sabato 28 febbraio 2015

Le lenti


  1. Se costruiamo uno spettro politico la categoria dei giornalisti si colloca a sinistra
  2. Il media b ias è un circolo vizioso perché spinge a sinistra l' opinione pubblica e ancora più a sinistra la casta dei giornalisti
  3. Consiglio ai giornalisti: frequentate di più i contesti legati alla destra
  4. Richiesta di outing:dite per chi avete votato nelle ultime tre elezioni o per chi avreste votato
  5. Motivi del rifiuto di outing: sono un giornalista, non un politico, il mio resoconto è obiettivo, giudicate quello
  6. Risposta: sapere per chi voti mi aiuta a giudicare. Oppure affermi che esista un' obiettività assoluta? Oppure affermi che l' ideologia non condiziona il resoconto? Se lo affermi allora sì che il tuo resoconto su questa materia è fallato.
  7. Chiedere ai media di rendere pubblico il loro bias politico, si produrrebbe un effetto a valanga.
  8. Il media bias dipende più dalla domanda che dall' offerta (proprietà)
  9. Effetti del bias in relazione alla natura del mezzo. La tv convince ma distrae, i giornali concentrano ma non convincono.

venerdì 27 febbraio 2015

Una teoria dello sculaccione SAGGIO

Perché i nostri nonni trovavano del tutto naturale assestare uno sculaccione al marmocchio mentre noi ci ritraiamo inorriditi da un simile atteggiamento e quando ci capita di fare altrettanto consideriamo tutto cio' un miserrimo fallimento del genitore che è in noi?
I tradizionalisti dicono che abbiamo ricevuto un lavaggio del cervello e siamo tutti matti.
Non ci sto, non mi faccio lavare il cervello da nessuno io! :-)
I progressisti adottano la canonica impostazione volterriana: la Ragione ha illuminato la Modernità sulle brutture del passato facendoci capire che è doveroso tracciare una linea di confine, fare tabula rasa dell' eredità e fondare qui ed ora  un Nuovo Mondo improntato alla reale Giustizia.
Ma nella risposta volterriana ci sono troppe maiuscole, non mi soddisfa.
child
Preferirei qualcosa che, pur tenendo nel dovuto conto i progressi dovuti all' esperienza passata, non consideri mio nonno un marziano troglodita che abitava una galassia così distante dalla mia.
Mi piace allora concentrarmi su cosa unisce me e mio nonno. 
Entrambi consideriamo che la disciplina abbia un ruolo nell' educazione di un bambino. Lui, in realtà, nemmeno lo pensava, si limitava ad esercitare il senso comune, io invece cerco di affidarmi alla scienza moderna. 
E' la scienza a dirmi che Intelligenza e Volontà sono gli ingredienti principali per il Successo di una persona nel mondo moderno come in quello di ieri, e poiché l' intelligenza è rigida e specifica la cosa migliore, quando si educa, è puntare sulla volontà. 
So anche che la volontà si puo' allenare.
So anche che gli effetti dell' "allenamento" svaniscono abbastanza rapidamente e che per farli durare bisogna fornire solide motivazione.
Ora, questo affare della motivazione è forse la questione centrale in ambito educativo,  trasmettere una passione è decisivo, tuttavia anche disciplinare la volontà ha un ruolo tutt’ altro che marginale. 
In altri termini, la disciplina non è un ferrovecchio, oltre a fare degli spazi domestici un posto vivibile, plasma in qualche misura la forza di volontà dei figli.
Sia io che mio nonno sappiamo che in una casa alcune regole ci vogliono. Finché si puo’ se ne fa a meno ma ad un certo punto entrano in scena loro.
L' esempio fornito dai genitori puo' stimolare i comportamenti più appropriati ma non è sempre un toccasana: hai voglia a mangiar frutta e minestra affinché la Marghe ne assaggi a sua volta, hai voglia a fare i suoi compiti perché infine sia lei a mettersi di buzzo buono: vieni colto da allucinazioni e, mentre fai la prova del nove, ti appare la tua immagine mentre compili la sua tesi di laurea. Quando per l' ennesima volta sono io a riordinare la stanza per fornire un buon esempio ho come la sgradevole sensazione che l' incentivo sia scambiato dai marmocchi come la soluzione ottimale: ok, ecco chi sistema, non si capisce perché tanti strepiti, fine del problema, possiamo proseguire con i Lego. 
I bambini sono dei miracoli della natura ed è la natura stessa che li indirizza verso un retto comportamento, l' obbedienza spontanea, poi, è davvero un dono prezioso, quando il bambino obbedisce spontaneamente lo fa perché sente che così facendo si allea con il genitore, sente di avere un ruolo nella famiglia e sarebbe un vero danno spiazzare questi incentivi interiori con degli incentivi esteriori che possono addirittura umiliarlo.
Tuttavia, ci sono alcuni compiti che restano per lui faticosi e qui entrano in ballo regole, premi e castighi, ovvero gli incentivi esterni. Sul punto non c' è Voltaire che tenga, sia la saggezza dei tempi andati che la scienza educativa più avanzata ci dicono che la regole conservano un loro ruolo, che la forza di volontà dei bimbi nel rispettarle conta molto e conterà anche nella vita futura, che questa energia è variabile da bambino a bambino e che si puo' allenare. 
So allora che la disciplina consiste anche nel rispetto di una regola.
So anche che una regola per essere ben costruita deve attenersi alla legge delle tre C:
Chiarezza: deve essere formulata in anticipo, in tempi di calma e concordia, magari con la partecipazione del bambino stesso.
Coerenza: l' applicazione sporadica è dannosa, deve essere applicata sempre, anche per questo le regole devono essere poche.
Conseguenze: al mancato rispetto deve seguire una punizione, la celerità della punizione è cruciale affinchè sia ben chiaro il legame tra violazione e castigo. 
Nell' elenco brilla per la sua assenza la severità: se c' è qualcosa che conta poco è la severità che, anzi, puo' essere controproducente.
Fin qui sia io che mio nonno restiamo piuttosto compatti, perlomeno nel nome del buon senso. Perché allora in una famiglia volano le sberle e nell' altra sono tabù? 
Cerco di rispondere introducendo un elemento di novità e lo faccio concentrandomi sulla terza C, ovvero sulle punizioni (sia chiaro che lo stesso vale per i premi).
Io e mio nonno abitiamo due mondi molto diverso, penso per un attimo al mio: è un mondo in cui le mie bambine sono esposte a mille stimoli e a mille "tentazioni": tv, giochi e giochini di tutti i tipi, youtube, facebook, film, cartoni, sms, cellulari, vetrine sberlucicanti, pubblicità mirate a tutte l’ ore... e chi più ne ha più ne metta. Tutto cio' da un lato mi crea mille problemi: devo dire molti no, ma dall' altro mi facilita in modo sorprendente: posso dire molti no. Posso nel senso che ho una scelta ricca e variegata di punizioni (o premi) a mia disposizione. 
Il fatto che ci siano tentazioni di ogni ordine e grado significa che posso scegliere in modo oculato la punizione più idonea alla bisogna: abbastanza dura da distinguersi da un premio e abbastanza "dolce" da non incorrere in una severità gratuita.
Il fatto che le tentazioni fiocchino in ogni momento del giorno e della notte mi consente di averne sempre a disposizione, di essere "veloce" nel punire, ovvero di stabilire una chiara connessione con la mancanza commessa. Posso, per esempio, proibire la sessione serale su youtube se non si mangia la minestra: i due eventi sono distanti giusto una ventina di minuti tra loro.
"Dolcezza" e "celerità" sono proprio elementi fondamentali per la "terza C" e io ce li ho sempre a disposizione.
Penso adesso al mondo di mio nonno: miseria serena ma nera, stimoli vicini allo zero se si tolgono i mandarini ricevuti in dono a Natale. Persino le marce del Sabato Fascista erano un diversivo eccitante, almeno si andava i paese e si vestivano strani indumenti. Come punire? Certo, si potrebbe dire ai figli che "... niente minestra, niente cinema..." ma siccome al cinematografo si andava due volte l' anno a soffrirne leggermente era la celerità. A pensarci bene, dato il contesto ambientale, forse quello sculaccione poco più che accennato restava la punizione ottima, anche secondo i criteri della pedagogia moderna. Se guardasse le cose da vicino Voltaire non avrebbe niente da ridire.
Riepilogo della teoria:
  1. La disciplina svolge pur sempre un ruolo nell' educazione di un bambino
  2. La celerità nel punire chi viola una regola è essenziale
  3. La severità della punizione è controproducente
  4. In un mondo che offre ai bimbi continue tentazioni di ogni ordine e grado le punizioni dolci e celeri sono di facile reperimento.
  5. In un mondo scevro da tentazioni il mix di dolcezza e celerità offerto dallo sculaccione era ottimale.






























