sabato 27 febbraio 2010

Onitsuka Tiger e guance di riserva

Ogni volta che rivede Kill Bill la Sara va in visibilio, nei suo occhi compare la stessa spirale che si crea nell' occhio del leprotto anabagliato. Risuonano invano i richiami alla realtà (tipo il fischio della pentola a pressione).

Spenta la TV, come i bambini, corre ad indossare le amate Onitsuka Tiger gialle. Poi scalcia in tutte le direzioni senza costrutto emettendo strani gemiti. Io fungo da riluttante "sacco".

Sull' altro angolo del divano intanto la Cristina fa smorfie perplesse: il film non le piace. Esalta la vendetta e lei è per il perdono.

Anche Sara è, in teoria, per il perdono.

E pure io simpatizzo per il perdono per quanto, senza gli eccessi di cui sopra, gradisca il film.

In qualcuno di noi tre c' è qualcosa che non va.

Possiamo apprezzare un' opera d' arte che veicola valori in cui non crediamo e che, anzi, crediamo nocivi?

Sara: Sììììì!!!.
Cristina: No
Riccardo: No

Giù il cappello alla Cristina, ma che fortuna per la Sara: potrà godersi Madame Bovary, capolavoro di certo interdetto a Cristina.

E io? Come concilio il mio "godimento" con il "no"? Boh, forse Kill Bill non veicola affatto il valore della vendetta.

Sospendo la storiella su Kill Bill per una digressione più generale.

Capita tutti i giorni d' interpretare un' opera in modo difforme dall' autore. Veri capolavori sembrano uscire da menti che reputo perverse quando si cimentano nella decodificazione del reale quotidiano.

Spiegazione?

Forse il talento artistico è la capacità di traslare il reale in un' altra dimensione facendo appello ad un miracoloso principio di conservazione. Qualcosa di essenziale si mantiene.

Cio' spiegherebbe strani fenomeni: quanto più la traslazione è riuscita, tanto più il giudizio artistico è positivo senza riserve; tanto più la traslazione è riuscita, quanto più l' interpretazione dell' opera è divergente. Esattamente perchè lo era già quella primigenia avente per oggetto la realtà.

Ora concludo su Kill Bill.

Quando da piccolo giocavo a soldatini m' inventavo mille avventure e le simulavo con i miei eroini di plastica petroleosa.

Da grande non gioco più con i soldatini ma la passione si conserva sotto mentite spoglie. Si è solo trasformata assumendo le sembianze del collezionismo: cerco il pezzo pregiato, con l' anatomia curata, dipinto a mano, raro, costoso. Per quanto questa passione sia piuttosto necrofila, non dubito che siano in molti a capirmi.

Mi sa tanto che Tarantino gira i suoi film con la mentalità del collezionista: vuole prolungare con modalità "adulte" la piacevole compagnia di manufatti che tanto lo sedussero da spettatore imberbe (film di Kung-fu, poliziotteschi italiani...).

A Sara, molto più semplicemente, piace ancora "giocare" a soldatini, è immune dalla necrofilia collezionistica, a lei piace proprio identificarsi con dei pezzettini di plastica. Cio' fa sì che senta l' esigenza di giustificarsi avanzando quel suo scandaloso "sì".

Io posso permettermi un "no" visto che non sto affatto giocando a soldatini, che non sto affatto scegliendomi un eroe, procedura che ormai mi annoia profondamente. Sto solo apprezzando dei bei colori, delle belle musiche che esplodono al punto giustio... e l' igegnosità inattesa della mossa letale con cui Uma conficcherà il chiodo nel cranio del cattivone. Ingegnosità apprezzabile a prescindere dal possessore del cranio offeso.

venerdì 26 febbraio 2010

Dopo il "se", il "come"

Dovrebbe funzionare così:

Punto primo: decido in coscienza di agire e procedo.

Punto secondo: il mio cervello si appronta quindi per dare istruzioni alla "periferia".

Punto terzo: la periferia del mio corpo riceve l' odine e si mette in moto.

Punto quarto: l' azione è compiuta, l' ho voluta io e ne sono responsabile.

Poichè sono libero, le cose dovrebbero andare all' incirca come le ho descritte.

Purtroppo però le cose non stanno così.

Per averne contezza basta procurarsi un registratore con il microscopio, ascoltare e guardare. Ci si accorgerà che nei fatti il secondo punto precede il primo.

Io decido dunque quando il mio cervello è già in azione da mo' (ben 200 millesimi di secondo, un' eternità).

L' inconveniente non rimette in discussione il "se" sono libero, ma il "come" lo sono.

Sul "se" ognuno resta della sua idea. Ma sul "come" ora ne so di più.

So che la mia libertà opera in forma di veto. So che non dà inizio ad un' azione, si limita ad autorizzarla o ad inibirla.

Conseguenze per l' etica: è più appropriato che il comando etico si esprima nella forma del "non fare" piuttosto che nella forma del "fare". I divieti sono più consoni degli obblighi.

Pensiamoci due volte prima di stigmatizzare l' inazione. Pensiamoci tre volte prima di stigmatizzare l' omissione. Forse cio' non siamo responsabili di cio' che non abbiamo fatto.

E se non intervengo per salvare chi muore? Lasciate che trascuri questa domanda fastidiosa.

"Non rubare", "non uccidere"... sono i miei comandamenti preferiti. E adesso capisco meglio anche il perchè.

"Non fare agli altri cio' che non vuoi venga fatto a te stesso" mi è sempre suonato meglio rispetto al "fai agli altri cio' che vuoi...". E adesso capisco il perchè.

Qualcuno ci vede persino una giustificazione fisiologica del peccato originale.

La tentazione è propria di tutti, è propria anche del Santo. Ma molti rinvengono qualcosa di "peccaminoso" nell' indugiare sull' immaginazione tentatrice, eppure, per quanto detto, non possiamo definire tutto cio' "peccato". Definiamolo allora "peccato originale", un peccato che appartiene a tutti ma da cui siamo stati mondati.

Speculare sulle conseguenze etiche potrebbe apparire spericolato. Basterebbero quelle civili: tutto cio' che non è vietato è consentito. Un inizio promettente per la scarsa ambizione dei libertari.

In lode del microsuffragio

Sei un politico corrotto più volte pescato con le mani nella marmellata?

Rilassati, se ti sottoponi a libere elezioni hai buone possibilità di rinnovare le tue imprese.

Sei un politico onesto ed incapace? Rilassati due volte: la democrazia è il tuo paradiso e la rielezione quasi certa.

Se in giro per il mondo c' è una politica idiota (esempio: blocco totale della circolazione per combattere l' inquinamento) quasi certamente è adottata da un governo democraticamente eletto. Puoi giurarci.

D' altronde lo sappiamo tutti, la democrazia è qualcosa di pessimo, ma non troviamo niente di meglio.

