di teoria dei giochi, per esempio, hanno messo in evidenza i limiti della propria tesi, che si potrebbe esprimere tecnicamente in questi termini: le persone cooperano effettivamente; reiterazioni finite del dilemma del prigioniero rendono la cooperazione inesplicabile; ma reiterazioni infinite, come afferma il teorema di Folk, hanno un numero infinito di soluzioni. Qual è l’utilità per la scienza di un numero infinito di soluzioni? Alcuni economisti hanno puntato sugli esperimenti, usando come “cavie” i laureandi della Università dell’Arizona o del CalTech. L’“economia sperimentale”, come viene chiamata, costituisce un segnale positivo – in effetti ha sottratto alcuni economisti matematici a una vita per altri versi inutile...
E poi guardare alla storia. Dati quantitativi alla mano...
... Alcuni economisti hanno puntato sui dati, come sta accadendo nella “nuova” storia economica, e un’economista come Elizabeth Hoffman ha fatto entrambe le cose: condotto esperimenti e raccolto dati storici. Questa devozione alla scienza è rara...
Esempio: Hobbes alla lavagna e Hobbes in laboratorio...
... Gli economisti hanno ripetuto all’infinito, indicando la lavagna: “No: dei selvaggi non civilizzati come Max U rifiutano le formazioni sociali.... Ma esperimenti recenti hanno sconfessato in realtà la dimostrazione ottenuta alla lavagna. Proprio come si aspetterebbe una donna, le persone tendono spontaneamente a cooperare...
Consiglio: guardare ai fenomeni e cercare di spiegarli. Non perdersi nella lavagna...
... Alcuni economisti, come A.C. Harberger, Armen Alchian o Richard Caves, nei fatti un manipolo molto ridotto, hanno continuato ostinatamente a tentare di spiegare fenomeni. Un economista che studia, per esempio, la storia dei fari in Inghilterra,{56} del divario salariale tra uomini e donne negli Stati Uniti,{57} o dello spaccio aziendale delle città minerarie,{58} genera idee teoriche in abbondanza, ma alla fine conosciamo meglio qualche aspetto del mondo...
Prendete dei punti di riferimento dettati dal buon senso...
... Proponete standard di grandezza, come il cosiddetto criterio di Genberg-Zecher che si usa nell’integrazione dei mercati: volete sapere se l’economia americana è aperta o isolata? Beh, avete già deciso di trattare la sua parte interna come un mercato. Ciò fornisce uno standard, un riferimento rispetto al quale potete misurare il grado di interconnessione con l’esterno...
Dopo ogni "scoperta" chiedetevi sempre "e allora?"...
... Invece di trastullarvi con i modelli teorici, ponetevi sempre, per tutte le dissertazioni e tutti gli articoli, le stesse domande che fecero gli intervistatori di Chicago a quel giovane che stava “lavorando” sul teorema dell’impossibilità di Arrow: e allora? Cosa mi avete insegnato sul mondo reale dell’economia?...
Poi tanta modestia. Evitate l'ingegneria sociale, sceglietevi poche istituzioni e lasciatele lavorare a lungo, minimizzate gli interventi, lasciate crescere le certezze negli operatori...
... Invece di coltivare l’ingegneria sociale, con la sua promessa di dirigere analiticamente l’economia, aiutate l’economia a sviluppare delle istituzioni che non creino danni e poi lasciatele lavorare. Le politiche economiche possono fare male. I tentativi di realizzare una pianificazione dettagliata, in stile sovietico, possono essere disastrosi per una economia. Mollate le leve del comando. Siate modesti. Sappiate soprattutto di non sapere...
Lo scienziato/macchina (assiomatizzazione-regressione-ingegneria sociale) non ci serve, fa solo danni...
... Una scienza delle macchine non ha più senso di una società delle macchine... Se non siamo delle macchine, noi scienziati e attori economici non possiamo essere ingegnerizzati in un modello...
Se lo scienziato è uomo, allora l'etica c'entra con la scienza...
... Gli scienziati sono persone in carne e ossa. Questa stupefacente conclusione degli studi scientifici effettuati nell’ultimo quarto di secolo implica che la scienza, come tutti gli altri aspetti della vita, è una materia etica, non l’applicazione di quei giocattoli da Meccano che sono la significatività statistica, la teorizzazione alla lavagna o l’ingegneria sociale....
Servono delle virtù, con questo non voglio dire che servano eroi o santi...
... L’altro modo di vedere la virtù è agreste e religioso, persino cristiano, nello stile di San Paolo. Le sue virtù sono la fede, la speranza e l’amore, come diceva San Paolo, ma la più grande è l’amore. È un’etica femminile, l’esaltazione dell’amore...
Serve un'etica borghese imperniata sullo scambio e sulla discussione...