L' educazione dei figli


  1. Il buon senso e la scienza sembrano convergere con Aristotele: si formi il carattere del ragazzo inculcandoli i valori di base: rispetto, lealtà, coraggio, decenza.  La struttura è preziosa specie per i maschietti che maturano dopo.
  2. La presenza costante dell' adulto è importante. L' adulto non deve essere né un punitore (che arriva solo per punire o premiare) né un facilitatore (che si fa vivo solo per risolvere i problemi). Zero-tolerance e permessivismo sono due facce della stessa medaglia, la medaglia in cui l' adulto latita.
  3. Cronaca: Nel quartiere bene una banda di giovani attira nello scantinato una ragazza conosciuta alla festa e la sevizia. Le tre diagnosi tipiche:

    1. Progressista: colpa dell' educazione repressiva che mina l' autostima (i bimbi vanno lasciati fiorire spontaneamente).
    2. Conservatore: colpa del deserto educativo che abbandona a se stessi (i bimbi sono dei barbari da civilizzare).
    3. Femminista: colpa dell' educazione patriarcale che insegna a disprezzare le donne (i bimbi vanno educati alla neutralità di genere).
    4. Innatista: colpa di nessuno, sono fatti così (i bimbi nascono con un carattere ereditato).


    IMHO: 2) 70%; 4) 25% 1) 4%  3) 1%
  4. Insegnante/civilizzatore? Insegnante/punitore o insegnante/facilitatore? Se c' è una cosa che avvantaggia l' uomo sull' animale è la capacità di trasmettere la cultura: l' animale deve ricominciare ogni volta daccapo. Vediamo di sfruttarlo.
  5. La parabola della pedagogia: 1) Aristotele: è doveroso formare il carattere morale del ragazzo inculcando un' etica di base fatta di: 1) rispetto (dell' altro e della sua proprietà), 2) lealtà (alla parola data), coraggio (voglia di intraprendere con l' altro) 3) buone maniere (non approfittarsi del diritto alla libertà) 4) temperanza (self contro e successo sono legati a doppio filo). 2) Si realizzano eccessi che trasformano Aristotele in uno "zero-tollerance": il genitore si allontana trasformandosi da civilizzatore in punitore distante. 3) Ma l' accusa della pedagogia progressista non si concentra tanto sulla sopravvenuta lontananza del genitore quanto sull' indottrinamento e il presunto "lavaggio del cervello". Ma violentare il carattere di una persona è possibile solo se la persona è già autonoma, cosicché viene ventilata l' autonomia del bambino. 4) L' alternativa proposta: "value clarification". Il bambino è competente, autonomo, bisogna solo presentargli dei valori etici tra cui scegliere sempre mantenendo le distanze al fine da non influenzarlo. 5) Il metodo della "value clarification" crea, implicando la distanza dell' adulto, ansia e paure. Si cerca di rimediare puntando sull' autostima: premi per tutti e complimenti continui. 6) Il metodo dell' autostima fomenta il narcisismo, si cerca un recupero di Aristotele. 7) Ma i valori di Aristotele non sono soddisfano l' ideologia progressista, cosicchè si cerca di sostituirli con 1) democrazia 2) tolleranza 3) legalità 4) educazione di genere 5) politically correct...
  6. Aristotele: è doveroso formare il carattere morale del ragazzo inculcando un' etica di base fatta di: 1) rispetto (dell' altro e della sua proprietà), 2) lealtà (alla parola data), coraggio (voglia di intraprendere con l' altro) 3) buone maniere (non approfittarsi del diritto alla libertà) 4) temperanza (self contro e successo sono legati a doppio filo).
  7. Coltivare un pensiero critico consista nella disponibilità ad aggiornare la propria posizione, non nel non averne alcuna o nel togliere fondamento a qualsiasi posizione. La cosa si riflette nella pedagogia: per insegnare il pensiero critico è opportuno partire da una posizione. Cosa aggiorno se non ho una posizione? In questo senso il pensiero critico è essenzialmente ve
  8. Forse l'approccio pedagogico tradizionale è ancora il migliore.


    • Contenuti: le più grandi conquiste del pensiero umano nella scienza e nelle arti (contro il predominio dell'attualità e della militanza come mezzo per catturare l'interesse del discente)
    • Pensiero critico: da concepirsi come capacità di aggiornare le conoscenze ricevute (contro la costruzione autonoma da zero della propria conoscenza)
    • Valori: il classico VELo: Verità, Educazione, Lealtà (contro i valori di democrazia, legalità, solidarietà).
    • Metodo1: è implicato nei contenuti: il metodo del Maestro che sa e che trasferisce la sua conoscenza a chi non sa (contro l'educatore come facilitatore).
    • Metodo2: l'insegnante come allenatore della forza di volontà che abitua ai sacrifici e al controllo degli impulsi (contro l'insegnante come intrattenitore che attira l'attenzione).


    continua

      1. Aristotele: è doveroso formare il carattere morale del ragazzo inculcando un' etica basilare fatta di: 1) rispetto (dell' altro e della sua proprietà), 2) lealtà (alla parola data), coraggio (voglia di intraprendere con l' altro) 3) buone maniere (non approfittarsi del diritto alla libertà) 4) temperanza (self contro e successo sono legati a doppio filo). il bambino, secondo Aristotele, è un "barbaro da civilizzare". Tra noi e gli animali spicca una differenza: noi possiamo trasmettere la nostra cultura, loro devono ricominciare sempre da capo, tanto è vero che noi andiamo avanti e loro restano fermi.
      2. La pedagogia aristotelica è condivisa un po’ da tutti nella storia: greci, romani, illuministi, romantici, vittoriani. Nel novecento il paradigma muta.
      3. Si realizzano eccessi che trasformano il metodo di Aristotele in un metodo "zero-tollerance": qui l' educatore si allontana dal discente  trasformandosi da civilizzatore in punitore distante.
      4. L' accusa della pedagogia progressista scatta immediata ma non prende di mira la sopravvenuta lontananza del genitore quanto cio' che viene chiamato indottrinamento se non "lavaggio del cervello". Tuttavia, "violentare" il carattere di una persona è possibile solo se la persona è autonoma, cosicché viene postulata l' autonomia del bambino.
      5. L' alternativa proposta: "value clarification". Il bambino è competente, autonomo, bisogna solo presentargli dei valori etici e lui procederà alla scelta. Fondamentale mantenere le distanze per non influenzarlo.
      6. Il metodo della "value clarification" crea, implicando la distanza dell' adulto, ansia e paure. Si cerca di rimediare puntando sull' autostima: premi per tutti e complimenti continui.
      7. Il metodo dell' autostima fomenta il narcisismo, si cerca un recupero di Aristotele.
      8. Ma i valori di Aristotele non  soddisfano l' ideologia progressista, cosicchè si cerca di sostituirli con 1) democrazia 2) tolleranza 3) legalità 4) educazione di genere 5) politically correct...
  9. il successo nella vita, ovvero cio' che ci fa felici dipende da intelligenza e volontà, la prima è rigida e specifica, più saggio occuparsi della seconda quando si educa
  10. la volontà è un muscolo: si stanca se usata troppo, si puo' allenare, gli effetti dell' allenamento sono temporanei.
  11. per una buona disciplina vedi la legge delle tre C: chiarezza (fissar prima le regole), coerenza (punire o premiare sempre, non sporadicamente), conseguenze (punire o premiare subito)
  12. una teoria delle botte: poiché 1) la punizione deve essere "veloce" rispetto alla marachella commessa 2) la punizione consiste nell' impedire l' accesso ad una tentazione 3) in passato esistevano poche tentazioni. Oggi possiamo dire "se non mangi la minestra non guardi la TV" ma ieri l' unica strada era uno scapaccione.
  13. affinché una disciplina duri nel tempo occorre dare delle motivazioni giuste, qui la religione ha un suo senso
  14. i bambini sono competenti? madre natura è meravigliosa ma i figli vogliono anche sapere chi è in carica, chi comanda e chi li protegge, il genitore non puo' farsi da parte, pena il dilagare di ansia, magoni e stress. L' autonomia del bimbo è spesso esagerata e rischiosa specie in un mondo con più insidie che in passato
  15. al mondo d' oggi le tentazioni si moltiplicano e la disciplina acquista valore
  16. la famiglia è il posto ideale per crescere poiché chi è chiamato ad essere duro con te è una persona che ti ama e te lo dimostra, sono le condizioni migliori per evitare i traumi
  17. a volte si dice che la maggior parte degli abusi si verifica in famiglia, ma anche la maggior parte delle relazioni da cui puo' nascere un abuso si tengono in famiglia. Se qualcuno dicesse che il 100% dei delitti si verificano sul pianeta terra il contenuto informativo di una simile notizia sarebbe nullo.
  18. dilemma del genitore: da un lato il figlio deve aver l' impressione di scegliere lui la strada giusta, dall' altro non la sceglierà mai se il genitore non gliela fa incontrare. Difficile muoversi su questo crinale
  19. sii scettico su tv e internet ma rilassati sui videogiochi: quelli buoni aiutano la concentrazione, spingono al miglioramento di se stessi dissociandosi dalla filosofia del "una coppa per tutti" (vedi sotto le pedagogie sul primato dell' autostima)
  20. nati per credere: per il bambino forse dio non è un concetto naturale ma possiede in modo molto naturale i concetti ideali per costruire facilmente quello di dio. In fondo dio è un supereroe.
  21. si educa con gli incentivi ma molti incentivi sono interni: lavo i piatti perché vengo pagata oppure perché così facendo mi sento parte della famiglia. Attenzione: spesso i due tipi d' incentivo si spiazzano a vicenda, cerchiamo di non combinare guai.
  22. l'aspetto pre-politico della famiglia sta al centro dell'educazione: fuori dalla famiglia incontreremo solo regole applicate in modo anonimo (ovvero la politica), la famiglia è uno dei pochi posti dove costruire una relazione ordinata ma anarchica (senza regole, senza politica). basta avere un cane per accorgersene. vedi jonah goldberg sui padri.
  23. la pedagogia nel corso degli anni è passata dalla volontà all' autostima ma ora torna indietro dopo l' ondata di narcisismo e i scarsi riscontri empirici
  24. il bambino selvaggio richiede sicurezza e autorità
  25. il bambino è uno scienziato? No, assomiglia più a un filosofo: la sua capacità di distinguere pensieri e natura è molto limitata. Potter e Lincoln vengono collocati nello stesso regno
  26. le prestazioni del bimbo con un solo genitore (la mamma) sono inferiori, in parte per questioni genetiche (se il padre abbandona non deve essere granché) ma anche perchè cresce guardato da pochi occhi: il monitoraggio puo' essere decisivo sulla buona crescita
  27. fare un figlio? su felicità e figli vedi punto apposito
  28. Il concetto di rischio in don giussani. Essenzialmente è un concetto anti-utilitaristico: poiché non possiamo pesare con il bilancino le conseguenze dei nostri atti dobbiamo affidarci a dei principi indimostrabili, per quanto ragionevoli. Questo è tanto più vero quanto più si opera in certi ambiti, in particolare in quello educativo.
  29. Sulla cura dei figli, una teoria:
    1. Il genitore ha un diritto/dovere di prendersi in custodia il figlio.
    2. Nel momento in cui esercita questo diritto assume anche gli obblighi di cura.
    3. Se rinuncia a questo diritto deve attivarsi per trovare un sostituto.