Però ci sono due però: 1) ormai sappiamo a memoria perchè la democrazia è un sistema "pessimo" 2) ci sono un miliardo di varianti democratiche.

PUNTO UNO (diagnosi). Le democrazie non funzionano perchè gli elettori sono dei "pessimi" soggetti: quando non sono del tutto disinteressati, sono ignoranti; quando non sono del tutto ignoranti, sono ideologizzati.

Perlomeno non sono stupidi, poichè hanno un valido motivo per essere come sono: il voto di ogni singolo elettore vale meno di zero.

Ma perchè votano, allora? O per inerzia o perchè piace loro. Professare un' ideologia è piacevole oltrechè rassicurante. E il voto, essendo una scelta irresponsabile, è il momento ideale per la professione ideologica.

PUNTO DUE (terapia). Fare in modo che il voto conti. Per esempio facendo votare lo 0.001% della popolazione.

Restringete a piacimento fino ad ottenere il suffragio desiderato.

Diciamo che in Lombardia voterebbero 100 persone. Va bene?

Sarebbero scelte una settimana prima dello scrutinio in modo che su di loro sia impossibile esercitare pressioni serie.

Sarebbero scelte in modo casuale. Regola semplice, brogli ridotti. Il baro è sempre in cerca di regole, senza regole dietro cui nascondersi dispera.

Sarebbero scelte rispettando pochi vincoli di rappresentanza del corpo elettorale (sesso, età e...).

Sarebbero segregati in compagnia di esperti e candidati in una casa di vetro dando vita ad un Grande Fratello a reti unificate. E lì... incontri, dibattiti, conferenze a go go. Dopodichè, il voto.

Fine del discorso. Manca solo la domanda clou.

Perchè non si cambia se praticamente tutti gli esperti concordano nel ritenere che un sistema simile produrrebbe esiti migliori?

Boh, probabilmente, come per molte idiozie, bisognerebbe tirare fuori la questione dei "simboli". Proprio come per il "blocco totale del traffico".

link

giovedì 25 febbraio 2010

Principio di conservazione

Ogni volta che rivede Kill Bill la Sara va in visibilio, nei suo occhi compare la stessa spirale che si crea nell' occhio del leprotto anabagliato. Risuonano invano i richiami alla realtà (tipo il fischio della pentola a pressione).

Spenta la TV, come i bambini, corre ad indossare le amate Onitsuka Tiger gialle. Poi scalcia in tutte le direzioni senza costrutto emettendo strani gemiti. Io fungo da riluttante "sacco".

Sull' altro angolo del divano intanto la Cristina fa smorfie perplesse: il film non le piace. Esalta la vendetta e lei è per il perdono.

Anche Sara è, in teoria, per il perdono.

E pure io simpatizzo per il perdono per quanto, senza gli eccessi di cui sopra, gradisca il film.

In qualcuno di noi tre c' è qualcosa che non va.

Possiamo apprezzare un' opera d' arte che che veicola valori in cui non crediamo e che, anzi, crediamo nocivi?

Sara: Sììììì!!!.
Cristina: No
Riccardo: No

Giù il cappello alla Cristina, ma che fortuna per la Sara: potrà godersi Madame Bovary, capolavoro di certo interdetto a Cristina.

E io? Come concilio il mio "godimento" con il "no"? Boh, forse Kill Bill non veicola affatto il valore della vendetta.

Sospendo la storiella su Kill Bill per una digressione più generale.

Capita tutti i giorni d' interpretare un' opera in modo difforme dall' autore. Veri capolavori sembrano uscire da menti che reputo perverse quando si cimentano nella decodificazione del reale quotidiano.

Spiegazione?

Forse il talento artistico è la capacità di traslare il reale in un' altra dimensione facendo appello ad un miracoloso principio di conservazione. Qualcosa di essenziale si mantiene.

Cio' spiegherebbe strani fenomeni: quanto più la traslazione è riuscita, tanto più il giudizio artistico è positivo senza riserve; tanto più la traslazione è riuscita, quanto più l' interpretazione è divergente. Esattamente perchè lo era già quella primigenia avente per oggetto la realtà.

Ora concludo su Kill Bill.

Quando da piccolo giocavo a soldatini m' inventavo mille avventure e le simulavo con i miei eroini di plastica petroleosa.

Da grande non gioco più con i soldatini ma la passione è rimasta sotto mentite spoglie. Si è solo trasformata assumendo le sembianze del collezionismo: cerco il pezzo pregiato, con l' anatomia curata, dipinto a mano, raro, costoso. Per quanto questa passione sia piuttosto necrofila, non dubito che siano in molti a capirmi.

Mi sa tanto che Tarantino gira i suoi film con la mentalità del collezionista: vuole prolungare con modalità "adulte" la piacevole compagnia di manufatti che tanto lo sedussero da spettatore imberbe (film di Kung-fu, poliziotteschi italiani...).

A Sara, molto più semplicemente, piace ancora giocare a soldatini, piace identificarsi con dei pezzettini di plastica. Cio' fa sì che senta l' esigenza di giustificarsi avanzando quel suo scandaloso "sì".

Io posso permettermi un "no" visto che non sto affatto giocando a soldatini, che non sto affatto scegliendomi un eroe, procedura che ormai mi annoia profondamente. Sto solo apprezzando dei bei colori, delle belle musiche che esplodono al punto giustio... e l' igegnosità inattesa della mossa letale con cui Uma conficcherà il chiodo nel cranio del cattivone. Ingegnosità apprezzabile a prescindere dal possessore del cranio offeso.