... Ma noi non siamo né eroi né santi. Siamo borghesi, e viviamo nelle città. Eppure non abbiamo un vocabolario della virtù borghese. L’economia moderna (e il jazz moderno, l’architettura moderna, la pittura moderna e la poesia moderna) ha un’etica aristocratica e talvolta campagnola, mai borghese...
L'intellettuale novecentesco, invece, è evoluto in senso opposto...
... Virginia Woolf scrisse che intorno al dicembre del 1910 la natura umana cambiò. Beh, c’è da dubitarne. Il cambiamento, ancora in corso nei decenni conclusivi del XIX secolo, era il progressivo distacco dell’intellighenzia dal mondo borghese da cui traeva origine, accompagnato dal desiderio di mettersi su un livello più elevato...
La tecnica ha assunto un'importanza sproporzionata...
... La nuova aristocrazia intellettuale voleva rendere tutto difficile e tecnico, e c’è riuscita. Klein, Samuelson e Tinbergen erano modernisti del periodo intermedio...
Vizi: orgoglio e abuso della ragione...
... È una forma di arroganza immaginare che l’ingegneria sociale possa funzionare, che un genietto alla lavagna possa ribaltare la saggezza del mondo o dei secoli, o che un meccanismo come la significatività statistica possa dirvi quanto è grande o quanto è piccolo un numero... Bauhaus in architettura e del samuelsonismo in economia...
Antidoti: confronto e persuasione...
... La buona scienza funziona come un buon mercato, non in modo anonimo e meccanico come pensiamo tanto spesso noi economisti, ma attraverso la fiducia, il dialogo e la persuasione... Una società borghese dipende da lunghi dibattiti su cosa fare... Shylock dice: «Io voglio fare con voi operazioni di compra e di vendita, parlare con voi, passeggiare con voi, e via di seguito […] Che notizie ci sono a Rialto?»...
L'ecclettismo di Adam Smith come punto di riferimento...
... l’esempio di Smith è cruciale. Era un professore di filosofia morale. Scrisse due libri, uno dei quali era uno studio sulla prudenza, che Bentham e altri ridussero all’unica virtù. Ma l’altro libro di Smith, la Teoria dei sentimenti morali, spiega come si posiziona la prudenza tra le altre virtù. Smith le collocava in uno spettro che andava dal coraggio dell’aristocrazia all’amore dei cristiani...
Una scienza borghese...
... Abbiamo bisogno di un’etica compiutamente borghese nella scienza e nella società in generale. Una scienza borghese dell’economia – è sbagliato pensare che sia già abbastanza borghese – non sarebbe né aristocratica né contadina. Non sarebbe, cioè, né l’expertise tecnica senz’anima rappresentata dai tre vizi, né il sentimentalismo politicizzato di alcuni esponenti della destra o della sinistra. Sarebbe molto simile alla comunità ideale che ricerchiamo...
Il modernismo non è la strada giusta, l'empirismo gretto e meccanico ci porta fuori strada. Una buona retorica vale più di tanto razionalismo...
... Io penso che il mezzo migliore per combinare la tradizione liberale e la tradizione civico-umanista sia la “retorica”, l’arte della conversazione applicata alla scienza e alla società... Sono d’accordo con i miei colleghi postmodernisti sul fatto che il razionalismo nella sua forma francese non abbia funzionato, e abbia portato ai campi di concentramento...
In poche parole: un ritorno alle origini...
... L’economia era un progetto dell’illuminismo scozzese; ma rappresentava anche il lessico delle virtù borghesi. Dobbiamo tornare, nello studio dell’economia, alle virtù intellettuali e morali di David Hume e Adam Smith...
COMMENTO PERSONALE
La scienza economica è una scienza per modo di dire, però puo’ ambire ad essere una disciplina, ovvero un discorso rigoroso intorno ad una realtà complessa. Per meritarsi questo appellativo, però, dovrebbe affrontare l’oggetto dei suoi studi con un approccio eclettico, che si avvalga di più strumenti.
  1. Introspezione (esperienza personale).
  2. Teoria minima (semplice e fondata sul buon senso).
  3. Storia.
  4. Sperimentazione e Simulazione in laboratorio e sul campo.
  5. Casi di studio e interviste ai protagonisti che vivono in prima persona il fenomeno che si studia.
  6. Rivista e sintesi della letteratura precedente sul fenomeno.
  7. Regressioni statistiche.
Certo che lavorare in questo modo implica una manciata di pubblicazioni in carriera, cosa che nessuno puo’ permettersi se vuole stare a galla nel mondo accademico. Anche per questo, oggi la gran parte dei lavori pubblicati ossequiano giusto il punto 7. In casi del genere non possiamo parlare di scienza, e forse nemmeno di disciplina. Il libretto della McCloskey lo dimostra una volta per tutte.
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