  30. molta infelicità deriva dall' overparenting: se prendiamo coscienza del ruolo della genetica potremmo rilassarci e vivere in modo più costruttivo il rapporto coi nostri figli.
  31. Ci vorrebbe una patente di genitore? Il dubbio si pone poiché: 1) un genitore puo' fare molti danni e 2) noi prevediamo patenti per molto meno. Ma ci sono anche argomenti contro: 1) stato e famiglia non sono comunità equivalenti: a) in famiglia le relazioni sono spontanee, nello stato sono coercitive b) la famiglia è un piccolo nucleo e deve collaborare se vuol sopravvivere c) lo stato è un grande nucleo e sopravvive con il culto del nemico. 2) La famiglia puo' fallire, ma anche lo stato è soggetto a fallimenti. 3) Nel dubbio mettere davantio la felicità dei protagonisti: genitori e figli. E questa è chiaro a tutti dove stia.
  32. Familismo amorale. Banfield riteneva che il familismo amorale (pensare sola a sé e alla propria famiglia) fosse la causa del sottosviluppo economico del meridione d' Italia. La famiglia, e l' egoismo sottostante, come causa di tutti i guai. A questa tesi si contrappone quella classica di Smith: "non dalla benevolenza...". Dove si annidano le cause della povertà? Ambiente, genetica, etica o istituzioni. Banfield punta sull' etica, Smith sulle istituzioni. Una cosa è certa, ciascuno di noi puo' puntare su uno dei quattro cavalli ma è solo sul quarto che conviene agire: 1) costa meno 2) interagisce col terzo (se la lungimiranza paga presto si diventerà lungimiranti e la famiglia è da sempre un canale di trasmissione privilegiato dei valori).
  33. Famiglia e povertà: essere cresciuti in una famiglia monoparentale aumenta i rischi di povertà. La massa di dati che sostiene questa affermazione è notevole, senonché bisognerebbe tenere conto della genetica: chi cresce un figlio da solo di solito è una persona meno affidabiole.
  34. il buon senso ci dice che i genitori contano, eppure non ci sono ricette, perché? Forse perché ciò che conta, in un genitore, è cioì che è e non cio' che fa. quando uno prende in mano un manuale ormai è tardi. per un'indagine quantitativa che fa emergere questo concerro vedi levitt in frakonomics
  35. allison gopnik: essere un buon genitore è come essere un buon giardiniere: bisogna preparare il terreno affinché la personalità del bimbo si sviluppi e colga le opportunità. in questo senso la biodiversità è essenziale. Protezione e trasmissione stanno al centro. l'amore crea una relazione essenziale poiché si impara per osmosi. 
  36. Landsburg e la lezione dei bimbi. Il genitore economista
  • Se sei un genitore, sei un economista. L'economia riguarda le scelte difficili. Praticandola scopri quante variabili entrano in gioco e diventi + tollerante... 
  • L'economia allena la compassione. Perchè i carrelli della spesa sono oggi + grandi che ieri? Devi metterti nei panni di una famiglia tipo per scoprirlo... 
  • A volte questioni complesse diventano magicamente semplici quando spiegate al proprio figlio. Talmente semplici che le impara meglio anche il genitore. Un'occasione da nn perdere.
La lezione del cortile smaschera le ipocrisie della politica

  • La retorica redistribuzionista: i ricchi hanno troppo, i poveri troppo poco. Occorre + equità. Domanda: ma i politici che indulgono a una simile visione ci credono veramente... 
  • Basta un'occhiata alla vita di cortile x smascherare la grande ipocrisia: noi spingiamo i ns figli a condividere ma mai ventiliamo il diritto al furto... 
  • Nella vita dei piccoli la parabola della cicala si ripete ossessivamente: chi sperpera ora poi si ripresenta all'incasso in lacrime. Al che il genitore è costretto al sermoncino. Purtroppo qs sermoncino ce lo scordiamo nel mondo degli adulti... 
  • C'è chi difende il canone dicendo: è poca cosa di fronte alle spese militari. Chissà come reagiscono qs apologeti del canone quando i loro figli parlano così: "ok, ho rubato un biscotto ma conosco un bambino che ha rubato una bicicletta"... 
  • Conclusione: da genitori riconosciamo subito gli argomenti difettosi anche se con qs continuiamo ad usarli tra adulti...




***********************FIGLI E FELICITA'******************************

Poiché recentemente ho letto parecchio sul tema, mi vengono di getto alcune considerazioni.