mercoledì 24 febbraio 2010

CATTEDRALE DI PAROLE

*** Dirigere la vita dei potenti logora. Il dovere di "dettar legge ai re" è uno dei fardelli più gravosi. Anche le tempre più tenaci l' hanno fuggito. I contenuti di questi decreti divini sono abbastanza noti e non fanno problema. Il guaio è che poi bisogna saperli pronunciare e ci vuole qualcuno con spina dorsale rettilinea, facondia ipertrofica e voce sufficientemente stentorea. Ma chi puo' collocarsi nella giusta prospettiva per intonare ordini a queste svettanti aristocrazie, a questi animi più nobili del loro sangue, a questi spiriti magnanimi per cui è perduto tutto ciò che non donano? Sto parlando di Re luminosi come il Sole, si sarà capito. Non di detronizzati qualunque. Chi possiede un organo dalle canne abbastanza poderose per intimidire simili fierezze e ricondurle nell' alveo della Virtù non appena la tentazione inocula il suo lurido bacillo? E dopo questo cappello palloso è venuta l' ora di ammettere che uno ci fu. Si chiamava Jacques-Bénigne Bossuet. Ho festeggiato la settimana immergendomi nella pagina lussureggiante delle sue Orazioni Funebri. Questo novello Geremia dimostra fin da subito di avere il lamento adeguato all' alta calamità. Felici destinatarie le anime appena esalate di due Regine degne figlie di San Luigi. Sotto questo target non si scende. Il petulante ronzio della lugubre mosca atea è ghiacciato all' istante da un candido e purificante inverno che l' Abate fa scendere improvviso come una Pentecoste ammaestrandolo con il tuono del suo verbo insieme didattico, manierato e potente. Questo esperto stregone orchestra la stereofonica pagina accerchiando il lettore (allora l' astante) ed esponendolo a varie sonorità: dall' ottavino al basso tuba nulla manca; non pago lo lambisce con le stoffe più pregiate: dai velluti alle sete niente verrà dimenticato; poi si insinua con inebrienti essenze: erbacei, fruttati, legnosi ed altri ancora sempre più stordenti; infine si pavesa a festa con luci caleidoscopiche: sia il profano fuoco d' artificio che la pia vetrata della Pieve sono dominati con scioltezza. Meraviglia che tanta sensualità possa essere dispiegata perchè risuoni ancor più alta ed impellente l' intimazione ad abbandonare ogni concupiscenza terrena. Stupisce i più smaliziati che tanta anomala e debordante creatività sia incaricata di soffocare sul nascere ogni eresia che i tetri abissi indirizzino verso il sole con l' intento di oscurarlo... - [...ebbene sì, in quel tempo controriformista vigeva il privilegio di poter ancora essere considerati eretici...] - Ma si capisce subito che rilevando queste colossali antitesi entriamo diritti nel cuore palpitante dell' Abate. Tanto per dirne un' altra. Passò la vita ad ammonire il prossimo contro i vizi della vana pompa per meglio spingerlo ad aprire bocca solo con l' asciutto proposito di convertire. Convertire - convertire - convertire - ... E tutto cio' lo fece erigendo la più pleonastica e slanciata cattedrale di parole che mai abbia trovato ricetto sulla piattissima pagina.

Un posticino per il diavoletto

Se dico di sentirmi "libero" come una libellula c' è sempre qualcuno che s' inalbera.

Non ci credo! Ci credo io e cio' è sufficiente.

Ma la cosa non quadra dal punto di vista logico! Dici?

Come concili le tue libertà con le eventuali leggi deterministiche della fisica? Non sono mica un materialista.

Come concili la tua libertà con un mondo fisico a causalità chiusa? Calma, ascolta questa storiella e vedrai come fiorisce un bel bouquet di "io" tutti soli soletti e con tanto di libertà allegata.



Nessuna anomalia sperimentale!

Difficile pensare ad un' evoluzione scientifica nel campo della meccanica quantistica, molto più probabile un' evoluzione concettuale. L' ermeneutica sì che è una pentola che non smette mai di borbottare.

Se il mainstream è "Copenaghen" poi, poveri noi.

"Copenaghen" più che un' interpretazione è una rinuncia ad interpretare; più che un tentativo, una resa. Eddai, chi non vede l' ora di "mollare" Bhor e compagni per qualcosa di meglio?

Perchè allora non vedere la teoria come determinata: per desumere lo stato del mondo basta l' equazione di Schrödinger, ovvero una formula perfettamente determinata in assenza del "postulato osservativo".

DOMANDA: ma l' equazione di Schrödinger assume talvolta valori differenti e simultanei; eppure io non vedo certo davanti a me mondi differenti e simultanei!

RISPOSTA: perchè "io" ho una sola mente, gli altri mondi sono percepiti da altre menti che non sono più mie.

DOMANDA: Ma perchè "io" viaggio seguendo proprio quella traettoria di stati mentali e non un' altra tra le molte possibili?

RISPOSTA: E che ne so. Mistero.

Vogliamo mettercela qui la libertà? Vogliamo infilarlo qui un demonietto? Vogliamo usarlo per tappare questo gap?

Controintuitivo? Il mondo vi scappa via dalla testa? E cosa c' è più di intuitivo nella meccanica quantistica?

... altre panchine controintuitive...



CHE BELLO: tutto è maledettamente coerente!

[... non viquadra qualcosa sul piano della fisica? Citofonare Hugh Everett...
non vi quadra qualcosa dal punto di vista filosofico? Citofonare David Chalmers...]

CHE STRANO: un posticino per la libertà ce lo trovo giusto se sono disposto ad interpretare come "determinata" la legge fisica "indeterminata" per eccellenza.

venerdì 19 febbraio 2010

Zefiro torna

Odore di primavera, odore di fisco. Zefiro torna, e così pure la stagione delle dichiarazioni. L' inesorabile ragnessa ricomincia a tessere la sua tela...

... E noi ci rimettiamo alla ricerca del Santo Graal. Ovvero dell' imposta equa. Ma puo' mai esistere?

Per qualcuno - tipo io - non esiste: poichè implica attività estorsiva, nessuna imposta potrà mai essere qualificata come "equa".

Ma anche lasciando perdere queste posizioni originali non pensiate che le cose filino liscie. Al confronto la ricerca del Santo Graal è una passeggiata de salute.

Tanto per capirsi:

IMPOSTA PATRIMONIALE: ti sembra giusto accanirsi con chi ha speso i propri soldi comprandosi la casa anzichè la barca?

IMPOSTA DI SUCCESSIONE: ti sembra giusto infierire su chi lascia qualcosa ai figli anzichè scialacquare?

IMPOSTA SUI CONSUMI: sarebbe come sparare sulla croce rossa visto che i poveri (percentualmente) consumano più dei ricchi.

IMPOSTA SUL REDDITO: colpisce i frutti del risparmio (interessi) e non quelli del consumo (godimento). Sono così antipatici i risparmiatori?

IMPOSTA SULLA STATURA:... e Berlusconi?

L' arguto lettore ha già capito tutto: laddove l' imposta non sia palesemente iniqua, finisce per colpire senza giustificazione una scelta risparmiando quella complementare.

Ma non basta: l' imposta che colpisce un "comportamento" è anche inefficiente poichè, oltre a distorcere la geografia delle scelte, disincentiva proprio quel comportamento.

Prima di gettare la spugna guardiamo all' imposta sulla statura: 1) non colpisce le scelte 2) non è palesempente iniqua.

1) è chiaro ma 2)? Semplice, la statura del contribuente è strettamente correlata al reddito. Magari la nostra società avvantaggia le persone alte.

Abbiamo forse intuito il solco nel quale muoversi, e proprio in quel solco imposto il mio 1-2 da KO:

1. tassare l' IQ del contribuente;

2. costruire un ambiente che premi le persone con IQ elevati.

Il punto due è auspicabile da tutti poichè parliamo di una società affluente, innovativa e meritocratica. In teoria è anche facile da realizzare: basta esaltare ovunque i meccanismi di mercato e la competizione.

Il punto uno, se non è il Santo Graal, è perlomeno l' Uovo di Colombo: una tassa giusta che non tange le scelte dei contribuenti.

mercoledì 17 febbraio 2010

La domanda di Nozick

A volte si identifica la Schiavitù con un certo genere di indigenza non meglio precisato.

Ovvero: quel "genere di indigenza" non costituirebbe un effetto probabile dell' essere schiavi, bensì la natura stessa di quella condizione.

Se fosse così per essere schiavi basterebbe essere affetti da quel particolare tipo di miseria materiale. Forse non necessiterebbe neanche più che esista un "padrone".

Peccato che percorrendo quella via s' incorra in continui paradossi che rendono la condizione di "schiavo" appetibile rispetto, per esempio, a quella di chi versa in condizioni ancora peggiori.

Per metterci una pezza potremmo dire che la miseria dello schiavo non ha eguali. Che è il più basso tra i gironi infernali. Ma ecco che subito nuovi inconvenienti ci incalzano.

Se fosse così infatti, parlando degli Stati Uniti pre guerra di secessione, dovremmo considerare schiavi parecchi bianchi "liberi" del nord e considerare uomini liberi parecchi neri "schiavi" del sud. Sappiamo bene infatti come il tenore di vita di questi ultimi fosse più alto.

A questo punto che fare? Così non si puo' andare avanti.

Probabilmente il difetto sta nel manico, il fioccare dei paradossi indica solo l' inadeguatezza della definizione implicitamente adottata.

Ma perchè nonostante i continui "segnali" molti insistono nel percorrere quello che sembra essere decisamente un vicolo cieco? Perchè non si rassegnano al semplice fatto che la schiavitù, per sua natura, non puo' emergere da un accordo?

Probabilmente perchè cambiare significa fare i conti con cio' che è noto come la "domanda di Nozick".

Ecco la storiella da cui origina la domanda, la divido in nove punti.

(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.

(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.

(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.

(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.

(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.

(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.

(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse "comuni".

(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.

(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.

Ed ecco la domanda: quando nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?

Forse mai, forse è solo una storia di "padroni benevoli", forse è una parafrasi dello Zio Tom... ma solo chi è disposto a pensarlo è sulla buona strada per aggirare le incongruenze che ci incagliavano in partenza. Gli altri, coloro che non "osano" pensare ad una simile risposta, ci restano invischiati senza speranza.

Una possibilità per l' altruismo

ULISSE. Sappiamo come andarono le cose: Ulisse desiderava tornare in Patria ma si sentiva minacciato dalle Sirene, sapeva che il loro canto lo avrebbe soggiogato. Decise quindi di legarsi all' albero maestro e disse ai suoi compagni di cessare ogni ubbedienza.

GIOVANNI. Prorpio la sera prima di un esame decisivo danno una festa che Giovanni desidera non perdere. Sa anche però che rimpiangerà questo lusso che intende concedersi. Decide quindi di stare a casa a studiare.

Ulisse e Giovanni tengono un comportamento opposto: il primo decide in conformità al suo desiderio presente, il secondo decide in base al suo desiderio futuro.

Cio' dimostrerebbe che non è solo il desiderio a motivarci.

E' importante?

Sì, poichè viene revocata una tesi di Hume il quale, da buon scettico, ci voleva tutti egoisti. Secondo lui anche chi si sacrificava per gli altri in realtà si limitava a coltivare i propri interessi: solo il desiderio motiva.

Corollario: si puo' predicare bene e razzolare male nella massima sincerità e trasparenza.

Ricicloni

I Durutti Column riciclano Marvin Gaye per la loro musica



Sayakaganz ricicla tutto per le sue sculture

martedì 16 febbraio 2010

Checklist

Per cambiare idea bisogna riconoscere i propri errori. Per riconoscere i propri errori bisogna sapere quali potrebbero essere. Per sapere quali potrebbero essere è sempre utile avere sottomano una lista. Eccone allora una:

1. Bias. Discutendo dell' esistenza di Dio ti accorgi che molti "desiderano" giungere ad una conclusione positiva (altri negativa). Quando nel ricercare la verità sei animato da desideri che non siano la ricerca della verità è molto facile incorrere nel bias emotivo.

2. Miscalculation. Se nella divisione sbaglio il riporto, potrò anche essere intelligente, potrò anche essere razionale... e tuttavia ho commesso un errore.

3. Confusion. Considero gran parte dei miei valori morali come relativi. Basta questo semplice fatto perchè qualcuno mi consideri un "relativista". Ma cio' deriva solo dalla confusione che si fa con il concetto di "relativismo etico".

4. Misunderstanding. C' è chi vede nell' esistenza in natura di fenomeni caotici uno spiraglio per il libero arbitrio. Ma cio' deriva da un' incomprensione del concetto di Caos (e spesso anche del concetto di libero arbitrio).

5. Oversight. Quando mi chiedono se due oggetti possono occupare lo stesso spazio rispondo di "no". Poi mi fanno notare che il mio corpo e la mia mano occupano lo stesso spazio. Ah, la fretta.

6. Selective attention. Molti giudicano in base alla propria esperienza, è naturale che incorrano spesso in errori.

7. Incomplete information. Ci si schiera contro il porto d' armi. Ma si conoscono gli effetti della detenzione di armi? Ci si schiera contro la pena di morte? Ma si conoscono gli effetti dell' abolizione? Vai a vedere e la risposta è quasi sempre un bel "no".

8. Unarticolated assumption. Un classico discutendo dell' aborto: mentre A discute del peccato, B discute del reato. Possono andare avanti per ore senza chiarire l' assunto. Poi si chiarisce, poi l' equivoco torna.

9. Stubborness. Come è difficile fare marcia indietro. Ma non vale solo per il singolo. A volte una credenza viene trascurata per il semplice fatto di essere antiquata.

10. Fallacies. Sofismi.

11. Forgetfulness. Mario e Maria si amano e vogliono amarsi completamente. Sono però fratello e sorella e, sapendo dei rischi genetici, decidono di vivere il loro amore senza procreare. La condanna etica dell' incesto è comunque immediata. Ci hanno tolto di mezzo l' argomento genetico ma noi insistiamo nella condanna quand' anche brancoliamo nel buio circa le motivazioni. Forse ce le siamo dimenticate.

12. Intrinsec difficulty. Perchè se l' Inghilterra produce un vino di qualità superiore e di costo inferiore a quello che produce il Portogallo, è razionale invece che lo importi proprio dal Portogallo? Alcune soluzioni non sono immediate e si puo' inciampare.

13. Inarticulate evidence. Se dicono che il mio parroco è un pedofilo non ci credo, lo conosco da una vita. Non so dire perchè ma non ci credo.

14. Mental defect. Ci sono anche i ritardi mentali. Uno schizo-paranoico puo' ragionare anche bene in diversi ambiti ma molto spesso è difficile venire a capo di qualcosa con lui.