  1. La risposta più rigorosa alla domanda di cui al titolo è "sì". Quando nascono i tuoi figli la tua felicità è in pericolo. Troppe ricerche lo confermano in modo concorde, non puo’ essere un caso.
  2. Bisogna aggiungere che l' effetto negativo riscontrato è "tenue".
  3. Talmente "tenue" che la felicità regalataci dal matrimonio (o comunque da un' unione stabile) lo compensa abbondantemente, Ovvero: un genitore sposato è mediamente più felice di un single, e questo anche se su di lui insiste il gravame che i figli sembrerebbero avere sulla felicità delle persone.
  4. Memento: le ricerche sulla felicità restano comunque problematiche poiché i confronti intersoggettivi sono sempre difficili da fare. Mi spiego meglio: posso dire in modo attendibile che su una scala da “uno” a “dieci” mi sento felice "otto" ma non posso dire con certezza che il mio "otto" equivalga al tuo "otto".
  5. Le difficoltà aumentano perché in genere l' infelicità è diffusa mentre la felicità è concentrata, cio' rende più problematico il confronto quantitativo.
  6. L' infelicità che apportano i figli è chiara in alcune aree specifiche (godimenti puri, vita di società... e te credo, quando ti nasce un figlio la tua vita sociale si azzera o quasi). Lo è meno se consideriamo il "grado di soddisfazione generale" della persona oggetto d' indagine.
  7. Ormai esistono molte banche dati che consentono di seguire un individuo nel corso degli anni. Dalle ricerche che ne fanno uso veniamo a sapere una cosa molto interessante: chi decide di avere figli di solito aumenta il grado della propria felicità (e per le donne è ancora più vero!). Naturalmente lo stesso dicasi per chi decide di non avere figli: anche costui aumenta la propria felicità assecondando la sua propensione. Condizione sufficiente per riscontrare questi effetti è quella di trovarci di fronte ad autentiche scelte di vita personali. In sintesi: le persone sono abbastanza razionali quando scelgono se avere o non avere figli.
  8. Il punto 6) ci permette di concludere che, sebbene i figli globalmente abbiano un effetto negativo sulla felicità delle persone, chi ha scelto di averli ha agito razionalmente: senza quei figli sarebbe stato più infelice. E lo stesso, mutatis mutandi, si puo' dire anche per chi ha scelto di non averne.
  9. Se torniamo a considerare il punto 4) dobbiamo concludere che la parte più affidabile delle ricerche (quella che non implica confronti intersoggettivi) mette in luce un "effetto positivo" piuttosto che "negativo". Questo anche se nelle ricerche globalmente considerate l’ “effetto negativo” – quello più problematico per la natura stessa delle ricerche - prevale su quello “positivo”.
  10. La felicità di avere figli si manifesta soprattutto nel lungo periodo, e questo puo’ ingannare chi non è lungimirante o sospetta sempre delle tradizioni. Avere molti nipotini è piacevole. Un nipotino impegna meno di un figlio. Purtroppo senza figli i nipotini non ci saranno mai o saranno pochi. Spesso ce lo dimentichiamo.
  11. E' bene ricordare anche che un figlio "non voluto" che ci capita tra capo e collo rende molto meno infelici di un figlio voluto che non arriva. Un bambino non voluto in arrivo sembra una tragedia, senonché la tragedia si ridimensiona molto presto, e magari si trasforma in una festa. Il figlio cercato e non ottenuto invece è una spina che ci tormenterà a lungo, forse per sempre.
  12. L' impegno che profondiamo nella cura dei figli è stressante e fonte d’ infelicità ma – fortunatamente – anche eccessivo. Qualora lo razionalizzassimo, ci sono buone speranze di mitigare l' "effetto negativo" che la prole ha sulla nostra felicità. E magari di ribaltarlo in un “effetto positivo”.
  13. La "felicità" non è comunque tutto nella vita di un uomo; c' è anche la "speranza", per esempio. In un certo senso potremmo dire che fare un figlio è "conveniente" poiché - rispetto alla "speranza" che ci regala la sua presenza - costa davvero poco in termini d "felicità".
  14. Come distinguere tra "speranza" e "felicità"? nel pormi la domanda penso sempre ad un immigrato che ho conosciuto e che mi raccontava in modo appassionato quanto era felice al suo paese: ok, era più povero, ma anche più felice. Se la felicità fosse tutto quell' immigrato sarebbe tornato di corsa a casa. Posso ben dirlo visto che lo conosco come persona razionale. Ma lui non lo fa. Non lo fa perché solo stando qui (dove è un po' più infelice) puo' coltivare cio' che evidentemente reputa ancora più prezioso: la sua speranza.
  15. Che poi tra figli e "speranza" ci sia un legame inscindibile lo spiega bene il poeta Charles Peguy:
  16. Stephen F. Hayes sui fratelli
    • I fratelli sono un rischio: niente allieta la famiglia come la loro armonia ma la loro guerra è una iattura...
    • Il conflitto tra fratelli è il fallimento della paternità che nn ha saputo introdurli al mondo esterno della sana concorrenza...
    • Caino, Abele e Madre Natura: iene e pellicani...
    • Come domare la rivalità tra fratelli? I consigli degli esperti o sono assurdi o sono banali...
    • Conclusione: nn ci sono ricette, quindi, se vi sembra che vs padre abbia fatto un buon lavoro, imitatelo!
    continua
  17. Jonathan Hiadt e i bamboccioni del trigger warning
    • Le università e la sensibilità esasperata al linguaggio che può turbare e quindi violentare qlcn...
    • Un esempio di "microaggressione": chiedere "dove sei nato" a un asiatico o a un latino...
    • Trigger warning: il dovere dei prof di avvisare che alcuni contenuti potrebbero turbare alcuni studenti riacutizzando dei traumi...
    • Obiettivi del Politically Correct: cambiare la cultura combattendo l'eurocentrismo. Obiettivi del TW: salvaguardare i sensibili, fare dri college un'area protetta. Presunzione: i ragazzi sono maledettamente fragili...
    • Insegnare certe materie è diventato difficile come insegnare la chirurgia a chi sviene alla vista del sangue...
    • Questo trend limita la libera espressione. Ma qual è l'effetto sugli studenti "protetti"?...
    • Il pensiero critico è considerato un valore ma comporta anche disagio e malessere xchè attacca le ns. certezze. Ebbene, l'ondata "protezionista" sembrerebbe in controtendenza riproponendo un pensiero dogmatico...
    • Ecco allora un paradosso: per molti psicologi proprio il pensiero dogmatico è stato in passato fonte di ansia...
    • Il PP è nato anche come forma anti-discriminatoria...
    • Ma è la stessa infanzia ad essere più preservata rispetto a quelle passate che se rievocate ci appaiono alquanto spericolate...
    • A scuola le campagne anti-bulli e sulla sicurezza lancia un messaggio chiaro: l'adulto ti protegge da tutto...
    • In politica cresce la polarizzazione e l'altro è un mostro da cui proteggersi. Nn sorprende che chi sbarca all'università cerchi qs specie di immunità...
    • Circolo vizioso: il moralismo isola il gruppo e l'isolamento azzera il pensiero critico favorendo il moralismo...
    • Ansietà. Sembra certo che l'ansietà e altri disturbi mentali ed emotivi siano aumentati notevolmente presso gli studenti...
    • Premessa: il mondo è sempre "pensato". Pensalo bene e vivrai bene. Terapia cognitiva: nomina il bias cognitivo (la distorsione di pensiero che ti fa stare male), correggiti e starai meglio.
    • Disordini mentali più diffusi: 1) mind reading: so già quel che pensi e pensi male di me. 2) catastrofismo: con qs andazzo finiremo male, bisogna cambiare. 3) marchiare: condannare una xsona o un gruppo x una cosa fatta. 4) generalizzare 5) pensiero dicotomico che divide buoni e cattivi 6) capro espiatorio
    • La terapia cognitiva nn è altro che un pensiero critico: attieniti alla realtà e nn alle emozioni...
    • Ragionamento emotivo: lasciere che le emozioni guidino il ns raginamento. Nei campus il RE predomina ma nn è sempre affidabile...
    • Nessuno deve sentirsi offeso. Ecco il principio che domina nei college.  Sentirsi offesi diventa la formula chiave x ottenere tutela, è ormai una forma di potere. Sentirsi offesi è l'evidenza che siamo di fronte ad un'offesa...
    • Le università stanno educando i ragazzi ad un mondo iper-conflittuale. Sentirci offesi ci dà il diritto di innescare un conflitto...
    • La psicologia ci dice che qs trend è dannoso x i ns ragazzi: se vuoi che la fobia per X ti duri in eterno devi evitare X. Se vuoi guarire devi affrontare X di petto (exposure therapy)...
    • Riattivare le memorie di un trauma è un bene nn un male e farlo in classe significa farlo in un ambiente sicuro...
    • Ma la pratica TW è dannosa anche x chi non riattiva le memorie di un trauma: mi abituo a considerare tutto un xicolo potenziale anche quando nn è così. Da qui la grande avversione al rischio che fa stagnare le ns. società...
    • Inoltre: la via migliore x evitare problemi è nn insegnare le materie problematiche. Ma a che prezzo?…
    • Meglio allora insegnare ai ns ragazzi a mettere in questione la loro iper-sensibilità...
    • La retorica iper-protettiva indulge alla "catastrofe"...
    • Sono le univrrsità stesse a mostrare ipersensibilità al linguaggio. Molte cause sono intentate a chi usa certe parole...
    • Bias tipico: negative filtering: concentrarsi solo sul negativo e pensare che esista solo quello...
    • Puritanesimo e omogeneità intellettuale: un rischio x la diversità...
    • La saggezza tradizionale qui aiuta: in alcuni casi è assurdo trasformare il mondo, bisogna trasformare se stessi...
    • Soluzioni: 1) tornare ad una ragionevole definizione di aggressione 2) facilitare le terapie cognitive x studenti iper sensibili...
    continua
  18. Introduzione al rischio educativo di Don Giussani
    • Educare significa proporre un'ipotesi di lavoro sull'umano in parallelo con lo sviluppo di un pensiero critico...
    • C' è in tutto cio' un'eco dell'educazione liberale, dove il ragazzo riceve il sapere tradizionale (arti e scienza) insieme alla capacità di pensare autonomamente (pensiero critico)...
    • Nell'analisi critica il ragazzo è aiutato da una compagnia che lo rende più saldo...
    • Un uomo senza compagnia? Leopardi. Arrivò fino ad un certo punto ma nn ci fu nessuno a sostenerlo per fare il grande passo...
    • Purtroppo in epoca recente il pensiero critico è degenerato in mera negatività e dubbio sistematico nichilista. Ma un uomo volente o nolente giudica tutto, il dubbio sistematico è esistenzialmente impossibile...
    • La fede esalta la razionalità perchè corrisponde al nostro cuore (intuito). Ciò richiede un concetto di razionalità che vada oltre quella strumentale...
    • Ecumenismo della cultura cristiana: da ogni espressione culturale estrae ciò che è già suo...
    • Perchè "rischio" (educativo): perché si fa una proposta culturale che si puo' verificare solo vivendo una vita intera.
    • IMHO: ho qualche dubbio sul ruolo chiave della "compagnia", esistono anche pericoli di group thinking
    • IMHO: noto una mancanza: la conoscenza delle alternative alla proposta avanzata. Come si sviluppa un pensiero critico senza dominate le alternative all'ipotesi che abbracciamo?
    continua
  19.  Christina Hoff Sommer su pedagogia e penalizzazione dei ragazzi
    • Fenomeno sotto la lente: i ragazzi a scuola rendono meno delle ragazze e si annoiano di più. Perchè? E' un guaio?
    • Oggi il fenomeno è riconosciuto ma le scuole che tentano di fare qualcosa cadono sotto l' accusa di penalizzare le ragazze
    • Tutto è femminilizzato nelle nostre scuole: prendi il tema dei sentimenti, o della competitività, o dell'atteggiamento verso il rischio, o della relazione con il corpo.
    • Perché preoccuparsi per una simile svolta? Perché sono i nostri ragazzi e perché sono i ragazzi che vivranno con le nostre ragazze e con loro costruiranno il loro futuro. Vogliamo davvero che restino indietro? Vogliamo sprecare le loro potenzialità per ché ragioniamo chiusi in un confronto relativo tra uomini e donne?
    • C'è ormai una montante evidenza relativa alle prestazioni superiori delle ragazze: le matricole donne sono più ambiziose, partecipano di più alle attività extracurriculari, scrivono e leggono meglio, si iscrivono più facilmente all' università, si laureano più spesso.
    • Consideriamo come vengono valutate le ricerche: lo stile oggi pesa molto di più rispetto a ieri, e in questo le ragazze possono prendersi un bel vantaggio.
    • Ma i ragazzi non dominano nei test? Come si conciliano le discrepanze?
    • E' così ma sempre meno ragazzi affrontano il SAT.
    • Esiste poi uno spread ben noto: tra i ragazzi abbondano geni e scarsoni e questi ultimi non ci provano nemmeno col SAT.
    • Dove sono finiti gli uomini?: ormai nelle università sono il 60/40. La loro defaillance non sembra più contestabile.
    • Reazione femminista: nn sono i ragazzi nei guai sono le ragazze che progrediscono sempre di più.
    • Perchè il femminismo non dà il dovuto peso a queste evidenze? Perché è preoccupato dal fatto che l'uomo  continua a  predomina ai vertici della società civile (più politici, più CEO eccetera). Domina anche nei salari. Ma dimentica il fenomeno della polarità: il maschio domina anche nelle carceri o tra gli scoraggiati.
    • Ma sul wage gap la responsabilità non sembra la discriminazione dei datori di lavoro quanto piuttosto le scelte delle donne stesse (i settori prediletti ma anche le poche ore lavorate, i tanti permessi richiesti e così via)
    • Ultimamente le femministe sembrano riconoscere l' evidenza che il gap sui salari non sia da imputarsi a discriminazione, però tornano alla carica: le scelte delle donne sono condizionate dagli stereotipi. Insomma la buttano sul filosifico tanto xchè nulla sia più dimostrabile. Un piccolo vantaggio pedagogico è sentito come dovuto. Tuttavia, pressioni decennali verso impieghi più remunerati non sembrano sortire effetti.
    • I maschi prevalgono nei test di scienza e matematica (laddove pesa di più la competizione)  ma non nei voti (dove pesa di più la pedagogia). In lettura e scrittura, poi, soccombono sempre. E qui forse pesa anche la natura.
    • Cosa spiega il disallineamento test/voti: le abilità nn cognitive (pazienza self control) che le femmine sviluppano prima e che l' impostazione didattica esalta. I bimbi 8e sono soprattutto bimbe) che hanno qs abilità raccolgono i frutti migliori. 
    • E' chiaro, per esempio, che l'enfasi sulla condotta penalizzi i maschietti.
    • Reazione comune: peggio x i maschietti. Ok, ma xchè nn provare una pedagogia altrrnativa? Si ha la netta sensazione che i ragazzi siano puniti in quanto tali.
    • Zero tollerance sulla condotta: vale x l' adulto ma nn x il ragazzo x il quale cresce contando di + sulla vicinanza e sulla pressione
    • I maschietti necessitano struttura più ancora che che femmine. In loro si riscontra un rifiuto della disciplina. Chi non ricorda il Signore delle mosche? La lontananza dell'adulto è per loro ancora più deleteria.