La capacità di correggersi è una grande dote ma c' è chi trova umiliante fare marcia indietro dopo aver dato il grande annuncio. Una volta suonata la tromba ci si attacca con le unghie a quella melodia fino a farne un feticcio. Sia chiaro, non intendo tirarmi fuori dalla cerchia. Giova allora avere una check list da spuntare prima.

La check list viene buona spesso e alla fine quasi tutti i disaccordi possono essere "ridotti". Volete un esempio imediato?

Ricordo che nel forum di Fahrenheit si è fatto un gran parlare delle verità "non negoziabili". Molti ritenevano inaccettabile la presenza di concetti del genere ma io penso che ci fosse un equivoco di fondo (errore 3).

La verità "non negoziabile" è una verità che non necessita di tanti ragionamenti per essere affermata. Ma non è certo una verità sulla quale non si possa ragionare.

Ci posso ragionare eccome: posso per esempio verificare se nell' asserirla io sia scevro dagli errori di cui sopra.

Una volta scoperto il mio errore sono in tutto e per tutto autorizzato ad abbandonare anche quella che avevo chiamato una verità "non negiziabile" (o verità assoluta).

lunedì 15 febbraio 2010

Il buio nella mente

Mi hanno sempre fatto paura i film dove il protagonista rivela una doppia personalità.

Nei film del maestro tutto cio' è presente al massimo grado.

La cosa stupefacente è che noi assistiamo alla terribile metamorfosi. Dura all' incirca l' intero film.

La cosa destabilizzante è che tutto resta incredibilmente realistico e credibile.

Quasi come se Rossellini narrasse una novella di Stevenson.

Bello il personaggio di Sophie. Bella quella vita fotografata nel momento decisivo su un crinale: così vicina al paradiso, così prossima all' inferno. Come al solito nei film del Maestro il soffio arriva dalla direzione sbagliata.

Pirandello a Hollywood

Il secondo Batman di Tim Burton non è piaciuto per niente a Sara. Il Cattivo del film era troppo cattivo.

Quello che a lei è dispiaciuto coincide con quello che a me ha interessato: Tim Burton costruisce una cornice di "genere" per poi piazzare continue stoccate che la trascendono.

Finchè il Pinguino resta "disgustoso" noi lo accettiamo divertendoci poichè resta pu sempre all' interno della sua cornice, è solo una curiosità dello zoo. Quando invece si trasforma in un essere disgustoso (senza virgolette), cessiamo di accettarlo. E' come se le gabbie dello zoo si fossero dissolte e noi ci sentiamo in pericolo.

Per abbattere le gabbie dello zoo, Burton mette in bocca ai suoi "cattivi" battute con disturbanti riferimenti sessuali.

La Regina della Sala

... sala chiusa naturalmente...



Contagio

Giovanni medita di tradire la moglie Carolina e si confida con Roberto.

GIOVANNI: Allora che ne pensi, secondo te una scappatella ci sta?

ROBERTO: Carolina sarebbe distrutta al solo pensiero che stai considerando una cosa del genere.

GIOVANNI: Non preoccuparti, ti assicuro che non lo saprà mai.

ROBERTO: Ok, ti credo. Ma al di là di tutto, non pensi che sia sbagliato farlo?

GIOVANNI: Molti lo pensano, ma perchè mai dovrei preoccuparmene? In fondo sono solo convenzioni sociali.

ROBERTO: Ma non ti senti un po' colpevole nel tradire la fiducia di Carolina?

GIOVANNI: A volte sì. Ma poi realizzo quanto sia stupido nutrire simili preoccupazioni. In fondo perchè mai dovrei essere fedele? Si tratta solo di regole arbitrarie che qualcuno ha messo lì per indirizzarci verso una vita felice. Se io sento che la mia felicità è altrove, perchè mai dovrei omologarmi? Oltrechè stupido sarebbe addirittura immorale frenarmi. Ammetto che a volte mi coglie un irrazionale senso di colpevolezza, ma se questo è il prezzo per spassarsela lo pago volentieri.

ROBERTO: Uh!

Chi tra Roberto e Giovanni ha studiato Filosofia?

Se parliamo degli ultimi 70 anni, non c' è dubbio: Giovanni. E' lui il frutto dell' insegnamento standard.

Attenzione però, non si puo' escludere che Roberto si sia iscritto recentissimamente alla Facoltà.

E' difficile trovare in giro persone che dicano "pane al pane, vino al vino" con la schiettezza di un Giovanni, eppure molti cripto-Giovanni si aggirano tra noi. Spesso anch' io mi unisco alla congrega.

Persino laddove dovrebbero essere banditi, i "Giovanni" pullulano. Parlo dell' ambiente Cattolico. Faccio un esempio per essere più chiaro.

Parlando di educazione dei bambini recentemente mi è capitato di sostenere che l' influsso dei genitori sulla realizzazione futura dei propri figli è minimo.

Ho subito repliche piccate, ma non tanto in punta di fatto. Sembrava invece che avessi intaccato un prezioso principio morale.

Evidentemente qualcuno interpretava le mie parole come un invito indiretto rivolto ai genitori per il disimpegno. O meglio, come un argomento che rende ragionevole un calo dell' impegno.

Il loro ragionamento era pressapoco questo: la realizzazione dei nostri bambini come persone equivale alla loro felicità futura e questa felicità è qualcosa che anch' io, genitore, desisdero ardentemente poichè li amo. Se adesso mi vieni a dire che nulla o poco di quel che faccio mi avvicinerà a quell' obiettivo, che senso ha allora il mio impegno? Lo dirotto piuttosto altrove.

Già, che senso ha se non serve a (quasi) niente? [... e infatti molti concludono che ha poco senso...]

Una domanda inquietante, non c' è dubbio. Inquietante per molti ma sulla quale il Cattolico, quando è tale, è chiamato a sorvolare!

Se l' esperienza mi ha dimostrato che le cose non stanno così è solo per un motivo: la "mentalità di Giovanni" è contagiosa e attecchisce anche dove non dovrebbe.

venerdì 12 febbraio 2010

Convalidatore inutile, invalidatore inaffidabile

Alzo il naso e guardo le stelle. Anche oggi mi stupisco della loro inequivocabile presenza. Ah, se tutto fosse certo come la loro luce! A cosa debbo tanta trasparenza? Chi debbo ringraziare per l' assenza di chiassose diatribe su questo punto?

Forse un giorno uno scienziato mi spiegherà per filo e per segno la meravigliosa evoluzione dell' apparato visivo dell' uomo e di come esso si coniughi ai corpi luminosi con tanta sublime maestria. Una "riduzione" del genere prima o poi arriva.

Devo forse aspettare quel giorno per sapere se la stella che vedo splende davvero nel cielo? Direi di no. Lo so già, è lì! Avrò forse altre parole a disposizione per dirlo.

2+2=4. Niente da fare, l' ho rifatto più volte e il risultato è sempre lo stesso. Ma perchè? Certo che la matematica stupisce ogni giorno, e stupisce il potere con cui rende conto dell' universo. Ma da dove salta fuori tanta grazia?

Forse un giorno un neuroscienziato spiegherà per filo e per segno il più stupefacente regalo dell' evoluzione: il nostro cervello e la nostra intelligenza, nonchè la sua capacità di padroneggiare appunto la matematica.

Presto o tardi il riduttore compusivo si fa vivo -... bene!...- e vedrai che si mette a filosofeggiare -... male!

Ma basta la prova del nove o devo aspettare fino a quel fatidico giorno per sapere se 2*2=4?

Dopo l' atteggiamento ragionevole ho considerato anche vari generi di follia, ma nessuna sembra davvero dubbiosa in merito al precedente quesito.

Forse abbiamo imparato una cosa: la spiegazione evoluzionistica è quasi sempre un "convalidatore inutile".

Chissà perchè ce lo si dimentica quando il fuoco si sposta poi su altre questioni, per esempio quella dei valori morali.

E' dalla notte dei tempi che non sopporto l' infanticidio; mi è chiara come il sole la malvagità che contiene quel gesto. Brilla accecando gli occhi della mente con l' intensità di cento stelle.

Finalmente, dopo secoli, mi si para davanti uno scienziato che srotolando papiri dall' improbabile lunghezza, mi riferisce con dovizia di particolari le (forse ma forse) nefaste conseguenze sociali di questa pratica. Forse.

Dopodichè prende la parola un filosofo, suo scherano, e mi chiede di rinunciare a credere nel contrassegno del "Male", cose del genere non esistono. Ormai abbiamo altri motivi per dire che l' infanticidio non ci piace, che lo vogliamo combattere e debellare. Questa storia del "Male" (che... scnadalo! non si vede al microscopio e non sta nelle calcolatrici) ha fatto il suo tempo. Rasoio di Occam: zac.

[n.b. non di rado è lo stesso scienziato che come un Fregoli si trasforma in filosofo... per vendere più libri e scrivere qualche editoriale]

Ma la "riduzione evoluzionista" non era un "convalidatore" inutile? Urca, è vero, ce lo eravamo quasi dimenticato.

Le stelle e l' aritmetica, quelle sì, possono restare al loro posto. Ma il "Male" no, deve essere "rasato" via.

Volete un altro esempio? Magari ci metto dentro Dio?... No, lo evito, spero che l' antifona si sia capita.

Bene, ora che sapete tutto cio' non abbiate paura quando il riduttore compulsivo busserà alla vostra porta. Difficilmente il suo marchingegno è in grado di appiattire la realtà alla stregua di un fumetto.

... la vera storia della ragazza di Roy Lichtenstein...


La "riduzione evoluzionistica" è stata licenziata, come convalidatore faceva cilecca e ai filosofi un po' esibizionisti non serviva più a molto.

Cerca allora di riciclarsi come "invalidatore".

E' una "spiegazione" abbastanza giovane e a quell' età, così onusta di onorificienze, l' assumeranno ben da qualche parte.

E poi, provate solo a ritrovarvi un bel giorno con conclusioni etiche che non combaciano con quelle evoluzioniste. C' è da cagarsi sotto.

Calma e gesso, forse simili "guerre di civiltà" non sono poi tanto alle viste.

Sembra infatti che nel suo nuovo incarico, per quanto si smascelli, la "spiegazione evoluzionista" morda solo aria. Insomma, non è granchè produttiva, almeno per quanto riguarda l' etica.

Come "invalidatore" balbetta giusto quattro cose sull' incesto per poi rettificarsi. Non c' è nemmeno bisogno di "torturarla", come si fa con le statistiche. Basta una piuma per "farle cantare" la melodia più gradita. Intanto la delusione serpeggia.

I conservatori sono i più solerti ad infilare monetine in un simile juke box. Ma non sono certo gli unici.

Figuriamoci che recentemente, ostaggio di un accolita politically correct, con la cerimoniosità del medium spiritico ha addirittura sostenuto che le pratiche omosessuali potrebbero essere una forma di adattamento (e quindi da tollerare). Forse.

Di questo passo darà l' ok per la sterilizzazione universale.

Certo che la "spiegazione evoluzionista" è molto sensuale, la sua capacità seduttiva sembra irresistibile: con quella bocca puo' dire di tutto.

Purtroppo cio' che è un pregio per la cocotte, diventa un difetto quando di mestiere uno fa l' "invalidatore".

Sembra che il consiglio d' amministrazione sia in procinto di far partire le prime lettere di licenziamento. Non sarà un bel carnevale.

mercoledì 10 febbraio 2010

Upload urgente

1. Esistono delle verità etiche oggettive.

2. Noi ne conosciamo alcune grazie all' intuizione della ragione.

3. Questa conoscenza è indipendente dai nostri desideri.

Caricatevi nel cervello queste tre proposizioni e preservatele con continui back-up.


Chi baldanzoso si riteneva autorizzato a giudicare naif l' "intuizionismo etico" e passava oltre, ora ha l' occasione per ricredersi. Dopodichè le scuse son finite.

Circola in versione ampliata il libro di Michael Huemer. E' pericolosissimo perchè rischia di semplificarvi la vita mentre so bene come in questo campo in molti anelino a labirintiche contorsioni mentali.

Che fare in caso di disaccordo etico?

Possibile che il "desiderio" possa e debba essere messo da parte in queste faccende?

Come interagisce il mondo con la nostra interiorità?

Cosa resta dell' evoluzione in ambito etico?

Se l' etica è un' intuizione come la insegno a mio figlio?

"Relativismo" e "naturalismo" etico, come metterli da parte e non parlarne più?

... e da ultimo...

Come trascurare oltre chi promette di rispondere alle domande di cui sopra avendo le carte in regola per farlo?

martedì 9 febbraio 2010

Quattromila anni di paternità

... nell' indagine di Maurizio Quilici...

... tendenzialmente... la figura del Padre sembra deteriorarsi...

... forse anche perchè "tendenzialmente" prospera quella del "Bellimbusto"...



... un blog che non capisco bene ma che parla sempre di questa cosa qua...

lunedì 8 febbraio 2010

Mea culpa

Bambini malnutriti che giocano felici nella spazzatura, buontemponi handicappati che ridacchiano tutto il tempo nella saletta dell' istituto. Ma cosa avranno da ridere?

E' il mistero della felicità.

[Le iperboli sono belle ma un' avvertenza è dovuta: non crediate che quei bambini siano mediamente felici quanto i loro coetanei benestanti e in buona salute, o che i paraplegici lo siano quanto i normodotati. Insomma, non crediate ingenuamente che i beni materiali siano davvero estranei alla felicità.]

Di sicuro comunque quei bambini una cosa ce la dicono: lo spirito sposta le montagne.