    • Nei ragazzi puo' registrarsi una certa propensione a comportamenti antisociali. Prendiamo lo stupro e vediamo la cause. Si fanno due ipotesi: 1) educazione alla cultura machista e patriarcale oppure 2) mancanza di educazione. Nel primo caso l'educazione dovrà essere ancor più "androgina", nel secondo caso dovrà essere più "adatta a loro".
    • In favore della seconda ipotesi: la propensione allo stupro si abbina con la propensione al vandalismo (molto meno riconducibile a machismo e patriarcato).
    • Nei violenti cresce l'autostima. Anche per questo la disciplina e l' etica devono essere chiari ai maschietti. Loro più delle femminucce sono aggressivi, arrischiati e anticonformisti
    • Il fattore della disciplina è stato letto in passato come un fattore di repressione, cosicché è stato rimosso. A risentirne sono stati soprattutto i maschi.
    • Pedagogia di Aristotele, ovvero pedagogia del buon senso: inculcare i principi morali anche con premi e punizioni affinché ci si formi un carattere a si sia degli adulti autonomi
    • Il rifiuto di Aristotele e l'avvento della value clarification: noi proponiamo il bimbo sceglie. Il bimbo è già autonomo
    • Siccome il value clarification ci consegnava bambini ansiosi e insicuri si è ripiegato sull' autostima: coltiviamo di più quella!
    • La precisazione di Mill: sia chiaro che nn parlo de bimbi quando parlo di libertà... 
    • L' uomo ha un vantaggio sull' animale: non deve reimparare da capo tutto. Cerchiamo di sfruttarlo!
    • Ma l' approccio permissivista non danneggia tutti allo stesso modo: i maschietti sono le vittime designate.
    • Persino il diritto rende difficile educare: sentenze contro insegnanti autoritari
    • Accusa alla tradizione: propone un  lavaggio del cervello. Difesa: solo il cervello delle persone autonoma può essere lavato.
    • Greci, romani, illuministi, vitttoriani, tutti uniti nel metodo pedagogico migliore: inculcare i principi di onestà, lealtà, coraggio, decenza. Con Dewey i contenuti sono diventati più specifici: non dobbiamo formare l'uomo ma il cittadino, inculcargli i valori di cittadinanza (che sono poi i valori progressisti della condivisione). E' dagli anni sessanta che è cambiato tutto.
    • Buon senso e scienza convergono nel supporto ad Aristotele.
    • Columbine? Si fanno molte ipotesi sulle cause: 1) povertà 2) armi 3) divorzio 4) repressi? La risposta più lineare è una: semplice mancanza di valori. Un esito perverso dell'educazione progressista.
    • Non si chiede molto, solo un ritorno ad Aristotele. Magari facoltativo, magari dando l'opportunità di scegliere classi maschili.
    continua
  20. Jonahtan Last sui figli
    • I figli ti tolgono cose. Ti tolgono: tempo, sonno, dignità, serenità, ed altro ancora
    • I figli ti mettono a nudo: ti strappano le carni lasciandoti solo l'anima...
    • Cos'è la virilità?: è ciò che interviene nell'eccezionalità, quando la routine s'interrompe, quando le regole saltano e siamo circondati dal rischio. Lo slancio prima della rassegnazione. Di solito il Padre è deputato ad introdurti in questa dimensione.
    • Purtroppo la virilità ha un lato oscuro: può degenerare in violenza e arroganza. Bullismo e mascolinità spesso fanno comunella...
    • La parte buona della virilità è l'essere "cavalieri". Dimostrare eroismo in pubblico sacrificandosi, andando contro i propri interessi coltivando l'onore, favorendo il più debole, l'innocente. Ecco che la virilità si trasforma nell'essenza della paternità...
    • La paternità distrugge la ns vita x consegnarla al figlio...
    • Il declino della virilità nel mondo contemporaneo si riflette anche nell'abbandono della famiglia, nel rifuggire dal matrimonio, nei figli nati fuori dal matrimonio
    continua
  21. Le botte non fanno male. Gli studi precedenti erano viziati da shared environment e sociap desiseravility http://quillette.com/2015/12/01/why-parenting-may-not-matter-and-why-most-social-science-research-is-probably-wrong/
  22. Praise: Substitution versus Income Effects, Bryan Caplan
    • Touchy-feely parents shower praise on their kids.   "Great job!"   "You're super smart!"   "Wonderful."   Old-school parents do the opposite.   "You could have done better."
    • I suspect, is emotional rather than strategic. Parents praise or withhold because that's what feels right to them.
    • accordingly.The pro-praise story: Praise is a form of reward.
    • The anti-praise story: Yes, praise is a form of reward. But the more rewards kids rack up , the more satisfied they feel. The more satisfied they feel, the less effort kids exert.Framed
    • pro- and anti-praise debate boils down to the intermediate micro analysis of the substitution and income effects.
    • Touchy-feel parents also typically avoid shaming their kids.   Old-school parents, in contrast, shame freely.  
    • Here, then, old-school parents seem to rely on the substitution effect - the greater the cost of bad behavior, the smaller the quantity.  
    • Touchy-feely parents, in contrast, seem to tacitly appeal to the income effect: A shamed kid will act even worse because he has so little left to lose.
    • Personally, my parenting style embraces the substitution effect in both directions.....That's definitely more consistent