Già, ma alla fine della fiera cosa ci consola? Cosa ci fa reagire? Cosa ci aiuta nella disgrazia?

1. Sapere prima che arriverà: meglio una disgrazia sicura al 100% che al 95%.

2. Frequentare i disgraziati.

3. Incolpare se stessi piuttosto che la sfortuna o (non sia mai) gli altri.

Delusi dalla scheletrica risposta?

In effetti sul tema ci si poteva scrivere un trattato, oppure tre righi. Ho optato per la seconda soluzione, l' unica alla mia portata.

Per chi invece avesse l' ardire di cimentarsi nel trattato, la prefazione ideale è già bella e pronta.

venerdì 5 febbraio 2010

Madicare Voucher

problemi

Chiave di volta

"Ma perchè mai l' imprenditore (finanziario) dovrebbe sbagliare sistematicamente i suoi investimenti senza "aggiustarli"?"

Non lo so... Però è evidente che facciano così.


Ti ringrazio per la franchezza su un punto che mi sembra chiave di volta anche per il resto.

Certo che, almeno sul ciclo, per l' approccio "austriaco" non varrebbe più l' accusa di "apriorismo".

Nel frattempo mi leggo incuriosito il lavoro che citavi.


http://2909.splinder.com/post/22174036#comment

***

Torno con qualche dubbio su Carilli e Dempster (C&D) in relazione al discorso di cui al link:

1) la logica della loro matrice rende problematico anche l' aggiustamento deflazionario (conviene stare fermi o muoversi per ultimi).

2) ancorarsi ai "futures NGDP" non conduce ad una "divergences between the natural and money rate of interest" (il caso considerato da C&D); ci si limita a ristabilire presso le banche la struttura originaria dei "costi opportunità" altrimenti deformata dalle aspettative deflazionistiche; serve solo ad eliminare dal range degli investimenti possibili l' indebito intruso che blocca tutto: la liquidità. Tutto il resto rimane immutato. Perchè dunque sbagliare ancora?

3) amettiamo pure che con valutazioni sbagliate della banca centrale si arrivi a tenere tassi troppo bassi troppo a lungo; C&D devono postulare che il rischio bancario sia una vera e propria esternalità. Caspita, se lo fosse in modo tanto rilevante diventa ragionevole nazionalizzare il settore.

4) C&D adottano come criterio di scelta MINMAX: per quanto credibile è pur sempre un criterio irrazionale.

5) per C&D un' impresa dovrebbe vedere compromesso il suo profitto per il semplice fatto che l' impresa concorrente compie investimenti fallimentari. Quest' ipotesi cruciale, francamente non è molto chiara.

giovedì 4 febbraio 2010

Il nostro povero individualismo

Borges lo chiamava "il nostro povero individualismo".

Parlava degli argentini, di quello spirito anarcoide che tutto pervade e impedisce loro di assimilarsi in una vera Patria. Uno scoraggiante sentimento di sfiducia per ogni potere sovraordinato, una riluttanza a lasciarsi coordinare.

Se andiamo oltre Borges, ecco presentarsi uno spiazzante paradosso: quell' intima ostilità ad ogni governo... chiede incessantemente "più Governo".

La storia dell' Argentina - piena come un uovo di dittatori, caudillos, socialismo, fascismo, statalismo - è lì a perenne testimonianza per l' incredulo.


... altri murales ordinabili a Steven Power...

Presso gli studiosi delle democrazie la storiella è conosciuta come "il paradosso dell' italiano": l' italiano è quello strano tipo che nutre una sfiducia atavica verso il suo governo e, contemporaneamente, accetta e chiede interventi governativi sempre più ipertrofici. Chi "disprezza" tanto alla fine "compra", forse aveva ragione la nonna.

Insomma, da noi dietro chi dice "piove, governo ladro" si nasconde quasi sempre un pianificatore incallito.

Ora si scopre che il fenomeno è pressochè universale: il cinismo è nemico della libertà. Peggio un Governo lavora e più cresce la richiesta dei suoi servigi.

Come spiegare tutto cio'? Forse la sfiducia del cinico è tale per cui solo un "unto del Signore" puo' salvarci. Il cinico pessimista puzza di scommasse pascaliane anche quando parla di politica. Se l' accentramento dei rischi per lui è razionale, quello dei poteri è la logica conseguenza.

Il cinico è un giocatore disperato: non gli resta che puntare tutto su una carta.


... compra qui le tue t-shirt...


Certo che tutto questo ha una conseguenza paradossale: ai libertari viene chiesto di amare il loro nemico, o perlomeno di porgere l' altra guancia.



Continua a leggere sul tema:

http://www.cato-unbound.org/2007/03/11/tyler-cowen/the-paradox-of-libertarianism/


http://econlog.econlib.org/archives/2007/03/worst_advice_to.html

mercoledì 3 febbraio 2010

Argumentum ad ignorantiam

Se supponi vera un' affermazione il cui contenuto di verità ti è ignoto, stai costruendo un "argumentum ad ignorantiam", sappilo. Anche perchè ti curo.

Ti curo con scarso costrutto: a meno che sotto non ci sia un vero bluff, si tratta di un caso estremamente raro. Peccato che un' accusa tanto dotta con cui avrei fatto colpo si riveli poi inservibile.

Prendi la scienza. La scienza è quasi sempre incerta, di conseguanza tutti i suoi argomenti fondati su precedenti conclusioni dovrebbero essere "ad ignorantiam". Un disastro.

Fortunatamente le cose stanno altrimenti. La scienza, poichè ragiona in termini probabilistici, ben raramente ci chiede l' astensione. Quandanche un' alternativa sopravanzasse microscopicamente le concorrenti, sarebbe pur sempre razionale preferirla.

E su quasi nulla siamo completamente ignoranti, nemmeno su come cadrà la monetina che lanciamo in aria.

Danno forse fastidio le conclusioni molto imprecise, per non dire sballate? Pazienza, la scienza molto spesso è così: imprecisa&sballata. Nondimeno è scienza.

Una conclusione imprecisa e sballata non testimonia il fatto di essere a-scientifica, testimonia solo il fatto che non ce ne faremo granchè. Serve solo per "conoscere", vuol dire che ci limiteremo a quello.

Ve lo vedete un filosofo tracciare una linea e dire: se l' errore supera questa soglia siamo fuori dal territorio della Scienza!

Sarebbe una macchietta! Perchè? Perchè Scienza & Precisione non sono affatto sorelle. Al limite Cugine.

Ammetto che la conclusione non è immediata. Sarà perchè chi lavora "nel campo" non è molto interessato a diffonderla. Sa bene che il suo status rispettabile dipende dal fatto "che c' azzecca" e non dal fatto che "è uno scienziato".

Confesso, ho scritto tutto avendo ancora in testa il principio antropico.

Come leggete i libri?