    continua
  23. License parenting
    • Parenting Failure and Government Failure di STEVE HORWITZ
    • public choice: licenza? ma quali sono le alternative alla famiglia?
    • possiamo scrivere l esame del buon genitore?
    • xchè la patente: 1 il bambino è debole 2 non c è competizione
    • adam gurri: il problema affrontato dai 3 liberalismi (diritti utilitarismo hayekiani)
    • la famiglia: l istituzione più ricca di tradizione
    • gli amish e il test del buon genitore
    • ......
    • I also draw on some material from my forthcoming book on classical liberalism and the family.
    • If one believes that the state’s job is to prevent harm to third parties, and that’s a key part of Andrew’s argument, it is not a priori out of bounds to ask what the state could do to protect children from harm by parents and others.
    • the argument Andrew makes is a perfect example of what can happen when philosophers (and others) make arguments about what government should do in the absence of serious consideration of the way in which the state actually works.
    • “if the state worked just the way we philosophers say it should…”
    • That is, government failure is just as real as market failure and parenting failure.
    • we can ask in the case of “parenting failure”whether there are other institutions
    • There is enough empirical evidence on the problems with foster care, especially short-term placements where the incentive to really behave as a steward for the child is weaker
    • Andrew says children of parents who fail the license test should be “put up for adoption by someone licensed.”
    • In short, everyone with a pet issue or a financial gain to be made will be lobbying the process to see their particular concern added to the test of adequate parenting.... One need only think of the controversy over Lenore Skenazy’sFree Range Kids
    • I would argue that in the case of parenting licenses, the imperfections of politics raise a much greater danger than do the imperfections of parenting,
    • The Organic Body Politics and Parental Licensure BY ADAM GURRI
    • the storied divide between “first principles” libertarians, who usually subscribe to some theory of natural rights, and consequentialist libertarians.... Rarely discussed is a third, more Hayekian approach,
    • Because children don’t have the power to pick who their parents are, and there’s no similar competitive mechanism to make sure they’re more likely to end up with good parents, he argues that parenting should be licensed for the sake of children’s safety.
    • Personally, I found Cohen’s proposal quite shocking. The family is the oldest, most durable institution that humanity has.
    • Responding to a thick and rich history with something as simple as the harm principle is to do injustice to that history.
    • To think that the people who inherit that system today can be directed by the motivations of one man, a philosopher-designer
    • Cohen’s plan requires an army of evaluators
    • Il progetto:
    • First, a means test—that is, no one that cannot afford to raise a child should have a child... The second, and more important, test would be a psychological exam
    • specify what it means to “understand how to parent”or “handle the stress a child brings”. And this isn’t a problem that can be solved with oversight—
    • Such top-down enforced monoculture of ethics and lifestyles ought to be anathema to libertarians and liberals of all sorts,
    • never put all your eggs in one basket...
    • to force a society into monoculture is to plant a time bomb under its feet... positive externalities will be lost when the long tail of lifestyles is cut off?
    • Does anyone seriously think that such a central body would tolerate radically different parenting styles such as the Amish
    • What I’m suggesting here is that the only way to affect change of human systems is as a participant, not an architect.
    • Licensing Parents
    • @@@@IMHO@@@@@@
    • Plausibilità della richiesta:
    • 1il genitore può fare molti danni
    • 2 diamo patenti x meno
    • argomenti contro
    • 1 differenze tra famiglia e nazione: 1 i valori famigliari sono autentici, tanto è vero che nn richiedono coercizione 2 la famiglia è + morale, nn richiede doppio standard
    • 2 fallisce la f. ma anche lo s. specie laddove la  centrale: meglio che la disciplina sia insegnata da chi ama
    • 3 nel dubbio privilegiare ciò che rende felice genitori e figli nel breve periodo ovvero f.
    • 4 stili educativi. Tipico ambito a ipotesi nulla
    • 5 guidare una macchina è complicatissimo ma nn complesso: nn dobbiamo scoprire come si fa. Sull'educazione di un figlio siamo invece perennemente alla ricerca di soluzioni.
    continua
  24. Il bene arriva per mezzo di un altro – Amicizia e relazioni nell’epoca del web - incontro con Luigi Ballerini
    • appunti conferenza
    • INTRO
    • Il bene si riceve da un altro grazie ad un apertura.
    • BALLERINI
    • Ciorven e l isola dei gabbiani. Una bbina della lindgren
    • Il bambino adulto della l. C. è amica di un adulto. Alla pari.
    • Noi nn abbiamo qs rapporto alla pari. Alla mamma!
    • Componenti: Sensibilità motricità e pensiero. Il titto in un corpo.
    • L esperienza si fa col corpo.
    • Il pc esalta la vista.
    • La tecnologia riduce l'esperienza.
    • Il gruppo mamme s impiccia di tutto. Nn c è più privacy.
    • Promesse del web: puoi sempre essere altrove.
    • Seconda promessa: avrai degli ascoltatori automatici.
    • Terza promessa: nn sarai mai solo.
    • Generazione x: la più controllata e la più abbandonata.
    • La sfida nel virtuale si vince nel reale. Se ho un reale interessante userò bene il virtuale.
    • Allarme: il ritiro dal reale e l incupirsi.
    • Non punire togliendo il reale.
    • **(*****(**(***********I CONCETTI CHIAVE*********
    • - + Autorità. Cultura: matrimonio e amante
    • Bolla
    • - Conflitto. Pregiudizi puntellati. Polarizzazione. Populismo
    • - + Stringa. Homo ordo assemblaggio. Autismo
    • - Narcisismo
    • + Spiritualità interiorità. Intimità. Sfumature
    • - sensibilità. Avere un amico vero compensa.
    • - Stupidità. Bias. Scripta manent. Memoria poincarè. Pregiudizi puntellati. Polarizzazione
    • + Dilettantismo
    • + Collaborazione open source
    • + - Fake identità abito monaco. Autenticità alla nozick.
    • + Catarsi.
    • + - Fantasia. Memoria poincarè. Sinfonia. E ricerca scolastica.
    • Giornali
    • Mix strategy
    • - + Costo opportunità: ansia. Costo della scelta.
    • + Teorema di alchian
    • + - Attenzione merce rara.
    • - + Scuola online e teatro. Motivazione.
    continua
  25. Lettere a un figlio di Giovanni Donna D'Oldenico http://broncobilli.blogspot.it/2016/02/lettere-un-figlio-sulleducazione-di.html
  26. Introduction - Free-Range Kids, How to Raise Safe, Self-Reliant Children (Without Going Nuts with Worry) by Lenore Skenazy - #metropolitana #telefoninocollare #mediaterror #felicitàselfselfself
  27. Commandment 1 - Know When to Worry 
    Commandment 2 - Turn Off the News 
    Commandment 3 - Avoid Experts 
    Commandment 4 - Boycott Baby Knee Pads 
    Commandment 5 - Don’t Think Like a Lawyer 
    Commandment 6 - Ignore the Blamers 
    Commandment 7 - Eat Chocolate 
    Commandment 8 - Study History 
    Commandment 9 - Be Worldly 
    Commandment 10 - Get Braver 
    Commandment 11 - Relax 
    Commandment 12 - Fail! 
    Commandment 13 - Lock Them Out 
    Commandment 14 - Listen to Your Kids
  28. Commandment 1 - Free-Range Kids, How to Raise Safe, Self-Reliant Children (Without Going Nuts with Worry) by Lenore Skenazy - #troppimatti #offertadisicurezza #ilrischiosupremo #forzadellaneddoto
  29. 4 Authority - Fair Play: What Your Child Can Teach You About Economics, Values and the Meaning of Life by Steven E. Landsburg - #rubinettiedentifrici #pensierocritico #troppomaleotroppopoco #megliorompereleleggiofarle?
  30. Commandment 3 Avoid Experts - Free-Range Kids, How to Raise Safe, Self-Reliant Children (Without Going Nuts with Worry) by Lenore Skenazy - lamareadeisintomi ognibocconeconta? competizionetragenitori mammalavoroallamoda ilsensocomuneminato lebasibasilari orasaichiaccusare lapaurafavendere degenerazionedelpensierocritico


giovedì 26 febbraio 2015

Tre argomenti in favore della virtù

In questa post vorrei abbozzare una difesa della cosiddetta "etica della virtù" presentando tre argomenti a suo favore ma capisco che prima bisognerebbe capire meglio cosa sia.
In etica l' approccio legato alle "virtù" si contrappone all' approccio "deontologico" e per individuare con chiarezza dove risieda il discrimine discuto di un tema ricorrente nel dibattito contemporaneo: il "relativismo etico".
1. RELATIVISMO ETICO
Il "relativismo etico" è spesso chiamato sul banco degli imputati, gli ultimi Papi ne hanno fatto la sentina di tutti i mali della modernità.
Personalmente, ho sempre faticato a capire fino in fondo il significato dell' espressione.
Forse perché tra i "relativisti" fanno bella mostra di sé alcuni tra i "moralisti" più petulanti che sia dato ascoltare oggigiorno.
Ma come è possibile essere "relativisti" e al contempo mostrarsi infervorati come tanti Savonarola? (*)
Ma come è possibile puntare tutto sulla denuncia del degrado morale è poi indignarsi con chi accenna al concetto di valore non-negoziabile?
Ecco allora qui di seguito un modo per appianare il paradosso.
Assolutisti e Relativisti si scambiano accuse reciproche in un dialogo tra sordi, la mia ipotesi è che i primi lo facciano avendo in testa l' "etica come virtù", i secondi, per contro, pensano all' etica come deontologia.
Vediamo di chiarire meglio i termini.
Se l' etica è deontologica, allora tenere un comportamento etico equivale a ubbidire ad una regola o a un set di regole.
Se invece l' etica è una virtù, allora tenere un retto comportamento è la conseguenza naturale di chi da sempre, a cominciare dall'infanzia, coltiva sane abitudini. Per il virtuoso l' abitudine prevale sulla regola, i costumi sull'acutezza morale.
Per la deontologia il problema etico si consuma qui ed ora: che fare? Qual è la regola corretta da applicare al problema che mi viene sottoposto? Come "calcolarla"?
Per il virtuista, invece, il problema etico coinvolge una vita: l' educazione ci instilla delle attitudini che poi, nella vita,  ci faranno propendere verso il comportamento più corretto.
Prendiamo adesso una virtù specifica: il coraggio. Anche nel linguaggio comune è del tutto normale definire il "coraggio" come un valore assoluto.
Avere poco coraggio non è mai degno di lode, così come è impossibile averne "troppo". Infatti, non appena si esagera, non parleremo più di coraggio ma di temerarietà incosciente, che è ben altra cosa.
Tuttavia, fateci caso, se pensassimo in termini di "regole" non varrebbe niente del genere. Non esistono regole "assolute", nemmeno per l' "assolutista" che si batte contro il "relativismo etico".
Anche se pensassimo alla regola più ovvia: "non uccidere l' innocente", possiamo raffigurarci delle valide obiezioni.
Per esempio, se il sacrificio dell' innocente, magari un vecchio prossimo alla morte, ci consentisse di salvare 10 innocenti, magari bambini, potremmo anche ritenere sensata una trasgressione. Nessuno griderebbe al relativismo. (E se 10 vi sembrano pochi potete provare con 100 o 1000 finché raggiungerete di sicuro un numero a voi consono).
Insomma, la virtù è assoluta, la regola mai. Ecco allora dove si ingenerano equivoci. Il discrimine non passa tra assolutismo e relativismo ma tra deontologia e virtuismo.
Assolutisti e Relativisti se ne dicono di tutti i colori ma forse solo perché i primi hanno in mente un' etica fatta di virtù, i secondi di regole.
2. MORALITA' E MORALISMO
Una volta precisata la distinzione tra etica virtuistica ed etica deontologica, ipotizzo un vantaggio che la prima potrebbe avere sulla seconda, ovvero promuovere la moralità senza moralismi.
Anche qui attingo alla mia esperienza personale partendo dall' assunto difficilmente confutabile che il mondo religioso sia più sensibile alla virtù mentre quello ateo/laico alla deontologia.
Ebbene, nella mia esperienza riscontro molto più moralismo nel secondo! Qui le prediche sono continue e non manca mai nemmeno l' ateo che ti fa le pulci in quanto credente ("perché non aiuti di più i poveri tu che vai a messa?", "perchè non fai volontariato tu che frequenti l' oratorio?", "perché non difendi la legalità tu che sei così pronto alla sottomissione papale?", "perchè voti quel partito tu che dovresti essere il più solidale tra i solidali?", eccetera). Taccio poi di quella schiera di intellettuali non credenti che sembra abbiano una sola passione nella vita: insegnare al Papa come si fa il Papa. Il moralismo laico tende a vedere nel credente un ipocrita in pectore proprio perché nella religione non vede altro che precetti morali, non sa capirla in altri termini, per lui la fede è solo un modo per fondare stabilmente quei precetti e nel momento in cui il credente "manca" diventa per definizione un ipocrita.
Riconosco che in passato forse non era così, il perbenismo moralista allignava per lo più tra i credenti, ma ora ho la sensazione che le cose siano radicalmente cambiate. Di certo non viviamo nel paese del bengodi, sta di fatto che da noi crisi, mafia, corruzione, evasione, illegalità hanno trasformato in "pretonzoli" molti osservatori che, a corto si soluzioni, vedono come unica via di scampo l' avvento della "bontà universale", cosicché cercano di propagarla a suon di prediche (chi al bar e chi sui giornali più prestigiosi).
Qui voglio sostenere che questa percezione, ovvero il moralismo pervasivo del mondo laico, ha una spiegazione razionale, ovvero che è in un certo senso è il portato necessario di un' etica deontologica. Ecco allora il primo argomento di cui al titolo: l' etica delle virtù ci salva dal moralismo.

Dimostro la tesi con un esempio.
Giovanni è persona morale, Giuseppe è un moralista.
Qual è la differenza tra "morale"? e "moralismo"?
Giovanni vede nel comportamento morale una virtù. Il comportamento morale ha in sé qualcosa di spontaneo, non lo si inculca. E al limite, se lo si inculca, lo si inculca da subito, da bambini, la virtù , lo dicevo nel paragrafo precedente, poi cresce con noi. Se non è innata, è per lo meno un' abitudine radicata.
Giuseppe, invece, vede nel comportamento morale l' osservazione di una regola (deontologica). La regola sta lì davanti a noi, ci viene calata dall' alto e noi siamo chiamati ad osservarla. La nostra libertà, poi, ci fa decidere pro o contro.
Giovanni è un "evoluzionista": la regola morale "emerge" in noi e fa parte di noi, è consustanziale alla nostra natura e all' educazione ricevuta.
Giuseppe è un "riformatore": per lui l' autorità morale stabilisce la regola ottima e la propone alla nostra intelligenza. Gli altri ne prendono atto e scelgono se ubbidire. Quando l' autorità muta, cambierà i calcoli e riformerà la regola ottima e gli altri si adegueranno obbedendo.
Per Giovanni i precetti etici sono assimilabili ad una legge naturale, per Giuseppe il concetto di etica converge con quello di legalità.