Se è per questo anch' io ho smesso da tempo di leggere come prima cosa la Prefazione.
Sarà per preservare il virginale incontro con la scrittura d' autore in modo che sgorghi spontaneo un giudizio personale incontaminato...
...sta di fatto che ora le leggo..."durante".
Il "durante" non è sempre facile da definire.
Ci provo: non appena mi accorgo che la valutazione si va consolidando, che gli occhi subiscono una panne problematica, che il testo ha un momento di stanca...zac, ci infilo un pezzo di Prefazione.
Così, come diversivo. Così, come sorbetto. Così, tanto per cambiare aria aprendo porte e finestre.
Con questo modo di leggerle, a pezzi e bocconi, non voglio certo svalutarle.
Per non lasciare dubbi dirò che alcuni libri, in passato, gli ho acquistati o presi in prestito solo per le Prefazioni.
***
Ora che sono partito a pensarci mi vengono in mente altre modalità attraverso cui i libri "mi leggono".
Di solito si fanno impugnare mettendomi supino, poi, oplà, mi girano pancia sotto. Tempo dieci minuti e siamo in posizione "alla romana" (fianco sinis'-sinis').
Terminata una rotazione completa si riparte con la schienata iniziale e via, verso una seconda serie di posture.
Dopodichè la seduta viene dichiarata sciolta e sono finalmente libero di dedicarmi ad altre attività.
***
Recentemente mi sono ribellato imparando a non finire i libri che non lo meritano. E che cavolo!
E' stata una conquista di civiltà anche se non priva di inconvenienti. Figuratevi che avevo abbandonato Faulkner, autore per cui oggi ho aperto un fan club.
***
Ho notato che sia Rossella che De Mauro consigliano la "lettura lenta". Unisco entusiasta la mia voce a cotanto coro dichiarandomi un sostenitore di questa pratica.
Attenzione però, la lettura in surplace non è un dogma.
Meglio riservarla ai territori inesplorati, quando non sai chi hai di fronte, quando cammini sotto un cielo senza stelle.
Poi, dopo aver fermato l' oriente, si puo' procedere impostando una velocità di crociera. Ogni autore ha la sua.
La lettura rallentata non è nemmeno uno scherzo, ci vuole molto self control.
Quante volte sono partito con tutte le migliori intenzioni ma poi - sarà stata l' ansia di sciogliere qualche nodo, la curiosità di districare il plot, la seduzione del libro successivo o parallelo - mi ritrovavo lanciato a razzo, comprensione nulla, occhi spremuti...praticamente una tortura autoinflitta.

 

Ci si puo' aiutare con il podcast.
Il podcast ti cala nel contesto, ti fornisce una bussola, ti schiarisce la storia, almeno nei suoi snodi principali.
Con queste premesse puoi permetterti il lusso di calarti appieno nella pagina saggiandone fino in fondo tutti i ghirigori.
L' aggressione compulsiva, o frenetico/consumista, al libro è il nemico che la lettura "lenta" vorrebbe sgominare.
Darsi dei limiti facendosi legare al palo come un Ulisse, costituirebbe una strategia alternativa.
Io, per esempio, non avendo nobel da consegnare, mi dedico solo ad autori defunti. Le tentazioni sono forti, le trasgressioni non mancano e non so se durerà.
***
Solidarizzo con i lettori da treno.
Aggiungo una locazione affine. I freddi marmi della Stazione Centrale mentre attendi coincidenze che non coincidono.
Almeno finchè i barboni più smandrappati non entrano in frizione (accade puntualmente all' ora X), in questi casi attaccano a ruzzare ed inveire biascicando. Cosa fai? Chiudi il libro, fai finta di niente, ti alzi zufolando e teli.
Altra piaga per la concentrazione sono gli audacissimi piccioni che ti stringono d' assedio reclamando una briciola dei tuoi preziosi krek.
Degli annunci continui (dlin-dlon), non mi preoccupo. Riesco a relegarli in un vicolo cieco del cervelletto in fondo a destra (è un po' come il cestino di Window). Lì non disturbano.
A meno che non mi venga il dubbio atroce (con paturnia allegata) che il treno soppresso sia proprio il mio!?
Ti precipiti nel cervelletto in fondo a destra ma non riesci a ripristinare nulla di intelleggibile. La fronte s' imperla, meglio fare l' orecchia alla pagina e andare ai monitor azzurrini.
***
Chiudo con una nota di realismo impudico affrontando l' ineludibile tema della Salle de Bain.
Ogni volta che mi rilasso sulla maieutica seggetta il mio QI s' impenna. Come non approfittarne?
Per letture "volanti" del genere privilegio la lirica. In alternativa aforismi o monografie della Taschen.
In quella sede quando il reading è maturo lo capisci subito. C' è sempre un momento in cui l' interesse per il verso/epigramma/immagine "frana".
Allora tiri lo sciacquone e arrivederci alla prossima.

martedì 2 febbraio 2010

Tutto è fantastico, a posteriori.

Sul fronte più caldo, ancora un anglicano.

Polkinghorne, infatti, sembra oggi l' apologeta più attivo nella difesa della fede dall' attacco scientista. L' uomo è ferrato, non c' è che dire.

Punta molto sul "principio antropico", quello per cui il fatto che ora siamo qui è estremamente improbabile, quindi, se Dio gioca a dadi, gioca perlomeno con dadi truccati. L' universo, per essere cio' che è, richiede una "calibratura" di partenza mica da ridere.

La replica sembra semplice: getta mille volte una monetina, osserva bene la serie che esce. E' fantastico che sia uscita proprio quella! Tutto, a posteriori, è fantastico ed inspiegabile.

Sì, ma se la serie è fatta tutta di "sei" la cosa è fantastica sia a priori che a posteriori, che ne dici?

Forse la "serie" non è fatta solo di "sei", certo che è ben strana. Puoi appurarlo te stesso spendendo 55 euro.

L' universo come lo conosciamo "esce" dai valori di alcune costanti iniziali tra loro indipendenti (probabilmente). Solo una "sorprendente" coincidenza consentirebbe la vita come la conosciamo, ovvero basata sul carbonio.

C' è chi obietta e dice che la vita puo' emergere anche da altri elementi.

Altre forme di vita sono state considerate, eppoi, stando ai fatti, noi conosciamo solo la vita fondata sul carbonio.

John Leslie: il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti.

Polkinghorne dice che il credente puo' abbracciare entrambe le opzioni, anche se personalmente trova la cosa "priva di fascino". Io no.

Ancora... bello il modo con cui liquida i teo/zoo/biologi: non sembrano giudicare problematico da dove giungano i materiali disponibili per la "loro" evoluzione.

Ah, in matematica è un platonico. Bene!

Questo il suo libro che ho letto in treno.

Untitled

Senza titolo... senza nome... ci si crogiola nelle piccole gioie dell' anonimato...



... altre capriole irresponsabili...



... altri brindisi amniotici...