Per Giovanni il passato ha un valore importante visto che le virtù si dimostrano tali nella prova con il tempo e reggono il vaglio evolutivo. Per Giuseppe il tempo ha meno importanza, se i nostri calcoli ci dicono che le vecchie regole sono sbagliate la cosa migliore è fare tabula tabula rasa e ricominciare da zero.
Per Giovanni le prediche e le crociate hanno poco senso. Le regole morali sono in buona parte innate nella nostra persona, e se anche non lo fossero, vengono comunque interiorizzate dal soggetto solo grazie ad abitudini che si radicano in una vita intera. Non ha senso "esportare" la morale a terzi, a meno che si ritenga che un certo comando morale appartenga già alla natura del "terzo". Gli uomini, o perlomeno gli uomini adulti, sono "irriformabili", non ha senso convincerli con una predica o una crociata. Cio' non significa che siano immorali ma che possiedono una loro sostanza morale che magari è differente dalla nostra.
Per Giuseppe le prediche e le crociate hanno invece senso. Se c' è un comando che Tizio non rispetta, noi possiamo convincerlo o costringerlo a rispettarlo. L' uomo immorale puo' essere "riformato" perché la sua scelta è un' opinione e tutte le opinioni possono cambiate. L' uomo immorale puo' essere convertito poiché la regola morale deriva da un "calcolo" e i "calcoli", se sbagliati, devono e possono essere corretti.
Certo, ad un discorso del genere non mancano le obiezioni, ne vedo emergere almeno un paio obiezioni ficcanti:
1. Sebbene la crociata di "conversione" degli altri adulti sia insensata per chi crede nelle virtù. resta praticabile la crociata di "conversione" dei bambini.
2. Sebbene la crociata di "conversione" dia insensata per chi crede nelle virtù, resta praticabile la crociata di "sterminio".
La prima, più che un' obiezione, è un argomento di segno opposto che accetto, i rischi ci sono e se la virtù è caduta in disgrazia lo dobbiamo agli eccessi del passato. La seconda mi sembra poco verosimile, voglio sperare che certe epoche buie appartengano ad un passato irreversibile.
3. LAICITA'
Per quanto sia possibile dividere la deontologia dalla virtù, nessuno di noi aderisce completamente ad un' opzione piuttosto che all' altra. Anche il "deontologista" più radicale è disposto ad assegnare un ruolo all' educazione, così come il virtuista ammetterà sempre l' esigenza di regole precise.
Chi distingue tra queste due realtà etiche è nelle condizioni ideali per elaborare il concetto di laicità: Il laico distingue tra regole e virtù ammettendo che le prime richiedano un' applicazione coercitiva mentre per le seconde basta la sanzione della propria coscienza.
4. IL DISCORSO DELLA MONTAGNA
Mentre l' antico testamento prediligeva un approccio deontologico - il decalogo calato dal Sinai è esemplare - Gesù ci introduce alla virtù: nel discorso della Montagna, da un lato invoca la Misericordia nel giudizio divino sugli uomini, dall' altro inasprisce i doveri di questi ultimi: non basta evitare l' adulterio ma si è chiamati a non pensare nemmeno alla donna d' altri. Non basta andare d' accordo con la propria sposa, non bisogna nemmeno separarsi da lei (revocata quindi la possibilità di divorziare introdotta da Mosé). Se con Mosé, poi, era illecito uccidere, con Gesù non bisogna nemmeno adirarsi. Se prima vigeva la legge del talione ora bisogna "porgere l' altra guancia".
E' chiaro che in un' ottica virtuosistica la Misericordia è imprescindibile. Lo è per il semplice che non esiste più il "giusto", tutt' al più esiste il "giustificato" e non si puo' essere giustificati senza un atto di misericordia.
Da sempre i cattolici sono i custodi della virtù contro l' etica deontologica.
5. LIBERALISMO E VIRTU'
C' è chi pensa che l' etica della virtù sia incompatibile con il liberalismo: avere standard troppo elevati ci rilassa sull' applicazione delle regole minime.
Non mancano gli argomenti a favore di questa ipotesi, a cominciare dalle deludenti performance di molti paesi cattolici. Inoltre, la nostra riserva di moralità sembrerebbe limitata; chi punta in alto rischia di mancare sui fondamentali.
Però esistono anche argomenti che rendono l' abbinata liberalismo/virtù particolarmente avvincente, e qui vengo al mio secondo argomento.
Dobbiamo riconoscere che l' esercizio spontaneo della virtù è essenziale affinché una società libera funzioni: non basta non uccidere il nostro prossimo per vivere una vita felice. Voi che ne dite?
La stessa sacrosanta libertà di espressione, se non temperata dalla virtù e dal buon senso, puo' fare danni irreparabili.
Di fronte a questa realtà ineludibile come si comporterà chi non crede nella virtù o non la tiene in conto? Semplice, non ha che una scelta: stabilire una moltitudine di regole minute e coercitive che rendano la vita sociale accettabile.
Se la libertà di espressione rischia di essere dannosa la restringeremo grazie ad una regolamentazione stringente che vagli caso per caso cosa è lecito e cosa non lo è.
Questa via fatta di proibizionismi non è invece una via obbligata per coloro che credono e promuovono la virtù. Costoro possono pensare: fissiamo alcune regole di base (deontologiche) e per il resto affidiamoci alle virtù che l' uomo sa sviluppare spontaneamente. In questo modo le regole coercitive di base possono realmente minime, ovvero coerenti con l' assunto liberale.
Ecco allora emergere il secondo argomento di cui al titolo: l' etica virtuistica ridimensiona l' uso della coercizione.
cadmusss
6. FELICITA' E VIRTU'
La psicologia mi offre il destro per enunciare il terzo argomento di cui al titolo: chi crede nella virtù e cerca di praticarla è una persona mediamente più felice.
Capisco che il tema della felicità umana sia insidioso, il bulldozer della scienza ha abbattuto molti ostacoli ma forse per addentrarci in questo genere di misteri una novella di Flaubert   è ancora il modo migliore (consiglio: "Un cuore semplice"). Tuttavia, su alcune tesi si riscontra una convergenza tale che mi parrebbe strano  non contengano un grano di vero.
L' uomo è felice se sente  una certa "nobiltà" nella propria missione, una certa "grandezza", un significato che vada oltre le preoccupazioni prosaiche della vita quotidiana. L' obiettivo che persegue deve comportare un sacrificio, essere generosi, per esempio, aiuta a sentirsi bene, il dono di sè a quanto pare è importante innanzitutto per se stessi.
Ebbene, il rispetto della regola deontologica minimale ci massifica, è difficile sentirsi "realizzati" perché abbiamo compilato correttamente un modulo o perché non abbiamo violentato il nostro vicino di casa. Per contro una vita virtuosa ci nobilita: se ci siamo sacrificati, anche oltre il ragionevole, per il bene dei nostri figli il nostro cuore è in pace e possiamo goderci la vecchiaia. Se abbiamo resistito alle lusinghe di un facile amorazzo, che a pensarci bene non avrebbe fatto male a nessuno, torneremo ad amare ancora più felici nostra moglie. Insomma, la vita virtuosa ci proietta nella dimensione ideale per perseguire una realizzazione personale, ci fa sentire partecipi di un progetto ambizioso. La vita virtuosa ha il pregio di essere contemporaneamente elitaria e a disposizione di tutti. Crescere un figlio è "qualcosa di unico che fanno tutti". C' è qualcosa di miracoloso in tutto cio', sarebbe da stupidi lasciarselo scappare.
NOTE
(*) Sia chiaro, il timore del relativismo non è campato in aria, è il frutto di una storia ben precisa del pensiero occidentale, senonché oggi, secondo me, abbiamo superato quello stadio. A titolo esemplificativo redigo una piccola storia della pedagogia che illustra un percorso di andate e ritorno rispetto ai Valori. Qui si vede bene come il pericolo relativista incombesse ma anche come sia ormai alle nostre spalle:
  1. Aristotele: è doveroso formare il carattere morale del ragazzo inculcando un' etica basilare fatta di: 1) rispetto (dell' altro e della sua proprietà), 2) lealtà (alla parola data), coraggio (voglia di intraprendere con l' altro) 3) buone maniere (non approfittarsi del diritto alla libertà) 4) temperanza (self contro e successo sono legati a doppio filo). il bambino, secondo Aristotele, è un "barbaro da civilizzare". Tra noi e gli animali spicca una differenza: noi possiamo trasmettere la nostra cultura, loro devono ricominciare sempre da capo, tanto è vero che noi andiamo avanti e loro restano fermi.
  2. La pedagogia aristotelica è condivisa un po’ da tutti nella storia: greci, romani, illuministi, romantici, vittoriani. Nel novecento il paradigma muta.
  3. Si realizzano eccessi che trasformano il metodo di Aristotele in un metodo "zero-tollerance": qui l' educatore si allontana dal discente  trasformandosi da civilizzatore in punitore distante.
  4. L' accusa della pedagogia progressista scatta immediata ma non prende di mira la sopravvenuta lontananza del genitore quanto cio' che viene chiamato indottrinamento se non "lavaggio del cervello". Tuttavia, "violentare" il carattere di una persona è possibile solo se la persona è autonoma, cosicché viene postulata l' autonomia del bambino.